Da San Paolo del Brasile a Montecolombo, alla ricerca delle proprie origini. Strana e curiosa storia di mezz’estate che oscilla fra le colline riminesi e le sponde brasiliane dell’Atlantico. Nel 1896 Giovanni Battista Genghini, contadino in quel di Montecolombo, lasciò il paese natio e le proprie terre per imbarcarsi alla volta del Brasile. Non era propriamente un giovanotto alla ricerca di avventura. Aveva 49 anni, una moglie, Maria Antonia Bellini, più giovane di tre anni, originaria di Trarivi, e una nidiata di cinque figli. La più grande, Maria, aveva già 23 anni e non seguì la famiglia in Brasile. Partirono invece Raimondo Secondo, 13 anni, Antonio, 10 anni, Ernesta, 7 anni, e la piccola Giuseppina di appena due anni. Salparono da Genova nel febbraio del 1896 (non si conosce il giorno preciso) a bordo del piroscafo Matteo Bruzzo e arrivarono a Rio De Janeiro il 21 marzo 1896.

Giovanni Battista Genghini era il bisnonno di Luiz Antonio Genghini, 65 anni, docente all’Università Paulista, che con sua moglie Edna è arrivaoi fino a Rimini per andare negli uffici del comune di Montescudo- Montecolombo alla ricerca di documenti sui propri avi. È da tempo che Luis Antonio è sulle tracce delle proprie origini. Scavando nella memoria di famiglia, consultando gli archivi brasiliani e italiani, ha messo insieme una sorta di e-book dove ha ricostruito le origini dei Genghini del Brasile. Ma alla sua appassionata ricerca mancava fino ad ora il contatto diretto con la terra di origine, con i luoghi fisici da cui più di centoventi anni fa partì il bisnonno. E così ha voluto venire in Italia, partecipando a un tour turistico che ha toccato tutte le principali città del Bel Paese. La prima settimana Luis e la moglie però l’hanno trascorsa fra Rimini e Montecolombo, incontrando altri Genghini, tra cui Rosanna e Orazio, per molti anni sindaco del paese da cui tutta questa storia è partita.

Luis Antonio è una di quelle persone che, nell’epoca di globalizzazione in cui viviamo, ha molto accentuato il senso delle proprie origini e della propria appartenenza. Non solo si è avventurato nella ricerca di tutte le notizie possibili sulla storia della famiglia ma ha pure organizzato il raduno di tutti i Genghini del Brasile e dell’America Latina. La prima volta è stato nel 2015, e si ritrovarono in circa 150 persone; l’anno scorso la convention si è ripetuta, e i partecipanti sono raddoppiati; nel prossimo fine settima si ritroveranno per la terza volta e saranno in 400. L’hanno chiamata “Genghinada”, da pronunciarsi con tipico accento brasiliano. Le donne portano il cibo, gli uomini le bevande e per qualche ore va in scena questo gigantesco pic nic di persone accomunate dallo stesso cognome e da qualche intreccio, prossimo o remoto che sia.

Torniamo alle ricerche di Luis Antonio. Non è riuscito a chiarire i motivi che spinsero il patriarca Giovanni Battista a lasciare Montecolombo. C’è la motivazione scontata, che accomuna tanti emigranti dell’epoca, e che va cercata nelle difficoltà economiche e nella ricerca di un futuro migliore per sé e per la propria famiglia. C’è anche la versione gossip che individua la partenza in un insanabile contrasto con una parte della famiglia. In ogni caso dovevano essere ragioni serie, perché il viaggio verso il Brasile non era allora privo di incognite. Tre anni dopo, nel 1899, 52 persone morirono di fame e di stenti proprio durante la traversata sullo stesso piroscafo, il Matteo Bruzzo. Giovanni Battista inoltre lasciò a Montecolombo una figlia, un’altra la perse proprio all’arrivo in Brasile perché la piccola Giuseppina morì subito di morbillo.

Sbarcati in Brasile, si trasferirono a Monte Sion, nello stato del Minas Gerais, dove Giovanni Battista continuò il proprio mestiere di agricoltore. Se l’emigrazione in America è sempre stata vista come un viaggio verso la terra promessa, nel caso di Giovanni Battista anche il nome della destinazione finale, Monte Sion, attribuisce al suo personale esodo questa connotazione biblica.

Luis Antonio ha scavato e ricercato per ricostruire nel suo e-book tutto l’albero genealogico dei Genghini del Brasile, a partire dal suo (figlio di Sebastiano, figlio di Antonio, figlio di Giovanni Battista), senza trascurare i rami collaterali. Dopo il viaggio in Italia, alla “Genghinada” ne avrà da raccontare a tutti i Genghini “de nome, de sangue, de coração e de alma”.

