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Abusi edilizi al Ceis, partirà la diffida. Frisoni: via il Comune dal Cda

Lunedì, 07 Gennaio 2019

Su Ceis ed Anfiteatro si è messa in moto una valanga che, prima di arrivare a valle, alla conclusione, si ingrosserà parecchio e sicuramente lascerà più di un ferito sul campo. Il 7 gennaio 2019 sarà probabilmente ricordato come la data dello scoperchiamento di un vaso di Pandora che contiene molti misteri da spiegare. Ieri pomeriggio, nella riunione congiunta nelle commissioni consigliari seconda e quarta, c’è stato solo un assaggio. Gli occhi sono ora puntati sul procedimento per abusi edilizi aperto contro il Ceis. Dopo che il Comune avrà ricevuto le controdeduzioni dell’istituto (il tempo in realtà è già scaduto), non potrà che procedere come in altri casi di abusi edilizi: prima la diffida a demolire le opere abusive e, in caso di inottemperanza, l’ordinanza di demolizione. Occhi puntati anche verso gli uffici della Procura alla quale è stata inviata la segnalazione. Il tema del trasferimento del Ceis dall’area assegnata all’asilo svizzero nel 1946 non è più una eventualità remota, peraltro sempre esclusa e osteggiata dalle amministrazioni di sinistra degli ultimi decenni.

Tutto è cominciato il 2 luglio scorso con l’interrogazione del consigliere di Forza Italia, Carlo Rufo Spina, che chiedeva quale fosse la situazione, dal punto di vista dei permessi edilizi, del villaggio di baracche fondato da Margherita Zoebeli. Le risposte della giunta hanno tardato mesi finché in dicembre non è emersa la verità: i tempi lunghi erano stati determinati dalla difficoltà di ricostruire il quadro. Detto in termini meno diplomatici: negli uffici non si trovano i titoli in base ai quali le baracche sono state costruite, ristrutturate, demolite.

Non di tutte, ma di buona parte, come ha ricostruito in commissione il dirigente dell’edilizia Carlo Piacquadio. Secondo la sua relazione, almeno il 30 per cento, e riguardano opere degli anni Cinquanta e Sessanta. Di alcune strutture sono stati trovati i permessi per interventi di manutenzione straordinaria, ma non il titolo originario. Già l’abuso edilizio è un fatto di per sé grave e illegale. La situazione si complica se sull’area dove stati effettuati esiste, in virtù di due decreti ministeriali del 1913 e del 1914, un divieto assoluto di edificazione. Non solo. Quell’area è di proprietà comunale e al catasto, ha riferito Carlo Rufo Spina, sembra godere di un diritto di superficie. Ma esiste realmente? Il dirigente Piacquadio ha ammesso che negli uffici non è stato rivenuto alcun atto in proposito. Anche questo “particolare”, che particolare non è, contribuirebbe a complicare le cose.

Insomma è emerso un pasticcio che non sarà facile da districare. Le opposizioni sono andate all’attacco dell’amministrazione con una raffica di durissimi interventi. Il capogruppo della Lega, Marzio Pecci, ha sostenuto che il Comune deve procedere immediatamente al trasferimento del Ceis, indicare l’area nuova dove impiantarlo, chiarire che non spenderà un euro perché siamo di fronte a opere abusive. Spina ha puntato il dito contro la giunta che ha sempre sostenuto posizioni vergognose, ha parlato del Ceis come di “una struttura paracomunale, esclusa dai controlli, visto che il Comune nomina il presidente e parte del Cda”, ha infine preteso di sapere i tempi dello spostamento. Gioenzo Reni, che dal 1994 battaglia in consiglio comunale contro le baracche che occupano l’anfiteatro, ha ricordato i vincoli di inedificabilità assoluto e, dei gravi errori commessi dl 1946 in poi, ha stigmatizzato il fatto che il Ceis stesso non abbia riconosciuto il valore culturale dell’Anfiteatro. Gennaro Mauro ha incalzato nuovamente la giunta sui tempi del trasferimento e a chi vadano addebitati i relativi costi.

Se la minoranza ha marciato compatta, nella maggioranza si sono viste crepe vistose, a partire dal presidente della quarta commissione, Davide Frisoni, di Patto Civico, che ha chiesto l’uscita del Comune dal Ceis. Il coinvolgimento della politica non aiuta a un giudizio sereno, il Ceis è una scuola privata che va trattata alla pari delle altre, pure meritevoli, che esistono in città. È un tema da affrontare preliminarmente e con urgenza. Frisoni è un convinto sostenitore della restituzione dell’anfiteatro al patrimonio storico e culturale della città. Per raggiungere lo scopo vanno eliminati gli ostacoli e i condizionamenti di natura politica. Molto deciso nella sua posizione, ha più volte chiesto quali siano le procedure e i tempi che il Comune adotta nei casi “normali” di abuso edilizio. Messaggio fin troppo esplicito per avvertire: vigilerà che anche per il Ceis si adottino le stesse procedure negli stessi tempi.

Se Frisoni ha assunto queste posizioni, dalle fila del Pd è intervenuto Giovanni Casadei per sostenere che per lui la valorizzazione dell’anfiteatro non è una priorità, la priorità è la salvaguardia del Ceis (e Frisoni lo ha rimbeccato ribadendo il concetto contrario).

Meno male che l’assessore Roberta Frisoni è intervenuta più volte per affermare che maggioranza e minoranza sono concordi sul fatto che ci sono due beni pubblici ugualmente meritevoli di tutela e di valorizzazione: il Ceis e l’Anfiteatro. L’esponente di giunta non ha però risposto a nessuna delle domande sulle procedure e sui tempi. Ha espresso concetti dilatori: serve un progetto… servono risorse…bisogna che tutti facciamo squadra…

Ha preso la palla al balzo Renzi per chiedere un consiglio comunale a tema, con voto finale sui documenti, in modo che ciascuno si assuma le proprie responsabilità. Non è stato che un inizio. Per la minoranza è già una vittoria: il trasferimento del Ceis non è più un tabù.


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