Rimini, asili ai privati: realtà e polemiche strumentali
Chi si oppone (comitato, sindacati, forze di opposizione) al progetto dell’amministrazione comunale di dare in gestione privata 4 sezioni di asili nido e 16 di scuola per l’infanzia ritiene di aver trovato l’arma segreta che smaschera le bugie dell’assessore Mattia Morolli e il complotto ordito in favore delle cooperative sociali.
L’arma segreta è l’articolo 17 del decreto 113 dove si può leggere: “Per garantire la continuità e assicurare la qualità del servizio educativo nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido degli enti locali… i comuni possono procedere, negli anni 2016, 2017, 2018, ad un piano triennale straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale insegnante ed educativo necessario per consentire il mantenimento dei livelli di offerta formativa”. Ecco svelato l’inganno: il Comune può assumere, ma non vuole. Tutto bene, solo che se si prendono tutti i comunicati diffusi in questi giorni, tutti si dimenticano di citare anche le condizioni che lo stesso decreto pone: il rispetto delle norme per il contenimento delle spese di personale e l'obbligo di non superare la spesa sostenuta nell’anno scolastico 2015/2016.
“E’ proprio per questa ragione – spiega il dirigente del personale Alessandro Bellini – che noi non possiamo assumere altro personale nelle scuole. Lo abbiamo ben spiegato ai sindacati, che probabilmente conoscono la norma meglio di noi, ma fanno finta di non capire. Quel decreto cerca di dare una risposta al problema del precariato nelle scuole comunali sull’esempio da quanto fatto dalla “buona scuola” per gli statali. Ma sono state poste condizioni per evitare che i Comuni facessero assunzioni incompatibili con le esigenze di contenimento della spesa”.
C’è anche una particolarità del Comune di Rimini: “Noi abbiamo avuto 58 unità di personale dei servizi educativi che sono state trasferite ad altri incarichi perché, per vari motivi, non erano più idonee a svolgere le mansioni per le quali erano state assunte. A queste se ne aggiungono altre venti che sono state valutate come temporaneamente non idonee, che però abbiamo comunque dovuto rimpiazzare. Va inoltre sempre tenuto presente che un precario lo assumi e lo paghi per nove mesi, mentre un contratto a tempo indeterminato è a carico per dodici mesi. Insomma, una serie di esigenze e di condizionamenti che avrebbero avuto come conseguenza la chiusura di alcuni servizi. Il Comune non ha voluto chiudere e quindi l’unica alternativa percorribile era l’esternalizzazione. Quello che potevamo fare l’abbiamo fatto assumendo dieci nuove maestre da settembre”.
Un altro argomento usato dagli oppositori al provvedimento è che il Comune avrebbe già superato il limite fissato del 40 per cento in gestione privata. Solo che nel numero delle gestioni private inseriscono anche le scuole delle suore, dei preti e degli altri istituti privati, che sono private punto e basta, non fanno parte del sistema comunale. Quando si va in guerra, bisognerebbe sempre verificare che le proprie cartucce siano valide e colpiscano l’obiettivo e non si limitino a fare bum.
Nella querelle di inizio anno scolastico, interviene oggi anche l’assessore Morolli. Dopo aver ribadito che l’esternalizzazione non andrà a scapito della qualità, osserva che il “progetto, oltre ad essere presente nei programmi di mandato dal 2006 ad oggi, negli ultimi mesi è transitato ed è stato approvato, senza nessuna opposizione da parte della minoranza, due volte in Consiglio comunale”.
Morolli sottolinea anche “la strumentalità politica di certe accuse. Non solo nei programmi di alcune forze politiche rappresentate in Consiglio le parole ‘sussidiarietà’ e ‘privatizzazione’ compaiono più volte e a gruppi di dieci a volta; ma quelle stesse forze politiche che oggi protestano non hanno alzato un dito quando nei mesi scorsi gli atti sono stati oggetto di dibattito nell’aula consiliare”.
Aggiunge poi che “non ha l’obbligo di coerenza il Movimento 5 Stelle visto che là dove governa (o governava fino a ieri, vedi Parma) il coinvolgimento di soggetti privati nella gestione di servizi scolastici raggiunge percentuali ben oltre la media; qua a Rimini invece, direttamente o indirettamente attraverso suoi ex, afferma l’esatto contrario. ‘Da latte e da uova’ come si dice con felice sintesi. Sul fatto che le parole d’ordine di qualche comitato somiglino molto agli slogan dei 5 Stelle, compreso il “complottismo” e il “processo alle intenzioni”, è cosa che non mi sorprende più di tanto”.
Cosa prevede il capitolato di gara
Per entrare nel merito, ecco alcune norme contenute nel capitolato di gara che certamente interesseranno molto gli utenti:
3.1 Progetto pedagogico/educativo ed organizzativo
L’impianto pedagogico/educativo e organizzativo del servizio deve essere sviluppato, in coerenza con la legge n.62/2000 sul riconoscimento della parità (le scuole comunali sono scuole paritarie, secondo la legge, ndr) nonché con le “Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione” del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.
Il calendario annuale delle attività educative non dovrà essere inferiore a quello adottato dal Comune per le scuole d’infanziain base al calendario della Regione Emilia – Romagna,indicativamente dalla seconda settimana del mese di settembre al 30 giugno con la sospensione per Natale e Pasqua.
L’affidatario (cioè chi vince la gara, ndr) nel corso della gestione dovrà assicurare il rispetto dei criteri previsti per l’ottenimento della parità a pena della decadenza del contratto.
In ogni sezione dovranno essere presenti 2 insegnanti garantendo la compresenza per almeno 4 ore giornaliere.
Dovrà essere prevista l’accoglienza di bambini diversamente abili certificati ai sensi della legge 104/1992.
Dovranno essere assicurati i servizi ausiliari ( pulizia, lavanderia, somministrazione pasti, cura spazi esterni, … ) complementari alle attività educative.
Con l’offerta presentata in sede di gara possono essere formulate proposte di attivazione, presso la sede indicata, al fuori dei periodi di apertura previsti dal calendario delle attività educative comunale servizi aggiuntivi e sperimentali gratuite o con onere a carico delle famiglie e senza oneri aggiuntivi per il Comune.
3.2 Personale da impiegare
Il funzionamento della scuola per l’infanzia deve essere assicurato da personale insegnante e da personale addetto ai servizi generali in possesso dei requisiti fissati dalla normativa vigente sulla parità scolastica in merito ai titoli di studio previsti.
Il personale insegnante impiegato dovrà avere specifica esperienza in servizi educativi rivolti alla fascia di età 3 – 6 anni, di almeno 10 mesi anche non continuativi. Sono esclusi dal conteggio i periodi di servizio prestato in qualità di volontariato e tirocinante .
