A Cattolica il duello mancato a Rimini
Nell’arena di Cattolica è in programmazione un film che, non ci fosse stato qualche incidente di percorso, poteva essere in cartellone a Rimini. La sfida finale fra un candidato del Pd e uno a 5 Stelle, - evocata, auspicata o temuta per il capoluogo, - si è trasferita nell’ultimo comune della costa ai confini delle Marche. La pellicola non ha comunque perso nulla del suo interesse, lo conferma l’attenzione, anche nazionale, che c’è su Cattolica. Non abbiamo avuto a Rimini un duello finale Gnassi - Grassi, ma abbiamo a Cattolica un duello Gambini – Gennari. Anche se siamo in un Comune più piccolo, il livello dei candidati resta alto e qualificato. Un cattolichino d’adozione che si è imparentato con una delle più note dinastie imprenditoriali della città, un cattolichino purosangue che porta un cognome stimato e dalla lunga storia, anche politica. Un candidato che ha sempre vissuto di politica, un altro candidato che invece si è affermato nella professione e vive la politica solo come passione.
Sono molti gli ingredienti che rendono interessante il ballottaggio di Cattolica fra Sergio Gambini e Mariano Gennari. A partire dal fatto che, dovesse vincere Gennari, sarebbe il primo sindaco a 5 Stelle della provincia, e ciò avrebbe conseguenze politiche pesanti sul Pd (dopo la già avvenuta perdita di Novafeltria e Pennabilli. A Cattolica sia la Lega che il candidato del centrodestra Massimiliano Gessaroli si sono già espressi pubblicamente in favore di Gennari. Una sorta di santa alleanza finalizzata ad impedire la vittoria del candidato del Pd.
Chiediamo a Gennari se lo imbarazza questo endorsement degli esponenti del centrodestra. In fondo è candidato di un Movimento che ha fatto della “solitudine” un elemento fondamentale del proprio Dna politico. “Mi usano come testa d’ariete. Li comprendo. – risponde Gennari – Loro sono arrivati al fotofinish dopo aver fatto un lavoro stupendo per raccogliere il 20 per cento che hanno ottenuto. I loro elettori sono stufi della situazione attuale, hanno una forte voglia di cambiamento. Per cui hanno pensato che, fra lo status quo ed un cambiamento che pure non collima perfettamente con i loro programmi, sia meglio il cambiamento. A Cattolica il tema del cambiamento è molto sentito…” E infatti anche Gambini dice di voler cambiare pagina. “E noi diciamo che vogliamo cambiare libro, vogliamo cambiare storia. È ciò che la gente ci chiede”.
Mariano Gennari è poco più di un neofita fra i pentastellati. Si è avvicinato al Movimento cinque anni fa, condividendone gli accenti sulla partecipazione dei cittadini e sulle politiche ambientali. “Ed anche – aggiunge – una certa rabbia verso i privilegi della casta e un vecchio modo di fare politica”.
Lui discende da una famiglia che a Cattolica ha avuto un peso. Il nonno Primo, tessera del 1921, è stato il primo segretario del Pci ed anche vice sindaco della giunta insediatasi dopo la Liberazione. Viene quindi da una famiglia di tradizione comunista, anche se in realtà suo padre e le zie non ebbero alcun impegno politico. “Io mi sono disintossicato da tempo. Delle mie origini conservo una sensibilità al tema della giustizia sociale. Ma il mio lavoro mi ha portato a capire che sono gli imprenditori il motore dello sviluppo della società”. Gennari svolge un’attività di consulenza commerciale, marketing e di comunicazione per aziende del settore agro-alimentare, a partire dalla marchigiana Umani Ronchi. Ha 54 anni, si è laureato al Dams di Bologna e da giovane ha aperto un’enoteca a Cattolica insieme a Gibo Badioli, che poi sarebbe diventato il manager di Valentino Rossi.
