Giovedì, 31 Marzo 2016 15:52

Il Pd si mangia il centrodestra

Lo strano anno (il 2015) dell’aeroporto di Rimini è fotografato dai dati che , fra ieri e oggi, hanno diffuso l’Enac e la società Airiminum.

Enac ha pubblicato i dati sul movimento negli aeroporti italiani e lo scalo di Rimini, ormai lo si sapeva, è piombato in fondo alla classifica. Nel 2015 solo 158.688 passeggeri, il 66,3 per cento in meno rispetto al 2014, gestito dal curatore fallimentare. Non è andata male solo sul fronte passeggeri: il traffico cargo si è ridotto a 6 tonnellate, con un calo del 98.5 per cento rispetto all’anno precedente. Buongiorno Rimini già lo aveva scritto nel settembre scorso: all’aeroporto di Rimini è sparito il traffico delle merci. L’ufficio stampa di Airiminum sosteneva che era tutto a posto, ora i dati arrivano a confermare.

Le ragioni dell’annata poco entusiasmante sono note e sono riassunte nel comunicato che ha diffuso oggi Airiminum 2014 relativo al proprio bilancio 2015.   La società ha raggiunto un fatturato, a livello consolidato, di 3,343 milioni di euro (2,247 milioni di Airiminum 2014 e 1,096 milioni della società controllata al 100% Airhandling S.r.l.). Il risultato netto è pari a 235 mila euro. L’aeroporto ha pochi passeggeri, ha azzerato il traffico cargo, ma la società di gestione guadagna. Airiminum dichiara che “La scelta di impostare la gestione sulla rotta dell’economicità aziendale e dell’ottimizzazione dell’intero processo operativo e commerciale abbia dato frutti positivi, e ritiene che la stessa direzione vada perseguita convintamente nei prossimi 30 anni”.

Secondo Airiminum le cose sarebbero andate ancora meglio se non si fossero verificati alcuni incidenti di percorso:La chiusura dello scalo avvenuta il 31 ottobre 2014 da parte del Tribunale di Rimini, che ha interrotto l’esercizio provvisorio (avviato 12 mesi prima a seguito del fallimento della precedente società di gestione) in un periodo strategico per la programmazione della stagione successiva; Il trasferimento dei beni demaniali da parte della Curatela della precedente società di gestione (fallita il 23 novembre 2013) all’ENAC solo a metà febbraio 2015. Questo perché il Curatore ha ritenuto di dover compiere alcune azioni (fra cui anche ricorsi al Tar) che hanno determinato un allungamento di tempi.

Ed infine è arrivato l’annullamento del bando di gara ENAC da parte del TAR dell’Emilia Romagna che, con la sentenza del 11 settembre 2015, lo ha dichiarato non valido per un presunto vizio di forma, recependo una istanza espressa nel ricorso di un concorrente. “Questo – sottolinea Airiminum - ha determinato una nuova situazione di incertezza nel mercato, già scottato dalla chiusura dello scalo solo 10 mesi prima, assestandogli un colpo potenzialmente mortale dopo soli 5 mesi dalla sofferta apertura (in ogni caso pregiudicando l’intero 2016)”.

 Adesso questa fase turbolenta si è chiusa. “La definitiva legittimazione – afferma il Consiglio di Amministrazione di AIRiminum - ci responsabilizza nell’avviare, con entusiasmo e passione, quel nuovo percorso di sviluppo dello scalo che riteniamo che tutto il territorio della Romagna si meriti, come abbiamo sempre manifestato pubblicamente. L’obiettivo è riposizionare l’Aeroporto Federico Fellini nel suo ruolo naturale di principale operatore turistico della Romagna e di primario attore nel panorama italiano degli aeroporti di interesse nazionale.”

C’è da augurarselo perché Rimini di un aeroporto che guadagna senza avere i voli non sa cosa farsene.

Diciamo che si debba rinnovare il presidente della Fondazione Carim. Diciamo che l’attuale presidente, avvocato Pasquinelli, metta in piedi una candidatura che, ovviamente, sia gradita alla propria compagine, i “cattolici”, e che possa soddisfare – cosa comunque non scontata – anche il gruppo detto dei “laici”. Spostandoci in un’altra sede, diciamo che gli industriali, anche loro, comincino a pensare alla futura scadenza e a come entrare nella partita in modo efficace, con un nome che possa raccogliere consensi trasversali e ambire alla presidenza.
Infine diciamo che quando i tentativi, poi, si incrociano, ecco che si avvia una trattativa e una mediazione tra le parti per arrivare a un nome unico.

