Da Roberto Biagini assessore della giunta Gnassi, riceviamo e pubblichiamo:

Domani verrà presentata la lista “ Italia dei Valori - Centro Democratico con Gnassi Sindaco ” con a capo la collega di Giunta, Irina Imola. Un sincero in bocca al lupo !!

Il candidato Sindaco Andrea Gnassi, il 13 Aprile aveva solennemente dichiarato : << chiedo che vengano tenuti fuori tutti gli assessori dalla lista essendo persone che gestiscono partite amministrative >> oppure << Ci sono delle regole, uguali per tutti e vanno rispettate. Non ho dettato nomi al partito, ho chiesto però di separare i candidati dagli uomini che hanno responsabilità gestionali, così da essere più forti e chiari >>

Dal momento che non mi risulta sia stato posto da Gnassi all' IDV-Centro Democratico sul nome dell' Irina Imola, lo stesso suo veto posto al PD sul mio nome (“ se c'è Biagini non firmo l' apparentamento “ ) è evidente che il “Dictatus Papae” del sindaco era rivolto ( e i dubbi erano davvero pochi ) esclusivamente e tassativamente al Partito Democratico riminese, reo di aver chiesto al sottoscritto la disponibilità a candidarsi.

Adesso, preso atto della notizia della candidatura della collega Imola, è automatica la pessima figura palesata e la perdita di autorevolezza e di credibilità politica ( dovrebbe suonare come una autentica beffa fatta dal sindaco al partito che l'ha ri-proposto ) del PD riminese, il quale si è trovato, a posteriori, pavidamente accondiscendente ai “desiderata contra personam “ di Gnassi ( perché l' Irina Imola sì e Biagini Roberto no? E la domanda “da minino sindacale” che dovrebbe un PD riminese minimamente serio rivolgere al sindaco. Giusto? ).

Per contro risulta, invece, altrettanto evidente che l' unico e neanche tanto celato obiettivo di Gnassi era quello di non accettare il benché minimo rischio di vedere nei banchi del Consiglio Comunale, l' iscritto al PD, Roberto Biagini: obiettivo raggiunto, ...<< anche questo è fatto >> ; mai slogan coniato fu tanto azzeccato. Nessun problema.

Caduta la puerile e banale giustificazione, la logica vuole che la “ratio” della mia esclusione sia da ricercare al di fuori della mera sfera politica e anche su questo i dubbi davvero erano (e sono) pochi .

Bene, Alberto Vanni Lazzari, segretario comunale del PD, io non cito “principi Zen” ma attingo il mio “modus operandi” da altre “fonti” : il mio dovere di pubblico ufficiale verso l' autorità giudiziaria e la mia coscienza civica di assoluto rispetto verso i cittadini del luogo in cui vivo, mi hanno imposto dei comportamenti che sarei disposto a ripetere in qualsiasi momento senza pensare alle varie conseguenze e senza guardare in faccia nessuno : l'omertà ossequiosa e genuflessa volta alla riconoscenza e alla gratificazione non mi è mai appartenuta: per altri, “yuppies in carriera dal bell' aspetto", lo so, è invece uno stile di vita. Ognuno ha i suoi principi…...Zen…...

A Riccione sta succedendo qualcosa. Questo è evidente ed è sotto gli occhi di tutti. Il terremoto sta sbriciolando il blocco di governo coagulatosi intorno al sindaco Renata Tosi e sta liquefacendo il principale partito di opposizione, il Pd, mandato a casa dopo decenni di dominio assoluto.

Se è chiaro ciò che sta accadendo in superficie (le cronache quotidiane sono piene di particolari), resta più difficile capire cosa si stia muovendo in profondità. Anche perché Riccione è un paesone dove il pettegolezzo è l’anima reale della politica. Se si chiede conto a un riccionese di un fatto o di una presa di posizione, il discorso in men che non si dica finisce subito su qualche malevolenza su questo o quel personaggio, su qualche fantasioso conflitto di interesse, sugli intrighi che il tale starebbe organizzando contro il tal altro. Un incontro riservato diventa di dominio pubblico e finisce sui social in cinque minuti. Un incontro casuale diventa la prova regina di un complotto. In questo caos diventa quasi impossibile riprendere il filo della matassa e ricondurlo ad argomenti squisitamente politici.

