Come sono andate le cose a Cattolica è noto: al ballottaggio Sergio Gambini ha guadagnato solo 200 voti e Marino Gennari ne ha aggiunti altri 2000 ed ora è il sindaco della città.

“Per me - commenta Sergio Gambini, in una riflessione non più a caldo sull’onda della delusione - è stata una sonora bocciatura e non voglio sottovalutare il giudizio negativo che può esserci stato anche sulla mia persona come candidato. Credo però che nel confezionare questo pessimo esito elettorale abbia prevalso un clima nazionale e una logica da fronte di liberazione dal PD, particolarmente dove governava da anni. È successo ovunque un candidato di centro sinistra sia andato al ballottaggio con il M5S, è successo anche a Cattolica come preannunciavano chiaramente i sondaggi dell’autunno scorso”.

Lei in effetti aveva lanciato l’allarme ma non è stato sufficiente…

“Ho peccato di presunzione sperando che il mio profilo, estraneo alle beghe locali, alle divisioni passate e alle prove di governo non esaltanti degli ultimi anni, avrebbe potuto superare questo ostacolo. Non è avvenuto, ma gli elettori hanno sempre ragione e ciò vuol dire che il progetto di cambiamento che ho messo in campo non è stato sufficientemente chiaro, non ha avuto il tempo di mettere radici e soprattutto di allargarsi a nuove forze nella dimensione necessaria per prevalere”.

Si poteva dunque fare di più nel coinvolgere altri segmenti della società cattolichina?

“Non sono abituato a cercare alibi. Io ero il candidato e mie sono le maggiori responsabilità. Non era impossibile coinvolgere altri protagonisti della società locale. Nei mesi passati ho avuto numerosi segnali di interesse in questo senso, ma le tormentate vicende che hanno travagliato la sinistra e le stesse forze moderate negli anni passati hanno reso difficile questo compito. Torno alla presunzione, ho pensato che l'attrattività di un progetto nuovo e giovane avrebbe superato anche questi ostacoli. Il progetto era nato per rompere l’isolamento e l’autoreferenzialità del PD, per aprirlo alle istanze del civismo. Se, su questa linea, non sono stato capace di convincere tutti ad essere maggiormente inclusivi ed a segnare una rottura con le vecchie diatribe del PD cattolichino, posso prendermela solo con me stesso. Certo una gestione diversa da parte dei vertici regionali e provinciali del mio partito avrebbe aiutato”.

A cosa si riferisce?

“Mi riferisco ad una maggiore decisione nel sostenere questa linea. Le lenti usate per leggere la vicenda politica nella nostra regione, temo non siano state e non siano quelle giuste. Dopo la sconfitta di Riccione il mantra di quei vertici è stato l’unità del partito, ma la faglia di rottura che ha determinato quella sconfitta, di cui si vedevano tutti i presupposti anche a Cattolica, non stava lì, bensì in una duplice perdita di contatto del PD con la società reale. Sia in direzione dei ceti più dinamici, sia di quelli più aggrediti dalla crisi. Il vecchio welfare municipale della sinistra è al capolinea e viene percepito da fasce sempre più ampie di popolazione come un sistema di potere che restituisce sempre meno ai cittadini e crea poco sviluppo. Cambiare pagina era ed è vitale per la sinistra, farlo con il vecchio personale politico è semplicemente improponibile perché fa perdere ogni credibilità al cambiamento”.

Beh, si è vista anche l’esultanza di ex amministratori…

“Certo, sia di quelli usciti dal PD, sia di quelli che hanno ancora la tessera in tasca. Tuttavia non mi faccio fuorviare dai loro comportamenti, anche se decisamente sgradevoli e attuati durante tutta la campagna. In realtà si tratta di dettagli, molto fastidiosi, ma comunque dettagli. Non sono stati certo loro a fare vincere Gennari, il sommovimento è stato ben più profondo della loro acrimonia autolesionista. Rimango convinto che su una linea di continuità conservatrice, come quella incarnata da Giovanna Ubalducci, il centro sinistra avrebbe fatto fatica ad arrivare al ballottaggio”.

Per aiutarla di più il Pd come si sarebbe dovuto muovere?

“Col senno di poi chiederei al PD, con maggiore insistenza di quanto ho fatto nei mesi passati, di collaborare con grande decisione e generosità come ha fatto, ma di stare, dal punto di vista dell'immagine, un passo indietro. Purtroppo la scissione Ubalducci ha fatto scattare un comprensibile meccanismo di difesa basato sull'orgoglio di partito. Io stesso l'ho sollecitato e poi l'impegno di tanti attivisti è stato talmente straordinario, incessante ed ammirevole che dubito avrebbe potuto prodursi soltanto per sostenere la mia persona, lasciando in ombra le bandiere del PD. Mi sono convinto che questo fosse, per un gruppo dirigente giovane, un rebus troppo difficile da risolvere”.

E così ha dovuto sperimentare l’amarezza della sconfitta.

“Non è la prima volta che mi capita. A Rimini nel ’90 ho subito una sconfitta forse più bruciante di questa, eppure quella battuta d’arresto mise le basi per un rinnovamento profondo della sinistra riminese e due anni dopo Giuseppe Chicchi entrava a Palazzo Garampi alla guida di una coalizione profondamente nuova che fece finalmente uscire Rimini da una immobilismo che durava da anni. Non sembri un paradosso, considero ancora la rottura dell'alleanza con il PSI avvenuta l'anno prima, la rottura che generò quella sconfitta, la migliore scelta politica della mia esperienza”.

Altri tempi, altre situazioni…

“E’ vero, oggi tutto è diverso, eppure la democrazia dell’alternanza serve a questo, a rigenerare partiti, schieramenti, programmi, riferimenti sociali. Se si ha voglia di buona politica, il capitale che abbiamo accumulato in questa lunga campagna elettorale può essere prezioso per il futuro della nostra città, anche dall’opposizione. Ci sono tanti giovani, tante persone competenti e piene di passione civile che mi hanno accompagnato in questa bella e sfortunata avventura, se saremo capaci di restare assieme, di essere più umili e di trarre insegnamento dagli errori compiuti, il futuro sarà comunque nostro”.