Deve essere presente una figura con funzioni di coordinatore pedagogico, dotato di esperienza di almeno 12 mesi nel coordinamento di servizi socio-educativi e di laurea specialistica ad indirizzo socio-pedagogico o socio-psicologico che deve coordinare le attività educative e raccordarsi con il Coordinamento Pedagogico comunale.
Tutto il personale dovràessere idoneo dal punto di vista fisico, morale e professionale.
Il personale dovrà essere in regola ai sensi di quanto previsto dal D. Lgs. 39/2014 e s.m.i. in materia di lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.
Al fine di garantire la continuità educativa per la migliore qualità dei servizi prestati l’affidatario assicura, di norma, la stabilità del personale insegnante salvo gravi o motivati casi e comunque con criteri e modalità precedentemente comunicati al Comune in merito a sostituzioni per ferie, malattie, permessi, congedi per maternità.
ART. 9 GESTIONE
Nel corso dell’anno scolastico 2017/18 tutti gli oneri di ordinaria manutenzione, per tutte le intere strutture elencate all’articolo 1, saranno a carico del Comune.
A partire dall’anno scolastico 2018/19 tutti gli oneri di ordinaria manutenzione, per tutte le intere strutture elencate all’articolo 1, saranno a completo carico dell’affidatario.
ART. 12 RESPONSABILITA’ DELL’AFFIDATARIO
L’affidatario dovrà provvedere all’immediata sostituzione di quei dipendenti che il Comune a suo insindacabile giudizio ritenesse non idonei allo svolgimento dei servizi affidati.
B) Con riferimento al rapporto di lavoro :
inquadrare tutto il personale impiegato nel rispetto delle norme contenute nel vigente CCNL di categoria, nonché applicare integralmente il Contratto medesimo ed eventuali accordi integrativi aziendali e territoriali. Tutto il personale impiegato nelle attività oggetto del presente appalto svolge i propri compiti senza vincoli di subordinazione nei confronti del Comune.
E) Controllo della qualità :
L’affidatario è tenuto a monitorare costantemente la qualità percepita ed erogata del servizio sia dotandosi di una metodologia e di strumenti propri sia avvalendosi di strumenti predisposti dal Comune.
Asili ai privati: interventi del Comitato e dei consiglieri Zilli ed Erbetta
"Continueremo ancora più determinati nella nostra battaglia per la scuola pubblica, ricorremmo al Tar se necessario, chiederemo l’attivazione del referendum comunale chiedendo alla cittadinanza di esprimersi direttamente, proporremo scioperi bianchi,parteciperemo a ogni Openday in ogni scuola esternalizzata".
E' quanto annuncia il comitato "Giuà le mani dalle scuole" che ha organizzato una manifestazione in piazza Cavour sabato mattina alle 11, invitando i partecipanti a portare un grembiulino in segno di protesta.
Il tema è quello ormai noto della decisione del Comune di Rimini di dare in gesione privata alcune sezioni di asilidi nido edi scuola materna.
Sull'argomento non si placa il dibattito politico. Oggi pomeriggio in consigliocomunale il consigliere Filippo Zilli, di Obiettivo Civico-Vincere per Rimini, ha presentato una interrogazione in cui ha sostenuto che "deve rimanere un compito pubblico quello di tutelare una crescita sana, protetta e garantita dei bambini".
"Lo Stato - ha aggiunto Zilli - ci ha dato la possibilità, tramite il decreto 113/2016, di regolarizzare questa situazione al meglio. Non sfruttarla sarebbe da incoscienti. Ricordiamoci sempre che il personale assunto a tempo indeterminato, formato, qualificato e arricchito dall’esperienza, è una risorsa la cui stabilizzazione garantirebbe sia un buon funzionamento nel presente sia una ottima prospettiva per il futuro".
Dopo queste considerazione ha posto le seguenti domande: L'esternalizzazione quale vantaggio economico, e cioè, quale risparmio porterebbe nelle casse comunali? Immagino lo abbiate quantificato? Si parla solo di risparmio in termini di costi del personale? sembra che Voi vogliate far corrispondere le linee di mandato del Sindaco con una vera e propria delibera. Avete intenzione di discuterne in consiglio comunale? Ci sarà data la possibilità di votare? Come rispondete ai sindacati che ritengono che Voi abbiate già superato il 40% delle privatizzazioni, con allo stato attuale 11 nidi comunali, 4 in appalto, e ben 13 privati, mentre per le materne dei 3486 posti disponibili, 1219 sono comunali, 1404 istituti ecclesiastici, 878 statali e 155 ai privati? Infine, è stata considerata la strada per l’affidamento alla società partecipata ASP valloni, che già ha in gestione diretta due nidi, con 100 bambini dai 0 a 36 mesi; con la possibilità di effettuare, grazie all’art. 17 prima citato, assunzioni a tempo indeterminato direttamente da parte del comune che cosi garantirebbero un servizio serio e di altissimo livello come è oggi.
A queste domande ha in qualche modo risposto il capogruppo di Patto Civico Mario Erbetta: "Non si procederà, come qualcuno vuol far sembrare (ad esempio la CGIL), a un’esternalizzazione selvaggia e la Pubblica Amministrazione manterrà sempre il primato sulla gestione, poiché resteranno in capo al Comune in relazione ai plessi che si andranno a esternalizzare, l’iscrizione degli utenti, le procedure di ammissione e l’eventuale dimissione degli utenti, l’applicazione riscossione delle rette e la manutenzione straordinaria degli immobili e delle strutture oltre il coordinamento pedagogico comunale".
Erbetta fa una ulteriore precisazione sul perché procedere alle esternalizzazioni del servizio e non alle assunzioni dirette di personale, come possibile in via straordinaria sbandierato dai sindacati facendo riferimento ai comuni di Milano e Napoli.
"E’ vero che il Comune potrebbe assumere delle insegnanti in deroga al patto di stabilità, ma comunque la spesa per il personale docente non potrà mai superare quella dell'anno scolastico 2015/2016. - prosegue Erbetta - Per dirla in parole semplici, l’assunzione di un nuovo dipendente è legata alla fuoriuscita di un altro, altrimenti la spesa globale si alzerebbe e questo non è permesso. Quindi l'impossibilità ad assumere da parte del Comune è oggettiva, perché se lo facesse senza che nessun dipendente fuoriesca dall'organico, violerebbe la necessità di non superare la spesa per il personale docente dell'anno scolastico 2015/2016".
