Scrivi qui la tua mail
e premi Invio per ricevere gratuitamente ogni mattina la nostra rassegna stampa

Rimini, ground zero biancorosso

Venerdì, 19 Luglio 2013

3bRimini, ground zero biancorosso

 

Con l’uscita di scena di Luca D’Angelo, tecnico biancorosso delle ultime tre stagioni e bandiera per più di un decennio della maglia scacchi, si è completamente azzerato il progetto dell’A.C. Rimini 1912, nato nell’estate del 2010 dopo la fine della gestione Cocif. Oltre al tecnico, nell’ultimo periodo, sono infatti usciti di scena lo storico responsabile del settore giovanile Valter Sapucci, a capo di quel vivaio parte centrale del progetto, il direttore sportivo Paolo Bravo e il direttore generale Giovanni Sama. Assieme a queste figure di primo piano hanno lasciato i colori biancorossi, i tecnici delle giovanili, Filippo Fabbri e Fabrizio Mastini, prima di loro Elvio Selighini, altri che se ne sono andati o se ne andranno presto, per non parlare dei problemi della scuola calcio e di una società che oggi praticamente non esiste più, frantumata come sotto colpi di dinamite. Uno, due, tre boom, cariche d’esplosivo che hanno cancellato il passato recente della società biancorossa. Il problema poi non è nemmeno, o meglio non solo, una questione di uomini, il problema è che si è frantumata l’idea, la mission stessa di questo Rimini. E’ la credibilità a essere uscita sconfitta, è l’approccio con la gente che è stato tradito, l’intesa sancita su parole come orgoglio e riminesità. Appartenenza non legata semplicemente alla nascita ma anche a Rimini come città, a Rimini come maglia. Era quella condivisione ad aver ribaltato situazioni e possibilità, quella fiducia ad aver invertito i valori perché solo così, con quell’intesa, era possibile spiegare il doppio delle bandiere biancorosse a Terni per la finale dilettanti, rispetto a quelle di un anno prima al Bentegodi per la serie B. Quell’idea, quel progetto, aveva captato il desiderio del tifoso biancorosso, che non vuole per forza trionfare ma avere la certezza di vedere calcio vero. Elevandosi sopra al contesto, alla serie D, alla C2 ai programmi di basso profilo ma facendo leva sulla forte radice identitaria partendo da quel vivaio oggi demolito. E’ di questo che si parla adesso, perché quello che resta adesso è il futuro incerto di una società arruffona, in perenne attesa che qualcosa scenda dal cielo o arrivi dal mare. Un futuro incerto al di là del risultato, cioè c’entra anche quello, ma c’è anche altro. Si cerca di capire se su queste macerie si potrà costruire qualcosa di cui comunque andare fieri domani e il primo vuoto da riempire è quello di una tifoseria sfiduciata e annichilita dagli ultimi mesi, in cui ha visto calpestare quel senso di appartenenza, quell’identità infine fusa come fosse l’insignificante elemento di una grottesca alchimia. Chi ha trascorso solo l’ultima epoca biancorossa può anche farsene una ragione, non ci riesce chi ha vissuto tanti anni di passione al fianco della maglia a scacchi. Oggi è troppo distante dalle parole spese tre anni fa. Oggi non esiste confine tra il vero, il verosimile e la fandonia ma le macerie di quel progetto sono sotto gli occhi di tutti, anche se qualcuno preferisce voltarsi dall’altra parte. Oggi si cercano acrobazie verbali per scavalcare le responsabilità senza guardare ai propri errori, senza domandarsi perché si è arrivati a questo punto. Servono risposte prima di ripartire. Non si fa domande e non ha risposte nemmeno la tifoseria smarrita tra le macerie di quel progetto in cui aveva creduto. E questa è la cosa peggiore di tutte.
Francesco Pancari


Le vostre foto

Rimini by @lisaram, foto vincitrice del 15 febbraio

#bgRimini

Le nostre città con gli occhi di chi le vive. Voi scattate e taggate, noi pubblichiamo. Tutto alla maniera di Instagram