sciopero a rimini fiera_ intervista a gianluca bagnolini

Sabato, 15 Settembre 2012

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LA STRANA PROTESTA DI RIMINI FIERA, ADESIONE ALL’85 PER CENTO. INTERVISTA AL SINDACALISTA GIANLUCA BAGNOLINI


Adesioni all’85 per cento per lo sciopero ‘giapponese’ dei dipendenti di Rimini Fiera nei confronti di una gestione “sulla difensiva”. Ieri i lavoratori non hanno incrociato le braccia, preferendo rimboccarsi le maniche come sempre e devolvere la paga giornaliera in beneficenza. Una strana protesta che ci racconta meglio Gianluca Bagnolini della Cisl.


Solo il 15 per cento dei dipendenti ha disertato lo sciopero: soddisfatti dell’adesione?

Molto, non era affatto scontata. Nella nostra azienda non si era mai vista un’azione collettiva così strutturata. Questo ha un significato molto importante e cioè che le cose che segnaliamo sono sentite dalla stragrande maggioranza dei dipendenti, che non siamo pretestuosi e che sarebbe saggio per l’azienda, a questo punto, fare un passo indietro.


Perché questa strana forma di protesta?
Le ragioni sono due. Siamo partiti dalla valutazione sul contesto economico generale in cui la Fiera opera e si muove, un contesto molto difficile. Abbiamo poi considerato quello che era il nostro obiettivo, almeno per ora, e cioè far ricredere l’azienda sulle reali nostre intenzioni. Quindi abbiamo scelto di valorizzare più l’aspetto partecipativo di tutti, senza aggiungere il danno direttamente economico. La nostra è stata una scelta nel segno della responsabilità visto il momento difficile per l’azienda. Certo: se la Fiera continuerà come ha fatto fino ad ora e non cederà a più miti consigli andremo avanti anche con forme di protesta più tradizionali.


Cosa ne pensate della reazione molto forte e molto personale del presidente di Rimini Fiera, Lorenzo Cagnoni, alla notizia del vostro sciopero?
Il presidente non ha colto la richiesta della protesta. Si è arroccato in una posizione difensiva strumentalizzando alcuni argomenti di discussione. Il presidente deve sapere che se l’azienda è disposta a rispettare le regole allora i lavoratori sono disponibili ad accettare forme di sacrificio importanti. Posso tranquillamente rispondere alla domanda dicendo che i lavoratori sono delusi dalla reazione del presidente. Una risposta così proprio non ce la aspettavamo. Certo non potevamo pretendere che aderisse al nostro sciopero, ma se almeno avesse cercato di capire perché scioperiamo ci avrebbe fatto piacere. Ha invece scelto di contrapporsi a noi, ma questa scelta è sbagliata.


Il presidente dice che avete ‘scioperato’ perché non volete lavorare due ore a settimana in più. E’ vero?
Bisogna fare chiarezza. Aumentare la produttività non significa fa lavorare gratuitamente (a parità di stipendio) più ore i lavoratori. Questo è illegittimo, cioè illegale. Noi come sindacato siamo d’accordo con l’esigenza di aumentare la produttività dell’azienda e lo scorso anno abbiamo firmato il protocollo. Ora però bisogna avere chiaro che Rimini Fiera non è una fabbrica, ma un’azienda di servizi. Aumentare la produttività significa, per esempio, fare più cose nello stesso tempo. Significa far crescere l’efficienza organizzativa facendo una accurata analisi e, per esempio, tagliando i tempi inutili di alcune procedure. Significa, per esempio, dotarsi di parametri per ripagare l’incremento di produttività. Significa, ed è questa la nostra proposta, maggiore flessibilità nell’orario di lavoro ovvero dotarsi un orario multiperiodale. Mi spiego meglio. A parità di stipendio, la nostra proposta è di lavorare due ore in più quando ce ne è bisogno, quando si è sotto con una fiera (per esempio), e recuperare queste due ore libere perse nei periodi in cui c’è meno da fare. Queste sono dinamiche che noi siamo disponibili a modificare, ma che un’azienda lavori con maggiore efficienza non dipende solo dai dipendenti. E’ frutto anche della capacità dell’azienda di organizzare il lavoro. Cambiare non significa tagliare linearmente il costo del lavoro, ma rendere più efficiente e più certa l’organizzazione del lavoro.


Quello che voi lamentate sopra tutto è la mancata condivisione da parte dell’azienda delle scelte strategiche con i dipendenti. Perché?
La condivisione delle scelte strategiche è per noi una questione, se vogliamo, ancora più stringente del contratto integrativo. Il fatto che i dipendenti non siano partecipi delle scelte aziendali è la cosa che li (e ci) preoccupa di più. Non sapere se, quando e perché l’azienda lascerà un prodotto, oppure se, quando e perché lo sostituirà con uno nuovo, significa lavorare in un clima di incertezza e questo genera preoccupazione. I dipendenti sono interessati alla salute dell’azienda, si domandano cosa possono fare perché si risollevi. E’ dal 2010 che continuiamo a chiedere lumi sulle strategie aziendali. Noi siamo disponibili ai sacrifici ma devono dirci perché. Noi siamo disponibili ad accettare modifiche alle condizioni lavorative perché se un’azienda è efficiente chi ci lavora sta meglio, il clima lavorativo è sereno e migliore. Il contratto integrativo è lo strumento che consente tutto ciò.

Filomena Armentano


Ultima modifica il Sabato, 15 Settembre 2012 18:46