"Personalmente mi sento di affermare che le scuole materne e gli asili privati non hanno nulla da invidiare come offerta formativa al pubblico, basta guardare l'esempio del Centro Asilo Svizzero fiore all'occhiello dell'insegnamento riminese. Inoltre le mie due figlie hanno frequentato la scuola materna dalle suore della Sacra Famiglia di San Giuliano e con la formazione avuta stanno affrontando brillantemente le medie e le superiori e quindi non posso che considerare che il fulcro del problema non sia l'insegnamento in strutture pubbliche o il private, ma il buon insegnamento!", conclude Mario Erbetta.
Turismo a Rimini, statistiche ed evasione
La differenza fra la percezione e la statistica. È ciò che viene in mente osservando i dati turistici relativi ai primi otto mesi dell’anno. La percezione diffusa è che abbiamo avuto un giugno pessimo, soprattutto a causa del maltempo, un luglio che si può dire che sia andato benino e un agosto che ha rispettato l’immagine di mese privilegiato per le vacanze degli italiani. Lo stesso comunicato dell’Apt dei giorni scorsi osservava che “agosto risulta cruciale per la formazione del bilancio stagionale della Riviera, e a fronte di un avvio d’estate incerto dal punto di vista meteorologico, i 24 giorni di sole dell’ultimo mese estivo hanno giocato un ruolo positivo nell’attirare turisti, soprattutto stranieri, con valori superiori alla media per il mercato di lingua tedesca”.
Solo che i dati statistici ufficiali, prodotti dalla Regione, smentiscono questa molto diffusa percezione. In agosto in provincia di Rimini c’è stato un calo di arrivi del 3,6% (-4,1 di italiani e -1,3 di stranieri) mentre le presenze sono rimaste immutate (+0,1) con differenza fra le italiane (-1%) e le straniere (+5,2). Sono arrivati meno turisti stranieri ma hanno soggiornato più a lungo.
Se poi si osservano i mesi di giugno e luglio, scopriamo che gli arrivi sono cresciuti rispettivamente del 10,7 e del 9,3 per cento, mentre per entrambi i mesi le presenze sono cresciute del 2,1, molto di più che in agosto. Le statistiche smentiscono le percezioni che operatori e amministratori pubblici hanno manifestato nel corso dell’estate. Sui mesi di giugno e luglio si può anche ritenere che l’incremento di arrivi sia stato esclusivamente per i week end, visto che non ha prodotto un corrispondente aumento di presenze.
Secondo l’Apt in agosto ci sarebbe stato un arrivo di turisti tedeschi superiori alla media. Ciò non vale per la provincia di Rimini dove i tedeschi sono calati del 3,2, pur aumentando le presenze del 2,7. Non c’è stata maggiore attrattiva, ma solo incremento del periodo medio di permanenza.
Sempre secondo l’Apt, che riporta i dati dell’Osservatorio turistico regionale, in agosto tra la Riviera di Comacchio e Cattolica si sono contati 1.831.000 arrivi (+2,2% su agosto 2015) e 15.021.000 presenze (+1,8% su agosto 2015), con il movimento internazionale che ha fatto registrare +4,8% di arrivi e +3,7% di presenze. In questo caso la differenza con le statistiche ufficiali è abissale. Gli arrivi infatti ammontano a 1.258.880 (-4,9 rispetto al 2015) e le presenze 8.444.021 (con un calo dello 0,8 rispetto al 2015). Secondo l’Osservatorio le presenze sarebbero state il 40 per cento in più rispetto ai dati ufficiali Istat raccolti dalla stessa Regione.
Come è possibile? La spiegazione è in una nota in fondo al comunicato dell’Apt: “Il movimento turistico nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere dell’Emilia-Romagna viene rilevato dall’Osservatorio sul Turismo regionale con una metodologia che prevede la rivalutazione periodica delle statistiche ufficiali attraverso le indicazioni fornite da un panel di operatori di tutti i comparti dell’offerta turistica regionale e vari riscontri indiretti, come le uscite ai caselli autostradali, gli arrivi aeroportuali, i movimenti ferroviari, le vendite di prodotti alimentari e bevande per l’industria dell’ospitalità, i consumi di energia elettrica ed acqua e la raccolta di rifiuti solidi urbani”.
Dalle statistiche ufficiali sfuggono certamente le presenze generate da appartamenti in affitto e seconde case, ma con quali criteri si stabilisce che esse generino qualcosa come sette milioni di presenze? E ancora: con quale criterio si traduce l’incremento delle uscite ai caselli e dei rifiuti (che tendenzialmente sono in crescita anche a parità di popolazione) in un aumento delle presenze turistiche pari al 40 per cento? È un mistero che non è chiarito nemmeno nei report dell’Osservatorio degli anni scorsi, reperibili online.
Forse l’Osservatorio ha calcolato una percentuale residua di evasione ed elusione che non fa corrispondere le presenze statisticamente denunciate a quelle reali? Fra i criteri indicati per la periodica rivalutazione delle statistiche ufficiali non è indicata l’evasione fiscale, ma tutto lascia pensare che si sia tenuto conto anche di essa.
Fa bene l’Osservatorio a calcolarla per sfornare le presunte cifre reali sul movimento turistico?
Per quanto riguarda l’area riminese un rapido confronto fra alcuni dati permette di escludere che la quota di evasione, certamente presente, sia ancora molto rilevante.
Nell’anno 2.000 nella provincia di Rimini erano censiti 2.591 alberghi che avevano generato 14 milioni e 796 presenze.
L’anno scorso, 2015, gli alberghi erano 2.229 ed hanno prodotto 14 milioni e 213 mila presenze. Sono venuti a mancare 362 hotel e i pernottamenti sono calati solo di 500 mila unità. Facendo una semplice media matematica, la diminuzione delle presenze avrebbe dovuto oscillare fra i 2 milioni e i 2 milioni 300 mila. Ora è chiaro che la media matematica lascia il tempo che trova: bisognerebbe conoscere la tipologia degli hotel scomparsi, quante camere, quanti posti letto. Si può comunque escludere che il calo di presenze sia proporzionale al numero degli alberghi chiusi: vorrebbe dire che ciascuno di essi, in 100 giorni di apertura, non produceva più di 14 presenze al giorno.
È quindi plausibile che nel corso degli anni il volume delle presenze non abbia avuto cali più consistenti perché progressivamente si è ridotta la fascia di evasione.
Tutto può essere discusso in questi tentativi approssimativi. Quel che però emerge chiaro è che ancora manca un sistema di valutazione dell’attività turistica che abbia un fondamento scientifico e un riscontro nell’economia reale (fatturati, margini per le imprese). Nei mesi scorsi l’assessore al turismo Andrea Corsini aveva annunciato un sistema di rilevazione dei dati che andasse oltre le statistiche Istat e fornisse anche informazioni qualitative, utili per poi programmare efficaci azioni di marketing. Di questi dati qualitativi ancora non se n’è visto uno. Si è vista invece una Regione, che pur avendo adesso la responsabilità della raccolta statistica, fornisce dati sul turismo che non sono quelli Istat ma quelli maggiorati del 40 per cento secondo criteri non da tutti verificabili.