In Italia nei decenni passati per spiegare ogni vicenda oscura o obliqua si ricorreva ad Andreotti, raffigurato come un pericoloso Belzebù sempre alla ricerca di chi divorare. A Riccione il Belzebù è diventato Natale Arcuri, lo stratega di Noi Riccionesi, l’artefice riconosciuto della vittoria della Tosi. Secondo una narrazione sempre più diffusa, Arcuri starebbe lavorando per mettere le mani sulla città e per riconsegnarla, su un piatto d’argento, ad un Pd riveduto e corretto a sua immagine e somiglianza. Per affermare tale volontà egemonica, Arcuri non guarderebbe in faccia a nessuno: costringe alle dimissioni i dirigenti dell’associazione culturale legata a Noi Riccionesi, minaccerebbe di far saltare la poltrona del presidente degli albergatori, Rodolfo Albicocco, reo di non essere troppo accondiscendente alle politiche fiscali del sindaco. Arcuri sarebbe quindi una sorta di caterpillar che asfalta la politica e la città, con l’aggravante, oltretutto, di essere calabrese.

A sostegno di questa lettura ci sono alcuni fatti e considerazioni. La prima è che Arcuri ha una storia politica tutta a sinistra e che, ancora oggi, è un sostenitore del Pd renziano. Per lui l’esperimento riccionese non ha il valore di un cambio di campo politico, semplicemente continua la sua battaglia con altri mezzi e avvalendosi del sostegno strumentale della destra. D’altra parte anche lavorando in trasferta a Rimini, aveva lanciato il messaggio: fate fuori Gnassi e ne parliamo. La stessa lista civica di Riccione non nasce con i connotati di soggetto politico di centrodestra, ma di aggregazione trasversale che riunisce imprenditori, professionisti e cittadini stanchi della vecchia e insopportabile egemonia del Pd della Perla verde e del suo tragico simbolo, il Trc. Si ricorda che un esponente del Pd, il dirigente comunale Cristian Amatori, aveva a suo tempo proposto la Tosi come candidato sindaco, e quando a candidarla è stato Arcuri con il suo progetto si è comunque schierato al suo franco. Arrivato nella stanza del potere, non ha effettuato alcun spoil system, come ci si poteva aspettare da una coalizione di centrodestra che ha conquistato un feudo storico degli ex comunisti, ma ha confermato i dirigenti di sinistra (vedi Amatori) e tutte le nuove infornate, dalla comunicazione alla cultura, hanno pure quell’inequivocabile timbro.

A mal sopportare tutto questo è il vice sindaco Luciano Tirincanti, di Forza Italia, il quale, secondo i suoi critici più velenosi, ritiene che solo per colpa di un destino cinico e baro non sia lui a sedere sul seggio più alto del consiglio comunale. Ragione per cui, lui che è solo un vice, mal sopporta che il sindaco Tosi abbia un punto di riferimento unico e indiscusso, l’indigesto, per lui, Natale Arcuri, detto Nanà. Tutte le turbolenze di giunta accadute in questi ormai due anni di amministrazione – in realtà tempeste in un bicchier d’acqua - sono da ricondurre a questa insopportabile egemonia arcuriana. Difficile pensare che potranno essere alleati per altri cinque anni. Lo stesso Tirincanti, in una recente intervista al Carlino, alla domanda se lui vorrà candidarsi sindaco nel 2019, non risponde che un sindaco c’è già, la Tosi, ma si lancia in considerazioni di questo tipo: «Mancano tre anni e allora io ne avrò 69, che non sono pochi. Per carità, la ritengo una bella esperienza quella che stiamo vivendo e penso di essere una persona frizzante, ma addirittura puntare a fare il sindaco... lasciamo stare. Ora dobbiamo pensare ad arrivare in fondo, poi ci metteremo tutti a un tavolo e tireremo le conclusioni».

Ma segnali nuovi e importanti arrivano anche da sinistra. Il Pd è spaccato in due: da una parte i fedeli alla segreteria guidata da Parmeggiani, dall’altra i dissidenti coagulati intorno a Ubaldi, il candidato sindaco battuto dalla Tosi. Quest’ultimi hanno dato veste organizzativa stabile al loro dissenso, hanno assunto il nome di Democratica ed hanno ovviamente aperto la loro pagina Facebook che è l’agorà virtuale in cui è indispensabile essere presenti. E dalle pagine del social network hanno lanciato il loro primo importante segnale politico: se il Pd ha contestato il 4 per cento detenuto dalla Tosi nell’impianto di carburante a cui si riforniscono anche i mezzi comunali, loro sostengono che “è una cosa normale e rispettabilissima”.

Tutto questo è la prova che le strade di Arcuri e della Tosi si possano infine incrociare con quelle di Ubaldi e soci? Con una battuta si potrebbe rispondere che se a livello nazionale i verdiniani stanno con Renzi, è facile che un elettore di Renzi stia con Ubaldi a Riccione. Ma non facciamo previsioni: abbiamo semplicemente dato conto di una narrazione molto diffusa sulle turbolenze in atto al di là del Marano.

