Il sindaco Tosi all'attacco: sono io la normalità in una provincia di morti che parlano

Giovedì, 04 Giugno 2020

“Portiamo a casa questo week end con l’ordinanza e poi lunedì la revoco”. Lo annuncia il sindaco di Riccione Renata Tosi, che oggi ha tenuto un incontro con le associazioni di categoria per valutare l’impatto dell’ordinanza pensata per gestire l’ordine pubblico nella Fase 2.

E allora perché l’ha adottata?

“Con l’ordinanza ci siamo assunti la responsabilità di affrontare il week end appena trascorso. Come Riccione avevamo l’onore e l’obbligo di essere aperti e nello stesso tempo di creare le condizioni perché non succedesse nulla di negativo. Ci siamo testati e siamo stati bravi. Ora è arrivata la circolare della Regione che chiarisce che gli operatori sono i diretti responsabili del divieto dell’assembramento dentro i locali e nelle immediate vicinanze, mentre, come già detto dal capo della polizia Gabrielli, nel resto dei luoghi pubblici devono intervenire le forze dell’ordine.  Per questa ragione chiedevo regole uniche per tutta la riviera, perché tutti potessero lavorare bene e con serenità”.

Il sindaco Tosi – è stato detto – non può un giorno fare come gli pare e l’altro giorno chiedere unità di comportamenti.   

“La sindaca di Riccione vuole sempre fare insieme, è l’esatto contrario. Voglio fare insieme ma il coordinamento lo chiedo a chi è sopra di me, cioè al prefetto, non al sindaco del comune capoluogo perché quello è un mio pari.  Non è che si è insieme o si è contro a seconda di ciò che dice il sindaco del comune capoluogo”.  

È stato proprio il prefetto a fare quell’osservazione…

“Lei forse non vuole essere immischiata in beghe. Se però dice che dovrei sentirmi con il sindaco di Rimini, così le cose non vanno. Non è che sono più o meno brava se copio l’ordinanza del sindaco di Rimini o di Cattolica. Dico semplicemente che c’è un’estate da gestire, da affrontare: io ci sono. La prefetta ha detto che non c’è bisogno di niente, e io vado dietro a lei. I miei operatori sono stati bravi, abbiamo trascorso un ottimo week end turistico e di ordine pubblico. Mi dispiace per i poliziotti e i carabinieri che dovranno lavorare senza norme. Temo ci possano essere problemi. A Rimini non si è aperto nemmeno un quinto, a Cattolica c’è il deserto, noi siamo stati gli unici ad aver testato il prodotto in maniera completa”.

Perché a Riccione ci sono state più riaperture? 

“Siamo da sempre i più effervescenti, siamo più piccoli ma siamo più pronti. I locali di intrattenimento, i bar, le spiagge, tutto era aperto. Sono rimasti indietro gli hotel ma loro avevano bisogno di tempi più lunghi per la promozione. Ecco perché urlavo che, in termini di comunicazione,  non bisognava tenere chiuse le spiagge. Se tieni le spiagge chiuse fino al 20 maggio, rimandi le prenotazioni ai primi di luglio. Ricordo che l’ordinanza Bonaccini, senza alcun motivo sanitario, ha tenuto chiuse le spiagge fino al 18 maggio”. 

Quello che si nota è che lei tende sempre a volersi distinguere da tutti gli altri Comuni e dalla Regione…

“Eh ma Riccione è importante..”

Perché rimarca sempre una diversità, fino a indispettire gli altri?

“Qual è l’uniformità a cui mi dovrei adeguare? Il punto è che io do un altro taglio di lettura della realtà in questa provincia. Altrimenti saremmo tutti morti, c’è un silenzio assordante. Il fatto che comunque io parli, dica la mia in un panorama amministrativo politico e anche turistico, a loro dà noia. Dovremmo tutti essere così.  La linea della normalità la dà Rimini? E se invece fossi io la normalità e Rimini rappresentasse invece il morto che non parla? Un sindaco deve alzare la voce, deve fare promozione, deve avere una nuova lettura della realtà: io sono il normale. Questa provincia potrebbe avere una potenzialità tre volte tanto, e invece tutti stanno sotto tono”.

Le si contesta anche di contravvenire al galateo istituzionale. 

“Il rispetto delle persone e dei ruoli lo pratico, eccome. Il problema è che, nel rispetto dei ruoli, stimolo. Stiamo vivendi una crisi paurosa, le vecchie risposte non si possono più dare. Lo faccio per il bene della comunità e dell’economia. È il silenzio che ti uccide. In questa provincia era accettato solo chi diceva signorsì e stava zitto. Questa provincia non merita tutto questo. Questo non vuol dire fare la ribelle. Dico a tutti: non guardate il dito ma guardate la luna. Come mai ci stanno cercando tutte le tv, tutti i network? Questo è il ruolo di un sindaco, quello è ciò che deve fare una provincia che ha nel turismo l’unico grande fulcro dell’economia. Occorrono risposte straordinarie a problemi straordinari, sono mesi che lo dico.  Qui invece conoscono un solo alfabeto…”

E quale sarebbe?

“Il vecchio alfabeto del consenso, del manuale Cencelli, delle grandi riunioni fuffa per tenere tutti buoni in un sistema che invece ha bisogno di grandi scosse. Se non le dai adesso, le scosse, il corpo inerte non lo rianimi più.  C’è un’economia che al massimo realizzerà il cinquanta per cento rispetto al passato, che cerca di resistere, senza il supporto di istituzioni che pensano di poter campare ancora alla vecchia maniera”.  

Anche un partito di centrodestra la contesta, dice che la sua politica va contro agli interessi degli operatori economici. 

“Cercano visibilità e non hanno compreso che sono forza di governo. Sono disorientati. Criticare il mio nome vuole dire avere visibilità. La base invece è con me, dialoga costantemente, e si arrabbia quando escono gli attacchi e non il sostegno”. 

Però la criticano.

“Metterei due punti di domanda, diamo il tempo al tempo”. 

Ha ancora un futuro un’esperienza come Noi Riccionesi?

“Credo di sì, a livello locale il civismo è un’ottima fucina per avvicinarsi alla  politica e all’amministrazione”. 

L’ultimo scontro con il Pd è stato sulla gestione dei buoni spesa. Vi hanno accusato di dare sussidi ai ricchi.

“In tutto questo di politica non c’è nemmeno il barlume.  Loro fanno ancora questa bieca distinzione fra i poveri veri e i poveri che non sono veri.  Quando invece in questo momento c’è bisogno di aiutare una fascia di nuovi poveri ai quali l’ente non può chiudere la porta. Hanno una visione classista, se sei un imprenditore non puoi essere povero. È un modo di vedere la società che non ci appartiene”.

Un soggetto non ha soldi nel conto corrente ma può avere case, immobili, partecipazioni. 

“E cosa deve fare, deve vendere la casa per mangiare? A questa gente lo Stato ha chiuso le attività da un momento all’altro. Dovranno pur vivere per poi poterle riaprire e riavviare l’economia. La verità è che loro parlavano al loro elettorato, non a me. Dicevano: signori poveri poveri ricordatevi che siamo noi che vi difendiamo. Ma che discorso è? I poveri poveri li difendiamo tutti, infatti sul sociale non tagliamo mai”.

Valerio Lessi