Fra le partite che il 2018 dovrà sciogliere c’è quella relativa al cosiddetto “triangolone”, cioè l’area compresa fra Largo Boscovich, lungomare Tintori e viale Cristoforo Colombo, dove molti beni ex demaniali sono state trasferiti dallo Stato al Comune. Ci sono mozioni che devono essere discusse nelle commissioni consigliari, atti che devono essere assunti dalla Giunta, ricorsi che pendono davanti al Tar. È una partita complessa, dai risvolti giuridici spesso intricati, la cui soluzione è comunque indispensabile perché anche quell’area (circa 23 mila quadrati) sia coinvolta a pieno titolo nel progetto di riqualificazione del water front che va sotto il nome di Parco del Mare. Il sindaco Andrea Gnassi si è molto adoperato perché quell’area fosse sdmanializzata e quindi trasferita dallo Stato al Comune, ma alla luce dei fatti emersi, il “regalo” ha assunto i contorni di un “pacco”.

Tutto comincia appunto con il decreto con cui nel marzo scorso lo Stato ha trasferito al Comune il “triangolone”. In data primo agosto la giunta ha approvato una delibera in cui tali beni venivano acquisiti al patrimonio comunale, salvo poi annullarla una settimana dopo perché priva del parere di regolarità contabile. Il perché della marcia indietro è presto spiegato. Lo Stato, in base alla legge, nel momento in cui trasferisce i beni al Comune, vuole che le risorse a qualsiasi titolo erogate all’ente siano “ridotte in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento”. Cioè dice: io ti trasferisco i beni, ma poiché mi vengono a mancare le relative entrate delle concessioni, l’importo lo detraggo dai contributi che ti devo. La somma è stata valuta in 573 mila euro, quasi centomila in più rispetto ai canoni che i privati che utilizzano il “triangolone” pagavano allo Stato. Fatti i conti, questi canoni ammontavano a 474 mila euro. Occorre ricordare che per decisione della Finanziaria 2016 del governo Prodi i canoni erano stati aumentati in modo considerevole, dando vita a non pochi contenziosi. Nella delibera poi annullata la giunta aveva stabilito la proroga transitoria di un anno, chiedendo un canone complessivo di circa 330 mila euro, 240 mila in meno rispetto all’importo “preteso” dallo Stato. Ecco la ragione per cui la giunta ha annullato tutto. Adesso la situazione è sospesa, in attesa di essere definita. Un’incertezza totale, soprattutto dal punto di vista giuridico, di obblighi e di diritti. In consiglio comunale nei mesi scorsi sono state presentate due interrogazioni, una del consigliere Pd Giovanni Casadei e l’altra di Gioenzo Renzi di Fratelli d’Italia. Rispondendo all’interrogazione di Casadei, l’assessore Brasini ha spiegato che solo dopo il trasferimento di questi beni al patrimonio disponibile del Comune l’Agenzia del Demanio ha comunicato l’ammontare dei canoni che percepiva» e che «se la cifra fosse stata resa nota all’inizio della trattativa tra Stato e Comune, difficilmente il Comune di Rimini avrebbe richiesto il passaggio».

Nell’interrogazione di Renzi, invece, si facevano domande a cui solo una nuova determinazione della giunta potrà dare risposta: “se la gestione degli attuali beni pervenuti in proprietà al Comune è stata rinnovata agli utilizzatori precedenti e con quali modalità temporali ed onerose”, “se i contenziosi con lo stato riguardanti i precedenti canoni di concessione sono rimasti in carico allo stato o ereditati dal Comune”, “qual è il canone complessivo che il Comune ha previsto di introitare rispetto a quello di 573.860 euro determinato e preteso dallo stato”, “se e quando l’amministrazione comunale intende pubblicare un bando per le manifestazioni di interesse da parte degli operatori come avvenuto per il parco del mare”, “Se agli attuali utilizzatori saranno riconosciute oppure no delle priorità e se attualmente ci sono delle negoziazioni in atto”.

