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Gambini: la sconfitta è tutta mia ma anche il Pd...

Giovedì, 23 Giugno 2016

Come sono andate le cose a Cattolica è noto: al ballottaggio Sergio Gambini ha guadagnato solo 200 voti e Marino Gennari ne ha aggiunti altri 2000 ed ora è il sindaco della città.

“Per me - commenta Sergio Gambini, in una riflessione non più a caldo sull’onda della delusione - è stata una sonora bocciatura e non voglio sottovalutare il giudizio negativo che può esserci stato anche sulla mia persona come candidato. Credo però che nel confezionare questo pessimo esito elettorale abbia prevalso un clima nazionale e una logica da fronte di liberazione dal PD, particolarmente dove governava da anni. È successo ovunque un candidato di centro sinistra sia andato al ballottaggio con il M5S, è successo anche a Cattolica come preannunciavano chiaramente i sondaggi dell’autunno scorso”.

Lei in effetti aveva lanciato l’allarme ma non è stato sufficiente…

“Ho peccato di presunzione sperando che il mio profilo, estraneo alle beghe locali, alle divisioni passate e alle prove di governo non esaltanti degli ultimi anni, avrebbe potuto superare questo ostacolo. Non è avvenuto, ma gli elettori hanno sempre ragione e ciò vuol dire che il progetto di cambiamento che ho messo in campo non è stato sufficientemente chiaro, non ha avuto il tempo di mettere radici e soprattutto di allargarsi a nuove forze nella dimensione necessaria per prevalere”.

Si poteva dunque fare di più nel coinvolgere altri segmenti della società cattolichina?

“Non sono abituato a cercare alibi. Io ero il candidato e mie sono le maggiori responsabilità. Non era impossibile coinvolgere altri protagonisti della società locale. Nei mesi passati ho avuto numerosi segnali di interesse in questo senso, ma le tormentate vicende che hanno travagliato la sinistra e le stesse forze moderate negli anni passati hanno reso difficile questo compito. Torno alla presunzione, ho pensato che l'attrattività di un progetto nuovo e giovane avrebbe superato anche questi ostacoli. Il progetto era nato per rompere l’isolamento e l’autoreferenzialità del PD, per aprirlo alle istanze del civismo. Se, su questa linea, non sono stato capace di convincere tutti ad essere maggiormente inclusivi ed a segnare una rottura con le vecchie diatribe del PD cattolichino, posso prendermela solo con me stesso. Certo una gestione diversa da parte dei vertici regionali e provinciali del mio partito avrebbe aiutato”.

A cosa si riferisce?

“Mi riferisco ad una maggiore decisione nel sostenere questa linea. Le lenti usate per leggere la vicenda politica nella nostra regione, temo non siano state e non siano quelle giuste. Dopo la sconfitta di Riccione il mantra di quei vertici è stato l’unità del partito, ma la faglia di rottura che ha determinato quella sconfitta, di cui si vedevano tutti i presupposti anche a Cattolica, non stava lì, bensì in una duplice perdita di contatto del PD con la società reale. Sia in direzione dei ceti più dinamici, sia di quelli più aggrediti dalla crisi. Il vecchio welfare municipale della sinistra è al capolinea e viene percepito da fasce sempre più ampie di popolazione come un sistema di potere che restituisce sempre meno ai cittadini e crea poco sviluppo. Cambiare pagina era ed è vitale per la sinistra, farlo con il vecchio personale politico è semplicemente improponibile perché fa perdere ogni credibilità al cambiamento”.

Beh, si è vista anche l’esultanza di ex amministratori…

“Certo, sia di quelli usciti dal PD, sia di quelli che hanno ancora la tessera in tasca. Tuttavia non mi faccio fuorviare dai loro comportamenti, anche se decisamente sgradevoli e attuati durante tutta la campagna. In realtà si tratta di dettagli, molto fastidiosi, ma comunque dettagli. Non sono stati certo loro a fare vincere Gennari, il sommovimento è stato ben più profondo della loro acrimonia autolesionista. Rimango convinto che su una linea di continuità conservatrice, come quella incarnata da Giovanna Ubalducci, il centro sinistra avrebbe fatto fatica ad arrivare al ballottaggio”.

Per aiutarla di più il Pd come si sarebbe dovuto muovere?

“Col senno di poi chiederei al PD, con maggiore insistenza di quanto ho fatto nei mesi passati, di collaborare con grande decisione e generosità come ha fatto, ma di stare, dal punto di vista dell'immagine, un passo indietro. Purtroppo la scissione Ubalducci ha fatto scattare un comprensibile meccanismo di difesa basato sull'orgoglio di partito. Io stesso l'ho sollecitato e poi l'impegno di tanti attivisti è stato talmente straordinario, incessante ed ammirevole che dubito avrebbe potuto prodursi soltanto per sostenere la mia persona, lasciando in ombra le bandiere del PD. Mi sono convinto che questo fosse, per un gruppo dirigente giovane, un rebus troppo difficile da risolvere”.

E così ha dovuto sperimentare l’amarezza della sconfitta.

“Non è la prima volta che mi capita. A Rimini nel ’90 ho subito una sconfitta forse più bruciante di questa, eppure quella battuta d’arresto mise le basi per un rinnovamento profondo della sinistra riminese e due anni dopo Giuseppe Chicchi entrava a Palazzo Garampi alla guida di una coalizione profondamente nuova che fece finalmente uscire Rimini da una immobilismo che durava da anni. Non sembri un paradosso, considero ancora la rottura dell'alleanza con il PSI avvenuta l'anno prima, la rottura che generò quella sconfitta, la migliore scelta politica della mia esperienza”.

Altri tempi, altre situazioni…

“E’ vero, oggi tutto è diverso, eppure la democrazia dell’alternanza serve a questo, a rigenerare partiti, schieramenti, programmi, riferimenti sociali. Se si ha voglia di buona politica, il capitale che abbiamo accumulato in questa lunga campagna elettorale può essere prezioso per il futuro della nostra città, anche dall’opposizione. Ci sono tanti giovani, tante persone competenti e piene di passione civile che mi hanno accompagnato in questa bella e sfortunata avventura, se saremo capaci di restare assieme, di essere più umili e di trarre insegnamento dagli errori compiuti, il futuro sarà comunque nostro”.

Come tutti i candidati eccellenti dopo la sconfitta lascerà il consiglio comunale?

“No. Ho iniziato un lavoro importante, particolarmente per fare superare a Cattolica l’isolamento in cui ha vissuto gli ultimi anni, è un’eredità fatta di un’intensa preparazione di percorsi istituzionali che lascio volentieri a chi ha vinto le elezioni. Gli assessori regionali Emma Petitti ed Andrea Corsini sono stati molto attenti e non dubito lo saranno anche con un sindaco a 5 Stelle. Spero ne faccia buon uso. Da parte mia farò in consiglio un’opposizione tenace, ma propositiva”.

Su quali temi?

“Avevo un programma ricco ed innovativo, inutile dire che adesso spetta ad altri governare e quel programma andrà in secondo piano. La cosa che mi preoccupa di più è che Cattolica non continui ad essere la bella addormentata, chiusa in se stessa come è stata negli ultimi anni. Quello che potrò fare dall’opposizione per fare ripartire Cattolica lo farò. Mi auguro che almeno sui provvedimenti relativi alla trasparenza, che abbiamo proposto e sui quali abbiamo sfidato il M5S e che sono così importanti per ritrovare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, sia possibile fin da subito trovare convergenze fattive”.


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