Come tutti i candidati eccellenti dopo la sconfitta lascerà il consiglio comunale?

“No. Ho iniziato un lavoro importante, particolarmente per fare superare a Cattolica l’isolamento in cui ha vissuto gli ultimi anni, è un’eredità fatta di un’intensa preparazione di percorsi istituzionali che lascio volentieri a chi ha vinto le elezioni. Gli assessori regionali Emma Petitti ed Andrea Corsini sono stati molto attenti e non dubito lo saranno anche con un sindaco a 5 Stelle. Spero ne faccia buon uso. Da parte mia farò in consiglio un’opposizione tenace, ma propositiva”.

Su quali temi?

“Avevo un programma ricco ed innovativo, inutile dire che adesso spetta ad altri governare e quel programma andrà in secondo piano. La cosa che mi preoccupa di più è che Cattolica non continui ad essere la bella addormentata, chiusa in se stessa come è stata negli ultimi anni. Quello che potrò fare dall’opposizione per fare ripartire Cattolica lo farò. Mi auguro che almeno sui provvedimenti relativi alla trasparenza, che abbiamo proposto e sui quali abbiamo sfidato il M5S e che sono così importanti per ritrovare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, sia possibile fin da subito trovare convergenze fattive”.

Mercoledì, 22 Giugno 2016 17:19

Arcuri: "Non mi interessano accordi con il Pd"

Nella recente intervista a Fabio Galli, della segreteria Pd di Riccione, si è fatto accenno ai rumors che vedono Natale Arcuri impegnato in un progetto che coinvolgerebbe anche il Pd.   "Al di la del fatto - replica Arcuri - che non riesco a capire quale potrebbe essere l'oscuro obiettivo  politico e strategico di un progetto che appare schizofrenico e inconcludente, non capisco sinceramente da dove giungano e chi diffonda queste che più che informazioni sono semplici  e ormai noiose illazioni che reputo solo un infantile e grossolano tentativo di avvelenare il clima politico riccionese, già di suo in piena fibrillazione".

"Un tentativo ridicolo figlio di quella vecchia politica delle parole al vento, buone solo a buttare fumo negli occhi o dette, con vociare veemente nelle riunioni di partito, per coprire proprie inefficienze  ed incapacità. Al di la del fatto quindi che non ho mai pensato, sorrido solo a pensarlo,  di creare alcun progetto con il Pd, cosa  che mi sembrerebbe superfluo e assai banale ulteriormente  chiarire, basta ricordare  che il mio giudizio nei confronti del  Pd Riccionese e riminese, più in generale, è sempre stato ed è assai critico e per nulla accomodante,  immagino che con me converrai che mettere in giro queste voci per screditare me e la nostra lista Civica, è la dimostrazione che a Riccione il Pd e chi di tutte queste illazioni si fa megafono o venticello, non hanno ne' idee ne' capacità di costruire proposte politiche alternative o addirittura di non essere capaci , nella loro perenne frustrazione di vinti o di inadeguati, di evitare di andare un giro a dire scemenze".

Martedì, 21 Giugno 2016 18:38

Galli (Pd) a Democratica: o dentro o fuori

A Riccione la frantumazione all’interno dei movimenti e dei partiti politici è diventata la nota dominante. Non è solo la maggioranza a soffrire di perenne fibrillazione (l’ultima è la nascita di un nuovo gruppo consigliare di transfughi, il più numeroso). Pure il Pd che ama puntare il dito contro le divisioni di chi sostiene il sindaco Tosi si ritrova con un gruppo consigliare spaccato, con quattro esponenti del partito, fra cui l’ex candidato sindaco Fabio Ubaldi sconfitto alle elezioni, che si sono autosospesi e hanno dato vita a Democratica.

“E’ una spaccatura che mi auguro prima o poi rientri. Così non può andare avanti”, afferma Fabio Galli, ex assessore provinciale al turismo, ora membro della segreteria riccionese del partito. “C’è una diversa visione del ruolo del partito, del modo di fare opposizione. – spiega – E’ evidente, guardando anche ciò che è successo nelle ultime elezioni in giro per l’Italia, che se non si ritrova l’unità si è condannati ad essere perdenti. Non esiste che qualcuno si chiami fuori, si autosospenda: è una posizione non prevista dallo statuto. Non può durare a lungo: o dentro o fuori, c’è bisogno di chiarezza”.

A dire il vero, a chi osserva dall’esterno non risulta ben chiaro in cosa consistano le diversità. “E’ vero, sono di difficile comprensione. Penso che si tratti di personalismi, di fratture e ferite mai rimarginate che ancora riemergono. Ma non si fa politica con i personalismi, il confronto deve essere su idee e progetti. A volte si può essere in maggioranza, a volte in minoranza, ma non in una posizione di contestazione permanente”.

Probabilmente la sconfitta del 2014 ha avuto ed ha il suo peso. Il Pd è riuscito a spiegarla, a digerirla? “Non è giusto attribuire la sconfitta del 2014 ad un solo motivo e ad una sola persona. Le cause sono molteplici e le responsabilità sono diffuse. E non bisogna neppure trascurare la forza di un avversario che in maniera un po’ furbesca è riuscito a interpretare la pancia dell’elettorato riccionese con la battaglia contro il Trc. È stato promesso ciò che non si poteva mantenere, e cioè che il Trc sarebbe stato bloccato. Comunque va dato atto che la Tosi è stata brava a intercettare gli umori dell’elettorato che era anche stanco di una stagione politica. Al primo turno Ubaldi era al 45 per cento, con undici punti sulla Tosi. È evidente che l’elettorato grillino si è riversato su di lei in nome della voglia di cambiamento”.

Il voto di Riccione ha quindi in qualche modo anticipato le tendenze di oggi. “Hanno contato anche le divisioni dentro il Pd, che, guarda caso, aveva celebrato le primarie. Guarda caso dopo ogni primaria si paga sempre il prezzo di una divisione interna che poi porta a perdere. È quanto è successo anche a Cattolica. Lo strumento delle primarie va rivisto. Si deve favorire la partecipazione dei militanti e degli elettori ma con strumenti nuovi che non abbiano la controindicazione di produrre fratture insanabili dentro il partito”.