C’è anche una questione di tempi.  Il decreto di trasferimento dei beni dallo Stato al Comune stabilisce infatti che se entro tre anni il Comune non avrà dato segnali di utilizzo (cioè l’avvio del Parco del mare) gli stessi beni rientreranno “nella proprietà dello Stato nella situazione in cui si trova senza che il Comune di Rimini possa pretendere dallo Stato alcunchè a qualsiasi titolo o ragione.”

Intanto il Comune è impegnato a preparare la memoria difensiva nel ricorso al Tar che tre chioschisti del “triangolone” hanno presentato (innanzitutto contro lo Stato) per opporsi al decreto di trasferimento. Il loro avvocato, Ettore Nesi, esperto di questioni demaniali, chiama in causa anche la Corte europea per stabilire se l’art.49 del codice della navigazione sia compatibile con il diritto dell’Unione. E cosa stabilisce l’articolo? Afferma che “quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell' autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato”. I chioschi sulla spiaggia spesso rientrano nella categoria delle opere amovibili. I ricorrenti vogliono cioè sapere che fine faranno i loro chioschi quando avrà termine la concessione: saranno incamerati dal Comune o il trasferimento ha fatto salvi i loro diritti?

Il consigliere comunale di Obiettivo Civico Filippo non è entusiasta – per usare un eufemismo – dei nomi che i partiti di centrodestra hanno fatto trapelare come possibili candidati per le elezioni politiche del 4 marzo. Lo haa fatto sulla propria pagina Facebook condividendo il nostro articolo in cui osservavamo che “Se manca un lavoro politico quotidiano, se c’è un deficit di visione e di radicamento nel territorio, non si improvvisa alle vigilia delle elezioni. Però da qualche parte occorre cominciare, e le elezioni politiche potrebbero essere un’occasione. È auspicabile che i partiti di centrodestra la vogliano cogliere per motivare il loro elettorato”.

“Pensavo – spiega a Buongiorno Rimini – che le elezioni potesse essere l’occasione di fare squadra per tutte le forze che in questo momento sono all’opposizione in città. Invece vedo che si ripetono gli stessi rituali delle segreterie di partito, delle decisioni prese fra pochi nelle segrete stanze. Noi siamo un movimento civico che ha ottenuto il 10 per cento, che rappresenta una buona fetta dell’elettorato di centrodestra, ma nessuno ci ha interpellato. Sia chiaro, non siamo alla ricerca di posti, semplicemente ci sembrava importante fare un lavoro comune per la individuazione di candidati forti. Invece i nomi che circolano, meglio lasciar perdere...”.

Si può osservare che la scarsa qualità delle proposte che sono trapelate fa il paio con lo sfilacciamento delle opposizioni, senza un progetto comune, dove ciascuno porta avanti le proprie battaglie di bandiera. “E’ vero, - risponde Zilli – tutto è cominciato con la candidatura a sindaco di una persona, Marzio Pecci, che non è riconosciuto come leader dagli altri partiti della coalizione. E così ognuno va per conto suo”. Questo ormai il passato, si tratta di andare avanti, e non sembra che il centrodestra riminese stia facendo passi da gigante. “Le elezioni potevano essere l’occasione per ricompattarci. Ma con i nomi che sento non si va da nessuna parte. La gente mi chiede per chi votare e io oggi non sono in grado di dare una risposta”.

Mercoledì, 17 Gennaio 2018 10:47

Concorso scuole Karis: ecco gli alunni premiati

Nella sede Karis dell’ex colonia Comasca a Bellariva si è svolta oero pomeriggio la cerimonia di premiazione dei vincitori della XXX edizione del Concorso il Cammino “scopri il tuo tesoro. A parole o con i numeri”.

Ormai da 30 anni le scuole della Fondazione Karis promuovono questo evento che coinvolge centinaia di studenti (quest’anno esattamente 464) delle classi V delle scuole Primarie (paritarie e statali) e delle classi III delle scuole Secondarie di primo grado, delle provincie di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna, Pesaro-Urbino e di San Marino.

Le prove, svolte il 22 e 23 novembre 2017, hanno visto gli alunni di terza e di quinta cimentarsi in un classico tema di italiano, mentre chi voleva degli alunni solo di terza poteva cimentarsi in una prova di matematica, risolvendo una serie di esercizi.