Perché gli elettori dovrebbero scegliere Gennari al posto di Gambini? “Perché Cattolica è intrappolata da logiche di partito e invece ha bisogno di rinnovarsi e di crescere. Secondo me la crescita deve avvenire privilegiando determinati valori, come quello dell’ambiente. Ho visto nei programmi degli altri candidati che vogliono dare premialità agli alberghi che costruiscono un nuovo piano. Perché invece non diamo i premi a chi investe nel risparmio energetico? Propongo una ristrutturazione mirata al risparmio energetico di tutti gli edifici comunali e cercherò una convenzione con una “ESCO” che proponga tariffe agevolate per il sistema pubblico trasferibili a tutti i cittadini. Io sono davvero per i rifiuti zero. Dobbiamo anche uscire dalla trappola di Hera: dicono che cresce la differenziata ma aumentano anche le bollette. C’è qualcosa che non va…” E Gambini questo non potrebbe farlo? “Da quando aveva vent’anni è sempre stato sul carro della sinistra. In Hera ci sono tutti i suoi amici. Non potrà fare ciò che farò io, dettare precise regole alla società. Fra l’altro un comportamento virtuoso sull’ambiente e i rifiuti ci aprirebbe a mercati turistici sensibili a questo tema, come i paesi nordici e la Svizzera”.
Crede che questi argomenti le portino voti? “Chiedo di votarmi perché favorirò la partecipazione dei cittadini alle scelte attraverso un dialogo vero. L’ho sempre detto in campagna elettorale: chi vuole stare tranquillo in casa sua voti un altro candidato, con me sarete chiamati a partecipare. Se devo fare il sindaco, lo farò secondo il mio stile. Non sono un politico di professione, un mestiere a cui dedicarmi ce l’ho”.
"Al centrodestra di Rimini manca una visione"
“Senza nulla togliere al buon successo di Gnassi, nonostante le evidenti difficoltà della sua stessa ricandidatura, la sua è stata una vittoria annunciata”. Lo dice Natale Arcuri, protagonista della politica di Riccione, che ne mesi scorsi si era affacciato a Rimini con il progetto di creare un’alternativa a Gnassi. Progetto Rimini, che aveva puntato tutto sulla candidatura di Linda Gemmani (non disponibile) ha pertanto chiuso i battenti.
Arcuri resta comunque un acuto osservatore di cose politiche. “Troppe e tali erano le condizioni di vantaggio - spiega - che solo l’ipotesi di un improbabile ballottaggio avrebbe rappresentato per Gnassi una mezza sconfitta. In fondo ai riminesi non è stato permesso di scegliere. Le alternative a Gnassi erano deboli e assai confuse, arrivate alla vigilia della scadenza dei comizi elettorali in condizioni assai precarie e alquanto contraddittorie. Lo dimostrano chiaramente le polemiche del dopo voto”.
“A questo si aggiunge il fatto - prosegue Arcuri - che larga parte di quell’area di rappresentanza sociale, quella in cui afferisce in particolare il mondo dell’imprenditoria e della attività economiche riminese, è stata lasciata senza punti di riferimento. E qui ha avuto gioco facile la proposta di aggregazione di Sergio Pizzolante, per nulla originale, che è riuscito a dare loro un sponda su cui attraccare. Uno spazio lasciato colpevolmente libero, dal centro destra, che è stato semplice occupare. Magistrale poi il suo astuto traghettamento verso il porto sicuro di questa vittoria che era da subito sembrata a tutti scontata.
In fondo se si può dire, Gnassi ha vinto per l’inconsistenza dei suoi avversari”.
Cosa succederà adesso con la lista Pizzolante che è determinante?
“Occorrerà adesso che questa sua vittoria diventi una vittoria vera. Avrà molto da lavorare su questo. La sua coalizione è certamente forte. Ma porta con sé il rischio costante di tutte le coalizioni in cui le parti sono tutte tra loro determinanti.
Per questo Gnassi ha bisogno che si alleni ad un continuo confronto, ad un serrato dialogo, ad una aperta condivisione, e perché no, anche a qualche compromesso. Il politico in questo c’è, qualcuno teme che non ci sia l’uomo. Vedremo”.
E chi punta ad un ricambio nella guida politica della città cosa deve fare?
“Penso che il centrodestra riminese, così come tutta l’area del protagonismo civico, debba ripensare la sua presenza e cercare forme di aggregazione nuove basate sui contenuti. Non basta l’opposizione rigida annunciata da Camporesi. Nel fare opposizione si devono maturare contenuti che rendano credibile una proposta alternativa. In fondo ciò che è mancato al centrodestra è una visione. Su questa dovrebbe puntare per costruire una possibile alternativa”.
"Gnassi multicolor sarà in difficoltà"
“La mia previsione era che Gnassi fosse confermato, ma non al primo turno. Pensavo ci fosse bisogno del ballottaggio, anche perché una parte della città non è affatto contenta di ciò che ha fatto”. Parla Bruno Sacchini, presidente di Dreamini, l’associazione culturale che ha creato il laboratorio dove sono nate le liste civiche che hanno sostenuto la candidatura di Luigi Camporesi.