Arriviamo al sindaco Tosi e alla sua maggioranza. “Sta succedendo – sostiene Galli – ciò che era prevedibile. Dopo la classica luna di miele sulle ali dell’entusiasmo della vittoria, sono emerse le divergenze esistenti fra Forza Italia e la lista civica Noi Riccionesi. All’entusiasmo sono subentrate le disillusioni, militanti si sono allontanati, ci sono state dimissioni, fuoriuscite, nascite di nuovi gruppi. Uno sfilacciamento generale che mostra come il sindaco Tosi non abbia la capacità politica di tenere unita la propria maggioranza”. Ma secondo voi qual è il punto? Cosa provoca questo sfilacciamento? “Mi pare ci sia un marcarsi a vicenda fra sindaco e vice sindaco per vedere chi pesa di più”.

E voi del Pd come vedete il ruolo del renziano Natale Arcuri, detto Nanà? “Lui è stato decisivo nella campagna elettorale, abile nella comunicazione specialmente sui social. Mi pare che con il tempo il suo ruolo abbia un po’ debordato da quello legittimo di consigliere politico. Se la maggioranza si è spaccata è stato anche a causa delle sue ingerenze mal sopportate da una parte. Così almeno dicono molti rumors che capita di ascoltare”.

A proposito di rumors, sono circolati anche quelli che vedono Nanà tessitore di un nuovo quadro politico che comprenda anche una parte del Pd. “Li ho sentiti anch’io, ma mi pare che per lui il campo sia diventato stretto. Per costruire un progetto ci vuole la forza dei numeri e delle persone e adesso gli mancano sia gli uni che le altre”.

E voi cosa fate? Come pensate di preparare la rivincita? “Abbiamo tre anni davanti e non sono pochi. Continueremo a stare sul pezzo e a fare opposizione, criticando tutto ciò che non va. Abbiamo ripreso a fare politica anche nei quartieri dove ci capita sempre più spesso di ascoltare il malcontento e le disillusioni di chi aveva creduto nella Tosi. Non ci limiteremo a cavalcare il malcontento ma costruiremo una proposta politica nuova per tornare a vincere. Bisogna costruire un partito non liquido ma solido e radicato sul territorio. È la lezione che ci viene da queste ultime elezioni, anche nella provincia di Rimini”.

Martedì, 21 Giugno 2016 14:54

Elezioni, Arlotti smonta il teorema Melucci

Attenzione a considerare il risultato di Patto Civico alle elezioni comunali di Rimini come mera espressione di furbate e di fortuna, si rischia di non capire quali dinamiche profonde hanno investito il comportamento dell’elettorato riminese.

Lo sostiene il deputato del Pd Tiziano Arlotti che con un’articolata analisi smentisce l’interpretazione proposta da Maurizio Melucci, a partire da un primo giudizio di fondo: l’apporto di Patto Civico è stato cruciale per l’elezione del sindaco Andrea Gnassi al primo turno.

Vediamo i ragionamenti di Arlotti. Melucci aveva sostenuto che la vicinanza del simbolo di Patto Civico vicino al nome del candidato e la presenza forte del nome di Gnassi nel simbolo stesso, avrebbero indotto molti elettori in errore, producendo un gran numero di schede nulle. Arlotti osserva che è vero che le schede nulle a Rimini sono state più numerose che in altre città, è anche vero che sono lievemente diminuite rispetto al 2011 (dal 2,39 al 2,30).

L’altro argomento di peso di Melucci per dimostrare che si è trattato di un voto “casuale” è che nel Patto Civico c’è stato un uso inferiore delle preferenze rispetto al Pd, partito tradizionalmente non incline al voto personale, e soprattutto rispetto ai partiti del centrodestra, dei quali il Patto Civico avrebbe dovuto intercettare gli elettori.

Arlotti fa notare che la situazione non è omogenea in tutto il territorio comunale. A Miramare e a Viserbella/Torre Pedrera, che risultano essere due roccaforti della lista promossa dall’on. Pizzolante (20,8 e 20,3 per cento), c’è stata nel Patto Civico una percentuale di preferenze pari all’84 e all’81,29 per cento. Questa osservazione fa dire ad Arlotti che “il consenso raccolto da “Patto Civico” non sembra essersi, dunque, formato nel “vuoto”. C’erano dunque dei radicamenti territoriali che si sono poi espressi anche in un maggior uso del voto di preferenza.

Ma Arlotti compie un ulteriore passo. Dopo aver diviso il territorio comunale in venti collegi, corrispondenti a quelli usati per le primarie del Pd, ha messo a confronto, usando colori diversi (da verde scuro, in caso di molti voti, al rosso in caso di pochi voti) i consenti raccolti dal Patto Civico nel 2016 e quelli raccolti dal Pd e dal Pdl nel 2011.

Dal confronto fra queste tre “mappe” emergono alcuni elementi interessanti. Il primo luogo, i collegi più centrali della città (Centro-Marina-Centro, San Giuliano Mare, Borgo San Giuliano) dove Patto Civico acquisisce un grado di consenso alto, sono anche aree in cui l’allora Pdl registrava un consenso “alto” e” molto alto”, mentre - al contrario - maggiori erano le difficoltà del Pd (consenso “basso” e “molto basso”). Una situazione analoga riguarda anche i collegi di ex Quartiere 2 Sede ACER, Ghetto turco, Miramare ex Quartiere 3, Via Euterpe, INA Casa e Viserba dove Patto Civico registra un consenso “alto” e altrettanto anche il Pdl nel 2011. Al contrario le aree in cui le difficoltà di Patto Civico sono state maggiori (e cioè i “collegi” di Tomba nuova, ex Quartiere 4 Gaiofana Vergiano, Corpolò e San Vito), sono anche le aree in cui il PD ha registrato nel 2011 un grado di consenso “alto”e “molto alto”.