Nuovo e ampio avvicendamento di sacerdoti deciso dal vescovo di Rimini monsignor Francesco Lambiasi.
La premessa delle prime nomine è che è stato chiuso il seminario diocesano - quello nuovo, a Covignan, nei locali dell'ex Abbazia di Scoilca - per mancanza di di aspiranti sacerdoti. Don Paolo Donati insieme a don Cristian Squadrani e don Marcello Zammarchi sono nominati “Parroci in solido” della parrocchia di San Giuliano Martire e S. Maria Maddalena delle Celle in Rimini, dove insieme alla cura pastorale delle due parrocchie  daranno inizio al nuovo progetto formativo del Seminario e cureranno la pastorale vocazionale. Don Mario Antolini, che ha presentato la rinuncia per raggiunti limiti di età, continuerà a collaborare pastoralmente coi nuovi parroci.
Don Andrea Turchini, già rettore del Seminario diocesano, è stato nominato parroco di “San Michele Arcangelo” in Santarcangelo, a seguito delle rinuncia di don Giancarlo Del Bianco che pure continuerà ad offrire la sua collaborazione.
Don Giorgio Pesaresi, già parroco di Santa Maria Maddalena delle Celle, in Rimini, è stato nominato “parroco in solido” con don Mario Vannini nella cura pastorale della parrocchia di San Giuseppe al Porto.
Don Renato Bartoli, già parroco della parrocchia di San Girolamo di Rimini, è stato nominato parroco di Sant’Andrea dell’Ausa (Crocifisso) e si inserisce nella collaborazione pastorale con le parrocchie di San Raffaele e San Gaudenzo in Rimini.
Don Roberto Battaglia, già parroco delle parrocchie di Montescudo, Trarivi e S.Maria del Piano, è nominato parroco di San Girolamo in Rimini e offrirà la sua collaborazione nella Zona Pastorale del Centro Storico.
Le parrocchie di Montescudo, Trarivi e S.Maria del Piano saranno affidate alla cura pastorale di don Massimo Zonzini e don Massimo Sarti, in collaborazione con la Zona Pastorale di Coriano.
Don Gianluca Agostini, già parroco di San Clemente e Sant’Andrea in Casale, è nominato parroco di “Santa Maria di Nazareth” in Montalbano, inserito organicamente nella fraternità sacerdotale di Cattolica e in collaborazione pastorale con la Zona Pastorale di Cattolica.
Le Parrocchie di Sant’Andrea e San Clemente saranno seguite pastoralmente dai tre parroci di Morciano.
Don Simone Franchin, già amministratore parrocchiale di Montalbano, diventa parroco delle Parrocchie di Sant’Aquilina e San Pio X (Dogana), risiedendo presso la Comunità di Accoglienza della Papa Giovanni XXIII a Sant’Aquilina e collaborando con l’Ufficio Catechistico e l’Ospedale di Rimini nella cura delle persone disabili.
Don Paolo Lelli, già parroco di San Martino dei Mulini, diventa parroco della Parrocchia “Gesù nostra Riconciliazione”, a Rimini, rimasta vacante a seguito del santo ritorno nella casa del Padre di don Giuseppe Maioli.
La Parrocchia di San Martino dei Mulini viene affidata alla cura pastorale di don Stefano Vendemini, di cui diventa amministratore parrocchiale. Don Stefano viene anche confermato parroco di Sant’Ermete.

“Questi avvicendamenti, motivati da un impiego migliore delle preziose risorse rappresentate dai sacerdoti, rispondono anche al desiderio di promuovere la comunione fraterna tra di loro e la reciproca collaborazione nelle Zone Pastorali. – dice il Vicario Generale, don Maurizio Fabbri – Certamente comportano anche qualche sacrificio sia per i preti sia per le comunità coinvolte, ma questi cambiamenti possono sicuramente diventare occasione per maturare una fede più adulta e una maggiore corresponsabilità ecclesiale”.
Nel ringraziare i confratelli “per la loro generosa disponibilità” e le varie comunità interessate “per la cordiale accoglienza dei nuovi parroci, siamo certi che il Signore non cessa di accompagnare con il suo Spirito la sua e nostra Chiesa”.

I primi 3 mesi del 2016 dell'aeroporto di Rimini riflettono la situazione di stasi in cui si trovava lo scalo in attesa della Consiglio di Stato che ha definitivamente deciso per la concessioni alla società Airiminum 2014. Lo scalo ha realizzato appena 2012 movimenti e totalizzato 11.788 passeggeri.

