Pruccoli sul caso Verucchio: Non sono un cacicco locale capriccioso e pretenzioso
Giorgio Pruccoli, consigliere regionale del Pd, interviene a proposito della ricostruzione da noi fatta delle vicende che hanno portato alle candidature a sindaco di Verucchio. Il sindaco uscente Pd Stefania Sabba si ricandida con un'altra lista, il Pd conferma l'appoggio a Verucchio Domani, candidando Cristian Maffei.
"Verucchio - esordisce - dista pochi chilometri da Rimini, eppure sconta uno spread di comprensione di cio che vi accade politicamente da lasciare basiti. Leggendo il vostro articolo di ieri mi sono sentito un'altra persona, raccontato per quel che non sono e che mi ripugnerebbe essere , una sorta di Jep Gambardella di campagna quando afferma “ io non solo volevo avere il potere di partecipare alle feste, io volevo avere il potere di farle fallire”
"Per spiegare cosa è successo a Verucchio in queste settimane e mettere a tacere ogni dietrologia che mi riguardi, - prosegue Pruccoli - sarebbe sufficiente che rendessi pubblici alcuni messaggi che ho ricevuto via WA e allora non avrei più necessità di spiegare nulla a nessuno e troncherei qualche carriera politica (e non) ancora in costruzione .
Ma ho un codice etico dal filtro stretto e quindi non lo faró, perchè le comunicazioni private devono restare tali e poi si chiamano instant message perchè fotografano l`attimo, mentre qui nella culla dei Malatesta ogni minuto succedeva qualcosa di imprevisto.
Dovrei scrivere un poema per mettere sul tavolo tutte le tesserine del mosaico che ho collezionato tra messaggi e telefonate, ma anche questo non lo farò perché ritengo di possedere una credibilitá personale e politica sufficiente per farmi credere da una maggioranza di persone in buona fede".
" Segnalo - aggiunge - che non sono talmente ‘rincoglionito’ da non sapere che una mia eventuale ricandidatura alle regionali ed anche una mano vasta dal partito poteva meglio arrivarmi se avessi lavorato per far digerire il piatto indigeribile al P.D. locale ed all`intera lista civica Verucchio Domani. Peraltro è quello che ho cercato di fare da mesi e mesi, senza possibilità di smentita alcuna da parte di nessuno.
Il fatto è che io non sono un cacicco locale capriccioso e pretenzioso, non ho nè debiti nè crediti con nessuno, sto nelle situazioni contando per uno, dicendo sempre la mia, ma non esercito il despotismo come regola, al massimo mi piace convincere.
Di conseguenza la verità é che nella lista civica Verucchio Domani, così come nel mio partito, le cose accadono, non se ne sorprenda, nonostante Pruccoli. E io sono contento così.
É così che Verucchio Domani, sfibrata dall’ abbandono della Sindaca per capeggiare un altra lista e dalla incomprensione che se un tavolo si poteva riaprire ciò poteva avvenire a Verucchio e non a livello provinciale, ha fatto la scelta obbligata di correre in autonomia per non farsi umiliare e cancellare dalla storia da una o due persone".
"Ci sono tante donne e uomini dentro Verucchio Domani - conclude - che non aspettano il nulla osta di Pruccoli per agire, mi creda. Personalmente ringrazio la segreteria provinciale per l` iniziativa (quella sí concordata con me anche nella forma espressiva) di tentare la ripresa di un confronto su idee e migliori candidature da mettere in lista. Abbiamo dovuto tutti prendere atto che quella volontà esisteva soltanto a parole.
Ecco perchè non c’è incoerenza nei passaggi portati avanti dalla segreteria provinciale , ma semmai c’è stata un’ etica della responsabilità che ha provato a precedere un’ etica dei principi, almeno fino a quando lo si è verificato ancora possibile".
Elezioni 2018: Rimini un anno dopo il terremoto politico
Esattamente un anno fa, il 4 marzo, l’Italia si svegliava prendendo atto del terremoto politico avvenuto nelle elezioni. Era nata l’Italia gialloverde, anche se per formare il governo tuttora in carica furono necessari alcuni mesi di trattative.
Rimini si è trovata rappresentata a Roma da quattro parlamentari: uno di opposizione, il senatore Antonio Barboni, di Forza Italia, e tre di maggioranza: i Cinque Stelle Marco Croatti e Giulia Sarti, e la leghista Elena Raffaelli, assessore al comune di Riccione. In questo anno hanno fatto parlare poco di sé, ad eccezione di Giulia Sarti nelle ultime settimane, per vicende peraltro poco onorevoli.
Le elezioni hanno premiato la coalizione di centrodestra, con la Lega di Salvini che ha superato Forza Italia, attestandosi come partito guida. Per Rimini questa non è stata una novità: già alle elezioni comunali del 2016 (per la prima volta senza ballottaggio per un candidato di centrodestra), la Lega aveva nettamente superato i berlusconiani, cinque consiglieri contro due. Alle amministrative erano assenti i 5 Stelle, che poi alle politiche hanno dimostrato di conservare, grazie al simbolo sulla scheda, un seguito importante.
Le elezioni del 2018 hanno immediatamente galvanizzato il centrodestra locale: con questi numeri, è stato il mantra continuamente ripetuto, la prossima volta si potrà mandare a casa la sinistra. Una fiducia nell’onda lunga del salvinismo che dovrebbe essere capace di provocare, nel 2021, il cambio della guardia a Palazzo Garampi.