Arlotti fa capire che dunque il voto alla lista Pizzolante non è frutto di “errori” e che la funzione di dragaggio di porzioni di elettorato di centrodestra verso Gnassi è perfettamente riuscita.

Le conclusioni di Arlotti. “Va premesso che una variabile cruciale nell’esito della tornata amministrativa 2016 a Rimini è stato sicuramente il buon governo dell’amministrazione uscente e il profilo autorevole del candidato sindaco di centro-sinistra che è riuscito ad intercettare, come messo in evidenza dall’analisi dell’Istituto Cattaneo,flussi di elettori abbastanza rilevanti da tutte le forze politiche. A questo si aggiunge anche la debolezza/assenza di attori alternativi credibili (es. mancato valore aggiunto Pecci (solo “254” voti aggiuntivi rispetto alle liste di supporto; mancata presentazione lista e candidato 5 Stelle). In tale quadro, che ha visto anche un forte aumento dell’astensione al voto, l’apporto di Patto Civico, un unicum nel confronto comparato, è stato cruciale per il superamento al primo turno delle elezioni amministrative. Presumibilmente Patto Civico può essere stato avvantaggiato da alcune “congiunture” politiche. Tuttavia i dati sulla percentuale di schede nulle o contestate non sembrano aver registrato una soglia particolarmente anomala rispetto ad altri territori (peraltro rispetto al 2011 risulta in calo a Rimini).

Inoltre, attraverso un’analisi più disaggregata del voto a livello territoriale, sono emersi due elementi importanti. Il primo riguarda presumibilmente un certo “radicamento” territoriale della lista civica in zone specifiche del territorio riminese. in altre parole, il consenso raccolto da “Patto Civico” non sembra essersi, dunque, formato nel “vuoto”. Dall’altro lato, il raffronto fra le mappe del voto nelle due tornate 2011 e 2016 sembra mettere in luce una certa sovrapposizione delle aree a maggiore consenso di “Patto Civico” con le aree in cui l’allora centro-destra, cioè il Pdl, è risultato più forte nel 2011”.

Da qui l’invito ad andare cauti nell’attribuire a furbate e a fortuna il risultato ottenuto da questa lista. Il rischio è una sottovalutazione politica del fenomeno e una incapacità a comprendere le dinamiche della società riminese.

Pubblichiamo volentieri questo intervento apparso su Facebook dell'avvocato Marco De Pascale, di Riccione, che ci pare un contriobuto interessante alla lettura dell'attuale situazione politica della città.

Lettura ingenua: i quattro moschettieri (+ 1) si sono dimessi in quanto stufi dell'oligarchia del dominus assoluto di Noi Riccionesi da una parte, e dei magheggi della vecchia volpe socialista dall'altra parte.
Lettura dietrologica: lo sconquasso e' architettato a livelli più alti, e prelude ad un inciucio stile Renzi/Alfano (+Verdini) se parliamo di Italia, o Gnassi/Pizzolante se parliamo di Italia in Miniatura.
Il tempo ci dirà come sono andate le cose veramente.


Intanto però, arrivati quasi al giro di boa della legislatura, qualche considerazione su ciò che è accaduto dal 8 giugno 2014 si può abbozzare.
Parecchi Riccionesi sono rimasti delusi da come è stato gestito quel consenso trasversale che portò al ribaltamento del tavolo; il voto fu da un lato un premio a chi da circa quindici anni denunciava le malefatte del partito da sempre detentore del potere, e dall'altro frutto della voglia di cambiare gli occupanti della stanza dei bottoni, i quali, peraltro, ci misero del loro - con le consuete divisioni e lacerazioni interne - per perdere.
Il voler far passare i riccionesi quali boccaloni che avevano votato la Tosi solo perché incantati dalle promesse elettorali irrealizzabili di quest'ultima, contribuì a rafforzare ancor più il credito verso la Renata e la repulsione verso il PD.


Tutto ciò avrebbe dovuto esser un patrimonio enorme per il Sindaco, tale da consentire una navigazione tranquilla fino al termine del mandato.
E invece no; e' apparso ben presto chiaro ai più che a decidere il bene ed il male era una persona sola, ben difesa e supportata da un solido cerchio magico; se ne ebbe un primo e paradigmatico esempio in occasione del feroce attacco a Bezzi per le conferenze sul fascismo, sferrato pubblicamente su Facebook, e successivamente vidimato dal Sindaco che liquido' la vicenda accusando il Presidente dell'Istituzione Cultura di mancanza di condivisione.
Delle conferenze de quo, nulla più si è saputo.
È chiaro che un'egemonia di tal fatta non poteva che andar stretta all'altrettanto ingombrante capo del maggiore alleato di governo; da lì, un duello per la supremazia deleterio per gli equilibri della maggioranza.


A ciò si aggiunga come la promessa elettorale (questa si' seria e fattibile) di condividere con la cittadinanza le scelte e le regole sia naufragata dapprima col drastico regolamento "musica" imposto a stagione in corso, poi con quello "spiaggia"' partorito senza un'adeguata condivisione e un necessario confronto con le varie categorie interessate.
Non si può poi tacere circa lo smarrimento di tecnici, imprese e soprattutto cittadini (questi ultimi impegnatisi economicamente per progetti già approvati) di fronte alla rigida gestione della materia edilizia, caratterizzata più da un voler agire contro la precedente amministrazione che dalla mediazione e dal sereno confronto per giungere ad un sostenibile equilibrio tra tutela del territorio e salvaguardia dell'economia.
In pratica da "mattone selvaggio" di imoliana memoria, siamo passati a "fermi tutti" qui non si muove più una bossola.


È la rigidità nella gestione della cosa pubblica, la mancanza di confronto con le persone, il continuare la guerra a tutto ciò che è connotato da un qualsivoglia legame col passato, il pendere dalle labbra del guru (peraltro, e questa è davvero bella, per sua candida ammissione Renziano convinto e tesserato PD) a rendere abbastanza negativo il bilancio di questi primi due anni di esperienza amministrativa.
E questo proprio nel momento in cui il PD e' ai minimi termini della sua storia cittadina, con guerriglie interne e mini-scissioni (quattro consiglieri su sette si sono defilati dal partito ufficiale), momento quindi che avrebbe dovuto favorire la fidelizzazione dei cittadini con iniziative di ampio respiro neppure disturbate da un'opposizione tutta impegnata a litigare al proprio interno.
Se gli argomenti dell'opposizione sono le buche delle strade, seconde come anzianità solo al Castello degli Agolanti (buche peraltro cui si è per la prima volta messo mano) si capisce come la maggioranza sarebbe dovuta andare "con un filo di gas".