Rispetto al 2015 l'aumento è ovviamente del 100 per cento perchè l'aeroporto era ancora chiuso (ha riaperto con un volo dalla Russia il 1 aprile).

Ancora inesistente il movimento cargo. Nell'aviazione geenrale registra 249 movimenti e 407 passeggeri. Per un vero confronto con il 2015 occorrerà aspettare i dati del secondo trimestre.

Osservando i dati pubblicati sul sito di Enac, si ha conferma delle difficoltà del concorrente aeroporto di Ancona che diminuisce i movimenti del 12,5 e i passggeri del 14,8 per cento. In calo del 15,8 per cento anche il movimento cargo.

Metti una cena di un ristorante tipico dei Navigli a Milano e ti capita di ascoltare una sorta di comizio di un personaggio - non si capisce se politico o uomo di affari, o forse tutti e diue - che spiega on dovizia di particolari come ci muove nell'obliquo ed spesso opaco mondo degli appalti, delle aste e dei rapporti con chi ha il potere di decidere.

E' l'esperienza che Nando Dalla Chiesa ha raccontato sul Fatto Quotidiano, premettendo che non si è messo ad origliare ma ha ascoltato perchè il tizio parlava ad alta voce, incurante se qualcuno lo stesse ad ascoltare.

Ad un certo punto Andrea B - questo il suo nome dichiarato nel corso della conversazione con i tre commensali - arriva a toccare un punto che interessa direttamente Rimini. Racconta Dalla Chiesa:  "Spiega che stanno interessandosi del polo fieristico di Rimini, questo lo sento distintamente, mi sembra che lo metta in sequenza anche con quello di Bologna. Gli altri tre lo stanno a sentire. Ogni tanto fanno una domanda, uno ha l’accento bresciano o bergamasco, difficile capirlo da dieci parole".

Non viene precisato in cosa consista questo "interesse". La notizia - soprattutto a futura memoria - va comunque registrata.

Il Consiglio Generale ha approvato all’unanimità il bilancio 2015 della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, che nei dodici mesi - afferma una nota - ha investito 1,7 milioni di euro per il sostegno e lo sviluppo del territorio riminese e della comunità locale. L’approvazione del bilancio segue il parere consultivo positivo espresso dall’Assemblea dei Soci martedì 26 aprile.
 
Più nel dettaglio, la Fondazione ha destinato circa 313.000 euro al settore arte e cultura, 772.000 euro al settore educazione e istruzione, 332.000 euro al settore assistenza anziani, 103.000 euro al settore volontariato e 180.000 euro al settore sviluppo locale.
 
“Con l’approvazione del bilancio 2015 giunge a scadenza il mandato del Presidente e del Vice Presidente della Fondazione - ha detto oggi Pasquinelli, che ha ricoperto la carica di vertice negli ultimi sei anni - Lascio una Fondazione che ha saputo creare i presupposti per un cambiamento sotto il profilo patrimoniale e dell’attività sociale. La Fondazione di domani sarà molto diversa da quella che proviene dagli anni ’90, più adeguata ad affrontare un contesto nuovo anche a livello locale.
Tra l’altro, anche la governance ha saputo rinnovarsi nelle persone e nei criteri di nomina, con attenzione alle esperienze, alla competenza, alla presenza di donne negli organi di vertice. Sono sicuro che chi mi succederà porterà a termine questo processo di innovazione, rendendo ancora più incisiva la presenza sociale della Fondazione sul territorio”.
 
Complessivamente la Fondazione ha finanziato 52 progetti a Rimini e nei Comuni della provincia, garantendo, tra l’altro, alcuni grandi interventi come il sostegno al Campus universitario tramite la società Uni.Rimini, la gestione di Castel Sismondo, la partecipazione al Piano Strategico, il servizio di assistenza domiciliare per anziani, la realizzazione dell’incubatore d’impresa dedicato al turismo, il sostegno al concorso Nuove Idee Nuove Imprese, la realizzazione del Rapporto Economico provinciale, l’impegno a favore del Fondo Emilia Romagna Social Housing di cui la Fondazione è socia.
Anche nel 2015 la Fondazione ha sostenuto le realtà che operano nel volontariato e nell’assistenza ai meno abbienti, tra cui le mense per i poveri ed i fondi antiusura.
 
Per quanto riguarda la definizione del prossimo Consiglio Generale, la Fondazione Carim chiederà al Comune di Bellaria Igea Marina una nuova terna di nominativi fra i quali individuare il sostituto di Roberto Mazzotti, nel frattempo indicato per il Consiglio di Amministrazione di Banca Carim.