Le prove sono state valutate da una giuria presieduta da Giovanna Falco, dirigente scolastico del Circolo Didattico 2 di Santarcangelo di Romagna, e composta da insegnanti di scuole elementari, medie e superiori.

Nella prova di italiano per le quinte della primaria è risultata vincitrice Anna Donati dell’istituto comprensivo di San Giovanni in Marignano, a cui spetta una borsa di studio di Euro 500,00 in denaro e una borsa di studio del valore equivalente alla retta del Primo Anno di frequenza alla Scuola Secondaria di Primo Grado “W. Spallanzani” di Euro 2.950,00.

La prova di italiano per le medie se l’è invece aggiudicata Edoardo Fabbri, dell’Istituto Marvelli di Rimini. Il vincitore della prova di matematica è invece Jacopo Mori, delle scuola media Dante Alighieri di Rimini. A entrambi va un premio di Euro 500,00 in denaro e una borsa di studio del valore equivalente alla retta del Primo Anno di frequenza al Liceo Classico “Dante Alighieri” o al Liceo Scientifico “George Lemaître” della Karis Foundation di Euro 3.380,00.

La giuria ha anche assegnato una menzione speciale e un elenco di alunni segnalati

Concorso italiano elementari

Menzione speciale

Del Monaco Giovanni, dell’Istituto Montessori di Rimini.

Segnalati

Aurora Fabbri, Scuola Primaria Paritaria Il cammino, Rimini

Casalboni Michele, Scuola Primaria De Amicis, Rimini

Corbelli Filippo, Scuola Primaria Conforti, Rimini

Rivolta Gioia, Scuola Primaria San Fortunato, Rimini

Pesaresi Greta, Scuola Primaria San Fortunato, Rimini

Margiotta Elena, Scuola Primaria Paritaria Il cammino, Rimini

Vandi Caterina, Scuola Primaria Paritaria Il cammino, Rimini

Ciavatta Samuele, Scuola Primaria Paritaria Il cammino, Rimini

Pironi Naide, Scuola Primaria Paritaria Il cammino, Rimini

Zaghini Eleonora, Scuola Primaria Paritaria Il cammino, Rimini

Concorso italiano medie

Menzione speciale

Bracci Giovanni Spallanzani 3D

segnalati

-Giuliani Francesca, scuola N. Pazzini 3H

-Rossi Carlotta, scuola Bertola 3C

-Spadazzi Francesca, scuola Spallanzani 3A

-Dal Piaz Giorgia Blu, scuola Alighieri 3F

-Pagliarani Lucilla, scuola Alighieri 3H

-Bianchi Sofia, scuola A. Broccoli 3C

-Alessandrini Aurora, scuola Giovanni XXIII 3B

-Padrone Maria Vittoria, scuola Spallanzani 3A

-Pentassuglia Chiara, scuola Geo Cenci 3B

-Suzzi Anna, scuola Pazzini 3E

-Venturi Daniele, scuola Alighieri 3A

-Metalli Nicole, Spallanzani 3A

-Craig Peter, scuola Marvelli 3C

-Rizzuto Aurora, I.C. Igea, 3A

-Sebastio Alma, scuola Geo Cenci, 3B

-Parma Viola, I.C. A.Marvelli, 3C

-Cefola Giada, Istituto Pazzini, 3E

-Montesi Arianna, I.C. Marvelli, 3L

Concorso matematica medie

Menzione speciale

Paci Martina, Pazzini Villa Verucchio 3D

Segnalati

-Xiao Chiara   Marvelli 3C

-Simonetti Matteo , scuola Spallanzani 3A

-Ceci Chiara “ Di Duccio” 3D

-Galli Angela Spallanzani 3D

-Donati Davide scuola “Geo Cenci” Riccione 3I

Gli ottimi risultati raggiunti nel 2017, gli ambiziosi programmi di sviluppo fino al 2022, il punto sulla eventuale quotazione in Borsa e sulla possibile integrazione con Bologna. C’è di tutto e di più nella conferenza stampa di inizio anno Lorenzo Cagnoni, presidente e amministratore delegato di Italian Exihibition Group. Ma ciò che indubbiamente fa galoppare la fantasia è l’annuncio del nuovo padiglione, a forma circolare, coperto da cupola, utilizzabile anche per concerti, con la capienza di 15-16 mila posti. Quando sarà realizzato – Cagnoni spera entro il 2022 – Rimini entrerà nel business dei grandi eventi musicali capaci di mobilitare migliaia di persone.