Asili ai privati: l'innaturale saldatura destra e grillini
Non c’è che dire: al comitato che si batte contro la decisione del Comune di Rimini di dare alla gestione privata un nido e cinque scuole per l’infanzia piace una comunicazione allarmistica, sopra le righe. Già il nome (Giù le mani dalle scuole di Rimini) lascia pensare che ci sia una sorta di “Spectre” che si vuole impossessare in maniera fraudolenta di tutto il sistema educativo locale. Ma anche il manifesto che indice una manifestazione in piazza per sabato 8 ottobre è pieno di slogan che prefigurano l’arrivo di danni irreparabili per la comunità riminese.
Prima di addentrarci nell’argomento è bene ricordare cosa realmente prevede il provvedimento del Comune e cosa realmente cambia per le famiglie e i bambini.
Non chiude nessuna scuola, non cala l’offerta formativa a disposizione delle famiglie. Le scuole restano comunali, semplicemente cambia la gestione. I bambini che hanno cominciato il loro ciclo, sia al nido che alle scuole dell’infanzie, lo termineranno con la maestra comunale; non ci sarà quindi interruzione della continuità didattica; la gestione cambierà infatti progressivamente. Il Comune manterrà anche sulle scuole pubbliche gestite da soggetti privati il coordinamento pedagogico e le funzioni di controllo sulla qualità della didattica. Il motivo della scelta non è un’improvvisa conversione ai principi del liberismo, ma giuridica ed economica: vanno in pensione decine di maestre e per effetto delle norme in vigore il Comune può effettuare solo il 25 per cento di nuove assunzioni. L’alternativa era davvero chiudere alcune scuole, tanto meno serviva che il Comune risparmiasse su altre voci di spesa. Quindi vale un inciso molto importante: siamo di fronte ad una forma di sussidiarietà indotta, coatta, inevitabile; il provvedimento non ha certo le caratteristiche di essere assunto come una bandiera della libertà di educazione. Tuttavia esprime la volontà di un’amministrazione che accetta di snellire in maniera irreversibile il proprio elefantiaco apparato scolastico. Costretta, certo, ma sempre meglio che se si fosse accanita a conservarlo.
E adesso possiamo tornare al manifesto secondo il quale “chiudono le scuole comunali”. Al centro domina un'affermazione drammatica: “Il futuro dei nostri figli va in mano alle cooperative”. Detto in un modo che lascia presagire chissà quali disastri. Ora, a parte il fatto che al bando potrà concorrere qualsiasi soggetto privato (anche una spa di Tagesmutter di Berlino), è evidente il retropensiero. Se un’amministrazione di sinistra prende questa decisione, è perché vuole far vincere le solite cooperative legate a doppio e triplo filo al Pd e che in ogni parte d’Italia hanno dato vita a perversi intrecci finiti anche nel mirino della magistratura (vedi Mafia Capitale). È un giudizio sommario, molto politico, che non tiene conto – come ha giustamente sottolineato Confcooperative nei giorni scorsi – che alcune cooperative di servizi educativi, presenti anche nella provincia di Rimini, sono spesso delle punte di eccellenza. E che anche nel sistema pubblico non manca chi non lavora secondo criteri di qualità.
Alla luce di queste considerazioni, questi genitori che gridano “Giù le mani dalle scuole di Rimini” ricordano, nel metodo, tutti i comitati di protesta che negli ultimi anni si sono affacciati sulla scena riminese per difendere un proprio “particulare”, un proprio legittimo interesse che però non accetta di confrontarsi con le esigenze del bene comune. La discarica? Non vicino a casa mia. L’elettrodotto? No, nel mio campo. E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Anzi, rispetto ad alcuni comitati del recente passato, qui c’è anche la particolarità che in realtà chi protesta non sarà nemmeno toccato dal provvedimento, in virtù di quell’applicazione progressiva di cui abbiamo prima parlato. E allora?
E allora arriva la seconda considerazione. Fra gli slogan che campeggiano sul già citato manifesto c’è un bel “contro la privatizzazione”. A guidare la protesta è quindi una scelta ideologica ben precisa che vede in ogni collaborazione fra pubblico e privato un pericoloso attentato alla maestà dello Stato. Ed è curioso (e per molti aspetti preoccupante) che intorno allo slogan “contro la privatizzazione” si sia realizzata una saldatura fra ciò che resta del centrodestra riminese e il Movimento 5 Stelle. I piani di battaglia del comitato sono stati studiati ad una riunione dove hanno portato il loro appoggio Carlo Rufo Spina di Forza Italia, Filippo Zilli di Obiettivo Civico-Vincere per Rimini e una esponente della Lega. Sulla propria pagina Facebook il capogruppo di Obiettivo Civico Luigi Camporesi pubblica post a sostegno della battaglia del Comitato. E sul fronte grillino è scesa in campo niente meno che la consigliera regionale Raffaella Sensoli che invita a partecipare numerosi alla manifestazione dell’8 ottobre “perché questo è il governo di centrosinistra, questo è il Pd”. Ed anche altri superstiti grillini hanno fatto lo stesso sul loro profilo Facebook.
La saldatura avviene su una posizione ideologica (la contrarietà a qualsiasi forma di presenza privata in campo scolastico) e sul piano politico, come occasione ghiotta per sparare cannonate contro l’amministrazione di sinistra. Se lo statalismo più sfrenato fa parte del dna pentastellato, non altrettanto lo è per il centrodestra o almeno per alcune sue componenti. Siamo quindi di fronte ad un clamoroso caso di subalternità culturale che appiattisce e uniforma l’offerta politica di opposizione. I grillini non hanno presentato la lista e non sono presenti in consiglio comunale, ma fra ex e altri che hanno rinunciato alla loro identità politica, si può dire che siano più che presenti e condizionanti.
La molla che scatta in alcuni esponenti di centrodestra è che pur di dar contro al sindaco Gnassi e alla sua amministrazione si può sposare qualsiasi battaglia. Nel caso specifico, invece di alzare il tiro, di porre il tema di un reale pluralismo scolastico, si accodano alle parole d’ordine della Cgil, di una certa sinistra e dei grillini. È uno schema di gioco visto alle ultime amministrative: pur di votare contro il Pd hanno votato per i candidati grillini. Qui per il gusto di fare una battaglia contro Gnassi, assumono le loro parole d’ordine. Non si accorgono di lavorare per il re di Prussia.