Mercoledì, 27 Aprile 2016 18:17

Fondo per il lavoro, Rimini fa scuola

A Bologna faranno come a Rimini. La città ha un’iniziativa talmente ben congegnata che nel capoluogo regionale l’assumono come modello. I riminesi possono ancora una volta rivendicare una botta d’orgoglio. Ad essere importata da Rimini è l’idea del Fondo per il lavoro lanciata nell’autunno del 2013 dal vescovo Francesco Lambiasi. Un Fondo che per un anno paga il 30 per cento delle spese complessive che un’azienda sostiene per assumere un dipendente, fino a un importo massimo di 8 mila euro per lavoratore. A Rimini ha funzionato (poi vedremo come) e a Bologna il professor Stefano Zamagni, che è fra i garanti del Fondo, ha proposto l’esperienza come modo per utilizzare parte degli utili che la diocesi incassa dall’attività della Faac, la multinazionale che produce cancelli automatici. Cosa c’entra la diocesi di Bologna con la Faac? È presto detto: alla sua morte il fondatore dell’azienda ha nominato come erede universale la diocesi, che è pertanto il principale azionista di Faac. Nel dicembre scorso, arrivando a Bologna, il nuovo arcivescovo Matteo Maria Zuppi aveva espresso la volontà che parte dei profitti fossero destinati a creare nuovi posti di lavoro. Il professor Zamagni, incaricato dall’arcivescovo di trovare il modo, ha avuto la strada spianata nel proporre il modello Rimini. L’unica sostanziale differenza fra il capoluogo e la città della riviera sta nella consistenza del fondo: la Faac è un’industria che produce milioni di utili all’anno (38 nel 2014, caso straordinario per di via di alcune operazioni finanziarie, 13 nel 2013). Mentre a Rimini, dove i soldi vengono fuori dalle donazioni di privati, enti o aziende, fino al 31 dicembre 2015 erano stati raccolti 390 mila euro.

Poca cosa rispetto alle disponibilità che certamente avrà il fondo bolognese, eppure sufficienti, nei primi due anni, per inserire nel mondo del lavoro 74 persone, 20 delle quali con contratto a tempo indeterminato. Chi si trova nella condizione di disoccupato, può rivolgere la domanda di accesso al Fondo attraverso vari canali. Il più utilizzato è il Patronato Acli, seguito dagli sportelli di Lavorare in Valmarecchia, progetto al quale hanno aderito diversi Comuni, e dalle Caritas parrocchiali (particolarmente attive quelle di Villa Verucchio, Santarcangelo e Coriano). Complessivamente sono arrivate 593 domande, 198 nel corso del 2015. Fra quelle pervenute, il Fondo ha valutato meritevoli di essere accolte 529 candidature. Fra quanti chiedono di accedere al servizio ce n’è una buona parte che mai si era rivolta ai centri di ascolto della Caritas. L’iniziativa ha quindi fatto emerger un’area di difficoltà fino a quel momento sconosciuta.

I richiedenti (dati 2015) sono per un terzo donne e per due terzi uomini; il 73 per cento sono italiani; fra gli stranieri (provenienti da 29 paesi) le nazionalità più rappresentate sono la marocchina, l’albanese e la rumena; il 60 per cento rientra nella fascia di età 35-54 e il 30 per cento supera i 55 anni, il 43 per cento ha la licenza media inferiore ma non manca un piccolo gruppo di laureati; il 45 per cento ha la casa in affitto e spesso non riesce a pagare il canone; il 40 per cento è celibe o nubile (molti però convivono con partner e figlio a carico), il 36 per cento coniugato, gli altri separati o divorziati; le precedenti esperienze professionali sono varie, ma prevalgono il turismo, l’industria, l’edilizia e i servizi alla persona.

Nel 2015 hanno trovato occupazione tramite il Fondo 33 persone prive di lavoro.

Si tratta di 7 donne e 26 uomini, per la maggior parte con età compresa tra i 35 e i 64 anni. Per il 79 per cento sono italiani (21 per cento stranieri) ed il 76 per cento ha un titolo di studio di grado inferiore (di cui il 45 per cento un diploma di licenza media inferiore). Cinque gli assunti con titolo di studio superiore, dei quali 3 hanno riguardato laureati (uno dei quali straniero), uno di essi non ha superato il periodo di prova. Otto assunti (25 per cento del totale) sono invalidi (con maggiore o minore grado di invalidità) o portatori di patologie gravi e/o invalidanti, dei quali 2 sono donne e 6 uomini.