Ma se il 2021 è ancora lontano, non di due anni, ma forse addirittura di un’epoca, vista l’estrema velocità che hanno assunto oggi i cambiamenti politici, intanto le amministrative del 26 maggio saranno una specie di prova generale: si voterà infatti per sedici Comuni, fra cui Santarcargelo. Fra le località amministrate dalla sinistra, è quella in cui lo scontro si annuncia più emblematico. Stando ai risultati del 2018, Alice Parma ha scarse probabilità di succedere a se stessa, specialmente se nell’eventuale turno di ballottaggio gli elettori grillini obbediranno al naturale istinto anti-Pd. Soprattutto a Santarcangelo, dove le opposizioni schierano Domenico Samorani, chirurgo dell’ospedale Franchini, molto stimato e apprezzato dalla popolazione, le elezioni diranno se il vento che soffia nel Paese ‘spingerà’ in modo determinante i candidati proposti dal centrodestra per battere la sinistra. O se al contrario saranno prevalenti valutazioni locali.
La candidatura di Samorani è stata avallata dalla Lega, che oggettivamente, nella persona del sottosegretario Jacopo Morrrone, è il partito che dà le carte. Si può osservare che rispetto al 2016, il successo elettorale del 2018 ha determinato un cambio di passo. Mentre prima l’obiettivo era piazzare candidati leghisti che facessero da traino al partito, e poco importava se fossero perdenti rispetto agli avversati (vedi il caso Rimini), adesso sembra sia subentrato un atteggiamento strategico più responsabile che mira alla vittoria. Ne sono un esempio la candidatura di Samorani a Santarcangelo e quella di Gian Luca Zattini a Forlì. Il sindaco uscente di Meldola, un moderato vicino al mondo cattolico, senza tessere di partito, è stato infatti scelto da Morrone come l’uomo che dovrà portare Forlì in dote al centrodestra. Si vedrà se tale ricerca di un candidato vincente sarà praticata a Rimini nel 2021. Molto dipenderà da come andranno le cose a Santarcangelo, alle europee e alle regionali di novembre.
Anche per il Pd le elezioni del 4 marzo hanno cambiato radicalmente le carte in tavola. Si è ritrovato, e non era mai successo prima, senza alcun rappresentante in Parlamento. Il segretario Stefano Giannini, chiamato nell’ottobre 2017 a un’opera di pacificazione interna fra correnti e piccoli potentati, si è trovato a gestire una sconfitta clamorosa. Anche l’opera di pacificazione non è stata brillante, visto che l’elezione del nuovo segretario Filippo Sacchetti è avvenuta senza essere condivisa da quella che un tempo era l’area Orlando e che ora è l’asse centrale che sostiene Zingaretti. E visti anche i pasticci combinati in quel di Verucchio.
La sorte ha voluto che l’anniversario della disfatta coincidesse con le primarie per l’elezione del nuovo segretario nazionale. Anche a Rimini c’è stato il successo di partecipazione che fa sperare i militanti del Pd in una ripresa.
Le urne delle primarie però non coincidono con le urne delle elezioni vere e proprie. Per il segretario Sacchetti il banco di prova sono le prossime elezioni amministrative. Dovesse perdere Santarcangelo, i zingarettiani duri e puri chiederebbero subito la sua testa.
Tra i zingarettiani si trova adesso anche il sindaco Andrea Gnassi. L’effetto più inaspettato delle primarie Pd è la strana coppia Andrea Gnassi-Emma Petitti: niente li unisce se non un pezzo di carta con il simbolo del Pd, eppure sono oggi esponenti di rilievo della stessa area.
Con l’esito delle primarie Emma Petitti ha staccato non solo il biglietto per l’assemblea nazionale ma anche per la candidatura a sindaco nel 2021. Non è ben chiaro, al momento, che biglietto abbia staccato Gnassi.
Primarie Pd, Sacchetti: un buon propellente per le prossime elezioni
Il segretario provinciale del Pd, Filippo sacchetti, commenta i risultati delle primarie svoltesi domenica, che hanno premiato, anhce a Rimini, Nicola Zingaretti con il 72,8 per cento.
“Il risultato di Rimini, così come quello fatto segnare in tutto il Paese, - afferma Sacchetti - è un mandato preciso da parte dell’Italia che si ribella al populismo e all’immobilismo in cui ci ha incardinato il governo giallo-verde. E’ un’iniezione di fiducia per tutto il PD, che dalla giornata del risveglio democratico deve trarre grande forza per tornare a proporsi unito agli italiani. La gente, quella vera, quella che si presenta ai gazebo e ci mette la faccia e non quella “virtuale” e dei click, non si è limitata a scegliere il nuovo segretario ma ci ha inviato un messaggio ben preciso ed è da quello che bisogna ripartire. A tutti i livelli. Sul piano politico e sui singoli territori, quelli che fra qualche mese saranno chiamati alle urne non solo per le consultazioni europee”
“L’aver portato a esprimersi un milione e 800.000 persone - osserva infine - deve essere il viatico migliore, il propellente più efficace in vista delle amministrative che interesseranno 16 Comuni della nostra provincia e delle Regionali di novembre. Il 3 marzo ci dice che ci arriviamo convinti della forza della nostra visione, riconosciuta domenica dalle centinaia di migliaia di cittadini che si sono presentati ai gazebo chiedendoci con tale presenza massiccia un cambiamento forte rispetto alle politiche di Lega e Movimento 5 Stelle, un cambiamento che dovrà essere trasversale e figlio della partecipazione in fatto di socialità, lavoro, occupazione, Europa. Non disperdiamo quello che è un vero e proprio mandato e marciamo finalmente coesi”.