L'Opa di Airbnb sull'ospitalità in Riviera
Certamente non è facile poter fare un quadro sul fenomeno Airbnb a livello locale: i dati disponibili sono scarsi e la società, quando se ne chiedono altri, non li fornisce. Airbnb è la piattaforma più diffusa della sharing economy in campo turistico. È lo strumento sempre più utilizzato per affittare camere e appartamenti. Come c’è Booking per la vendita di una camera d’albergo, così c’è Airbnb per la vendita di una stanza o di un’intera casa privata.
Airbnb ha fatto sapere che quest’estate le strutture italiane che fanno annunci sul portale hanno accolto oltre 2,4 milioni di viaggiatori, il 58% in più rispetto al 2015.
L’80% proviene dall’estero e la media della permanenza è stata di oltre 4 giorni (abbastanza vicino a quella che è la media sulla Riviera di Rimini). Airbnb aggiunge anche che le mete estive più visitate sono state il Salento, Trapani e la costa della Sicilia, e che sono oltre 400.000 gli italiani che hanno deciso di passare le loro vacanze restando nel paese scegliendo una struttura su Airbnb.
Di più non si riesce ad ottenere se non che della Riviera adriatica “sono presenti sulla piattaforma oltre 5.000 annunci con una percentuale di crescita del 70% anno su anno”. La società parla di annunci: lo stesso host (il proprietario della stanza) può infatti fare più di un annuncio se ha altre stanze da affittare.
Il sito non aiuta a fare chiarezza. Se si digita Rimini come query vengono restituiti 306 risultati; giusto due anni fa nello stesso periodo ne restituiva più di 800. Fenomeno in ribasso? No, niente di tutto questo: per ogni località (anche Milano, Roma, Firenze) restituisce sempre lo stesso numero; evidentemente adesso esce ovunque la stessa quantità di annunci con criterio random.
Che il fenomeno sia in espansione, non ci sono dubbi. Su un concorrente di Airbnb, Homeaway, con la chiave di ricerca Rimini escono 700 risultati. E proprio perché è in crescita vertiginosa, crescono le preoccupazioni (e a volte gli attacchi) da parte delle associazioni albergatori e degli amministratori locali.
Una delle critiche più ricorrenti è che si tratti di una forma di ospitalità che sfugge ad ogni forma di controllo, anche se un host ha l’obbligo di comunicare alle autorità gli ospiti che ha in casa. “Piattaforme come la nostra, per loro stessa natura, - dichiara Airbnb a buongiornoRimini.it - non sono esattamente il luogo ideale per chi vuole nascondersi: il sito accetta solo pagamenti elettronici con carta di credito, e pertanto tracciabili; mentre gli immobili messi online sono identificabili e riconoscibili attraverso le fotografie caricate sul sito”. Ed invita gli albergatori alla non belligeranza: “Crediamo anche che le due offerte, quella tradizionale e quella dell'home sharing, possano essere complementari: Airbnb accresce l'affluenza attraendo molti ospiti che altrimenti non avrebbero viaggiato o che, in ogni caso, si sarebbero fermati meno a lungo”.
Ma gli attacchi più pesanti sono sul piano fiscale, a partire dalla tassa di soggiorno. Gli host di Airbnb fanno gli esattori come gli albergatori? “Nei comuni in cui è previsto il pagamento della tassa di soggiorno – risponde la società - sono gli host ad avere l'onere di riscuotere la tassa. In alcune città italiane, come Milano e Firenze, Airbnb sta collaborando con le amministrazioni locali per poter attivare il sistema del collect & remit già attivo in 20 città francesi, che prevede che gli ospiti paghino l'equivalente della tassa di soggiorno direttamente attraverso la piattaforma che trasferirà successivamente quanto dovuto alle amministrazioni locali, eliminando di fatto qualsiasi tipo di evasione”.
Ecco dunque un buon suggerimento anche per il sindaco di Rimini Andrea Gnassi che in una recente dichiarazione si mostrava preoccupato di questo fenomeno dai contorni indefiniti. Se l’amministrazione facesse un accordo con Airbnb, seguendo l’esempio di Milano e Firenze, certamente recupererebbe una quota di tassa di soggiorno ma soprattutto avrebbe immediatamente le dimensioni del fenomeno: numero degli host, numero degli arrivi, numero dei pernottamenti.
L’altra domanda frequente sulla rete Airbnb è sulla qualità dell’ospitalità: chi garantisce il navigatore su Internet che ciò che viene mostrato corrisponda alla realtà? Come si fa, per dirla brutalmente, ad evitare di incorrere in una fregatura? “Airbnb – risponde la società - è una piattaforma peer-to-peer dove gli utenti valutano il servizio ottenuto attraverso un sistema attendibile di recensioni, sia lato host che lato guest. Airbnb si fonda sulla community, non esisterebbe senza e sono proprio gli host che decretano il successo della piattaforma, grazie all'unicità e al valore della loro ospitalità. Gli annunci migliori riceveranno recensioni migliori ed avranno più possibilità di essere prenotati”. Nelle sue recenti dichiarazioni il sindaco Gnassi osservava che “Non è la stessa cosa essere ospiti di uno sconosciuto nella sua casa, che in una camera alberghiera”. In realtà, sul sito, ogni host mette la sua foto e si presenta, racconta chi è, quali sono i suoi interessi, le sue passioni. Una pratica che normalmente gli hotel della Riviera non praticano, anche quelli a tradizionale gestione famigliare non ci mettono la faccia, non comunicano: ecco siamo noi ad accoglierti nel nostro hotel. Se poi si vanno a leggere le recensioni su Airbnb, si nota subito che la stragrande maggioranza delle valutazioni sono proprio sull’host, sulla sua disponibilità, sulla sua gentilezza, sulla sua capacità di far scoprire il territorio. La valutazione “tecnica” della camera è quasi sempre in secondo piano. Chi ha prenotato una camera su Airbnb si è accorto che dopo la prenotazione l’host non sparisce, limitandosi ad aspettare il suo arrivo. Si fa vivo con un sms il giorno prima, ripete il messaggio il giorno della partenza, invia informazioni su come raggiungere la sua casa, telefona se sei in ritardo.
Questa è una sfida interessante per il sistema della Riviera che ha costruito la sua fama proprio sul calore dell’accoglienza.
La Terra Santa chiama, Rimini risponde
Come tutte le avventure, anche questa è nata per caso. Nell’estate del 2004 alcuni amici di Rimini ricevono una strana proposta: andare per qualche tempo a Nazareth all’ospedale gestito dia Fatebenefratelli per dare una mano per alcuni lavori di manutenzione. Quegli amici hanno detto sì e al quel primo sì ne sono seguiti molti altri.