Magrini, dopo aver perso le elezioni in quattro Comuni nel giro di due anni, non era il caso di presentarsi alla direzione del partito con una lettera di dimissioni?

Il segretario provinciale del Pd scuote la testa. “No – risponde Juri Magrini – il problema non sono io. Se avessi potuto compiere delle scelte, decidere i candidati e le alleanze, lo avrei sicuramente fatto. Ma non è così, quindi non ritengo né giusto né serio dimettermi. Chi ha chiesto le dimissioni lo ha fatto in modo strumentale. Io, per esempio, a Cattolica avevo proposto di non fare le primarie e di scegliere un candidato unitario. Hanno scelto diversamente e si è visto come è andata, non certo per mia responsabilità”.

E a Riccione?

“Non ho partecipato ai tavoli dove si è discusso di alleanze e di candidati”.

Vuole farci credere che ci sono le elezioni in importanti Comuni ed il ruolo del segretario provinciale del Pd è fare la bella statuina?

“Secondo questo statuto il ruolo del segretario provinciale è molto limitato. Quando ho potuto esercitarlo, ad esempio nella scelta unitaria dei candidati per le regionali, i risultati si sono visti. Il resto sono chiacchiere”.

E allora perché a Riccione dicono che nel prossimo futuro dovrà essere più evidente l’autonomia comunale del Pd?

“A Riccione, nella nostra famiglia politica, da quando c’era il Pci fino ad oggi, hanno sempre fatto ciò che gli pareva in totale autonomia. Ognuno se la racconta come vuole, ma le cose stanno così. A Riccione la gente si crede una repubblica indipendente. Se agli elettori parli di area vasta, capiscono che li vuoi fare dipendere da Gnassi. In ogni caso il partito ha scelto e deciso in totale autonomia”.

E secondo lei hanno fatto l’errore di andare a firmare dal notaio per far cadere Renata Tosi…

“Più precisamente ho detto che c’è stata fretta per intercettare la scadenza elettorale di giugno. È chiaro che se una parte della maggioranza vuol far cadere il sindaco, un partito di opposizione non può non accodarsi. Ma si è sottovalutato il seguito che il sindaco ha nella città. Se invece si prendeva tempo, si sarebbe potuto ragionare meglio sui programmi e sulle alleanze”.

Insomma il Pd ha sposato l’analisi di Luciano Tirincanti, salvo poi non stringere l’alleanza con Patto Civico perché c’era l’ex vice sindaco. Un ragionamento non proprio lineare…

“Come ho detto non ho partecipato ai tavoli. Il partito di Riccione ha deciso che dovevano restare fuori quanti avevano avuto un ruolo nell’esecutivo della Tosi”.

Perché avete perso?

“Quando si perde per appena 450 voti ogni considerazione è valida. Ci sono fattori locali, ma io penso che abbiamo pagato soprattutto per le scelte nazionali e per la tensione che c’è nel Paese sul tema dell’immigrazione. Che ha avuto riflessi anche locali, si pensi all’attacco portato dalla Lega a San Lorenzo”.

Non è stata un errore la mancata apertura al civismo?

“Le lista civiche hanno avuto successo perché in un momento di disaffezione alla politica ci si riconosce meglio in forze che non hanno l’etichetta del partito. Ma Patto Civico non è vero civismo. Gli esponenti che sono in politica da anni vi hanno avuto un ruolo preponderante, basta guardare a chi sono andate le preferenze. Certe cose non le possono venire a raccontare. I registi dell’operazione avevano altre finalità che dare voce al civismo. Penso che il civismo si nasconda fra gli elettori che si sono astenuti”.

Va bene, Patto Civico non è civismo. Però dà rappresentanza a certe categorie sociali con cui voi non riuscite più a comunicare. Non era meglio cercare un rapporto?

“Anche su questa storia della rappresentanza di imprese, professionisti, mondo del lavoro, bisogna fare chiarezza. Ho partecipato a un incontro della direzione del Pd di Riccione e ho osservato: fra di voi c’è un solo operaio, tutti gli altri appartengono al ceto medio. Se voi non siete capaci di comunicare con i vostri colleghi, c’è qualcosa che non mi quadra. Ci sono dinamiche che non sono solo amministrative…”.

E cosa sono?

“Ripeto, noi abbiamo pagato per valutazioni nazionali. Da Monti in poi, siamo al governo da sei anni, è normale che in alcune categorie ci sia un giudizio critico”.

Lei quelli di Patto Civico non li vuol vedere neppure in cartolina. Eppure se Gnassi ha vinto ed è stato eletto al primo turno, buona parte del merito…

“Ha tirato la posizione del simbolo sulla scheda e il fatto che c’era scritto Gnassi”.

Ancora fermo a questa valutazione?