Valli: Santarcangelo è una locomotiva ferma e Samorani può farla ripartire
Antonio Valli, 54 anni, residente a Poggio Torriana, è il responsabile politico del comitato civico Un bene in comune, quello che sostiene la candidatura di Domenico Samorani a sindaco di Santarcangelo. Valli è stato per dieci anni il sindaco di sinistra di Poggio Berni e per un anno sindaco di Pennabilli a capo di una lista civica appoggiata da PD e Lega che poi si è dimessa facendo cadere l’amministrazione. Alle elezioni di Santarcangelo non sarà candidato ma è in prima fila per sostenere Samorani.
Perché ha deciso di impegnarsi a sostegno di Samorani?
“Dopo qualche lustro di impegno politico e amministrativo posso attestare il peggioramento del quadro amministrativo e della qualità del pensiero che lo deve sostenere. Rispetto a questo appiattimento la candidatura di Samorani brilla particolarmente. Questa sua disponibilità è davvero una rarità preziosa. Una persona come lui, con la sua sensibilità e la sua attenzione verso gli altri, che decide di dedicare la propria vita alla cura degli altri fino ad andare in Africa ed in Kurdistan dopo la guerra del Golfo, con il suo spessore morale e civile non ve ne sono mica tante. Addirittura nel quadro politico attuale sono una vera rarità ed è per questo che inizialmente l’ho invitato a pensarci bene ed ora sono contentissimo della sua scelta.”
Intanto provi a dire perché un cittadino di Santarcangelo dovrebbe preferirlo rispetto al sindaco uscente o a un’altra offerta politica…
“Per molte ragioni. Eleggendo un sindaco, si sceglie innanzitutto una persona a cui affidare le scelte che riguardano la propria vita. Si deve scegliere la persona, non si deve scegliere per partito preso. Samorani a Santarcangelo rappresenta un elemento di discontinuità non traumatica. Infatti c’è un sistema che non cambia da 70 anni, sono cambiate le persone, ma il sistema, nei meccanismi e nelle relazioni, è rimasto lo stesso. In realtà come queste si è determinata una distorsione che può nuocere al meccanismo della democrazia. L’alternanza quindi è un grande valore. Inoltre adesso abbiamo un candidato libero come Samorani. Anche nella sua lontana esperienza di consigliere comunale non è stato uomo di partito. Questa sua estraneità alle logiche e ai diktat di partito è una grande garanzia per la città. Può quindi offrire alla città un’amministrazione con una libertà che solo lui può garantire”.
Cosa c’è che non va a Santarcangelo per cui è auspicabile un’alternanza?
“In un passato ormai lontano la città è stata guidata anche con lungimiranza. Basta pensare agli eventi, alle iniziative culturali e il Festival è uno di questi. È stato costituito un capitale sociale e culturale importante. Ma non si può continuare a vivere sugli allori. Santarcangelo può e deve avere un ruolo di traino nella provincia e nella vallata del Marecchia. Adesso invece è come una locomotiva ferma. Deve ripartire, deve recuperare la propria importanza per la città e per il territorio di riferimento, uscendo dalla subalternità a Rimini”.
In cosa si è manifestata questa subalternità a Rimini?
“Vedo in tutte le scelte compiute da Santarcangelo le logiche di partito. Per esempio sto approfondendo la situazione attuale dell’ASP, l’azienda di servizi alla persona. L’azienda era precedentemente di vallata (riunendo le strutture di Santarcangelo e di Verucchio) mentre ora è stato realizzato l’accorpamento con Rimini. Dal punto di visto del bilancio comunale, risulta che si è passati da un attivo a un passivo. Una operazione che non fa certo il bene della città e la stessa cosa vale per il riordino sanitario fatto nel 2016 in ambito di area vasta. Aver ceduto a Forlì la direzione della chirurgia senologica santarcangiolese, una vera e propria eccellenza certificata, è un grave danno per l’ospedale e per la città. Nonostante le promesse hanno fatto il contrario e hanno ceduto a logiche diverse da quelle cittadine”.
Secondo voi Santarcangelo deve uscire anche dall’Unione dei Comuni della Valmarecchia?
“L’Unione è stata snaturata quando è stata estesa a tutta la vallata. Seguendo logiche differenti da quelle amministrative hanno messo assieme realtà totalmente differenti: cosa hanno in Comune Santarcangelo e Casteldelci? Infatti dentro a questa Unione sono state introdotte logiche di partito: i consiglieri, anziché rappresentare i rispettivi territori, hanno formato gruppi in base all’appartenenza politica. L’Unione può avere un senso se è limitata alla bassa vallata e se è centrata esclusivamente sulla gestione dei servizi. Con l’alta valle sono utili dei tavoli di concertazione su specifici temi amministrativi”.
Non crede però che a Santarcangelo manchi un casus belli, come il Trc a Riccione, che possa spingere i cittadini a provocare il cambiamento politico?