“La differenza – continua – l’ha fatta la lista promossa dall’on. Pizzolante che porta a casa più di quanto loro stessi pensavano di poter ottenere. È stata un’operazione politico - elettorale, mediatica che è riuscita ad intercettare i voti di chi, pur avendo simpatie per Gnassi, non se la sentiva di votarlo direttamente o di votare Pd. È stata un’operazione vincente e quindi onore al merito. Non credo però che Gnassi sia rimasto molto soddisfatto. Il Pd non è cresciuto e lui si ritrova con una maggioranza multicolor più difficile da governare. Bisognerà anche vedere se la lista Pizzolante sarà in grado di mantenere le promesse e cioè di rendere più difficile la vita alla giunta Gnassi…”
Da come lo dice sembra di capire che lei non ci creda molto.
“È stata, come dicevo, una brillante operazione politica. Non mi sembra però che sia accompagnata da un progetto culturale, e quindi amministrativo, capace di reggere le ambizioni manifestate. La ricucitura fra mare e città proposta dal neo consigliere Davide Frisoni è un’idea che non sta in piedi, significa non conoscere la natura e l’identità di Rimini”.
Come valuta il risultato del centrodestra?
“Ha riportato un risultato inferiore alle aspettative. È la conferma che non è vero, come spesso si dice a livello nazionale, che basta essere uniti per vincere, non è pensabile tornare a vincere senza un candidato credibile. C’è una domanda che ancora non ha avuto risposta: perché il leader della Lega in persona, Salvini, ha imposto un candidato perdente? Oltretutto, checché se ne dica, la Lega ha ottenuto un risultato disastroso. A me l’on. Pini aveva detto che puntavano al 25 per cento, hanno avuto la metà. Credo che sulla via Emilia l’oltranzismo legista alla Salvini possa attecchire al massimo fino a Forlì o Cesena, ma non a Rimini, che è una città troppo spregiudicata, troppo international. È una città geneticamente diversa, dove non possono attecchire certe posizioni”.
Lei ha sponsorizzato l’ex grillino Luigi Camporesi. È soddisfatto della scelta fatta?
“Ha ottenuto un risultato straordinario che non è stato adeguatamente sottolineato. Nella storia di Rimini non era mai accaduto che le liste civiche entrassero in consiglio comunale con un 10 per cento. È questo è successo senza aver avuto la copertura di un simbolo nazionale, senza alcun appoggio, anzi avendo tutti contro con una manovra a tenaglia. Può succedere che liste civetta possano prendere voti, ma le nostre non erano civetta, Si è arrivati al 10 per cento senza pescare nell’elettorato dei 5 Stelle. Ci hanno seguito una base di giovani e meno giovani e una certa area cattolica. Un soggetto che ha conservato una capacità di mobilitazione che a Rimini nessuno ha più. Oltretutto ha dovuto fare i conti con la lista Pizzolante, costruita all’ultimo momento. Ma lì dove è la base popolare? Dove è un lavoro politico e culturale pregresso? Il rischio è o adagiarsi nelle sinecure dell’istituzione o essere costretti ad un continuo braccio di ferro con il Pd, ma senza una base popolare alle spalle.
Molti capi del centrodestra hanno dato la colpa agli elettori…
“Parto dalla convinzione che gli elettori hanno sempre ragione. Posizioni come quelle sono di chi è incapace di fare i conti con la realtà”.
Da cosa ripartire per costruire un’alternativa?
“Da un lavoro di base che sono tre anni che va avanti e che Dreamini aveva detto avrebbe ripreso, chiunque vincesse. Vedremo cosa succede, cosa faranno i partiti, noi siamo aperti a tutti. La nostra ambizione era quella di esercitare un’egemonia culturale, e questo obiettivo è stato centrato. Siamo stati gli unici ad aver espresso idee significative”.
Pensavate di guidare un fronte unico contro Gnassi e non ci siete riusciti. Nessuna autocritica da fare?
“L’unica autocritica è che la mia ingenuità è infinita, proprio non capisco un certo modo di fare politica. Non è che credo che la politica sia per le anime belle o un’attività missionaria. La politica si fa a partire da un interesse personale che volge al bene comune. Ma se mi guardo intorno vedo solo interesse personale e niente bene comune. Ma non per cattiveria o incoerenza. Per ignoranza, per deficit culturale”.