L’impennata di fatturato e utili

Se la società della Fiera coltiva grandi ambizioni, è perché, superati gli anni della crisi, il vento è tornato a soffiare nella direzione giusta. Il 2017 si è chiuso con un fatturato di 129 milioni (le previsioni erano di 123) e un EBITDA (il margine lordo prima delle tasse) pari a 23 milioni (rispetto ai 21,8 delle previsioni). Ciò ha consentito di distribuire 10 milioni di dividendi agli azionisti, che così hanno abbondantemente ricevuto quanto necessario per pagare le rate del Palacongressi. Il 2017 è stato caratterizzato dall’acquisizione della regia delle manifestazioni sull’oro (vedi accordo con Arezzo) e con l’ampliamento di 20 mila metri quadrati (costati 21,5 milioni) degli attuali padiglioni, che già saranno utilizzati per Sigep. La superficie espositiva della fiera di Rimini arriva così a 129 mila metri quadrati.

Nel 2017 con 60 manifestazioni e 280 tra congressi ed eventi IEG ha registrato 15.649 espositori e 2.648.675 visitatori. Il segmento dell’attività congressuale ha raggiunto i 14,6 milioni di fatturato.

Il futuro è già cominciato

Con queste premesse è cominciato un 2018 che IEG conta di concludere con 159 milioni di fatturato e 27 milioni di EBITDA. Il piano industriale per i prossimi cinque anni è molto ambizioso, ma, secondo Cagnoni, è credibile perché basato sullo sviluppo delle attività che già oggi sono nel portafoglio di IEG (Sigep, l’oro a Vicenza ed Arezzo, Ecomondo, TTG, Rimini Wellness, Tecnargilla). Se il mercato fieristico italiano è saturo, se il ritmo medio di crescita è dello 0,9 per cento, il gruppo vicentino-riminese pensa di crescere a un ritmo del 5/6 per cento all’anno. Nel 2002 conta di tagliare il traguardo dei 200 milioni di fatturato. E lo fa guardando soprattutto al mercato internazionale: iniziative in Brasile, una società al 50 per cento con la fiera di Utrecht che debutta con due manifestazioni sul turismo in Cina, l’acquisizione di una società di allestimenti, con base a New York per seguire le imprese italiane che intendono esporre nelle fiere degli Stati Uniti (nel 2018 già produrrà 17 milioni di fatturato).

Gli investimenti per l’internazionalizzazione saranno centrati anche sui servizi, con particolare riferimento, oltre agli allestenti, alla ristorazione e al digitale, in partnership con qualificati professionisti del settore.

La cupola e i nuovi parcheggi

Per competere sui mercati internazionali, prevede il piano di sviluppo di IEG, è necessario far crescere le strutture espositive in qualità e quantità. Nei cinque anni saranno investiti 85 milioni, 50 a Rimini e 35 a Vicenza. Nella città veneta saranno demoliti e ricostruiti a due piani alcuni padiglioni, per poter avere una sede più idonea per la fiera dell’oro. A Rimini, nel lato ovest del quartiere fieristico, sarà realizzato un nuovo padiglione di 16 mila metri quadrati, Avrà una forma circolare e una copertura a cupola, e servirà per poter rispondere alle esigenze di ulteriore crescita di Sigep, Ecomondo e Rimini Wellness. Ma l’utilizzo sarà multifunzionale, ad esempio per concerti o altri eventi di massa. Sarà costruito sui terreni ora adibiti a parcheggi e su altri che IEG dovrà espropriare. L’esproprio riguarderà complessivamente 200 mila metri quadrati, perché il progetto prevede anche l’allestimento di nuovi parcheggi. I tempi? “Purtroppo – osserva Cagnoli – solo per le autorizzazioni amministrative sarà necessario un anno e mezzo. Avuti tutti i permessi, noi contiamo di edificarlo di due anni”. La speranza è di inaugurarlo nel 2022.