“Mi auguro che i cittadini non debbano votare mai per disperazione. A Santarcangelo, se vogliamo, il casus belli è la presenza di un candidato che davvero può essere definito il candidato di tutti poiché con la sua libertà da logiche di partito può far emergere energie nuove dal basso. Infatti questo lo rende apprezzato da tanti cittadini di differenti percorsi personali, sia di destra che di sinistra. Solo un candidato che ha una visione come la sua può far ripartire la locomotiva Santarcangelo. Non come si è mosso il sindaco attuale sulla questione Amazon”.
Cioè?
“Credo che un sindaco abbia poco da gioire per il possibile arrivo di Amazon. A parte le condizioni dei lavoratori, stigmatizzate opportunamente da Samorani, ci sono tutte le possibili ripercussioni sul tessuto economico locale. Se verrà attivato il servizio di consegna entro un’ora, tutte le attività commerciali ne risentiranno pesantemente con riflessi negativi sia economici che sociali. Serve una visione alta come quella di Samorani, una visione libera che risponde solo alla città”.
Non risulta però che il magazzino che si apre a Santarcangelo svolga questo servizio.
“Non mi risulta che ci siano delle preclusioni o impedimenti perché possa farlo in futuro”.
Torniamo al punto precedente. Santarcangelo appare come una città dove si vive bene. Perché dovrebbe cambiare? O è una percezione sbagliata?
“Noi godiamo ancora oggi degli effetti di scelte lungimiranti di un ormai lontano passato. Non diciamo che la città è brutta perché Santarcangelo è una bella città ma è diventata una locomotiva ferma. La corsa che proponiamo di fare è quella verso il meglio. Tutti sono chiamati a portare carbone perché la locomotiva riparta. La nostra proposta è che ciascuno, nessuno escluso, possa lavorare in questa direzione. Basta con le logiche divisive di partito che tagliano in due la città, perché questa è la causa del declino: si deve riportare Santarcangelo al rango che le compete”.
Il caso Verucchio, ovvero non c'è più il partito di una volta
Ma non c’è più il partito di una volta! “E’ proprio così”, reagisce sconsolato Filippo Sacchetti, che del Pd è segretario provinciale da pochi mesi. Se il giovane segretario concorda con l’osservazione maliziosa del cronista, vuol dire che le cose hanno preso davvero una brutta piega. Del resto, viene da pensare, come è possibile che ci si scanni per Verucchio (con tutto il rispetto per lo splendido borgo) e non ci si accalori per Santarcangelo, per la prima volta sottoposta ad un pericoloso attacco del centrodestra, o per Bellaria dove la fine del mandato Ceccarelli potrebbe (forse) riaprire i giochi. No, Verucchio è diventato l’ombelico del mondo.
Sabato la segreteria provinciale ha diffuso un comunicato dove, a parte alcuni brevi cenni sull’universo, l’unica notizia era che il Pd sostiene la candidatura dell’ex assessore Cristian Maffei. Potrebbe essere una non notizia, se non fosse per il fatto che solo una dozzina di giorni fa il segretario provinciale Sacchetti aveva diffuso dichiarazioni pubbliche a sostegno di Stefania Sabba, sindaco uscente del Pd, invisa però ai compagni di partito di Verucchio.
Cosa è successo in questi dodici giorni perché Saccheti cambiasse parere, gettando la Sabba giù dalla rocca dopo averla proclamata il miglior candidato possibile? “Ma no, le cose non stanno così, in quel momento era mio dovere tentare di ricucire con la Sabba, la posizione era il sostegno a tutti i sindaci uscenti”, dice oggi Sacchetti. Nel comunicato ufficiale di sabato questo capovolgimento di posizione è espresso con una prosa che è un capolavoro di ipocrisia. “Per quanto riguarda Verucchio, si rivendica il tentativo fatto per riaprire il confronto a livello locale, ritenendolo un gesto doveroso per tentare di riavvicinare le parti e che non può essere strumentalizzato quale investitura”. “Stavo cercando di mediare, - dice oggi Sacchetti, - non avevo investito la Sabba. Si tratta di due fase politiche diverse”.
I comunicati però parlano chiaro e in quello del 17 febbraio si leggeva testualmente: “L’esperienza fatta con Stefania Sabba rientra in questa positiva e incoraggiante visione amministrativa, fatta di coinvolgimento e partecipazione civica grazie ai quali si attuano gli impegni presi con i cittadini e si è credibili. Sulla base di questo giudizio e di un programma condiviso dal 2014, riteniamo si possa continuare sul solco tracciato e trovare il suo completamento nei prossimi cinque anni con gli aggiornamenti di programma che saranno apportati”.
La giravolta c’è stata, inutile nascondersi dietro un dito. I mormorii dentro e fuori il partito assicurano che il carico da novanta ce l’abbia messo Giorgio Pruccoli, ostile a Sabba, ex sindaco di Verucchio (Maffei era stato suo assessore), consigliere regionale, leader dell’ala renziana dura e pura e, questo il particolare che più conta, grande elettore di Filippo Sacchetti. Il giovane assessore di Santarcangelo è stato infatti eletto segretario grazie al blitz, molto contestato da Emma Petitti e da tutti i zingarettiani, con cui Pruccoli aveva chiesto che si procedesse immediatamente all’elezione, senza aspettare la fase congressuale che si è conclusa ieri con la vittoria di Zingaretti a livello nazionale e con un bel rimescolamento di carte a livello locale. Secondo questa interpretazione, Pruccoli sarebbe così arrivato ad incassare la cambiale corrispondente al suo sostegno a Sacchetti.