Non sappiamo come il percorso si concluderà. Al di là di quanto si sia convenuto tra le parti, il percorso è ancora lungo e possono succedere tante cose. Però è difficile pensare di scandalizzarsi di fronte alla dinamica indicata. Sembra più naturale e ragionevole, anche solo paragonandola alla proliferazione di tante mini candidature per le prossime amministrative, sottolineare la decisione di arrivare a una presidenza condivisa, soprattutto in un momento così delicato per il futuro della Fondazione stessa. Fatta salva la necessità, quando sarà il momento, di un giudizio nel merito del progetto strategico complessivo di cui il prossimo presidente si farà portatore.

Un altro particolare che non si può non sottolineare in questa vicenda è che, di nuovo, i nomi in campo sono quelli di Maurizio Focchi e Linda Gemmani, così come è stato (anche se solo sui giornali) per la corsa a primo cittadino.
Ma la cosa veramente importante, e diversa da quanto è successo tra i candidati sindaci delle diverse liste nella campagna elettorale per le amministrative, è come entrambi, in questa particolare partita, debbono aver considerato la richiesta che veniva loro fatta. Altrimenti avremmo assistito all’ennesima battaglia. E speriamo che il prosieguo del percorso verso l’elezione a presidente della Fondazione continui a riservarci la sorpresa di persone che, nelle prese di posizione pubbliche o anche nel confronto privato, dimostrino più attaccamento al bene comune che a una propria affermazione personale. Sarebbe una novità, oggi, davvero importante per la città.

Nello scacchiere del centrodestra, manca ancora la decisione di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Dopo la disponibilità di Antonio Barboni (che però non era una candidatura), sui berlusconiani è calato il silenzio. Ora sembra che domani sera il partito sia chiamato a prendere un orientamento. Di fatto si confrontano due linee. La prima è per un’alleanza fra Forza Italia e Fratelli d’Italia, con un candidato espresso dagli azzurri; la seconda è per convergere – felici o obtorto collo - sul candidato della Lega, Marzio Pecci. Se dovesse prevalere la prima linea i nomi in ballo sono quelli del recordman di preferenza Nicola Marcello, del coordinatore comunale Carlo Rufo Spina, che così vedrebbe assicurato il proprio desiderio di entrare in consiglio comunale, o addirittura quello del giovane bellariese Claudio Brighi, ben visto dai dirigenti nazionale del partito. La logica vorrebbe che la spuntasse Marcello, ma è tutto da vedere.

Con la scelta di Forza Italia sarà completato il quadro del centrodestra, che lungi dall’aver costruito l’indistruttibile macchina da guerra delle intenzioni di qualche mese fa, si presenta agli elettori più frammentato che mai.

Un po’ di settimane addietro era emerso che i due recordman di preferenze Eraldo Giudici e Gennaro Mauro si sarebbero accasati in un’unica lista dei dispersi di centrodestra. Ma prima ancora di convergere sul candidato Luigi Camporesi, i seguaci locali di Giovanardi (Pierluigi Pollini e Eraldo Giudici) hanno fatto capire agli ex An Mauro, Di Lorenzo e compagnia che sarebbe stato meglio se loro avessero seguito un percorso autonomo. Cioè “non vogliamo fare la lista con voi”. Il ragionamento riflette la certezza che si andrà a perdere e non a vincere, perché in caso di vittoria ci sarebbe stata gloria per tutti. Dovendo perdere e avendo così pochi seggi a disposizione (uno se lo prende di diritto il candidato sindaco Camporesi), meglio separare i propri destini. Gli ex An si sono così accasati alla corte di Marzio Pecci, portandogli in dote il loro piccolo gruzzolo di voti che però contribuirà sensibilmente a migliorarne il risultato, lasciando indietro i concorrenti di centrodestra. Se, quando si perde, l’importante è piazzarsi bene per contare di più alle future competizioni elettorali, Pecci e la Lega hanno incassato e ringraziato.

Alla vigilia di Pasqua Marzio Pecci, candidato sindaco della Lega e di Uniti si vince, ha aperto su Facebook la propria pagina ufficiale per la campagna elettorale. Troppo presto per una valutazione compiuta, ma balza subito agli occhi la foto del profilo con la quale qualcuno ha fatto troppo esperimenti con Photoshop. Tanto che un amico non riesce dal trattenersi dal postare un commento di questo tenore: “Troppo imbalsamato, dove è il mio Marzio?”. Pecci, per fortuna sua e dei suoi fans (al momento 368), promette che le prossime saranno migliori. Intanto, ha pubblicato alcune foto in piazza dove la felpa dell’esordio è stata sostituita da una più primaverile T-shirt bianca con l’immancabile scritta rossa RIMINI.