Non c’è il rischio di una concezione illuminista? La politica appannaggio delle élite sapienti…
“Illuminista? No, politica a partire da un popolo, disgregato da edonismo e consumismo come già diceva Pasolini negli anni Settanta. Il problema è la fine delle ideologie, io sono contro la morte delle ideologie, che almeno permettevano di discutere a partire dalla ragione. Dreamini mira a ricostruire un popolo con un laboratorio culturale e politico che parte dal basso. Si parla oggi di opportunismo e trasformismo, in realtà non c’è più alcuna identità. Oggi cambia casacca … chi non ha più una casacca”.
Dicono
“Mi spiace che i riminesi si siano dimostrati per quello che sono” (Marzio Pecci, Lega Nord)
Anche lei. E ci dispiace altrettanto
Elezioni: ed ora Pizzolante passerà all'incasso
Se la conferma di Andrea Gnassi era data per molto probabile e quindi la sua rielezione rispecchia le attese della vigilia e delude chi sperava in un ballottaggio, non altrettanto si può dire del suo competitor di centrodestra, Marzio Pecci, che non ha raggiunto il 25 per cento quando sulla carta aveva un potenziale di almeno il 30 per cento (guardando i voti delle ultime regionali). Lui si consola dicendo che comunque ha fatto il pieno, ma i numeri dicono altre cose. Non si possono, per esempio, considerare tutti i voti di Camporesi come mancati voti di centrodestra (e i grillini?). Inoltre Pecci è il candidato partito per primo nella campagna elettorale. Ricordate? Il segretario della Lega Nord, Jacopo Morrone, l’ha imposto e fatto partire subito da febbraio perché bisognava vincere. Il risultato è stato piuttosto magro. Luigi Camporesi ha invece preso tutti i voti che gli erano accreditati alla vigilia. Di più difficilmente poteva fare.
Voto disgiunto. Si pensava che Gnassi avrebbe goduto in maniera spropositata del voto disgiunto. In realtà le sue liste hanno avuto appena un punto in meno (56%) rispetto al sindaco. Ma alla luce del risultato complessivo si è capito perché: il consenso non politico ma amministrativo è stato incanalato direttamente da Patto Civico.
Marzio Pecci ha invece avuto come candidato sindaco meno voti (24,97) di quanti presi dalle sue liste (26,38). Una cosa già successa a Riccione, nel suo precedente tentativo. Ha invece goduto a proprio favore del voto disgiunto Luigi Camporesi: lui ha avuto il 9,54, le sue liste il 9.
Quelli che il vero centrodestra siamo noi. La coalizione di centrodestra (e anche la coalizione Camporesi) hanno battuto su questo tasto: via gli “inciucisti”, adesso arriviamo noi puri e duri che manderemo a casa Gnassi. In realtà non hanno saputo far meglio dei predecessori. Anzi, si sono presentati divisi, dando quindi l’impressione di scarsa credibilità. Potrebbero essere a loro volta accusati di averlo fatto per favorire Gnassi. Morale: la politica è molto più semplice, e sulla rinascita del centrodestra a Rimini sarebbe bene che si aprisse un dibattito davvero libero da pregiudizi e aperto al futuro.
Il trionfo di Pizzolante. La sua è stata oggettivamente l’unica grande operazione politica di questa campagna elettorale. E l’intuizione ha ripagato al di sopra di ogni più rosea previsione. Il successo della lista civica (quasi il 14 per cento) è stato determinante per l’elezione di Gnassi al primo turno. E i suoi consiglieri saranno assolutamente determinanti nella maggioranza in consiglio comunale che sostiene Gnassi. E il Patto Civico potrà andare all’incasso nella composizione della giunta: vice sindaco, uno o due assessori. Certamente Gnassi dovrà trattare.
Il nuovo consiglio comunale. Si vedono già alcune cose interessanti. È sparita la sinistra estrema, per la prima volta non c’è nessuno di Rifondazione comunista o dintorni. È un consiglio comunale di fatto più spostato verso il centro e la destra. A sinistra ci sono solo i 13 consiglieri Pd, il resto, a parte la destra ufficiale, è molto fluido. Non sono di sinistra gli eletti della lista Pizzolante. Su argomenti trasversali potrebbero esserci sorprese. È un consiglio profondamente rinnovato, tutto da vedere alla prova dei fatti. Alla maggioranza di Gnassi vanno 20 seggi così distribuiti: Pd 13; Patto Civico con Gnassi 5; Rimini Attiva 1; Futura 1. Alla coalizione di centrodestra vanno 8 seggi cosi distribuiti: Lega Nord 4; Forza Italia 2, Uniti si vince 1, Fratelli d’Italia1. Alle lista Obiettivo Civico di Camporesi 2 seggi.