E perché mai Pruccoli avrebbe voluto che il candidato sindaco di Verucchio fosse quello ben accetto ai compagni di partito? Per la risposta non c’è bisogno di far ricorso ad oscuri retroscena. A novembre ci sono le elezioni regionali e Pruccoli per essere rieletto ha bisogno di tutto fuorché di cadere sotto i colpi del fuoco amico proprio nella sua Verucchio. Un seggio a Bologna val bene la rottura definitiva con Sabba e la figuraccia di Sacchetti.
“Purtroppo – commenta diplomaticamente il segretario Sacchetti – c’è stato un irrigidimento da ambo le parti”. Ma lei è il segretario provinciale, non riesce ad imporre la linea ad un piccolo comune come Verucchio? “Eh, mica ho il pulsante da schiacciare per risolvere la situazione!”. Quindi è confermato che non c’è più il partito di una volta dove gli ordini di segreteria contavano, eccome. “Andremo al voto divisi e divisi perdiamo”, conclude Sacchetti. Se lo dice lui…
Misteri dolorosi di Giulia Sarti, grillina doc della prima ora
E noi, riminesi sempre pronti a parlarci addosso, ci lamentavamo di avere una deputata desaparecida, che dopo la conquista e la riconquista di un seggio alla Camera scompariva sempre nei meandri dei palazzi romani. Non immaginavamo, noi brontoloni incalliti, di aver eletto una deputata, o una portavoce, se preferite, che ci avrebbe fatto balzare al centro delle cronache politiche nazionali su tutti i giornaloni. Andrea Gnassi non sa cosa darebbe per finire in prima pagina e nei titoli di apertura di tutte le gazzette italiche, ma tale privilegio gli è finora sfuggito. Gli onori, si fa per dire, sono tutti per lei. Giulia Sarti che si dimette, Giulia Sarti che si autosospende, Luigi Di Maio che annuncia l’espulsione, Rocco Casalino che dichiara di non averla mai nominata, l’ex fidanzato che promette nuove piccanti rivelazioni. Ci manca solo che il Capitano, ormai specializzato nel fare il buon samaritano dei grillini bastonati dai ladroni-elettori, arrivi in suo soccorso, ed il quadro sarebbe completo. Noi ci lamentavamo, rimpiangevamo le Marchioni, gli Arlotti, i Bettamio, e non sapevamo che presto Rimini avrebbe avuto l’onore di partecipare in prima fila al Gran Ballo di Carnevale della Terza Repubblica pentastellata.
Quando qualche storico racconterà nascita, ascesa e scomparsa del fenomeno grillino, la storia della deputata riminese con il bel visino perennemente imbronciato non sarà un episodio marginale. C’è da scommetterci che, tornati in auge gli studi e il linguaggio forbito, sarà indicata come una vicenda paradigmatica dell’esperimento politico (i presunti onesti e gli incompetenti certificati al potere) realizzato in Italia nel secondo decennio degli anni Duemila.
Nelle disavventure di Giulia Sarti ci sono tutti gli elementi del cocktail a 5 Stelle. Aspirazioni, pensieri, vizi e virtù, tic nervosi e riflessi condizionati, apparenze brillanti e retrobottega squallidi, tentativi generosi e risultati non corrispondenti, miracolose benedizioni della rete e calcolate frequentazioni, ingenuità di facciata e furbizie consapevoli: tutto ciò che abbiamo imparato a conoscere del Movimento 5 Stelle lo si ritrova ben amalgamato nella infelice carriera di Giulia Sarti.
La deputata non è una meteora casuale della storia grillina, non può essere paragonata a un De Falco qualsiasi che, grazie a una battuta detta al momento giusto, si è conquistato l’elezione, ma senza essersi alimentato dell’humus grillino; Giulia Sarti è una militante della prima ora: se fosse fascista la si direbbe sansepolcrista, se fosse democristiana che è cresciuta fra parrocchia e sezione, se fosse comunista che fin da bambina ha frequentato le case del popolo. Lei studiava giurisprudenza a Bologna quando nel capoluogo emiliano si muovevano i primi gruppi grillini ante litteram e si organizzava il grande Vaffaday che diede origine al Movimento. Quando fu candidata nel 2013, disse a Buongiorno Rimini che il suo curriculum era povero (aveva 25 anni), ma aveva un’agenda con tremila nomi, frutto delle sue relazioni. Fra Agende Rosse, Case della Legalità e comitati antimafia, aveva coltivato i giusti rapporti che la portarono ad essere capolista. Come grillina nasce a Bologna, patria di Max Bugani, uomo vicino a Casaleggio padre e figlio, e con il Meet Up di Rimini ha condiviso poco. I primi cinque anni a Roma non hanno lasciato il segno. Era all’opposizione, ma neppure ha tentato di farsi interprete di istanze del territorio. Qualcuno si chiedeva se poteva essere ricandidata, visto il magro bottino. Ma questi sono ragionamenti adatti al deputato di un partito “normale”, non a un pentastellato. Si arrabbiò molto quando il Carlino scrisse che aveva trovato un tesoro alla Camera poiché era passata da reddito zero a 84 mila euro. Nel post (del 2015), per il quale l’anno scorso è poi stata condannata per diffamazione, aveva sottolineato che il giornalista aveva omesso di scrivere che lei aveva restituito 66.250 euro netti. Certamente non immaginava che la questione dei rimborsi, totem della narrazione grillina, sarebbe diventata la sua disastrosa buccia di banana.