“L’ho potuto verificare personalmente andando a chiedere il voto ad alcuni anziani. Poi a Rimini mancavano i 5 Stelle e c’era un centrodestra sfaldato a trazione leghista. È vero, una parte degli elettori del centrodestra ha votato per noi, ma perché si riconosceva nel buon lavoro del candidato e nel programma”.

Il centrodestra è sfaldato ma anche voi non ve la passate troppo bene, visti i risultati.

“Sì, ma il problema non è solo a Rimini. Anche dove abbiamo vinto, il Pd non è andato oltre il 20 per cento”.

Non c’è nessuna causa locale?

“C’è il problema che non si accettano valutazioni critiche. Subito scatta il retropensiero che si dicano alcune cose perché si vuole tirare la volata a Tizio o contrastare Caio. Spifferi e correnti soffiano da ogni dove. Per questo dico che c’è il rischio di una implosione. Lo vivo sulla mia pelle”.

In questi anni il Pd non ha brillato per proposta politica, è apparso schiacciato sul protagonismo degli amministratori.

“Per certi versi è inevitabile che con l’elezione diretta i sindaci abbiano questo ruolo. E io non ho la fregola di intervenire per avere visibilità sui giornali”.

Al congresso di ottobre si ricandiderà?

“Vedremo. Ci sono alcune valutazioni da fare, non solo politiche. La famiglia, i figli…”.

Tre anni fa, nella notte fra il 6 e il 7 agosto si consumava la tragedia dei cristiani iracheni, costretti a fuggire dalle loro case a Mosul caduta nelle mani dei miliziani dell’Isis. Le case dei cristiani era marchiate con la N, la iniziale di nazareni. Quella lettera in grafia araba è diventata anche il segno distintivo di Nazarat, la preghiera pubblica per i cristiani perseguitati che dal 20 di agosto in poi, ogni 20 del mese, si tiene a Rimini in piazza Tre Martiri. Per giovedì sera, 20 luglio, alle 21, è dunque fissato trentaseiesimo appuntamento.

“Insieme ad un gruppo di amici – racconta Marco Ferrini, uno dei promotori – eravamo rimasti molti colpiti da quanto stava accadendo in Iraq e volevamo esprimere un giudizio. Ci chiedevamo come quei fatti ci interpellavano e la risposta è stata il gesto di preghiera. Come slogan abbiamo scelto “appello all’umano” per sottolineare che ciò che è in gioco è l’uomo in quanto tale. La preghiera è per tutte le minoranze religiose perseguitate e per tutte le etnie”.

La forma del gesto è da allora sempre la stessa, molto semplice: la recita del rosario, l’ascolto di una testimonianza, la raccolta di soldi per gli aiuti.

Da tre anni la partecipazione dei fedeli non si è mai interrotta, c’è stato molto turn over e in qualche caso ha raggiunto il picco di cinquecento persone. Anche il vescovo di Rimini, monsignor Francesco Lambiasi è intervenuto molte volte, solo per pregare insieme agli altri fedeli, senza fare discorsi.

Le persone chiamate a portare la loro testimonianza sono state le più diverse. Da nomi prestigiosi come il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, al riminese Filippo di Mario, del movimento neo catecumenale , responsabile di quella comunità in Medio oriente e in Iraq, d padre Padre Ibrahim Alsabagh, siriano, 45 anni, parroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo a padre Fr. Bahjat Karakach, della comunità francescana di Damasco, fino a monsignor Yohanna Petros Mouche, vescovo siro-cattolico di Mosul che ha colpito per la sua frase: “Abbiamo salvato la fede, non solo lavita; abbiamo salvato la fede che ci permette di vivere”.

Particolarmente toccnte è stata la lettera ricevuta dal patriarca di Babilonia dei caldei, Louis Sako: “Sono commosso per la vostra ininterrotta preghiera che dura dall’agosto 2014, data dell’invasione della mia cara ed amata Mosul. E sono ancor più colpito per la modalità di questo gesto che mette insieme fede, speranza e carità: nelle piazze piuttosto che nel chiuso delle chiese con un deciso impeto missionario e di testimonianza della vostra fede. E’ così che si può fare esperienza della Chiesa in uscita come auspicato da papa Francesco”.

Il ptrairca parlava al plurale perché sapeva che l’iniiativa, partita da Rimini, si è estesa a macchia d’olio in numerose città italiane: Cesena, Prato, Perugia, Siena, Andora, in provincia di Savona, Portomaggiore, in provincia di Ferrara, Cattolica, Loreto, Sassari, Roma, Bologna. Milano, Busca, in provincia di Cuneo. Ed anche in Svizzera, a Damasco, ad Erbil, a Joso in Nigeria.

In contemporanea si uniscono ogni mese alla preghiera venticinque monasteri di chiusura sparsi nel mondo, da Fatim alla Svizzera, passando per la Repubblica Ceca.