Già la prima esperienza era stata così bella e coinvolgente da suscitare in loro il desiderio di una continuità. È nata così l’associazione Romano Gelmini con i popoli della Terra Santa. A dire il vero all’inizio al posto di “con” c’era un “per”. C’era l’idea tipica di ogni azione di volontariato di fare qualcosa per qualcun altro. L’esperienza ripetuta due volte all’anno (in autunno e in primavera) di questi viaggi di lavoro in Terra Santa ha fatto maturare la consapevolezza di andare soprattutto per condividere, senza pretese, la vita delle persone che là vivono. Hanno cominciato a capire che quel che importa non è fare le cose ma che il proprio essere si esprima nel fare le cose, come ha sottolineato Ettore Soranzo nell’incontro che si è svolto sabato pomeriggio al Centro Tarkovski.
L’associazione ha infatti organizzato una giornata per raccontare agli amici l’esperienza di dodici anni di lavoro volontario nei luoghi e nelle città che hanno visto il passaggio di Gesù. C’erano non solo i riminesi e i loro amici, ma persone coinvolte nella stesa esperienza che sono arrivate dal Trentino, da Firenze, dalla Brianza, e ancora da Milano, Varese, Modena, Ravenna. Macerata. E c’era appunto anche Ettore, che di mestiere fa il responsabile dell’ufficio tecnico della Custodia francescana di Terra Santa, che è l’amico da cui nel 2004 era partito l’invito.
Il seme gettato dodici anni fa è cresciuto e ha coinvolto molte altre persone, favorendo incontri inaspettati e inimmaginabili. Ad esempio con un gruppo di Ferrara che autonomamente aveva sviluppato qualche legame con la Terra Santa. Ora è nata un’amicizia più vasta che comprende tutti. Oppure il rapporto che si è creato fra alunni e insegnanti di una scuola di Haifa, mossi dal desiderio di imparare un “certo modo” di educare, e la Karis Foundation di Rimini. Il direttore Paolo Valentini è stato ad Haifa, un gruppo di Haifa è stato a Rimini. E in futuro potrebbero esserci altri sviluppi.
In Terra Santa i volontari dell’associazione Gelmini (o i “gelmini” come sbrigativamente hanno preso a chiamarli i loro ospiti) fanno di tutto, secondo i bisogni del momento che individua Ettore. Fanno gli elettricisti e i falegnami, dipingono i muri, tagliano l’erba nei giardini, raccolgono le olive, spostano libri. Sempre disponibili a tutto. Quando c’è qualche lavoro che non si sa come fare o a chi far fare, in Custodia è diventato un refrain “lo faranno i gelmini quando arrivano”. Vivono turni di quindici giorni, con il sabato e la domenica dedicata al pellegrinaggio nei luoghi santi.
Al Tarkovski è stato proiettato un video con le testimonianze di chi ha visto i “gelmini” all’opera, compreso l’ex Custode di Terra Santa, padre Pizzaballa, ora vescovo. Tutti hanno sottolineato la loro disponibilità, la loro gratuità (all’inizio stupiti che si pagassero il viaggio per andare a lavorare), la loro allegra compagnia, la loro capacità di lavoro, il loro stare insieme fraternamente anche quando sono persone che prima non si conoscevano.
“Chi mi ha toccato?” è il titolo scelto per questo incontro, conclusosi poi con una cena e i canti di Chiara Raggi. È la frase che dice Gesù quando l’emorroissa, in mezzo ad una folla incredibile, tocca il suo mantello. Ma – ha spiegato il presidente della Gelmini, Pier Luigi Pari, Zizzo per gli amici – è la domanda che si pongono anche loro: “Chi ci ha toccato?”.
Turismo a Rimini, "ecco gli hotel da rottamare"
“La prima P del marketing mix è il prodotto, poi vengono il prezzo, il place ed infine la promozione. Nel turismo riminese da troppo tempo si dà eccessiva importanza alla promozione. È come se la Fiat avesse insistito nel vendere la Duna, che invece è stata subito ritirata dal mercato. Rimini deve innovare il proprio prodotto, a partire dagli alberghi che sono vecchi e fuori mercato, non rispondenti alle aspettative e alle esigenze del turista di oggi”.
Lo dice Mauro Santinato, titolare di Teamwork, società di consulenza turistica, che per il prossimo 12 ottobre ha organizzato Hospitality Day, una giornata al Palacongressi di full immersion nei vari aspetti dell’ospitalità, con la partecipazione di decine di relatori.
Il punto di partenza della conversazione è l’Hotel Price Index di Trivago dal quale risulta che ogni mese Rimini ha sempre una media di prezzi alberghieri inferiore alle località concorrenti, a partire dalla vicina Riccione. Se in questo mese di settembre a Rimini una camera doppia è venduta a 75 euro, a Riccione invece la vendono a 95, a Jesolo a 110 e a Forte dei Marmi 185, tanto per fare qualche esempio. Ma l’enorme disparità si riscontra in tutti i mesi dell’anno.
Da cosa dipende?
“E’ il gioco delle medie statistiche. Se in una località sono predominanti gli hotel a 4 stelle, inevitabilmente la media dei prezzi praticati è alta. In una località come Rimini, dove è predominante il numero degli alberghi a due e tre stelle, risulta una media inferiore”.
Non c’è quindi la denunciata tendenza a vendere al ribasso? Anzi, alla svendita vera e propria?
“Se esistono questi fenomeni degenerativi, questo fa parte della libera politica commerciale di un imprenditore”.
D’accordo, ma se vendono una camera per pochi euro non significa che sono alla frutta?
“Queste politiche tariffarie indicano che sono alberghi che non hanno una domanda continuativa e costante, che non hanno avviamento commerciale, che non hanno una buona brand reputation. Se si va a verificare si scopre che spesso più bassa è la web reputation e più si abbassano le tariffe”.
Cosa bisogna fare?
“Qualcuno dice che bisogna stabilire il prezzo minimo sotto al quale non si può andare. Credo sia difficile mettere tutti d’accordo. Il prezzo minimo lo stabilisce solo il mercato. Bisogna invece chiedersi se quegli alberghi che praticano certe tariffe hanno i requisiti per stare sul mercato. A Rimini una quota sempre più ampia di alberghi è gestita da affittuari. Queste strutture non rappresentano più il modello romagnolo di ospitalità che sempre abbiamo esaltato. Spesso finiscono in mano a sprovveduti o ad avventurieri. Manca un sistema di controlli che ad ogni cambio di gestione verifichi che la struttura abbia tutti i requisiti per funzionare”.
Che significa?