A parte i banchetti in piazza (quasi tutte le forze di opposizione li fanno), la campagna elettorale ed il dibattito politico hanno nei social il loro teatro d’elezione. Anche Luigi Camporesi, candidato sindaco delle quattro liste civiche sorte nell’alveo di Dreamini, ha aperto la pagina da candidato anche se al momento i fan (330) sono inferiori agli amici della pagina personale (2470). La sua foto di profilo non è ritoccata, è al naturale, ma un’immagine più sorridente forse gioverebbe alla sua causa. La foto un po’ imbronciata corrisponde ai commenti che il candidato posta nei vari dibattiti che si sviluppano su Facebook: prevale il sarcasmo, l’indisponenza, la scarsa accettazione delle critiche. Un esempio indicativo è il dibattito avviato nel giorno di Pasqua da Simone Bertozzi, consigliere comunale del Pd. Ha scritto un post per sostenere che “Gnassi – a dispetto della sua storia - è il più grillino di tutti. Capace di far convivere destra e sinistra, diavolo e acqua santa, bagnini e albergatori. E' sempre stato così, dirà qualcuno. Ma la vittoria di Gnassi, forse per la prima volta, è anche la sconfitta (morale) dei partiti tradizionali”, concludendo infine “Ne prenda atto Camporesi, convinto ancora che la copia possa vincere sull'originale”. Apriti cielo! Una marea di interventi che il candidato sindaco, chiamato in ballo, ha pensato bene di rintuzzare uno dopo l’altro, facendosi trascinare in quella che – più che un dibattito politico – è presto diventato qualcosa che assomiglia ad una rissa da cortile. A Bertozzi replica con un “fatti un giro” e ad un altro interlocutore con un “Questa è una discussione fra adulti. Prendi per mano Bertozzi e vatti a fare un giro assieme a lui”. E anche con altri interlocutori non ha brillato per capacità di dialogo e tentativi di spiegare pacatamente le sue ragioni. In una campagna elettorale, quando è necessario, si picchia forte sugli avversari. Qualche interlocutore probabilmente lo era, altri erano semplici cittadini che cercavano di capire. Una registrata allo stile forse non guasterebbe, non si può reagire sempre con la minaccia “guarda che ti banno!”.

Le acque particolarmente agitate nel Pd a proposito delle liste civiche a sostegno di Gnassi e delle candidature al posto di consiglio comunale si riflettono anche sui social. Sparito il dibattito reale nei circoli, quelli del Pd si accontentano di qualche post su Facebook per far sapere come la pensano, anche se il solito Simone Bertozzi con realismo osserva che “La politica, quella “inciuciona”, quella che conta (toh), si fa con le tapparelle abbassate. Mica coi tweet e i comunicati stampa”. Però le decisioni maturate altrove, trovano poi il loro sfogatoio naturale sui social dove, a ben vedere, è una sorta di compagnia di giro che rimbalza dall’una all’altra pagina con i propri commenti. Chi usa di questi sfogatoi per far sapere al momento opportuno come la pensa, è l’ex assessore regionale Maurizio Melucci. Se Bertozzi apre il dibattito sull’opportunità o meno per il Pd di favorire liste civiche che potrebbero alla fine dissanguarlo, Melucci lapidario sentenzia, a proposito di quella promossa dall’ex Pdl Alessandro Lualdi: “La lista civica che vuole continuare il lavoro del piano strategico è una grande stupidaggine. Liberi di passare dal centro destra al centro sinistra (perché di questo stiamo parlando) ma si prega di trovare motivazioni più plausibili (se esistono)”. Mentre militanti e iscritti discutono se sia ben applicata la regola di non più di due mandati in consiglio comunale, Melucci affida a Facebook la propria replica all’ex capogruppo Agosta che lo ha accusato di aver tramato per escludere dalle liste Allegrini, Pironi e Gallo (tutti con due mandati). “Ho sempre considerato Agosta più bravo come tecnico (architetto) che come politico. Debbo constatare che questa volta ha superato ogni mia più fantasiosa immaginazione nell'inventarsi uno scenario politico privo di qualsiasi fondamento. Se non lo conoscessi da lunga data sarebbe da diffidare tramite avvocato per una vera e propria diffamazione nei miei confronti. Comunque lo voglio tranquillizzare: non mi sono occupato della lista del Pd. L'unico incontro (ufficiale, informale, riservato od altro) a cui ho partecipato per i candidati è stata domenica scorsa all'assemblea del mio circolo dove si è votato per le candidature. Sui terzi mandati ho discusso (qualche mese fa) su Facebook con Lucio Gobbi. Sostenevo che non vedevo nessuna necessità di avere deroghe ai due mandati per il consiglio comunale”. Al prossimo post.