Notizie approfondite sull’iniziativa si possono trovare sul sito

www.nazarat.org

Che c’azzeccano i motori culturali, tanto cari al sindaco Andrea Gnassi, con il reality dei tamarri o cafoni che dir si voglia? Avevamo capito che il teatro Galli doveva dialogare con la Rocca malatestiana, ma nessuno aveva spiegato che in questa virtuosa conversazione una parte sarebbe toccata a “Elettra Lamborghini, la Paris Hilton italiana che proprio a Rimini ha passato parte della sua sfrenata giovinezza”. Avevamo capito che i motori culturali servivano anche a mandare in archivio una Rimini trasgressiva e da divertimentificio, e poi scopriamo che la città diventerà il set per le avventure di chi farà tutto ciò che non si dovrebbe fare.

Siamo di fronte ad un approccio bipolare al tema della comunicazione turistica?

Osservazioni e domande che nascono dalla lettura dell’articolo “Rimini vuol diventare ‘cool’: addio racchettoni e piadina, il futuro è ambiente, cultura e wellness”, pubblicato a firma di Andrea Sparaciari sull’edizione italiana di Business Insider.

L’articolo potrebbe essere considerato un gigantesco spot dell’operato di Gnassi, che vi appare in gigantografia accanto all’inseparabile bicicletta. Tutto il Gnassi pensiero, con relative enfatizzazioni, sulla svolta rivoluzionaria a cui il sindaco avrebbe condotto la città è ivi ben raccontato e ben rappresentato. Basta con il cemento, avanti con le fogne, viva il Parco del Mare e, dulcis in fundo, gli ormai mitici motori culturali, dal Fulgor restaurato al Museo Fellini nella Rocca, fino all’arena sull’acqua del ponte di Tiberio (senza però citare la passerella che tanto fa infuriare i nostalgici del bel borgo antico). Pattino e ombrellone presto saranno solo una minima parte di molto altro”, conclude ispirato l’articolista.

Riservando per le ultime righe la notizia che contraddice platealmente la supposta archiviazione della Rimini piadina e racchettoni. “Con un colpo da maestro, - ci informa Business Insider - Rimini è riuscita a portare in città le riprese del reality Mtv “Super Shore” – dove una banda di “tamarri” (shore significa cafone, appunto) per un mese deve solo divertirsi sfrenatamente, facendo tutto ciò che non si dovrebbe fare -. Il personaggio di punta è la bisessuale Elettra Lamborghini”. È come se un’azienda di auto, dopo aver proclamato che non produrrà più le solite vetture ormai sorpassate, annunciasse come una novità il lancio sul mercato di un modello del tutto simile a quello che si vuole superare.

Grande spot mondiale per Rimini il programma di Mtv, gongola Business Insider. Sì, uno spot molto in linea con la vecchia immagine che la città si vuole scrollare di dosso. Temiamo che le conversazione fra Teatro Galli e Castello siano un dialogo fra sordi.

Il vero unico grande errore commesso a Riccione? Per il segretario provinciale del Pd, Juri Magrini, è stato l’aver partecipato all’atto dal notaio che ha decretato la caduta del sindaco Renata Tosi. All’origine di quell’atto c’era una sottovalutazione del valore del Sindaco nella città, si pensava che la sua immagine fosse ormai offuscata. Quindi la caduta anzitempo dal notaio le ha permesso di costruire ancora di più quella narrazione, quella storytelling della ‘Renata fatta fuori dalle trame di palazzo’. Inoltre c’è stata troppa fretta per poter beneficiare della finestra elettorale di giugno. Il Pd ha commesso l’errore di non avere avuto la prontezza di analizzare la situazione con tutti i suoi elementi.

Queste considerazioni, ben diverse da quelle, per esempio, espresse da Sabrina Vescovi a buongiorno Rimini.it, Magrini le ha espresse nella relazione tenuta lunedì sera alla direzione del partito.

Viene da osservare che, secondo Magrini, il Pd aveva fatta propria l’analisi di Luciano Tiricanti, convinto che la Tosi fosse ormai finita e che nuove elezioni a data ravvicinata avrebbero sancito la sua sconfitta. È stata condivisa l’analisi di Tirincanti e poi non si è fatta l’alleanza con Patto Civico perchè, motivazione ufficiale, non dovevano esserci gli esponenti della giunta uscente (fra cui Tirincanti). .

Quanto a Patto Civico, secondo i brani di relazioni pubblicate da Chiamami Città, Magrini ha ribadito concetti già espressi: “Se il PD pensa di risolvere il rapporto dell’apertura al civismo solo con questo contenitore, credo noi si stia facendo un grosso errore perché parte di quell’elettorato moderato che ha sempre ha votato a destra e Berlusconi, appena quel campo sarà riorganizzato tornerà naturalmente all’ovile”.