E invece:
si era dimesso Bezzi; si è dimesso Monaco; si sono defilati quattro dei quindici consiglieri di maggioranza, cui deve aggiungersi il Lele Montanari espulso, dopo un processo per direttissima discretamente sommario, e il consigliere di Forza Italia forse espulso o forse no.
Dalla lettura delle carinerie che si son scambiati oggi sui social, anche con Fratelli d'Italia le cose vanno maluccio, mentre tra i due maggiori partiti della maggioranza volano stracci come aquiloni.
Occorrerebbe un atto di coraggio; occorrerebbe prender le distanze da chi vuol comandare senza neanche conoscere la natura dei riccionesi; cittadini che han dovuto sopportare il lungo monopolio rosso del potere, ma che ciononostante sono sempre riusciti a rimanere solidali e in linea di massima amici tra loro.
Cittadini che nel 2014 avevano chiesto solo di rimuovere la ruggine dei consolidati meccanismi di potere, per dar vita ad una nuova fase di convivenza, dove non dovesse esser necessario "conoscere qualcuno nel Comune" per esser agevolati o coinvolti nelle scelte e nelle decisioni.
Altrimenti potevamo tenerci quelli di prima, che - se non altro - avevano dimestichezza con la macchina pubblica avendola guidata da sempre (solo) loro.
C'è ancora tempo per il cambio di marcia; ma il tempo, come noto, vola.
E soprattutto, come canta la Mannoia, non torna più.

Marco De Pascale

Mariano Gennari, candidato del Movimento 5 Stelle, è il nuovo sindaco di Cattolica. Nel ballottaggio di ieri ha prevalso con il 56,32 per cento dei voti su Sergio Gambini, canidato del Pd e di due liste civiche.  La vittoria di Gennari è stata generale: ha prevalso su Gambini in tutte le quindici sezioni elettorali del Comune, 4.158 voti contro 3.225. Rispetto al primo turno Gambini ha racconto 200 voti in più, mentre Gennari ha più che raddoppiato i suopi 2.033.

A Cattolica ha funzionato lo schema che si è visto in altre situazioni: quando al ballottaggio c'è un M5S e un Pd,il centrodestra, pur di contrastare il candidato dem, ha riversato ui propri voti sul candidato grillino.

Qui potetele le dichiarazioni della vigilia e le idee del nuovo sindaco.

Nella rpovincia di Rimini Cattolica, dopo Novafeltria e Pennabilli, è il terzo Comune perso dal Pd in questa tornata elettorale. Si fa problòematica la posizione del segretario provinciale Juri Magrini che pure alla vigilia dle voto era dato come uno dei possibili assessori dela giunta Gnassi.

Sabato, 18 Giugno 2016 17:16

Melucci contro Pizzolante. Che risponde

Pizzolante: “Melucci, dai retta, non ci stai capendo niente”. Melucci: “Tu sei un noto opportunista e trasformista della politica”. È degenerata in rissa, via Facebook, l’analisi sul voto a Rimini e soprattutto sul successo strepitoso del Patto Civico, meglio conosciuto come “lista Pizzolante”.

Secondo Melucci il successo è dovuto solo a furbate (il nome grande di Gnassi nel simbolo) e a fortuna (la posizione del simbolo sulla scheda elettorale). È all’apparenza un’analisi tecnica, da politologi e analisti dei comportamenti elettorali; è in realtà uno scontro politico che, da parte di Melucci, intende mettere in discussione il significato dell’operazione messa in piedi dal deputato con la collaborazione attiva di alcuni settori del Pd e l’approvazione del sindaco Gnassi. Nessun laboratorio politico, nella prefigurazione del partito della nazione, nessun apporto determinante all’elezione del sindaco al primo turno. Sullo sfondo si può leggere la guerriglia in corso per la formazione della giunta, con Pizzolante che chiede due posti per i suoi. Una soluzione che potrebbe diventare ancora più complicata se a Cattolica il ballottaggio non dovesse essere vinto da Gambini. Si potrà, per esempio, promuovere assessore, un segretario di partito, Juri Magrini, che ha perso tre Comuni?

Per sostenere la propria tesi, Melucci si rifà ai casi del 1999 e del 2006 quando la vicinanza al nome del candidato sindaco portò un’inaspettata dote elettorale a chi godeva della posizione fortunata. “Infatti – scrive - nel 1999 il Quadrifoglio (lista inventata a livello locale che riuniva 4 simboli nazionali) si trovò allineato al candidato Alberto Ravaioli. Risultato? 6596 voti pari all'8,65% Risultato eccezionale ma falsato. Infatti lo stesso giorno per l'elezione dei quartieri il Quadrifoglio non è andato oltre il 4,3%. Il posizionamento è valso il raddoppio dei voti. Nel 2006 la sorte premia Italia dei Valori che vede il suo simbolo affiancato al candidato Alberto Ravaioli. Ebbene porta a caso il 4,38%. Eccezionale, ma non veritiero, come si evince dai risultati nei quartieri, il 2%.