Martedì, 29 Marzo 2016 10:25

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Sabato, 26 Marzo 2016 09:34

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Certamente sarebbe stato peggio se il bilancio del 2015 fosse stato chiuso con un disavanzo. Accumulare debiti non previsti non è buona amministrazione. Ma ci sembrano del tutto fuori luogo le reazioni entusiaste del’amministrazione e dei suoi fans rispetto al fatto che il progetto di rendiconto della gestione 2015 si sia chiuso con un avanzo di sei milioni di euro. Per un ente pubblico o per un ente no profit l’avanzo di bilancio non è il segno di una gestione virtuosa. Il Comune tassa i cittadini non per accumulare un “tesoretto” di fine legislatura, da utilizzare magari a fini di bassa propaganda elettorale. Il Comune tassa i cittadini e programma le spese per i servizi e gli investimenti, operando in modo che la differenza sia pari a zero o giù di lì.

Può succedere che una tassa dia un maggio gettito rispetto alle previsioni o che certe spese previste siano state leggermente inferiori. Non ci sarebbe nulla da obiettare se l’avanzo fosse di un milione, due milioni. Ma una differenza di sei milioni non è giustificabile.

Nel comunicare la notizia la Giunta Comunale usa espressioni non proprio chiare, quasi volesse dire e non dire: “I cittadini di Rimini, attraverso il prelievo tributario, fanno fronte al funzionamento dei servizi comunali e al contempo, in base ai criteri di perequazione fiscale, versano circa 6 milioni in più rispetto a quanti lo Stato ne trasferisce al Comune attraverso l’IMU”. Cioè, cosa è successo? Perché i cittadini hanno versato di più del fabbisogno? In tempi di pressione fiscale alle stelle, questa non è certo una notizia rassicurante per i contribuenti. L’assessore Gianluca Brasini avrebbe fatto meglio a entrare nei dettagli, senza limitarsi a fornire le notizie che gli procurano applausi.

L’amministrazione informa inoltre che il “tesoretto” sbucato all’improvviso a fine mandato servirà a finanziare la nuova strada di collegamento agli impianti di Santa Giustina, la realizzazione della Palestra del Villaggio I maggio, il finanziamento di un altro stralcio di lavori per il movimento franoso di Via Serra e Via Marignano.

Il “tesoretto” viene così utilizzato per mettere a tacere il malcontento in certe zone della città e a rispondere ad esigenze che da tempo erano sotto gli occhi di tutti.

La concomitanza con la campagna elettorale induce a pensare ad un sapiente escamotage (il classico coniglio dal cilindro) per rastrellare consenso sulla pelle dei cittadini contribuenti.

 

P.S. In una relazione tenuta a Rimini nel lontano 2002 nel corso del primo convegno nazionale degli Osservatori sui Bilanci degli enti locali, si poteva leggere "Un forte avanzo connesso ad aumenti di aliquote o tariffe di tributi e servizi comunali può essere un grave sintomo di cattiva programmazione finanziaria. Cioè un eccesso di pressione tributaria e tariffaria rispetto ai bisogni reali per finanziare i servizi comunali".

E ancora: "E’ legittimo e corretto utilizzare entrate correnti per finanziare investimenti. L’applicazione dell’avanzo è di fatto uno spostamento di risorse correnti per fini di investimento. Tuttavia l’avanzo non è un utile, ma è risparmio pubblico e può essere il risultato di un eccesso di prelievo fiscale rispetto alle esigenze di spesa dell’ente locale. E’ necessario capire se l’avanzo di amministrazione è un obiettivo cosciente. Gli amministratori locali decidono in modo premeditato tutti gli anni di spendere meno e incassare di più di quanto formalmente previsto nel bilancio di previsione? Oppure, al contrario, subiscono e accettano la produzione di avanzi senza averlo coscientemente deciso?".

Ecco altre domande a cui l'assessore Brasini dovrebbe rispondere.

 

Mercoledì, 23 Marzo 2016 15:53

La Voce di Romagna offerta alla Santanchè

Secondo una indiscrezione pubblicata dal quotidiano Libero, Daniela Santanchè, deputata di Forza Italia e compagna di vita del direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti, sarebbe interessata ad acquisire il quotidiano La Voce di Romagna. Anzi, sarebbe stato il fondatore ed ex proprietario Gianni Celli a farle una proposta di acquisto. Le trattative al momento non hanno approdato a nulla perché la “pitonessa” avrebbe giudicata troppo alta la richiesta economica.

Fin qui l’indiscrezione. Nel settembre scorso sembrava cosa fatta la cessione de La Voce ad un editore brianzolo titolare di una catena di settimanali, ma anche in quel caso le trattative non sono arrivate a conclusione. Sempre questione di prezzo?

L’indiscrezione di Libero dà per scontato che Gianni Celli sia ancora l’editore del quotidiano. In realtà la società Editrice la Voce srl è stata dichiarata fallita e il giornale sopravvive perché è stato effettuato un affitto di ramo d’azienda ad una società i cui soci sono i figli di Celli.

Martedì, 22 Marzo 2016 10:22

22 marzo 2016

Aeroporto, bando regolare | Riccione crocevia della coca | Appalti, i dubbi su Acqua Arena

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