E così arriviamo al febbraio 2018, un mese prima delle elezioni del 4 marzo, quando Le Iene fanno scoppiare il caso di rimborsopoli: alcuni deputati facevano finta di versare una parte dello stipendio, al Movimento facevano avere la ricevuta dell’ordine e poi annullavano il bonifico. Fra i nomi uscì anche quello di Giulia Sarti. Altri furono espulsi e altri privati della ricandidatura. La deputata riminese fu graziata. I probiviri non si pronunciarono prima del voto. Lei, esperta conoscitrice delle liturgie pentastellate, andò da Bugani e firmò il documento di rinuncia alla proclamazione. Oggi sappiano anche che scrisse una lettera al capogruppo Mantero e a Di Maio in cui affermava testualmente: “Il Movimento viene prima di qualsiasi altra cosa per me. È sempre stato così. Ditemi se devo fare un post, un video o altro per sospendermi o per auto-accusarmi di coglioneria. Vi chiedo scusa anche se so che le scuse non basteranno mai e c’è solo da vergognarsi”. Prima di questa poco onorevole capitolazione, si era dichiarata colpevole: “questa omissione per mancanza totale di controllo da parte mia sull’esito dei bonifici la considero una palese violazione delle nostre regole e soprattutto un enorme problema per il lavoro portato avanti dal 2007”.
Questo era il foro interno. Nel foro esterno aveva accusato il suo ex fidanzato Bogdan Andrea Tibusche, al quale via chat aveva spiegato che “me l’ha chiesto Ilaria con Rocco” (Casalino, attuale portavoce del premier Conte). Uno strumento della mitica Rete che si trasforma in un’accusa a suo carico e in un’ombra sui metodi del Movimento.
Fatto è che dopo la rielezione alla Camera, Giulia Sarti viene perdonata, anche se ancora la Procura di Rimini non si è pronunciata sulla sua denuncia contro l’ex fidanzato. I vertici del Movimento erano perfettamente consapevoli che era ancora sub iudicio: “Se poi la Procura dovesse fornire altri elementi, saranno valutati”, dichiarava Max Bugani. Cionostante Giulia Sarti è stata addirittura promossa presidente della Commissione Giustizia, una delle più importanti della Camera. Per quali meriti, non è mai stato dato di sapere.
Ora l’ultima novità è la richiesta di archiviazione da parte della Procura, ed il boomerang torna violento a mozzare la testa della deputata. Non è finita. Rocco Casalino respinge ogni coinvolgimento, rispolvera una vecchia chat e la mostra all’Ansa: “Se è stato davvero lui è giusto che denunci, ma se non è così stai facendo una cosa grave”. Bogdan Tibusche lo accusa di fare lo gnorri e di sapere tutto da almeno un anno. Di Maio interviene “suggerendo” ai probiviri l’espulsione. Sui social i commentatori si dividono fra chi ancora la considera una sfortunata eroina e chi grida allo scandalo e allo squallido teatrino. Per Di Maio il caso è chiuso. D’ora in poi la tesi sarà che era una mela marcia. Cresciuta, allevata, perdonata, premiata nell’orto a 5 Stelle.
Valerio Lessi
Caso rimborsi: Giulia Sarti si dimette e si autosospende dal M5S
"A seguito delle notizie riportate sulla stampa in merito alla richiesta di archiviazione per la querela da me sporta nei confronti di Andrea Tibusche Bogdan, annuncio le mie dimissioni da presidente della Commissione giustizia della Camera e, a tutela del M5S, mi autosospendo". Così, in una nota, Giulia Sarti, portavoce 5S e presidente della Commissione Giustizia. "Preciso che né Ilaria Loquenzi né Rocco Casalino mi hanno spinto a denunciare nessuno, ma si sono limitati a starmi vicino nell'affrontare una situazione personale e delicata".
Per la Procura di Rimini la deputata M5s Giulia Sarti non fu 'derubata' dall'ex fidanzato Andrea Tibusche Bogdan, 32enne consulente informatico di origini romene. Come riporta la stampa locale è stata infatti depositata la richiesta di archiviazione del fascicolo, per appropriazione indebita, nato dalle denuncia della presidente della commissione Giustizia della Camera alla squadra mobile di Rimini, con una particolareggiata querela in cui si ipotizzava la responsabilità di Bogdan su mancati bonifici al fondo per il micro credito. La vicenda era emersa dopo che il nome di Sarti era spuntato nell'elenco delle 'Iene' di deputati M5s che da eletti non avevano restituito gli stipendi al fondo. Sette i bonifici partiti dal conto della Sarti, destinati a quello del Mef, che però risultavano annullati. Quando fu interrogato dal pm Davide Ercolani, un anno fa, Bogdan spiegò che se aveva agito, sul conto corrente online della deputata, lo aveva fatto con la consapevolezza di lei e avendone le password. Inoltre consegnò alla Procura una chat in cui Sarti gli annunciava la querela per togliersi dall'imbarazzo delle restituzioni 'fantasma'. Per il procuratore capo, Elisabetta Melotti e il pm Ercolani, che hanno firmato la richiesta di archiviazione, dunque non vi furono reati. Ora sarà il Gip a decidere e al momento non ci sono opposizioni alla richiesta. (Ansa)
Rotatorie sulla Statale 16, Gnassi: Tutto fermo sul tavolo del ministro Toninelli
"Dovevano essere poche settimane, poi prima di Natale, poi sicuramente dopo il 6 gennaio, il 21 gennaio era sicuro. Siamo al 26 di febbraio e pare che la prossima settimana sia quella buona. Va specificato un elemento: a quanto pare tutto si è arenato sul tavolo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Non sono Anas e Società Autostrade ad avere causato questo ennesimo ritardo, che, a questo punto, rischia di far saltare quell’auspicio avanzato da tutti i sindaci e dalle comunità del territorio di vedere aperti i cantieri entro l’estate 2019".