Veniamo a Patto Civico (con il nome Gnassi a caratteri cubitali). Un risultato molto positivo. Infatti raccoglie 8458 voti pari al 13,84%. Risultato eccezionale ma falsato doppiamente: posizionamento sulla scheda elettorale e nome del candidato a Sindaco a carattere cubitali nel simbolo che ha tratto in inganno. Da dove traggo questa conclusione non essendoci stato analogo voto per i quartieri? Da ciò che è stato raccontato nei seggi dai rappresentanti di lista (voti di lista annullati perchè votato il simbolo del Patto Civico e del Pd) Voti di preferenza annullati al Pd perchè scritti sotto il simbolo del Patto Civico (votato). Ma soprattutto su una analisi delle preferenze. I candidati della lista Patto Civico hanno preso in % meno preferenze dei candidati del PD. Infatti soltanto il 38% di chi ha votato la lista Patto Civico ha dato una preferenza. Meno del Pd (molto poco propenso a dare preferenze da sempre) che arriva al 42%. Per capirci nel 2011 il Popolo della Libertà ha espresso il 54% di preferenze. Perchè faccio riferimento al Popolo della Libertà? Perchè è una lista che aveva candidati con le stesse caratteristiche del Popolo della Libertà (candidati allenati a prendere preferenze). Piccolo particolare, allora si poteva dare una preferenza. Nel 2016 due preferenze. Quindi? La lista Patto Civico e Città Metropolitana con Gnassi non è nessun caso nazionale. Non è un laboratorio politico. E' stata la presentazione di una lista civica che tra furbate (nome del candidato a Sindaco a caratteri cubitale ) e fortuna (sorteggio sotto il nome del candidato a Sindaco) ha prodotto quel risultato elettorale. Senza il combinato disposto delle due congiunture avrebbe preso i voti di una lista civica di spessore per le candidature messe in campo ma non sarebbe andata oltre al 5%”.

A stretto giro la replica di Pizzolante. “Melucci porta come esempi antichi risultati del quadrifoglio (lista di 4 partiti) e di Italia dei valori (7% e 4%). Liste con simboli nazionali. Analisi "geniale" visto che fra il 4% o il 7% e il 14 c'è una bella differenza! Comunque si sostiene una cosa non vera visto che il simbolo più vicino al nome del Sindaco è quello del Pd. Ancora, sostiene che ci sono stati molti voti espressi sia al Patto che al Pd... vero, ma quelli sono stati annullati! Non sono quindi nel 14%! E voti di candidati del Pd espressi nel Patto... Vero ma è successo anche il contrario (chiedere a Gallo e Erbetta).

Un'altra chicca, si dice che i voti di preferenza nel Patto sono stati "solo" il 38% pur essendoci personaggi abituati alla preferenza. Gli eletti non hanno mai partecipato ad una competizione elettorale! È così; 30 candidati su 32. Il 38% di voti di preferenza contro il 42% del Pd e più del doppio rispetto alle altre liste civiche per Gnassi, per persone alla loro prima esperienza, è un risultato straordinario, mai visto prima. Dimostra una mobilitazione vera e grande. D'altronde bastava andare alle nostre manifestazioni elettorali e a quelle degli altri per capire la differenza di clima. Basta guardare le nostre visualizzazioni sulla rete che hanno surclassato tutti, proprio tutti.

Il nome grande nel simbolo è stato necessario per rendere visibile subito (visto i tempi a disposizione) un'offerta politica. Bisognava recuperare uno svantaggio rispetto alle altre liste. Quanto valgono le liste del Pd o di Fi o della Lega senza i loro simboli nazionali visibili e riconoscibili? Il simbolo è stato importante, ma senza "Prodotto" non si andava da nessuna parte… Inoltre ci sono docenti universitari che stanno studiando il fenomeno Rimini, con studiosi dei flussi elettorali. Faremo uno studio ad hoc per capire nei dettagli le ragioni sociologiche e antropologiche, prima che politiche, di questo enorme spostamento del voto”.

Questa dell’analisi del flussi sarà la seconda puntata dello scontro, anche perché Melucci ne annuncia una sua per chiudere la discussione. Pizzolante fa sapere: “Da adesso non ti rispondo più, perché io difendo il nostro risultato e non mi importa nulla delle tue difficoltà dentro il Pd”.

Venerdì, 17 Giugno 2016 18:31

Tutti contro Corbucci: scontri in aeroporto

Dopo quelli già aperti con l’aeroclub e Air Vallèe, si apre un altro fronte per Airiminum 2014, la società di gestione dell’aeroporto di Rimini.

Sul piede di guerra sono gli spedizionieri che domani si riuniranno per decidere un’azione collettiva contro l’amministratore Leonardo Corbucci. Gli spedizionieri sostengono che Airiminum 2014 sta infrangendo la convenzione sottoscritta con Enac che prevede la libertà di impresa all’interno dell’aeroporto. In sostanza gli spedizionieri, secondo la convenzione, possono utilizzare i servizi aeroportuali per imbarcare merce sugli aerei dei vettori con i quali hanno stipulato un contratto. “Corbucci ha chiamato spedizionieri e vettori – spiega Stefano Maioli, titolare di Stele – invitandoli a rinunciare ai loro contratti e a sottoscrivere un accordo con Airiminum che in questo modo non fornirebbe solo l’handling ma anche il servizio spedizioni. Per capirci, sarebbe come dire che un passeggero se vuole imbarcasi deve comprare il biglietto solo da Airiminum e non dove vuole lui”.

Questa vertenza spiega perché negli ultimi mesi da Rimini, che ha avuto sempre un buon movimento cargo, non sia transitato un solo chilo di merce. “Molti vettori sono esasperati – sostiene Maioli – Se fosse aperto Forlì, sarebbero già andati via”.

Le pretese di Airiminum 2014 verso gli spedizionieri si inquadrano in quel nuovo rapporto fra tutti i soggetti della filiera aeroportuale che l’amministratore delegato Corbucci aveva annunciato nella conferenza stampa del 14 aprile scorso. La ricchezza prodotta dall’aeroporto deve essere ripartita in modo più equo, disse allora Corbucci, facendo capire che sarebbero state riviste le regole del gioco con tutti gli operatori. Ed ora l’amministratore delegato è passato ad applicare la nuova “dottrina”. Il suo stile ha allontanato molti collaboratori, fra cui Riccardo Fabbri, che molta parte ebbe nello sbarco della società a Rimini.

Se anche gli spedizionieri faranno causa a Corbucci, sarebbe la terza accumulata nel giro di poche settimane. Con Fabio Falsetti i rapporti sono ai ferri corti. “Il signor Corbucci – afferma il presidente dell’aeroclub - ha un carattere per così dire molto rugginoso. Secondo me non ha chiaro qual è il proprio ruolo: non è il proprietario dell’aeroporto, ma solo il gestore per conto di Enac”.