Per il resto l’analisi di Magrini è sostanzialmente assolutoria dell’operato del Pd. A Coriano la lista civica capitanata da Alessandro Leonardi aveva le caratteristiche di una forte apertura alla società civile. Non era certo autoreferenziale del Pd. Nonostante questo non è stato sufficiente per battere il sindaco uscente Spinelli.
A Morciano abbiamo provato a capire se ci potessero essere degli spiragli per costruire un’alleanza con l’ex Sindaco Ciotti. Svariati incontri nei quali Ciotti ha sempre dichiarato categoricamente la sua indisponibilità a candidarsi. Poi scopriamo da alcune dichiarazioni pubbliche che invece era già in campo da tempo, a tal punto da essere sostenuto fortemente da tutto il centrodestra a partire dalla Lega Nord. “Quindi in questo quadro di grande difficoltà, il Pd ha provato a costruire una lista che partisse dal lavoro svolto, mentre Ciotti si è messo alla testa di una lista che ha come obiettivo quello di azzerare tutto quello che è stato fatto a Morciano dal PD”.
Nella direzione ovviamente non tutti sono stati d’accordo con l’analisi di Magrini. Il comunicato finale auspica che il congresso provinciale di ottobre possa essere l’occasione per una discussione seria e propositiva. La direzione ha deciso anche di affiancare al percorso congressuale anche una iniziativa di approfondimento ed elaborazione di carattere programmatica.

L’estate non ha solo i tormentoni musicali, anche quelli informativi non scherzano. Fra due week end si avrà l’ “esodo”, la settimana dopo Ferragosto comincerà il “controesodo”. Due fenomeni che coinvolgono sempre milioni di persone, anche se nessuno mai spiega sulla base di quali valutazioni attendibili si sparano certe cifre sugli italiani in vacanza. Poi a mezza estate, bisogna poter dire come sta andando la stagione turistica. Dati statistici ovviamente non ci sono, però magicamente gli organi di informazione si riempiono delle valutazioni di associazioni e persone la cui autorità in materia non è ben definita. Ieri, per esempio è stata diffusa una nota della Coldiretti secondo la quale l’estate 2017 si appresta a classificarsi come la migliore del decennio per il turismo. A sua volta la Confesercenti ha stabilito che per l’estate 2017 si prevedono 84,5 milioni di presenze nelle località di mare del nostro Paese, con una crescita di 1,9 milioni (+2,3%) sulla stagione 2016, l’aumento più sostenuto degli ultimi dieci anni. 

In attesa che dati statistici attendibili confermino o meno, anche per la Riviera di Rimini, queste rosee previsioni, a disposizione abbiamo solo i dati relativi ai primi cinque mesi dell’anno, da gennaio a maggio 2017. Di giugno sappiamo che era partito bene grazie al ponte della festa della Repubblica e al festival del fitness, poi già a metà mese gli operatori lamentavano paurosi vuoti nonostante il bel tempo. Luglio è in corso, ma a parte il week della Notte Rosa e gli altri fine settimane, l’impressione è che la macchina turistica non marci a pieno ritmo.

Ma per saperne di più bisogna aspettare che il servizio regionale di statistica elabori i dati, che adesso arrivano molto più in ritardo di quando il servizio era svolto dalle esautorate Province. Se, come diceva Totò, è la somma che fa il totale, beh, il totale è positivo. Nei primi cinque mesi si registrano a livello provinciale un +11% di arrivi e un +9,4% di presenze. A trainare, sia per gli arrivi che per le presenze, è soprattutto il turismo domestico. Il bilancio è positivo anche se il primo mese quasi balneare, maggio, ha avuto risultati non brillanti: gli arrivi sono quasi pari (+0,3%) ma le presenze sono diminuite del 3,1% (quelle straniere addirittura l’11,1%). È probabile che ad incidere sia stata la Pentecoste, tradizionale periodo di vacanze dei tedeschi, che quest’anno è caduta in giugno. Ne avremo la conferma o meno quando ci saranno i dati relativi a quel mese. Il bilancio positivo dei primi cinque mesi è frutto soprattutto di un aprile strepitoso (Pasqua) che ha visto le presenze crescere del 55%.

Le singole località della costa non si allontanano di molto dal dato generale. Rimini vede crescere arrivi (+10,3) e presenze (+10,1). A Riccione gli arrivi aumentano del 13,7 e le presenze del 10,7. Annata di vacche grasse per Misano Adriatico dove le presenze hanno un balzo del 23,2 e gli arrivi del 18,6. Cattolica rappresenta il fanalino di coda: presenze in crescita solo del 2,9, anche se gli arrivi sono cresciute del 15 per cento. Bellaria Igea Marina aumenta gli arrivi del 7.9 e le presenze del 4,2.