A parlare è il sindaco di Rimini a proposito delle rotatorie sulla Statale 16 che da 155 giorni (cioè dal 24 settembre scorso) sono ferme sul tavolo del ministro Toninelli.
"Da parte mia, - afferma Gnassi - non mi interessa la speculazione politica. Sarei il primo a essere contento se il l’orologio non arrivasse a 156 o a 157. Lo sarei stato ancor di più, naturalmente, se il conteggio si fosse fermato alla doppia cifra ma tant’è. La palla è in mano al Ministero, il pulsante dello start è su quel tavolo. Anche un giorno di ritardo, a questo punto, rischia seriamente di sfasare ogni tempistica. Speriamo che questa infinita telenovela finisca una volta per tutte”.
Il sindaco ricorda che le due rotatorie sulla strada statale 16 all’altezza degli incroci con la consolare San Marino (SS72) e via Coriano (Sp41) sono solo le ultime, e per questo forse le più importanti, di un lungo e costante intervento per la rimozione sul tratto riminese della statale 16 dei cosiddetti “buchi neri”. Un lavoro che ha visto la comunità locale impegnata in prima persona nel corso degli anni per risolvere tutte le problematiche dovute alle intersezioni pericolosissime della viabilità, dalla rotatoria delle Befane al sovrappasso di via Marecchiese, alla rotatoria con la SS 9, alle rotatorie di via Covignano e via della Grotta Rossa, al sottopasso di via Edelweiss Rodriguez, a quella all’altezza dello stabilimento Valentini attualmente in corso con una spesa di oltre 5 milioni di euro.
Elezioni, Pensare Santarcangelo guarda a sinistra
Si chiamano Pensare Santarcangelo e Santarcangelo la pensano da sinistra. Il loro è un movimento civico che si colloca nella metà campo opposta alla destra. Del resto, fra di loro ci sono anche persone, come Danilo Rinaldi, che hanno fatto parte della giunta di Alice Parma. Gli altri “pensatori” che incontriamo per saperne di più di questa lista civica che si appresta a scendere in campo, sono Patrick Wild, il presidente, avvocato dei senza fissa dimora, Stefano Rasponi e Laura Rocchi. Tutti hanno nel proprio Dna un interesse spiccato per i problemi sociali. Hanno cominciato a incontrarsi ogni settimana da settembre e solo di recente hanno organizzato la prima iniziativa pubblica: un coffee work al quale ha partecipato una cinquantina di persone.
Visto il deciso schieramento a sinistra, senza se e senza ma, perché mai non hanno scelto di militare nel Pd? Risponde per tutti Patrick Wild: “Non crediamo molto in un cambiamento dall’interno di quel partito. Preferiamo essere concentrati su Santarcangelo, a partire da un metodo diverso, con un percorso di partecipazione orizzontale”. Quasi li si potrebbe definire una sorta di grillini, non tanto di sinistra, quanto della sinistra, ma non pare che la definizione li entusiasmi troppo.
Passiamo ai temi. Secondo loro la prossima amministrazione dovrà sciogliere il nodo della partecipazione all’Unione dei comuni della Valmarecchia. Era sorta come Unione di territori omogenei (con Verucchio e Poggio Torriana) ma nel periodo commissariale (dopo il sindaco Morri e prima di Parma) l’esperienza è stata allargata a tutta la valle, fino a piccolissimi comuni come Maiolo e Casteldelci. All’Unione sono state affidate deleghe importanti, come i servizi sociali e la polizia municipale, ma i risultati per Santarcangelo non sono soddisfacenti. La futura lista civica dei “pensatori” ritiene inoltre che si debba rafforzare la macchina comunale del loro Comune. “Ci sono persone di qualità, ma manca la quantità. Non c’è nessuno che si può occupare di intercettare le opportunità offerte dai bandi europei, di avviare progetti che vanno pensati in anticipo, per poi poter concorrere ai finanziamenti”.
Quelli di Pensare Santarcangelo ritengono che nel loro paese tutto sommato si viva bene, anche se “tutto è perfettibile”. “Non saremmo qui – aggiungono – se pensassimo che si deve stravolgere tutto, che finora i risultati sono fallimentari”. C’è da rilanciare il turismo, mettendo la città in rete con l’intera vallata del Marecchia, nell’ambito vasto della Romagna. Va ripensata l’intera accessibilità della città, dall’eliminazione delle barriere architettoniche allo sviluppo delle piste ciclabili, fino ai collegamenti del capoluogo con le numerose frazioni. Anche loro convengono che uno dei temi in agenda nella prossima amministrazione dovrà essere far partire il recupero dell’ex cementificio. Sulla sicurezza prendono atto che c’è diffusa una percezione non corrispondente alla realtà: la risposta è sviluppare un sistema di welfare che faccia sentire tutti più sicuri.