Fra aeroclub e Airiminum 2014 ci sono vari motivi di contrasto. Il primo verte sul canone da pagare per conservare la presenza in aeroporto. Fino ad ora l’aeroclub ha pagato 4.000 euro all’anno, mentre a detta di Falsetti l’attuale società di gestione ha avanzato pretese ben superiori, arrivando a chiedere fino a 40.000 euro, dieci volte di più. “Anche in questo caso c’è un equivoco. – afferma il presidente – Corbucci sostiene che l’aeroclub rientra nel sedime dell’area civile, cioè rientra nella sua convenzione. Noi invece sosteniamo che la nostra area fa parte di quella data in concessione da Enac alla Repubblica di San Marino. Quindi il nostro interlocutore è Enac, non Airiminum 2014. Dobbiamo pagare un decimo del valore demaniale. Secondo una recente sentenza del Consiglio di Stato, pare che possiamo pagare solo il 50 per cento dell’importo dovuto. Per noi sarà comunque un salasso che ci mette in enorme difficoltà, ma almeno pagheremo a chi ha il diritto di chiederci i soldi”.

Altro motivo di scintille – cha ha provocato nei giorni scorsi anche un incandescente scontro verbale - è la questione della sbarra di accesso che Corbucci ha fatto installare in aeroporto. Chi vuole accedere all’aeroporto dovrebbe pagare un canone mensile di 50 euro. Falsetti ritiene che quella sbarra sia stata messa illecitamente perché la competenza a regolare la viabilità all’interno di un aeroporto è del Direttore della Circoscrizione aeroportuale competente per territorio, cioè la direzione Enac di Bologna. “Non è un caso infatti che Enac Bologna, immediatamente dopo essere venuta a conoscenza dell’illecito, abbia emesso, - sottolinea Falsetti - un ordine di immediato ripristino dello status ante. A mio giudizio il gestore ha compiuto un illecito nel tentativo di fare lucro sul passaggio di molti operatori e avventori occasionali e l’Enac ha giustamente ritenuto, al momento, di impedire la reiterazione dell’illecito. Quando e se ENAC emetterà l’ordinanza la rispetteremo, come d’uso facciamo, ma sino ad allora possiamo liberamente parlare di atti prevaricatori perpetrati da chi le regole vorrebbe farsele da sé”.

L’altro fronte aperto sul piano giudiziario è con la compagnia Air Vallèe che gestiva i collegamenti con Catania e Tirana e che per l’estate avrebbe aggiunto anche Olbia. Airiminum 2014 si è rivolta ad Enac, lamentando il mancato pagamento dell’handling pregresso ed Enac ha sospeso la licenza di volo alla compagnia. “Nella querela-denuncia presentata in Procura – spiega l’amministratore Gianluca Pellino – abbiamo fatto presente che in data 1 giugno l’Enac ci ha scritto per informarci che Airiminum 2014 e Airhandling avevano chiesto l’applicazione dell’articolo 802 del codice della navigazione per il mancato pagamento dei diritti aeroportuali e servizi di assistenza a terra. In data 20 maggio, come da concordato piano di rientro, avevo versato con bonifico le due rate di cinquemila euro ciascuna e altrettanto ho fatto in data 5 giugno. Non è quindi giustificabile il comportamento avuto quando il nostro aereo è stato bloccato per due ore”. La Procura ha aperto un fascicolo che è stato affidato al pm Sgambati. Si vedrà che iter seguirà la vicenda, l’amministratore di Air Vallèe fa sapere che la società farà di tutto per essere risarcita del danno che a suo giudizio ha subito la compagnia.

L’ultimo fronte, per il momento sospeso fino a ottobre, scadenza del contratto, è quello con Aircoop, la società che gestisce il bar dell’aeroporto. Aircoop, che pure è socio di Airiminum 2014, paga royalties per il 30 per cento degli incassi, una percentuale evidentemente molto alta. “Abbiamo accettato un accordo così oneroso – spiega il presidente – per non mettere in difficoltà l’aeroporto, di cui siamo soci, in questo momento di rilancio. A ottobre vedremo come stanno le cose”. Ma in passato quanto pagava Aircoop? “Con la gestione Masini avevamo stabilito un euro a passeggero e quindi, quando c’era movimento, si è arrivati anche a pagare 700/800 mila euro all’anno”. Adesso che traffico c’è? “Il mercato russo continua ad avere le solite difficoltà. Più o meno c’è il movimento dell’anno scorso. Andrà bene se riusciremo ad arrivare ai 200 mila passeggeri”. Cioè siamo ancora all’anno zero o giù di lì.

A Cattolica, dove domenica prossima si vota per il ballottaggio fra Sergio Gambini, Pd, e Mariano Gennari, Movimento 5 Stelle, si sta creando una sorta di tenaglia per stringere nell’angolo il candidato della sinistra. Prima la Lega, poi anche il candidato sindaco del centrodestra, Massimiliano Gessaroli, si sono espressi per il voto a Gennari. Solo Pierangelo Del Corso, storico esponente del centrismo cattolico, alleato di Gessaroli, ha dichiarato di preferire Gambini. Accade a Cattolica quel che sta caratterizzando i ballottaggi nelle grandi città: nessun apparentamento (che per principio i grillini escludono) ma tante dichiarazioni dei leader finalizzate a orientare l’elettorato verso una punizione del Pd e dei suoi candidati. Si tratta di vedere alla prova dei fatti cosa faranno gli elettori, che si dimostrano sempre più indipendenti rispetto alle logiche di appartenenza. Inoltre è bene ricordare che il ballottaggio è una elezione nuova, che quasi non ha niente a che fare con il primo turno dove, oltre ai candidati, dominano i simboli dei partiti. È un’elezione nuova dove ha più chance di vittoria chi meglio riesce a motivare i propri elettori perché ritornino alle urne.