Il turismo straniero è trainato ancora una volta dai russi. Nei primi cinque mesi dell’anno i loro pernottamenti sono cresciuti del 49,3%, a cui si aggiungono gli incrementi di Moldavia (+39,8) e di Bielorussia (+13,5), mentre l’Ucraina è in calo (-11). Segno negativo anche per i tedeschi (-21%, Pentecoste a giugno), mentre sono in crescita Finlandia (+28), Francia (+14,2) e Regno Unito (+44).

Aeroporti e contributi pubblici: c’è un’importante novità che arriva dall’Unione europea, e stupisce che nessuno dei soggetti interessati (da Airiminum alla Regione, fino al Comune) non sia intervenuto per segnalarla e valorizzarla. Sembra quasi che il tema a Rimini debba restare un tabù finché non sia scritta la parola fine sul processo Aeradria e non sia stata chiarita la vicenda del contratto con Ryanair per cui sono ancora sotto processo anche alcuni imputati ‘eccellenti’.

Dunque la Commissione, rivedendo il proprio regolamento sugli aiuti di Stato, nello scorso mese di maggio ha deciso che sono liberi gli investimenti pubblici negli aeroporti regionali che gestisconofino a 3 milioni di passeggeri all'anno. La formula è che possono agire in piena certezza giuridica e senza previo controllo della Commissione. Per capirci, il finanziamento ponte di oltre 7 milioni di euro che la Regione Marche ha recentemente concesso ad Aerdorica per il salvataggio di Ancona per essere operativo ha dovuto attendere il via libera della Commissione. D’ora in poi non sarà più necessario.

A quanto risulta la nuova norma faciliterà la sopravvivenza di più di 420 aeroporti di tutta l'Unione (che gestiscono circa il 13% del traffico aereo).
C’è anche un’altra novità che la Commissione ha introdotto: le autorità pubbliche possono ora coprire anche le spese di funzionamento di piccoli aeroporti che gestiscono fino a 200 mila passeggeri all'anno. Per fortuna (almeno sopra i 200 mila passeggeri lo siamo!) è una norma che non ci riguarda. Nel presentare le nuove norme il Commissario alla concorrenza, Margrethe Vestager, ha precisato che “restano validi i criteri dei 100 chilometri di distanza o dei 60 minuti di viaggio”, il che significa ricordare che “al di sotto c’è concorrenza”e quindi le nuove norme difficilmente si applicano. I confini sono certamente rispettati per Bologna, mentre siamo al limite con Ancona (ma forse non è difficilmente dimostrabile che da Rimini nord ad Ancona, specialmente in estate, occorrono più di 60 minuti).

E poi bisogna vedere se e per quanto tempo l’aeroporto marchigiano riuscirà a sopravvivere. In Tribunale pende la richiesta di fallimento avanzata dalla Procura, tamponata per il momento con la nomina del consulente tecnico che dovrà stilare una relazione sullo stato effettivo dei conti. È curioso sapere che il professionista incaricato è Renato Santini, che svolse analogo ruolo per Aeradria. Il destino di Ancona rimane incerto, anche se la Regione sta facendo di tutto per non mollare.

È invece interessante notare che uno dei capi di imputazione rimasti in piedi nel processo Aeradria, anche a carico dei nomi eccellenti (Gnassi, Vitali, Ravaioli, Maggioli, Cagnoni) riguarda il contratto di sponsorizzazione con la compagnia low cost Ryanair. Il reato contestato non è la violazione delle norme europee sulla concorrenza ma la truffa aggravata e continuata. Importante precisazione, perché nei commenti del giorno dopo alle richieste di rinvio a giudizio c’è stato chi ha osservato che ciò che si fa impunemente in altri aeroporti viene considerato reato solo a Rimini. In realtà, leggendo le contestazioni dei magistrati, si capisce che il punto non è che sia stata decisa una somma in favore di Ryanair ma la modalità seguita per far arrivare i soldi nelle casse della compagnia. L’accusa è che gli imputati “con plurimi artifizi e raggiri inducevano in errore la Pubblica Amministrazione, e, più in particolare, gli organi amministrativi della Provincia, del Comune e della Camera di Commercio e procuravano ad Aeradria e alla compagnia Ryanair un ingiusto profitto pari a 1 milione e 300 mila euro, in danno dei predetti enti pubblici”.