L’integrazione con Bologna. O con Verona?

Cagnoni ha fatto il punto anche sulla vicenda dell’integrazione con Bologna, che ormai ha assunto i contorni di una telenovela senza fine. IEG, questo il ragionamento di Cagnoni, sta assumendo i contorni di una società capace di competere sul mercato internazionale. Perché questo obiettivo sia raggiunto, la soluzione più conveniente è l’integrazione con Bologna purché avvenga in tempi rapidi. Cagnoni si è detto “tenace sostenitore” di questa prospettiva, ma se non dovesse concretizzarsi in tempi brevi si guarderà da altre parti, per esempio a Verona o a una fiera tedesca. Con Milano sarebbe invece auspicabile una collaborazione commerciale per una presenza sull’estero, come le fiere tedesche che insieme costruiscono padiglioni in Cina.

La Borsa? Utile ma non indispensabile

La quotazione in Borsa rimane una prospettiva ma Cagnoni tiene a precisare che il piano di sviluppo non è affatto vincolato al debutto sul mercato borsistico. Si può andare avanti e crescere anche senza Borsa. L’ipotesi nuova è quella dell’autunno del 2018, se il mercato avrà una tendenza favorevole come è oggi. In Borsa IEG ci andrà solo se c’è la possibilità di raccogliere denaro fresco.

E i debiti?

L’attuale debito del gruppo, dopo l’integrazione con Vicenza, ammonta a 50 milioni. Cagnoni sostiene che, visti i valori dell’EBITDA attuali quelli previsti per il futuro si tratta di un debito pienamente sostenibile. E si lascia andare all’unica battuta ironica della conferenza stampa. “Provate a chiedere conferma a uno dei tanti esperti che spesso discettano sui bilanci della Fiera”.

A leggere le cronache politiche nazionali si impara che Berlusconi vuole guidare il centrodestra verso una clamorosa vittoria, che Forza Italia ha in mente di rinnovare il proprio gruppo parlamentare con forti iniezioni di giovani, imprenditori ed esponenti della società civile. Con la legge elettorale in vigore, può ragionevolmente aspirare ad una vittoria (nel senso di avere la maggioranza in Parlamento) solo chi si aggiudica il maggior numero di collegi uninominali, dove vige il principio maggioritario, cioè chi arriva primo si prende il posto e tutti gli altri restano a bocca asciutta.

L’elettore di centrodestra, o comunque chi sarebbe disponibile a votare per questa area a fronte di una offerta politica credibile, si immagina quindi che tutte le ormai famose quattro gambe della coalizione (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi per l’Italia) siano impegnate a trovare personaggi forti, credibili, autorevoli, capaci di andare oltre l’ormai ristretto elettorato di appartenenza, capaci quindi di vincere la sfida nei collegi uninominali contro i candidati del centrosinistra e dei 5 Stelle. Anche perché, ci informano gli esperti, i collegi sicuri in Italia sono molti del nord per il centrodestra grazie alla Lega e alcuni “rossi” dell’Emilia Romagna e della Toscana. Tutto il resto del Paese è campo di battaglia, e a questo resto – è opinione politica diffusa fra gli addetti ai lavori – appartiene anche il collegio uninominale di Rimini per la Camera dei Deputati.