“In campagna elettorale – afferma Sergio Gambini – ho parlato della necessità per Cattolica di riscoprire uno spirito di comunità e questo può avvenire solo proponendo un progetto in positivo. Non mi spaventa la somma dei no, perché solo trovando le ragioni di una convergenza di popolo per il cambiamento si può ripartire. Non è un uomo solo al comando che cambia la situazione. La mia proposta di programma e di selezione della classe dirigente è più inclusiva. Basta osservare la diversità di toni delle dichiarazioni di Gessaroli (votare contro Gambini e quindi contro il Pd) e di Del Corso (attenzione alle cose da fare) per capire che in gioco è la credibilità di un progetto”.

Cattolica è il teatro di una sfida che è mancata a Rimini per l’assenza del M5S. Lei in questi giorni che argomenti usa per convincere gli elettori a votarla?

“L’argomento principale è proprio la credibilità del progetto di cambiamento da noi proposto. È un progetto che abbiamo costruito in mesi di lavoro, accettando la sfida del civismo e costruendo assieme ai cittadini un programma che ha ottenuto successo, visto che il 38 per cento degli elettori lo ha promosso. Attraverso l’apertura al civismo abbiamo costruito un ponte verso i ceti produttivi, verso le professioni, verso i giovani, tutte categorie di persone che sono state così integrate nella nostra proposta di governo. Il voto al ballottaggio non è una somma di no ma un progetto nuovo per far ripartire Cattolica. Questo progetto può contare su esperienze, competenze e capacità di governo ampiamente sperimentate:”

Sta dicendo che rispetto a chi vuole cambiare tutto è meglio l’usato sicuro?

“Non l’usato sicuro, ma il nuovo competente”.

A proposito di civismo, lei da tempo ci insiste parecchio ma il 5,5 per cento raccolto da Energia Civica 40 sfigura non poco rispetto al 14 per cento della lista Pizzolante a Rimini. Non è stato un risultato deludente?

“Saranno stati più bravi, non so…Il nostro è un progetto politico giovane che ha bisogno di radicarsi. Tuttavia il consenso raccolto da Energia Civica 40 è molto importante come segnale di apertura e disponibilità al civismo, anche a Cattolica. È un primo passo che continuerà durante la legislatura, se io sarò eletto sindaco”.

Le cose sono andate meglio per l’ex assessore Giovanna Ubalducci che ha portato a casa quasi il 10 per cento. Ha votato per lei quella parte del Pd sconfitta alle primarie?

“Bisogna non trascurare i 273 voti della lista della Guadenzi, più di centrodestra che di sinistra. Penso che la polemica che ha portato la Ubalduci e altri esponenti del Pd a uscire dal partito abbia scoraggiato una fetta di elettori che, viste queste divisioni, ha preferito restare a casa. Ne abbiamo avuto riscontro in alcuni seggi. Il nostro sforzo è di portarli a votare al ballottaggio”.

La Ubalducci non si è sbilanciata, ha semplicemente invitato i propri elettori a tornare alle urne. Lei che messaggio manda a quegli elettori?

“Posso capire la delusione per il forte tratto di discontinuità che ha segnato la mia campagna elettorale. Non è stato facile neppure per me dire tanti no a persone che conosco e stimo. Tuttavia la lunga campagna elettorale mi ha sempre di più convinto della necessità per Cattolica di cambiare pagina. Abbiamo pagato un prezzo necessario per consentire, come successo altre volte nella storia della sinistra, di rappresentare un’alternativa a noi stessi, radicandola in nuovi programmi e in una nuova classe dirigente”.

Solo se vince Gambini, la Ubalducci potrà entrare in consiglio…

“Si, è così. C’è anche un altro risvolto curioso e interessante. Se vinco io, dei dieci consiglieri Pd, quattro hanno meno di trentacinque anni. Se vince Gennari, nella sua maggiorana non c’è nessuno con meno di quarant’anni”.

(Riccione) Nasce un nuovo gruppo in consiglio comunale a Riccione. Si chiama Unione Civica Riccione e ne fanno parte due consiglieri eletti con Noi Riccionesi, Filippo Ubinati (nella foto) e Fabio Mercatelli,  e due consiglieri eletti con Forza Italia, Francesco Montalto e Michele Mingucci.

Lo scopo dichiarato del nuovo gruppo è "dare nuova linfa al sindaco e per spingere fuori interferenze che tolgono spazio ai cittadini di Riccione".

L'analisi che ha portato alla decisione afferma che  "Troppe tensioni hanno caratterizzato l'esistenza della maggioranza politica che guida la nostra città, troppe frizioni indotte artificiosamente con il solo scopo di mettere l'uno contro l'altro attraverso il divide et impera. Nel progetto politico che ha portato Renata Tosi a diventare il sindaco di Riccione noi ci abbiamo creduto e vogliamo continuare a crederci e non vogliamo rassegnarci a vederlo svanire giorno dopo giorno senza reagire. Abbiamo messo le nostre facce e abbiamo raccolto i voti per un programma che vogliamo realizzare". Conclusione:  "Per questi motivi abbiamo deciso di lasciare i nostri rispettivi gruppi di appartenenza e di fondarne uno nuovo, coeso, autonomo e al servizio del sindaco e del progetto per i quale i cittadini ci hanno votato".

La loro decisione non è stata gradita a Natale Arcuri, segretario di Noi Riccionesi. "L'operazione che hanno messo in atto i consiglieri comunali che hanno deciso di abbandonare i loro rispettivi gruppi consiliari in cui erano stati eletti - si legge in una nota - è secondo me intrisa di puro velleitarismo. Finalizzato solo a trovate nuovi spazi di protagonismo. La rispetto, naturalmente, e ne prendo malinconicamente atto, ma non posso non rilevare che non solo fa a pugni con quello che loro stessi  dichiarano di voler perseguire: una maggioranza coesa, ma in realtà la frammentano ulteriormente aumentandone le tensioni interne e mettendone a rischio la stabilità. Mi sembra di assistere ad un rito tafaziano . Il loro non è un progetto politico, ma solo delirio di onnipotenza. Immagino che abbiano ben considerato l'effetto che farà questa loro decisione in quanti li hanno votati e più in generale nella città".

Pagina 79 di 115