Ed infine le caratteristiche delle aziende che hanno effettuato le assunzioni nel corso dei due anni di funzionamento del Fondo: 12 sono cooperative sociali che hanno stipulato 14 contratti di lavoro per altrettanti lavoratori; 7 sono strutture alberghiere e di ristorazione con apertura annuale, che hanno assunto personale con qualifica di cameriere ai piani, tuttofare e cameriere di sala; 17 sono le aziende artigiane o industriali del territorio che operano prevalentemente nei settori metalmeccanico, nel confezionamento e vendita di prodotti di utensileria-minuteria e ferramenta, nella produzione e commercializzazione di prodotti alimentari e nella produzione di scale d’arredamento, cancelli e soppalchi e coperture coibentate. Il personale è stato assunto per mansioni quali: operaio generico-specializzato, magazziniere e aiuto cuoco; 9 sono attività commerciali/negozi e studi commerciali.

Martedì, 26 Aprile 2016 21:20

5 anni in Comune. L'urbanistica di Gnassi

In principio è stato lo stop al cemento e al consumo del territorio, che costituisce non a caso l’incipit di ogni narrazione del sindaco Andrea Gnassi sui cinque anni di governo della città.

I primi provvedimenti della sua amministrazione sono stati infatti la liquidazione dei progetti delle archi-star per il lungomare e il blocco di alcuni piani particolareggiati che prevedevano nuove palazzine e nuovi metri cubi di cemento. Uno stop arrivato in un momento in cui la crisi dell’edilizia cominciava a far sentire i suoi effetti anche a Rimini, con il calo verticale dell’occupazione e la chiusura per fallimento delle aziende. Tanto che, a parte i grattacieli delle archi-star, forse la crisi avrebbe bloccato da sola per qualche anno, senza bisogno di decisioni amministrative, lo sviluppo edilizio, il quale avanza solo se c’è gente che ha le risorse finanziarie per costruire o il credito per poter acquistare.

D’altra parte lo stop al cemento ha rappresentato anche l’immagine concreta di una discontinuità rispetto al recente passato delle giunte Ravaioli-Melucci, dove prevalevano i motori immobiliari rispetto a quelli culturali tanto cari al sindaco attuale. Così facendo Gnassi ha ricondotto all’ovile un’opposizione interna di stampo ecologista, stanca di vedere la città ostaggio dei padroni del mattone, e ha sgomberato il campo dal pericolo della formazione di un’opposizione esterna contro l’eterno partito del cemento. Peraltro lo stop non è stato comunque indiscriminato: il nuovo supermercato (5.000 metri di superficie commerciale e 2.500 metri di servizi direzionali) e gli appartamenti (un centinaio) che Conad costruirà all’interno del progetto Acqua Arena sono l’eccezione più vistosa.

Nessuno, o quasi, rimpiange i motori immobiliari, ma rottamati questi, a Rimini sono rimaste solo le macerie di un’edilizia andata completamente in frantumi, con grave danno per tutta l’economia cittadina, visto che a livello locale le costruzioni sono il motore che traina molte altre attività economiche.

L’immagine plastica di questo vuoto sono i cinque anni – cioè l’intero arco temporale di una legislatura – che intercorre fra l’adozione di Psc e Rue (marzo 2011, giunta Ravaioli) e la loro approvazione definitiva (marzo 2016, giunta Gnassi). Fra queste due date, per forza di cose, non c’è nessun intervento significativo, se non il famoso Masterplan strategico che ha disegnato la città delle piste ciclabili e degli anelli verdi.

Se c’è stato qualcosa di deficitario in questi anni è stata l’attenzione reale, concreta (non le dichiarazioni verbali che da sole non producono nulla) alle esigenze della ristrutturazione e riqualificazione edilizia. Stop al cemento significa dire no all’aumento dei metri cubi, non può voler dire che si blocca ogni attività. E gli incentivi normativi e fiscali per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente non contraddicono l’idea di una città che non accetta un ulteriore consumo di territorio. Mentre in altre città della regione, pure a guida della sinistra, come Reggio Emilia, fin dal 2010 sono stati introdotti a livello comunale questi incentivi che hanno dato movimento all’industria edilizia, a Rimini ci si è accontentati dello stop e delle future piste ciclabili. Solo nel 2015, quando la situazione era diventata insostenibile, con imprenditori edili, architetti, ingegneri e geometri – oltre i semplici cittadini – che reclamavano ogni giorno una svolta, l’amministrazione comunale ha deliberato una serie di interventi, chiamati “renzianamente” il Rinnova Rimini, volti a dare il via alle ristrutturazioni e al frazionamento delle unità immobiliari.

Negli ultimi mesi si è quindi arrivati all’approvazione di Psc e Rue.