“Se costruisco un hotel nuovo, prima di far entrare il primo cliente sono giustamente sottoposto a controlli molto rigidi. Quando c’è un passaggio di gestione non c’è nessuna verifica di congruità. Chi controlla se le tre stelle di cui si fregia l’hotel (che magari ha acquisito trent’anni fa) corrispondono ancora alla qualità del servizio che viene reso al cliente? Nessuno. E così il quadro complessivo della nostra offerta alberghiera è sempre più dequalificato. I proprietari degli alberghi sono interessati a intascare solo i soldi dell’affitto, magari con una parte in nero, e non hanno alcun interesse ad investire”.
In effetti chi conosce gli alberghi di Rimini sa che una buona parte ha ancora camere piccole, bagni microscopici senza box doccia, spazi comuni ridottissimi, e così via. Il tema della riqualificazione alberghiera che anni fa teneva banco nel dibattito fra una stagione e l’altra (il cosiddetto “turismo parlato”) è scomparso completamente. Non ne parlano né gli amministratori pubblici né gli stessi albergatori. Perché?
“Quando un malato è allo stato terminale lo si seda con la morfina. Da noi non si è avuto il coraggio di dire che certe strutture sono malati gravi. E si è parlato d’altro: della promozione, del divertimentificio, degli eventi, per illuderlo che fosse ancora vivo. Tutte cose giuste, per carità, ma il tema urgente è riqualificare il prodotto. Faccio un esempio. Abbiamo completamente rifatto un albergo tre stelle di Rivazzurra, Up Hotel, con design moderno e servizi innovativi, passandolo da pensione completa a bed&breakfast. Vende una camera al prezzo doppio degli alberghi vicini che danno anche la pensione completa. Quest’estate è sempre stato pieno e su Booking ha un punteggio 9,5 pari a “eccezionale”. L’imprenditore ha rischiato e adesso ha voltato pagina. Quando sento dire “vediamo, se fanno il Parco del Mare, allora investo”, significa che non si è ancora capita l’urgenza della riqualificazione. Bisogna partire subito”.
Lei per primo però ha sempre detto che il declino di Rimini è dovuto al fatto che la zona turistica, a partire dal lungomare, è sempre la stessa da cinquant’anni a questa parte…
“Rimini è un sistema, composto dalla parte pubblica e dagli operatori privati. Sono necessari gli interventi di entrambi. Ciò che voglio dire è che se cento alberghi tre stelle seguissero l’esempio dell’Up Hotel, Rimini nel suo complesso diventerebbe immediatamente più attrattiva. Poi ben venga anche il Parco del Mare a rendere più bella l’area a ridosso della spiaggia”.
Se è vero che le imprese alberghiere hanno visto sempre più ridursi i loro margini, dove trovano le risorse per compiere gli investimenti?
“Se un albergatore non ha la possibilità di un investimento di 650 mila euro, significa che negli ultimi anni non ha fatto l’imprenditore. Ci sono strutture marginali? Beh, quelle vanno lasciate morire, punto e basta”.
Cosa potrebbe aiutare il processo di riqualificazione?
“Non sono un esperto di questioni amministrative. Però bisognerebbe consentire di rinnovarsi mantenendo inalterato il numero di camere, o alzandosi verso l’alto, se possibile con le norme antisismiche, o allargandosi se ci sono gli spazi, o facendo i famosi accorpamenti fra alberghi vicini. Sono d’accordo con chi è contrario alla riconversione degli immobili in appartamenti residenziali. Un hotel è un insediamento produttivo in un’area produttiva (turistica) e tale vocazione non deve essere snaturata. Certo, bisogna che si abbassino certe pretese. Un capannone industriale dismesso quanto vale? Poco o niente. Lo stesso deve valere per gli alberghi marginali”.
Carim, Mazzotti si dimette dal Cda
Roberto Mazzotti, già dirigente nazionale delle Banche di credito cooperativo, ha rassegnato, in data odierna e per motivi personali, le dimissioni dalla carica di consigliere di amministrazione di Banca Carim. Mazzotti era stato nominato dall’assemblea dei soci in data 18 aprile 2016.
“A seguito di impegnative esigenze sorte a livello famigliare, non sono più in grado di assolvere in maniera adeguata il mio compito”, ha specificato Mazzotti, “e mi trovo costretto a dimettermi dal ruolo”, dichiarandosi anche “dispiaciuto per questa mia esigenza emersa in concomitanza di una delicata fase di lavoro per la banca”.
Banca Carim esprime al ragionier Mazzotti un ringraziamento per l’attività svolta nel corso del suo breve mandato e si riserva di comunicare le decisioni assunte in merito alla sua sostituzione.
Nell'ultimo libro Benedetto XVI parla del Meeting
Nel suo ultimo libro-intervista (Ultime conversazioni, Garzanti, a cura di Peter Seewald) il papa emerito Benedetto XVI parla anche del Meeting di Rimini. E lo fa non sollecitato dall’intervistatore, ma di propria iniziativa per spiegare meglio il proprio pensiero. Benedetto XVI sta parlando del cattolicesimo in Germania e osserva che “ci sono tanti collaboratori sotto contratto che l’istituzione si sta trasformando in una burocrazia mondana”. E quindi aggiunge: “Gli italiani non si possono permettere di pagare tutta questa gente, la collaborazione si basa quasi tutta sul volontariato. Il meeting annuale di Rimini, per esempio, si organizza completamente grazie al volontariato. Tutto quello che serve per costruire, montare, allestire i padiglioni, dotarli di apparecchiature tecniche funzionanti, è opera di volontari non pagati. È un’altra situazione”. "E crea un’altra consapevolezza", osserva l’intervistatore. "Naturalmente", risponde Benedetto XVI.
L’allora cardinale Joseph Ratzinger era stato ospite del Meeting nel lontano 1990 ma anche negli anni successivi gli organizzatori andavano a fargli visita per tenerlo aggiornato.
In contemporanea con il libro-intervista, è uscita da Mondadori anche una biografia scritta da Elio Guerriero, Servitore di Dio e dell’umanità.
Ripercorrendo tutti gli avvenimenti della vita di Joseph Ratzinger, non poteva essere dimenticata la partecipazione al Meeting di Rimini nel 1990. L’autore ricorda che quell’anno il Meeting aveva un titolo “alquanto curioso”: L’ammiratore-Einstein-Thomas Becket. “Al cardinale – scrive – era stato proposto un tema ugualmente allusivo ma piuttosto inusitato”. Il cardinale Ratzinger avrebbe preferito, secondo Guerriero, un titolo più esplicito: “Una compagnia in cammino. La chiesa e il suo ininterrotto rinnovamento”. In realtà questo è il titolo con cui la conferenza di Ratzinger al Meeting entrò poi nel libro La Chiesa. Una comunità sempre in cammino, edito nel 2006 dalle Paoline. Il titolo dell’incontro del Meeting, svoltosi in Auditorium il 1 settembre 1990, era “Una compagnia sempre riformanda”.