Quelli di Pensare Santarcangelo ritengono che l’ospedale sia invece un falso problema. Nel 2014, con i possibili effetti del decreto Balduzzi, c’era un rischio di ridimensionamento. Adesso non più, anzi per la prima volta nero su bianco è sancita la presenza di una struttura semplice di senologia. Il progetto di ristrutturazione tiene invariato il numero di posti letto. “Nessun pericolo, anche se bisogna tener sempre alta la guardia”.
Anche le ex colonie potranno diventare Condhotel
È certamente l’estensione della norma anche alle colonie marine e montane la principale novità del progetto di legge sui condhotel presentato oggi a Bologna dall’assessore regionale al turismo Andrea Corsini. Quindi i proprietari delle ex colonie potranno ristrutturare gli immobile, destinando il 40 per cento della superficie utile all’attività residenziale ed il resto all’attività alberghiera. L’obiettivo è quello di favorire un processo che porti immobili ormai dismesso, spesso fonte di degrado, a rafforzare e rinnovare l’offerta ricettiva della costa.
Un intervento regionale sui condhotel (residenze e ricettività alberghiera in un’unica struttura) era stato annunciato nel maggio scorso. Allora si parlava semplicemente di un regolamento in applicazione della norma nazionale, mentre ora si apprende che è stata presa la strada di un disegno di legge. In questi mesi c’è stato confronto fra la Regione, le associazioni di categoria e i Comuni. Gli effetti di questo confronto li si vedono nel ruolo di programmazione urbanistica riconosciuto ai Comuni. Rimini, per esempio, riteneva prioritario “scongiurare la possibilità che questa modalità ricettiva possa trasformarsi in uno strumento con una preminente impronta immobiliare, che stravolge le aree turistiche, a partire dal lungomare”. E pertanto l’amministrazione di Rimini aveva posto questo paletto: “L’intervento regionale dovrà prevedere un esplicito rinvio alla Pianificazione Comunale in modo che sia ogni singolo ente ad individuare gli ambiti dove sarà sostenibile l'applicazione della normativa dei Condhotel.”
Nella scheda informativa diffusa oggi dalla Regione si vede che l’istanza è stata recepita. Si legge infatti che i Comuni potranno “adottare un unico provvedimento per l’intero territorio comunale o per aree omogenee che, con il fine di salvaguardare le specificità e le caratteristiche dell’ospitalità turistica del territorio, assicuri una adeguata proporzione tra unità abitative a uso residenziale e ricettività alberghiera. Inoltre, per le aree da sottoporre a particolare tutela, potranno essere individuati e definiti requisiti di maggiore qualità del servizio e della stessa struttura”.
Per il resto le norme annunciate sono quelle già conosciute. La superficie massima che può essere messa in vendita come residenza non deve superare il 40% di quella complessiva netta delle camere. E se il Condhotel è costituito da più immobili, questi devono essere inseriti in un contesto unitario, nello stesso Comune e avere una distanza massima di 200 metri dall’edificio sede della reception.
A fronte di questa possibilità c’è l’obbligo per gli albergatori di reinvestire le somme percepite dalle vendite o dagli affitti, in interventi di riqualificazione (restauro, risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia), a cui si applicano gli incentivi urbanistici regionali per riuso e rigenerazione urbana, in grado di fare acquisire alla struttura una classificazione superiore a quella attribuita in precedenza, minimo 3 stelle.
Gli interventi che possono essere realizzati puntano sia alla crescita degli standard di qualità ma anche alla sicurezza, prevedendo ad esempio per gli edifici che non possiedono i requisiti sismici anche interventi di demolizione e ricostruzione con eventuale ampliamento limitato ai premi di superficie previsti dagli strumenti urbanistici comunali.
Il progetto di legge disciplina i requisiti e le condizioni di esercizio che le strutture devono avere per diventare Condhotel, armonizzando la normativa regionale con quella statale. In particolare, le strutture dopo gli interventi di riqualificazione, devono essere aperte al pubblico, avere un gestore unico, un minimo di sette camere, servizi accessori ed eventualmente vitto, oltre a unità abitative residenziali private con cucina.
Il gestore della struttura si impegna a garantire ai proprietari delle unità abitative, i servizi alberghieri a partire dalla portineria unica sia per gli ospiti dell’hotel che per i proprietari delle abitazioni. I proprietari delle nuove unità abitative si impegnano a loro volta a rispettare le modalità di conduzione del Condhotel, a garantire gli standard e l’omogeneità estetica dell’immobile in caso di interventi edilizi.
Ogni proprietario può utilizzare in via esclusiva le proprie singole unità abitative per l'intero o per un limitato periodo di apertura effettiva dell’intera struttura turistico-ricettiva. Nei periodi in cui le unità abitative non sono riservate al proprietario, l'alloggio residenziale potrà essere dato in disponibilità al gestore unico della struttura, affinché siano assegnate alla clientela per il servizio alberghiero.