Aeradria, tramite Riviera di Rimini Promotions, aveva sottoscritto con Ryanair un contratto di web marketing pari appunto a 1 milione 300 mila euro. La stessa somma che, in seguito ad accordi, la compagnia doveva alla società di gestione dell’aeroporto per sanare debiti pregressi. Insomma, secondo l’accusa, il contratto di sponsorizzazione (un link sul sito di Ryanair) era solo una “scusa” per non far pagare a Ryanair i propri debiti con l’aeroporto di Rimini e ottenere così che la compagnia tornasse a fare scalo a Miramare. La strada è stata questa. Riviera di Rimini Promotions ha contratto un mutuo di 650 mila euro le cui rate venivano pagate dall’Agenzia per il marketing della Provincia e gli interessi dalla Fondazione Carim. Gli altri 650 mila euro venivano reperiti coinvolgendo nell’operazione di co-marketing la Società del Palazzo (proprietaria del Palacogressi). In realtà – osserva l’accusa - il famoso link sul sito Ryanair non era né per Riviera di Rimini Promotions né per la Società del Palazzo, ma per la società Convention bureau. Se questa sia una truffa sarà il Tribunale a stabilirlo (sempre che alla lunga non vada in prescrizione), certo non si può dire che sia un procedimento lineare di contributi pubblici.

Per questa ragione ci pare azzardato affermare che ciò che si pratica lecitamente da altre parti (contributi di co-marketing trasparenti), è considerato reato a Rimini. Sarebbe importante, anche per le questioni di oggi, che in Tribunale si facesse chiarezza su questi aspetti. In passato sono state seguite pratiche truffaldine? Chi ha sbagliato pagherà, ma resterà sempre aperta la strada di contributi e collaborazioni trasparenti, in linea con le direttive dell’Unione europea. A maggior ragione se risulterà che è solo stato un pasticcio, senza responsabilità penali.

Per definizione, un sindaco al secondo mandato è più rilassato, tranquillo, empatico. Non ha più l’assillo della rielezione, comunque vada sarà un successo. Renata Tosi non solo è tranquilla, è sulle stelle, è una esplosione di energia, come fosse la prima volta. Lo si visto nella presentazione della nuova giunta comunale (non solo per i giornalisti, ma per tutta la città chiamata ad applaudire il secondo trionfo), tutto un sorriso, un “sempre con entusiasmo”, un “Riccione prima di tutto”, un “siamo una famiglia, siamo amici”; un “vi prego di sopportarmi”. E lei, attaccata sempre come divisiva, eccola che si dice certa della collaborazione delle forze di minoranza. Anzi, i primi provvedimenti amministrativi riguarderanno proprio i temi su cui tutti hanno espresso la stessa sensibilità in campagna elettorale, come la riqualificazione del quadrilatero del centro cittadino, cioè i viali dello shopping. E poi si proseguirà con il porto canale, con il piano spiaggia, con il piano regolatore. Applausi anche per la Regione che ha confermato che Riccione sarà fra le città di cui si sperimenterà la nuova legge urbanistica. Un festival dell’armonia, della condivisione, delle magnifiche sorti e progressive che attendono la Perla Verde.

Renata Tosi fa tutto lei: presenta i nuovi assessori, si mette al loro fianco quando fanno le loro prime dichiarazioni, li sostiene se tradiscono emozione, si muove sul virtuale palcoscenico come chi l’ha calcato da una vita e nessun segreto gli sfugge. E non dice, presentando gli assessori,  “si occuperanno di…”, ma “ho consegnato le deleghe a…”. Insomma, cari assessori, capite bene da dove deriva il vostro potere.

E vediamola dunque la nuova squadra. Della giunta precedente c’è solo Laura Galli, che alle solite deleghe ai servizi sociali, aggiunge la promozione a vice sindaco. “E’ la veterana, mi aiuterà con questi ragazzi”, spiega la Tosi nella veste di maestrina. Tutti gli altri sono new entry e sono in larga maggioranza donne: su sette assessori, quattro hanno la coccarda la coccarda rosa. Con il sindaco in giunta le donne battono i maschietti cinque a tre.

Della scuola e dei servizi educativi si occuperà Alessandra Battarra, 35 anni, insegnante, record woman delle preferenze nella lista Tosi.

Il super assessorato a turismo, sport, cultura ed eventi è andato come previsto a Stefano Caldari. Ha annunciato che da oggi pomeriggio è già al lavoro sugli eventi di Natale. Dal pubblico un turista storico interviene per dire “bravi, bis, ma non fate più le cose che ho visto!”.

Demanio, affari generali e politiche comunitarie sono le deleghe assegnate ad Andrea Dionigi Palazzi, 42 anni, bagnino, esponente di Forza Italia. Spiega che la sua priorità saranno il piano spiaggia e la balneazione.

Lea Ermeti, 46 anni, albergatrice, già consigliere di Noi Riccionesi, è il nuovo assessore a lavori pubblici, ambiente e sviluppo sostenibile.