Il Piano Strutturale Comunale è stato presentato dall’amministrazione come in linea con la filosofia dello stop al consumo di territorio, avendo l’iter dei cinque anni cambiato di molto le previsioni urbanistiche del 2011 (gli ambiti per nuovi insediamenti sono stati ridotti del 40 per cento e del 55 per cento nel territorio urbanizzato). Ciò significa, secondo la giunta, un massimo di 2.500 nuovi appartamenti. A questa previsione, si è opposto il controcanto grillino che parla invece di una capacità edificatoria di 4.000 nuovi alloggi. Poiché le previsioni per diventare operative necessitano di un Poc (piano operativo comunale) la prova del nove la si avrà nella nuova legislatura.

Più fresco di approvazione è il Rue, cioè il Regolamento edilizio-urbanistico, che fra le tante novità ha istituzionalizzato le norme per favorire la riqualificazione e ristrutturazione edilizia.

Per sapere se tutto ciò avrà effetti positivi, dovremo attendere. Non solo perché certi fenomeni si misurano a distanza, ma perché lo Sportello dell’edilizia del Comune di Rimini ha chiuso temporaneamente i battenti. E così architetti, ingegneri e geometri che hanno bisogno di un parere per districarsi nella giungla delle norme resteranno a bocca asciutta per un po’ mesi. Tutto il tempo necessario perché gli impiegati comunali possano studiare adeguatamente la nuova normativa. Una chiusura che, al termine della legislatura, è come un timbro sulla difficoltà di dialogo fra l’amministrazione e il mondo dell’edilizia.

Mercoledì, 20 Aprile 2016 09:10

Preghiera per i cristiani perseguitati

Questa sera alle ore 21 in piazza Tre Martiri di Rimini si rinnova la preghiera del rosario per i cristiani perseguitati a cura del Comitato Nazarat. Porterà la sua testimonianza padre Ihab Alrachid, un sacerdote greco melchita, originario di Damasco.

Padre Alrachid verso le 19 dello stesso giorno sarà anche in piazza Giovanni Paolo II (davanti al duomo) a Cesena per un’iniziativa analoga. Parte dunque anche a Cesena con la stessa formula questo appuntamento di preghiera e solidarietà iniziato nell’agosto 2014 e che si ripete da allora il 20 di ogni mese.

Al via la preghiera per i cristiani perseguitati anche a Siena, in questo caso all'interno del Duomo. E’ già qualche tempo inoltre che l’iniziativa viene proposta pure a Lugano in piazza San Rocco. Contemporaneamente si estende anche la rete di preghiera tra tante comunità monastiche in Italia e nel mondo. Hanno aderito e assicurato la loro partecipazione: le trappiste del monastero Nostra Signora della Moldova di Nasi Pani (Repubblica Ceca), le religiose dell’Adorazione Eucaristica di Pietrarubbia, il monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria, le carmelitane di Santa Teresa di Tolentino, le clarisse del monastero della Natività di Rimini, le clarisse  di Sant’Agnese a Perugia, le clarisse di Foligno, la carmelitane di Fatima, le suore caldee Figlie di Maria Immacolata di Roma ed inoltre padre Bahjat da Damasco e don Georges Jahola da Erbil (due sacerdoti che sono stati a Rimini in precedenti edizioni dell’Appello all’umano). Più di recente hanno aderito anche le clarisse di Todi e le religiose cistercensi di Valserena nonché le monache benedettine del monastero Mater Ecclesiae di Orta San Giulio e le benedettine Santissima Annunziata di Fossano.

Insieme alla preghiera c’è anche la solidarietà e continua l’iniziativa proposta insieme all’organizzazione no profit Orizzonti di Cesena ‘Adotta una famiglia siriana’. Un ultima novità: il comitato Nazarat per i cristiani perseguitati in Medio Oriente di Rimini ha realizzato un website che riporta ampiamente la nostra attività e le iniziative future. Il sito è www.nazarat.org ed è realizzato in italiano e in inglese.

Nella suddivisione del gettito del 5 per mille, nella provincia di Rimini la fetta più grossa della torta nel 2014 (ultimi dati disponibili appena resi noti dall’Agenzia delle Entrate) va alla Comunità Papa Giovanni XXIII. L’opera fondata da don Oreste Benzi è stata infatti scelta da 13.799 contribuenti (di tutta Italia, ovviamente) per un importo complessivo di 401 mila euro. Ma lo Stato destina ai singoli enti anche una proporzionale quota di chi ha firmato genericamente per il 5 per mille, senza specificare il codice fiscale di questa o quell’associazione. Tuttavia la Papa Giovanni non riceve solo questo contributo perché è presente negli elenchi dei beneficiari con altre realtà immediatamente riconducibili. Condivisione fra i popoli, che si occupa dell’attività missionaria riceve complessivamente 22. 129 euro, 20.927 dei quali provenienti da 665 scelte dirette. Va aggiunta anche la cooperativa Papa Giovanni XXIII che complessivamente porta a casa oltre 5 mila euro.