Chi entra in consiglio. Nel Pd, che ha ottenuto un risultato certamente superiore alle attese e alla qualità della presenza politica che è riuscito ad esprimere negli ultimi tempi (ha goduto dell’effetto Gnassi), il recordman di preferenze è il giovane Mattia Morolli (626), capogruppo uscente. Il segretario del partito Juri Magrini e nuovo capogruppo in pectore si ferma a 580. Scorrerà del sangue per aggiudicarsi l’incarico? Gli altri eletti dovrebbero essere: Matteo Petrucci, Milena Falcioni, Sara Donati, Giorgia Bellucci, Simone Bertozzi, Anna Maria Barilari, Giovanni Casadei, Lucilla Frisoni, Enrico Piccari, Fabio Grassi, Barbara Vinci.
Tutti esordienti i consiglieri del Patto Civico: qui il recordman delle preferenze è l’avvocato Mario Erbetta con 326 voti personali. Seguono Davide Frisoni, Marco Zamagni, Daniela de Leonardis, Mirco Muratori. Resta fuori il presidente uscente del consiglio comunale Vincenzo Gallo. Nella lista Rimini Attiva, sbaraglia tutti con 418 preferenze Kristian Gianfreda, noto esponente della Comunità Papa Giovanni XXIII. È riuscita a conquistare un seggio anche Futura, la lista dei Gnassi boys: il consigliere dovrebbe essere Luca Pasini con 283 preferenze.
E passiamo al campo del centrodestra. Tutti esordienti i consiglieri della Lega che dovrebbero essere, oltre a Pecci, il capolista Matteo Zoccarato (145), Cristiano Mauri, Diana Trombetta e Andrea Cabri In Forza Italia c’è il recordman assoluto: l’inossidabile Nicola Marcello che porta a casa 1.237 preferenze. In consiglio ci sarà anche l’esordiente Carlo Rufo Spina. Nonostante Fratelli d’Italia sia stato svuotato dalla gran quantità di liste di destra (a partire da Uniti si vince che è andata meglio) torna in consiglio comunale Gioenzo Renzi con un gruzzolo di 663 preferenze. Si può osservare che Forza Italia e Fratelli d’Italia sono a Rimini quasi due partiti personali di Marcello e Renzi. Sono certamente soddisfatti gli ex An di Uniti si vince che rimandano in consiglio comunale Gennaro Mauro con 245 voti personali.
Ed infine le liste Camporesi. Il candidato sindaco entra in consiglio e con lui ci saranno anche Filippo Zilli che da esordiente si porta a casa 341 preferenze, ottenute probabilmente con un cognome ben conosciuto all’elettorato di destra, e Andrea Bellucci. La lista Insieme per Rimini invece non riesce ad eleggere nessuno, anche se Eraldo Giudici si può consolare con i 578 voti ottenuti, che però risultano inutili.
La sinistra perde due Comuni. Per il segretario del Pd Juri Magrini il bilancio non è molto positivo. L’unico obiettivo centrato è la rielezione di Gnassi, grazie alla lista Pizzolante da lui fortemente osteggiata. Nei due Comuni della Valmarecchia, Pennabilli e Novafeltria, sono stati mandati a casa i sindaci uscenti dell’area di centro sinistra. Quindi ha perso due Comuni, pur non importanti come Rimini. La geografia politica della provincia è sempre più a macchia di leopardo.
Elezioni Rimini, commenti sparsi a caldo
Non ci credevano neppure loro. Ieri sera, nelle prime interviste, Pizzolante e Gallo non stavano letteralmente nella pelle (ed è naturale) e tradivano tutta la loro sorpresa per il risultato che si andava prospettando.
Nata appena un paio di mesi fa, la lista Patto Civico, non è il risultato di una campagna elettorale “pancia a terra”, come si diceva una volta, ma l’esempio di un’idea che funziona da sola, che non ha bisogno di essere spinta; o, meglio, che risponde a una domanda politica che già c’è.