Guerriero ricorda poi che “Pronunciata al meeting di Comunione e Liberazione, la conferenza ebbe una larga eco in Italia e all’estero. Essa segnalava, peraltro, una preoccupazione del cardinale che andrà crescendo negli anni fino all’indizione dell’Anno della fede al tempo del suo pontificato. Solo a partire da profondità e saldezza di fede si può pensare alla vera riforma della Chiesa, a un rinnovamento efficace della pastorale e alla nuova evangelizzazione. Dettato da nobili intenti, il discorso del cardinale non venne compreso né dagli addetti ai lavori in maggioranza troppo convinti dei benefici dei progetti pastorali per prestare ascolto all’invito all’approfondimento, né dal più vasto pubblico attratto dalle polemiche del momento che dall’invito alla riflessione”.
Oculistica di Riccione: 15 mesi per un esame
Quindici mesi di attesa per poter fare una fluorangiografia. È quanto si è sentito proporre un paziente con gravi patologie agli occhi derivanti dal diabete. La fluorangiografia è un esame fondamentale per lo studio della circolazione dellaretina. Effettuato con un mezzo di contrasto, serve anche come guida per il trattamento mediantelaser delle patologie della retina. Per la burocrazia sanitaria è un esame di secondo livello e vedremo che tutto ciò comporta delle conseguenze.
Torniamo al nostro paziente che, sapendo che sulla base di quell’esame il suo oculista deve decidere come proseguire nella terapia, capisce al volo che non può certo permettersi di aspettare quindici mesi. Che fare allora? Primo tentativo, prova con l’oculistica di città romagnole vicine, ma il caso vuole che nessuno risponda al telefono. È proprio il caso di dire: il dottore è fuori stanza. Mentre si arrovella il cervello, prova a cercare su Internet quali siano in media i tempi di attesa per una fluorangiografia in Emilia Romagna. Voleva capire se doveva rassegnarsi o aveva qualche speranza. Non trova la risposta ma in compenso scopre che c’è un sito dove sono monitorati un certo numero di visite specialistiche e di esami diagnostici per documentare che nell’avanzata Emilia Romagna i cittadini non devono aspettare tempi biblici. Il sito descrive una sorta di paradiso: per quasi tutte le visite e gli esami indicati i tempi sono rispettati al cento per cento. Ovviamente fra gli esami non c’è la fluorangiografia, appunto perché è un esame di secondo livello.
In preda allo sconforto, al nostro paziente viene in mente che una città vicina e comoda da raggiungere può essere anche Pesaro (a dispetto dei campanilismi sanitari, uno è disposto ad andare ovunque per tutelare la propria salute). Chiama, qualcuno risponde e fa sapere che bisogna chiamare il Cup. Nuova telefonata e l’operatrice chiede se il paziente ha già in mano l’impegnativa del medico di base. No, ha solo la prescrizione dell’oculista, ma intanto “lei potrebbe essere così gentile da dirmi indicativamente quando potrà essere possibile effettuare l’esame”. Le risposte sono subito incoraggianti: dunque, vediamo, a Pesaro, il 2 novembre, lei di dov’è? di Rimini, beh se vuole arrivare fino a Senigallia posso fissarle il 28 ottobre, prima però vada a fare l’impegnativa e poi richiami. Alla fine il paziente riesce a fissare l’esame per il 28 settembre.
Quando noi di buongiornoRimini.it siamo venuti a conoscenza del fatto, abbiamo subito interpellato l’ufficio stampa dell’Ausl Romagna per sapere come fosse possibile che nella civilissima Romagna ci fossero tempi da attesa che nemmeno nel più scalcagnato ospedale del remoto meridione riescono a raggiungere. Il problema deve essere davvero complesso perché ci sono voluti due giorni per avere una risposta.
“Questo tipo di esami - spiega la nota dell’ufficio stampa - si prenota direttamente presso la segreteria del reparto di oculistica dell'ospedale di Riccione, si effettuano solo lì, e il tempo d'attesa non è legato solo all'ordine di prenotazione, bensì anche alla priorità prevista nell'impegnativa”. Questo del “si effettuano solo lì” deve essere un mantra di moda: infatti anche la segretaria di oculistica ha tenuto subito a precisarlo. Bene, ognuno è giustamente orgoglioso delle proprie cose. Solo che la brava segretaria nell’annunciare i quindici mesi di attesa non ha affatto chiesto quale priorità ci fosse nell’impegnativa. Anzi, non ha nemmeno chiesto se il paziente avesse l’impegnativa.
Alla luce di tutto di ciò hanno poco valore le successive parole dell’ufficio stampa che comunque riportiamo per completezza di informazione: “Vi sono tre livelli di priorità, e a deciderli, riportandoli appunto sull'impegnativa, è l'oculista che fa la visita, e che quindi conosce la situazione del paziente e, qualora indichi una priorità bassa, evidentemente ritiene che non vi siano rischi di aggravamento e che la prestazione rappresenti un controllo, che magari è meglio fare a distanza. I tempi indicati fanno riferimento alla priorità minore, cioè la terza. Sono invece assai minori i tempi relativi agli altri livelli di priorità, più impellenti”. Bene, solo che, ribadiamo, nessuno ha chiesto quale fosse la priorità indicata. Va anche aggiunto, per completezza, che la segretaria non ha indicato una data, ha solo preso nota, il paziente sarà informato in seguito a tempo opportuno.
Il suddetto paziente, essendo un cronico frequentatore del reparto di oculistica dove ha svolto visite, diverse fluorangiografie e trattamenti laser, ha fatto presente che era assolutamente la prima volta che gli venivano dati quindici mesi di attesa, normalmente tutto si risolveva in due, tre mesi al massimo, ma la segretaria ha tagliato corto, le cose stanno così. Peraltro il paziente ha avuto anche la sgradevole impressione che nonostante fosse un “cliente” affezionato, in realtà era trattato come un perfetto sconosciuto, come uno che si presentava per la prima volta.
Ma in fondo alla nota dell’ufficio stampa spunta infine una briciola di verità: “Non sottacciamo che questa situazione è anche legata ad una congiuntura: la mancanza imprevista di alcuni professionisti del reparto, che l'Azienda sta cercando di sanare, portando, verosimilmente, ad una limitazione di tali tempi. Infatti - sebbene questa prestazione essendo di secondo livello non rientri tra quelle da monitorare e che per protocollo regionale devono essere erogate entro 60 giorni - l'impegno dell'Azienda è comunque massimo al fine di accorciare il più possibile questi tempi d'attesa”.
Morale della favola: se avete qualche problema sanitario, pregate che rientri fra quelli monitorati ai fini delle trionfanti statistiche. Altrimenti dovete rassegnarvi ad aspettare quindici mesi.