Nel campo del centrosinistra sembra che si deciderà fra Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante, con la possibilità che quest’ultimo venga in realtà dirottato al Senato (dove il collegio comprende anche Cesena). Per i grillini ancora non sappiamo, ma loro hanno la forza di un simbolo che, a dispetto dei nomi e di tutte le evidenti contraddizioni del movimento, ancora ha un appeal irresistibile per una buona fetta dell’elettorato. Nel campo del centrodestra siamo per il momento alle congetture, che non lasciano intravedere un lavorio e un impegno diretto a uscire vittoriosi dalla competizione palmo a palmo. I primi nomi usciti nel tritacarne delle indiscrezioni sono sic e simpliciter il personale politico attualmente a disposizione nelle istituzioni locali. Personale politico che in alcuni casi rappresenta le terze e le quarte fila che hanno avuto l’opportunità di occupare quei posti per il fallimento, l’uscita di scena o la diserzione (vedi Riccione) di chi li ha preceduti. Per Forza Italia sono emersi i nomi di Carlo Rufo Spina, Nicola Marcello, Gabriella Pezzuto e Andrea Dionigi Palazzi, per la Lega Marzio Pecci, Bruno Galli ed Elena Raffaelli. Pare che ora l’ultima scelta sia fra i due assessori della giunta Tosi a Riccione: Palazzi, se il posto va a Forza Italia, Raffaelli se va alla Lega.

Non si capisce bene quale siano i criteri che orientano queste ipotetiche scelte, se non il premio a un personale politico fedele e obbediente. Non traspare minimamente il tentativo di un guizzo di fantasia, di un nome sorprendente, di un’apertura ad un settore della società civile, di uno sparigliamento di carte. Il messaggio, implicito, che viene inviato all’elettorato – se i nomi ipotizzati dovessero essere confermati - è che non si crede alla possibilità di una vittoria. Quando non si crede al risultato, la candidatura si riduce all’onore della passerella sotto i riflettori per chi ha difeso o sta difendendo i colori della bandiera. Difficile immaginare che i candidati di bandiera, o fedeli alla linea, possano vincere o possano intercettare elettorato di confine o elettorato che da tempo si è rifugiato nell’astensione. Oppure, si pensa che il vento in poppa sia talmente favorevole, che qualsiasi candidato può andar bene, ma è un azzardo che può costare caro.

Probabilmente in questa fase il centrodestra a Rimini non è in grado di andare oltre a scelte scontate e prevedibili. Se manca un lavoro politico quotidiano, se c’è un deficit di visione e di radicamento nel territorio, non si improvvisa alle vigilia delle elezioni. Però da qualche parte occorre cominciare, e le elezioni politiche potrebbero essere un’occasione. È auspicabile che i partiti di centrodestra la vogliano cogliere per motivare il loro elettorato.

Anche perché nello strano gioco della politica attuale, parte di quell’elettorato potrebbe spostarsi sul nome certo non comunista di Pizzolante, in un Partito Democratico sempre più democristiano. Come peraltro parte dell’elettorato di sinistra potrebbe abbandonare il Pd per gli stessi motivi, spostandosi su liste più ‘militanti’.

Se c’è un merito del libro di Primo Silvestri (Turismo 2030: il sistema Rimini nella competizione globale, edito da Il Ponte) è di aver fotografato l’andamento del turismo riminese negli ultimi sedici anni, potendo così cogliere i trend di lungo periodo e poter fare valutazioni più adeguate. L’altro merito è quello di aver rinverdito, con la tavola rotonda di giovedì pomeriggio a Palazzo Buonadrata, l’antica tradizione del “turismo parlato” (in auge negli anni Ottanta e Novanta), che non fa male, anzi stimola le idee, come ha osservato Mauro Santinato di Teamwork

Il punto di partenza della ricerca di Silvestri è l’encefalogramma piatto che presenta il turismo riminese dal 2000 al 2016. In sedici anni c’è stato qualche incremento negli arrivi, ma le presenze sono sostanzialmente stabili. Poco male se fosse la tendenza generale. No, questo accade a Rimini, mentre il turismo mondiale, nonostante Torri Gemelle, crisi del 2008, terrorismo, guerre in ogni parte del globo, cresce a ritmi sostenuti (da 674 milioni di arrivi internazionali nel 2000 a 1,2 miliardi nel 2016), e mentre una regione molto competitiva sul mercato globale della vacanza, come la Catalogna, nello stesso periodo vede i grafici decisamente puntare verso l’alto. In Riviera di Rimini gli arrivi sono passati da 2,6 milioni dell’anno 2000 a 3,4 milioni nel 2016, con un incremento superiore al 30 per cento, mentre i pernottamenti sono rimasti gli stessi: 15,8 milioni nel 2000, 15,6 milioni a fine 2016.