Elena Raffaelli, 38 anni, leader della Lega Nord, si occuperà di polizia municipale, attività economiche, sicurezza nei quartieri, protezione civile. “Grazie per queste deleghe che sento come mie, mi sono proprio cucite addosso”. E ovviamente annuncia che la sicurezza sarà la sua priorità.

I conti del Comune (bilancio, patrimonio, personale, partecipate) sono in mano di Luigi Santi, 38 anni, plurilaureato e dirigente di una società sportiva. Annuncia che nel primo consiglio comunale porterà l’eliminazione dell’addizionale Irpef (una promessa della campagna elettorale) e assicura che “non ci dimenticheremo degli ultimi”.

In capo al sindaco resteranno le deleghe all’urbanistica, all’edilizia privata e alla sanità. La squadra sarò completata da un ufficio di gabinetto del sindaco la cui composizione sarà comunicata nei prossimi giorni.

“Accetteremo - ha spiegato il sindaco - ogni sfida necessaria a rilanciare la città con coraggio portando appresso il prezioso bagaglio di esperienze scaturito dalle urne. 

Il calore che ho avvertito in questi mesi di campagna elettorale, ha formato una squadra che non si esaurirà tutta nella giunta: consiglieri, attivisti, cittadini faranno parte ognuno della Comunità alla quale chiederò sempre il proprio contributo. Così come chiederò la collaborazione dell’opposizione per le grandi partite che interessano il bene della città: penso alla riqualificazione del porto e ai progetti di riqualificazione del quadrilatero del centro nella zona mare”. 

Croce (per molti, specialmente dalle parti di Riccione) e delizia per altri, la lunga e tormentata vicenda del Trc si avvia verso la conclusione. Nel 2018 le prime corse sperimentali, nel 2019 i primi passeggeri. La svolta finale è venuto dal finanziamento del Cipe di 10 milioni e 400 mila euro che serviranno per l’acquisto dei nove mezzi con cui sarà garantito io collegamento fra Rimini e Riccione. Per sottolineare l’evento è sceso da Bologna l’assessore regionale ai trasporti Raffaele Donini, che ha annunciato una importante novità: il progetto di fattibilità entro la legislatura sulla metropolitana di costa Rimini-Ravenna su rotaia.

I mezzi che si andranno ad acquistare (Exqui.City18T) sono dei filobus con conducente a bordo. Il sindaco Gnassi si è moto impegnato a sgombrare il campo dall’idea che si tratti di una riedizione riveduta della linea 11 che – è stato assicurato – andrà definitivamente in pensione una volta attivato il Trc. Si tratta di mezzi moderni, tecnologicamente avanzati, in dotazione già in città come Barcellona e Malmoe, che consentiranno di salire a bordo anche con la bicicletta. I nuovi filobus possono trasportare fino a 150 passeggeri con 37 posti a sedere e due postazioni per i disabili.

Nella vision di Gnassi il Trc è elemento fondamentale della nuova viabilità cittadina che ha i suoi perni nel lungomare pedonalizzato e nel “fila dritto” che collega senza interruzioni Riccione alla Fiera di Rimini. I luoghi della vacanza saranno senza auto e il trasporto su gomma sarà garantito dal “fila dritto”. In mezzo, con lo sguardo rivolto al futuro, ci sta il Trc. Se poi si affaccia la decisiva domanda sulla compatibilità economica del nuovo mezzo (sulla quale i dubbi sono agli atti da anni), il sindaco replica deciso che cambieranno, per forza di cose, le abitudini di riminesi e turisti che non useranno più l’auto per raggiungere Riccione. A suo giudizio un collegamento garantito in ventitre minuti (con quindici fermate intermedie) sarà apprezzato da chi ricorda l’ora e mezza che, specialmente d’estate, occorre con la linea 11. Lungo i 9,8 chilometri di percorso ci sono duemila alberghi che non potranno non giovarsene. Il Trc è stata l’occasione per eliminare alcune storiche brutture (vedi zona Pascoli) e offrirà il destro per la rigenerazione urbana di ampi spazi del territorio, specialmente con la cura che sarà posta nell’allestimento delle stazioni.

Chiusa la partita del Trc, si comincia a pensare al suo naturale completamento, e cioè il collegamento su rotaia fra Rimini e Ravenna, con treni che partono ogni venti minuti. Allo studio anche uno snodo verso Santarcangelo, con fermata a Rimini Fiera, facendo leva sul fatto che nel tragitto esiste già un doppio binario. E le risorse per un progetto così ambizioso. Il nuovo slogan di Gnassi, spalleggiato in questo da Donini, è che “un pensiero trova le risorse. E cita i 32 milioni in arrivo dalla Regione per la messa in sicurezza della Statale 16 e la realizzazione delle rotatorie con via Montescudo e superstrada per San Marino.

Scheda sul Trc diffusa del Comune di Rimini

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