La pesca tra cassa integrazione e un nuovo inizio

Venerdì, 13 Aprile 2012

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La pesca tra cassa integrazione e un nuovo inizio


“Pochi pesci nella rete, troppi giorni in mezzo al mare”, canta così un noto brano che racconta la dura vita dei pescatori, costretti a orari di lavoro massacranti e paghe non proprio soddisfacenti. Oggi la situazione è più difficile di un tempo: prezzo del carburante alle stelle, costi di gestioni altissimi. La crisi ha morso questo settore e gli ultimi scioperi, risalenti ai primi di febbraio non hanno risolto molto.


La marineria riminese, come la moltitudine di quelle italiane, è con l’acqua alla gola. “Se si va avanti di questo passo a fine aprile il 90% degli scafi metterà gli equipaggi in cassa integrazione”, racconta amareggiato Antonio, pescatore lampedusano a Rimini da vent’anni. E il suo pensiero è quello di altrettanti colleghi che con le spese sempre più alte e le entrate sempre più basse non riescono ad arrivare a fine mese. Figurati pagare gli stipendi degli imbarcati. “Da gennaio ho dovuto ridurre le buste paga al minimo”, confessa Salvatore, proprietario di una dieci metri da anni sui mari riminesi. “Il pesce si vende e finora ce n’è. Il vero problema è il carburante. Non abbiamo nessuna riduzione o sconto”.


Non solo. Dall’Unione Europea e dallo Stato, qualsiasi forma di aiuto economica è bloccata. Persino gli incentivi sulla rottamazione, scelta anni fa dai pescatori come premio per ricomprare una nuova barca o fare un altro tipo di attività, sono a secco. Almeno fino a quando non arriveranno nuovi fondi provenienti da Bruxelles. L’ultimo flusso di denaro risale al 2008 grazie al Fondo europeo per la pesca 2007-2013 che ha visto coinvolte 250 imbarcazioni da pesca, da Trieste a Termoli. A Rimini, dal 2008 appena 2 le imbarcazione riminesi ad essere state accettate per la rottamazione. Circa una decina, su 90 imprese del comune riminese, quelle rimaste escluse dopo aver fatto domanda. E chi ha avuto questa fortuna, potrà accedere al suo premio in denaro solo verso agosto. “Si tratta di un’attesa di circa 90/120 giorni dal momento della consegna della licenza in Capitaneria di Porto”, spiega Gianfranco Cevoli, il presidente della Cooperativa Lavoratori del Mare di Rimini.


Gli armatori che decideranno di chiudere l' attività e demolire i mezzi, oltre a restituire la licenza di pesca, riceveranno un contributo calcolato su due parametri: l'età e la stazza dei pescherecci. Più sono vecchi e grandi e più alto sarà l'importo. Questo favorirà la riduzione dei pescherecci in esercizio e il ringiovanimento della flotta. O almeno si spera, perché se non arrivano nuovi fondi sarà molto difficile pensare alla rottamazione come ad un’alternativa - spiega Massimo Pesaresi, il direttore - Una volta l’armatore rottamava la sua barca per comprarne una nuova e magari più grande, adesso si demolirebbe per fare altri mestieri. La crisi si sente più che mai, ma entrare in graduatoria per monetizzare con la propria imbarcazione è una vera e proprio impresa”. Come dire, la voglia di smettere è tanta, attratti dalla possibilità di chiudere l'attività con un ricco incentivo. Ma per molti resta un sogno ad occhi aperti.


Per chi ce l’ha fatta, invece, è un modo per ricominciare. S., quarantanovenne, pescatore e armatore allo stesso tempo, da fine marzo ha sospeso l’attività del suo peschereccio di 20 metri e riconsegnato la licenza. Per lui, primo in graduatoria, si aprono nuove prospettive “e la voglia con il premio di acquistare un’imbarcazione più funzionale”, ci racconta il direttore. Ma se all’armatore va il premio, “intanto il suo equipaggio composto da tre persone è in stato di disoccupazione”. Una sorta di liquidazione, invece, è quella che riceverà il lampedusano R. che, dopo decenni trascorsi in mare con la sua 10 metri, è stato il secondo a poter accedere agli incentivi. Per tutti gli altri, invece, i soli fondi di cui potranno usufruire, forse, sono quelli che tenterà di accaparrarsi l’associazione temporanea di scopo Gac (Gruppo d'azione costiera). L’obiettivo è far arrivare sulle nostre coste circa 500mila euro dal Fondo Europeo della Pesca (Fep) da spendere a livello locale entro il 2014. Sarebbero l’aiuto e lo strumento per un nuovo inizio.


Emma Minotti


Ultima modifica il Sabato, 14 Aprile 2012 08:38