Mentre altre liste civiche di opposizione hanno dovuto provare, senza riuscirci, a convincere gli elettori che Gnassi non andava bene e dunque che avevano il problema di un nuovo candidato, Patto Civico ha intercettato il voto di coloro che, venendo soprattutto dal centrodestra, avrebbe volentieri votato Gnassi, ma non avrebbero mai votato un partito di sinistra.
E a questo proposito, questione abbastanza decisiva, recuperando e convogliando il potenziale voto disgiunto sulla propria lista, Patto Civico ha anche probabilmente salvato il Gnassi bis dall’effetto “anitra zoppa”. Che poi la convivenza con il nuovo protagonista della maggioranza sia effettivamente più tranquilla e garantisca più stabilità di un’anitra zoppa, lo vedremo solo nei prossimi mesi.
Per quanto riguarda il centrodestra, sbaglia Marzio Pecci indicando il voto grillino come determinante (in sostanza: abbiamo perso perché i grillini hanno votato Gnassi) e dovrebbe considerare l’ipotesi che i voti che hanno fatto riconfermare il sindaco uscente al primo turno vengano da un elettorato deluso di centrodestra, che non ha visto un progetto alternativo credibile e che, comunque, apprezza evidentemente quanto fatto in città in questi cinque anni.
Da sottolineare, infine, come Forza Italia, sotto l’8%, sia stata salvata dalle preferenze di Nicola Marcello (ben 1237 e per lo più sue personali, non legate alla sigla) senza le quali lo ‘sprofondo’ sarebbe stato ben peggiore.
Cattolica: 5 Stelle al ballottaggio con Gambini
Il 19 giugno Cattolica andrà di nuovo alle urne per il turno di ballottaggio. Dovrà scegliere fra Sergio Gambini, candidato del Pd e delle liste civiche, che ha avuto il 38,19 per cento dei voti, e Mariano Gennari del Movimento 5 Stelle che ha ottenuto il 25,96 per cento. Cattolica si conferma quindi una roccaforte dei pentastellati che già in precedenti consultazioni avevano avuto lunsinghieri risultati, pur non arrivando mai al ballottaggio. Il centrodestra del dottor Massimiliano Gessaroli non va oltre il 20,84 per cento.
Ottiene tutto sommato un buon risultato eprsonale Giovanna Ubalducci, assessore della giunta uscente che si è candidato contro Gambini: il 9,63 per cento dei voti.
Il risultato degli altri candidati: Maria Silvia Riccione 4,10, Roberto Franca 1,57.
Marcello ancora recordman delle preferenze
Alcuni recordman delle preferenze: Gennaro Mauro, Uniti si vince 245; Nicola Marcello, Forza Italia 1237; Gioenzo Renzi, Fratelli d'Italia 663; Filippo Zilli, Obiettivo Civico 341; Mario Erbetta, patto Civico 326; Mattia Morolli, Pd 626; Kristian Gianfreda, Rimini Attiva 418.
Il nuovo consiglio comunale, Patto Civico determinante
Alla maggioranza di Gnassi vanno 20 seggi così distribuiti: Pd 13; Patto Civico con Gnassi 5; Rimini Attiva 1; Futura 1. Con 5 seggi il griuppo di Patto Civico è determinante. Alla coalizione di centrodestra vanno 8 seggi cosi distribuiti: Lega Nord 4; Forza Italia 2, Uniti si vince 1, Fratelli d’Italia1. Alle lista Obiettivo Civico di Camporesi 2 seggi.
Boom strepitoso della lista Pizzolante
Il voto alle liste a sostegno dei candidati ha riservato più di una sorpresa. Il più clamoroso riguarda il Patto Civico con Gnassi, promosso dall’on. Pizzolante, che è il secondo movimento politico della città con il 13,84 per cento. Buon risultato anche per il Pd che, nonostante il gran numero di liste a sostegno di Gnassi, non si è fatto svuotare e ottiene il 33,45 per cento. Deludente il risultato della Lega, rispetto alle aspettative: solo il 12,37. I voti delle altre liste: Uniti si vince 3,55; Forza Italia 7,55; Fratelli d’Italia 2,91, Mascioni 1,17; Forza Nuova 1,40; Obiettivo Civico 4,97; Insieme per Rimini 2,14; Movimento Libero 1,92; Popolo della Famiglia 1,59; Sinistra x Rimini 1,37; Rimini Attiva 3,57; Futura 2,46; Idv – centro democratico 1,25; Rimini people 2,29; Rimini in Comune 2,21.