Stiamo parlando di soggetti che hanno il proprio domicilio fiscale nella provincia di Rimini, è assai probabile che nelle varie realtà in cui è presente la Comunità partecipi al 5 per mille con altre associazioni.

Nel riminese in testa alla classifica c’è dunque una realtà di volontariato sociale, ed è questa una particolarità che ci distingue dal livello nazionale dove la numero uno è l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Comunque in generale, ai primi posti ci sono enti specializzati nella ricerca medica. E fra questi c’è anche una presenza romagnola, lo Ior, Istituto Oncologico Romagnolo, che, scelto da quasi 34 mila contribuenti, si è aggiudicato qualcosa come 889 mila euro. Una realtà locale che è riuscita a stare nella prima pagina del voluminoso elenco della Agenzia delle Entrate, accanto a colossi come la Fondazione Telethon o l’Ospedale San Raffaele di Milano.

Tornando a Rimini, la seconda realtà a ricevere la fetta più grossa è la Cooperativa San Patrignano: 3.244 scelte per 139.939 euro, e un importo complessivo di oltre 145 mila euro. Anche la Fondazione San Patrignano partecipa al gettito, però solo 22 scelte ed un importo di 984 euro.

Dopo la Papa Giovanni XXIII e San Patrignano, la terza realtà riminese di notorietà nazionale è la Fondazione Meeting, scelta da 542 contribuenti (22.279 euro) e un importo totale di 23.259.

È andata meglio al circolo Anspi Sanges: 657 scelte e un introito di oltre 30 mila euro. Il primo ente sanitario nella classifica riminese è l’Associazione di oncoematolgia pediatrica, scelta da 1.221 cittadini e un gettito di quasi 30 mila euro. Sempre in campo sanitario seguono gli Amici della Fondazione di ricerca sul dolore (650 scelte, oltre 26 mila euro), la sezione riminese dell’Avis (803 scelte, oltre 17 mila euro), l’associazione Dottor Clown (371 scelte, oltre 9 mila euro).

Fra i beneficiari sono presenti due significative realtà del mondo scolastico ed educativo della città: la Karis Foundation e il Ceis. Gli Amici della Karis, associazione di volontariato a sostegno delle scuole, hanno raccolto 1.051 scelte e oltre 43 mila euro di gettito. A questi si aggiungono gli 8.366 euro raccolti dalla Fondazione Karis.

Nell’elenco ci sono le più varie associazioni di volontariato e cooperative sociali. Casa Sant’Anna, che si occupa delle mamme in difficoltà, ottiene oltre 10 mila euro; Anolf, dedita ai problemi degli immigrati, supera i 16 mila euro; il gruppo volontari Sos Taxi (trasportano anziani e disabili per visite in ospedale) supera gli 11 mila euro; l’associazione Crescere Insieme (bambini down) va oltre i 9 mila euro; la cooperativa Amici di Gigi (giovani in difficoltà) è appena al di sotto degli 8 mila euro. Non mancano nell’elenco le associazioni sportive: il miglior risultato – visto che si parla di sport – lo ottiene la Polisportiva Stella con 153 scelte e oltre 6 mila euro di gettito.

Chi non specifica l’area (volontariato, ricerca, ecc.) alla quale vuole destinare il proprio 5 x mille, automaticamente lo destina al Comune di residenza. A Rimini lo hanno fatto in 648 per un importo complessivo di 16.270 euro, a Riccione 222 scelte e oltre 5 mila euro.

Abbiamo riportato – non tutti – gli importi più consistenti dl punto di vista economico. Tuttavia è curioso notare che ci sono associazioni che hanno ricevuto poche scelte (a volte si contano sulle dita di una mano) e pochi spiccioli. Non mancano le associazioni che hanno ottenuto un sola scelta (il presidente): Rimini solidale 113 euro, Nuovo Moto Club Pasolini, 20 euro, L’umana dimora di Rimini e dell’Adriatico, 4,92 euro.

Perché ad un uguale numero di firmatari, corrispondono somme diverse? Semplice: dipende dal livello di reddito di chi ha scelto questa o quell’associazione. Ragione per cui si nota che a volte chi ha beneficiato di un numero maggiore di scelte, ha ottenuto un contributo economico inferiore di chi ha avuto meno benefattori. Potremmo dire che non conta il numero, ma il portafoglio di chi sottoscrive. Per esempio: il contribuente medio della Papa Giovanni XXIII vale 29 euro, quello di San Patrignano 43 euro.

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