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Elezioni, centrodestra: ma vuole vincere o sventolare la bandiera?

Sabato, 13 Gennaio 2018

A leggere le cronache politiche nazionali si impara che Berlusconi vuole guidare il centrodestra verso una clamorosa vittoria, che Forza Italia ha in mente di rinnovare il proprio gruppo parlamentare con forti iniezioni di giovani, imprenditori ed esponenti della società civile. Con la legge elettorale in vigore, può ragionevolmente aspirare ad una vittoria (nel senso di avere la maggioranza in Parlamento) solo chi si aggiudica il maggior numero di collegi uninominali, dove vige il principio maggioritario, cioè chi arriva primo si prende il posto e tutti gli altri restano a bocca asciutta.

L’elettore di centrodestra, o comunque chi sarebbe disponibile a votare per questa area a fronte di una offerta politica credibile, si immagina quindi che tutte le ormai famose quattro gambe della coalizione (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia) siano impegnate a trovare personaggi forti, credibili, autorevoli, capaci di andare oltre l’ormai ristretto elettorato di appartenenza, capaci quindi di vincere la sfida nei collegi uninominali contro i candidati del centrosinistra e dei 5 Stelle. Anche perché, ci informano gli esperti, i collegi sicuri in Italia sono molti del nord per il centrodestra grazie alla Lega e alcuni “rossi” dell’Emilia Romagna e della Toscana. Tutto il resto del Paese è campo di battaglia, e a questo resto – è opinione politica diffusa fra gli addetti ai lavori – appartiene anche il collegio uninominale di Rimini per la Camera dei Deputati.

Nel campo del centrosinistra sembra che si deciderà fra Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante, con la possibilità che quest’ultimo venga in realtà dirottato al Senato (dove il collegio comprende anche Cesena). Per i grillini ancora non sappiamo, ma loro hanno la forza di un simbolo che, a dispetto dei nomi e di tutte le evidenti contraddizioni del movimento, ancora ha un appeal irresistibile per una buona fetta dell’elettorato. Nel campo del centrodestra siamo per il momento alle congetture, che non lasciano intravedere un lavorio e un impegno diretto a uscire vittoriosi dalla competizione palmo a palmo. I primi nomi usciti nel tritacarne delle indiscrezioni sono sic e simpliciter il personale politico attualmente a disposizione nelle istituzioni locali. Personale politico che in alcuni casi rappresenta le terze e le quarte fila che hanno avuto l’opportunità di occupare quei posti per il fallimento, l’uscita di scena o la diserzione (vedi Riccione) di chi li ha preceduti. Per Forza Italia sono emersi i nomi di Carlo Rufo Spina, Nicola Marcello, Gabriella Pezzuto e Andrea Dionigi Palazzi, per la Lega Marzio Pecci, Bruno Galli ed Elena Raffaelli. Pare che ora l’ultima scelta sia fra i due assessori della giunta Tosi a Riccione: Palazzi, se il posto va a Forza Italia, Raffaelli se va alla Lega.

Non si capisce bene quale siano i criteri che orientano queste ipotetiche scelte, se non il premio a un personale politico fedele e obbediente. Non traspare minimamente il tentativo di un guizzo di fantasia, di un nome sorprendente, di un’apertura ad un settore della società civile, di uno sparigliamento di carte. Il messaggio, implicito, che viene inviato all’elettorato – se i nomi ipotizzati dovessero essere confermati - è che non si crede alla possibilità di una vittoria. Quando non si crede al risultato, la candidatura si riduce all’onore della passerella sotto i riflettori per chi ha difeso o sta difendendo i colori della bandiera. Difficile immaginare che i candidati di bandiera, o fedeli alla linea, possano vincere o possano intercettare elettorato di confine o elettorato che da tempo si è rifugiato nell’astensione. Oppure, si pensa che il vento in poppa sia talmente favorevole, che qualsiasi candidato può andar bene, ma è un azzardo che può costare caro.

Probabilmente in questa fase il centrodestra a Rimini non è in grado di andare oltre a scelte scontate e prevedibili. Se manca un lavoro politico quotidiano, se c’è un deficit di visione e di radicamento nel territorio, non si improvvisa alle vigilia delle elezioni. Però da qualche parte occorre cominciare, e le elezioni politiche potrebbero essere un’occasione. È auspicabile che i partiti di centrodestra la vogliano cogliere per motivare il loro elettorato.

Anche perché nello strano gioco della politica attuale, parte di quell’elettorato potrebbe spostarsi sul nome certo non comunista di Pizzolante, in un Partito Democratico sempre più democristiano. Come peraltro parte dell’elettorato di sinistra potrebbe abbandonare il Pd per gli stessi motivi, spostandosi su liste più ‘militanti’.


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