Da cosa dipende la staticità del turismo riminese? L’analisi di Silvestri nel libro prende a riferimento per il confronto la Spagna e la Catalogna, i risultati portano ai paragoni seguenti. A Rimini la spesa pubblica e investimenti privati nel turismo più bassi; l’offerta ricettiva è più frammentaria: 120 la media dei posti letto per esercizio in Catalogna, 67 in provincia di Rimini, per fortuna migliore rispetto ai 49 del Duemila; il tasso di occupazione netta dei posti letto è 48 in Emilia Romagna e 61 in Catalogna; in Riviera sono pochi hotel di categoria medio-alta: sono 7 ogni cento gli hotel di Rimini con 4 o 5 stelle, contro il 18 per cento della media nazionale (ma con percentuali ben più alte a Venezia, Roma, Lido di Jesolo, ecc.), quando in Spagna rappresentano circa la metà; in Spagna e in Catalogna l’80 per cento dei visitatori esteri arriva in aereo, compresi gli europei. A Rimini questo è un nervo scoperto, come confermano le cronache di questi giorni riguardo all’aeroporto; il lavoro in Riviera è breve, poco qualificato e poco pagato: 124 la media delle giornate di lavoro per anno, di 59 euro la retribuzione media giornaliera, solo 1-2 ogni 100 assunti hanno la laurea, contro i 7 dell’Italia e 23 della Spagna

La ricerca osserva che, fatto salvo il balneare e il fieristico-congressuale, il territorio della Riviera di Rimini non è stato in grado, in questi anni di mettere sul mercato nuovi prodotti turistici. I numeri dell’entroterra, nonostante gli investimenti, sono assolutamente irrilevanti. Mancano inoltre in Riviera strutture ricettive low cost capaci di intercettare il turismo dei millennials.

Nel dibattito che è seguito alla presentazione, Paolo Audino, del management di Ieg (Fiera), ha messo sul tavolo due osservazioni fondamentali. Ha ricordato che il successo della Catalogna dipende dall’aver svolto un’indagine sulla domanda, sulle esigenze nuove dei turisti, e di aver rimodulato la propria offerta sulla base dei risultati che hanno ricostruito l’identikit del turista con categorie nuove, abbandonando quelle tradizionali demografiche e sociali. A suo giudizio è ciò che sarebbe urgente fare per Rimini, perché aiuterebbe a capire cosa in Riviera i turisti non trovano e cosa invece vorrebbero trovare, potrebbe fornire indicazioni utili sugli investimenti che sono necessari. Audino ha quindi osservato che negli ultimi anni i dati riminesi sono drogati dalla crisi delle destinazioni del Mediterraneo a rischio terrorismo. Non ci fosse stato chi ha rinunciato ad andare in Tunisia, in Egitto o in Turchia, i dati sarebbero in calo. Il turismo riminese è salvato dal turismo sociale che, come ha ricordato Giovannino Montanari, tour operator del settore, produce 800 mila presenze, quanto i tedeschi. Con la novità che anche per gli under 65 di oggi, che non sono più quelli del secolo scorso, le camere degli hotel riminese lasciano a desiderare.

Ed è sul tasto dell’obsolescenza della struttura ricettiva di Rimini, uno dei suoi cavalli di battaglia, che ha fortemente battuto Mauro Santinato. Un dato per tutti: secondo Trivago, mille camere a Sorrento nello scorso mese di giugno hanno prodotto un fatturato di 197 mila euro, a Jesolo125 mila, a Riccione 103, a Rimini 75 mila. “E in banca – ha sottolineato - gli albergatori non portano le presenze ma i fatturati”. Un’offerta in declino porta questi risultati. Il punto è che Rimini è una città bipolare: nel centro storico (leggi alla voce opere di Gnassi) dà segni di rinnovamento e di vitalità, ma la città turistica, alberghi, negozi, bar, ristoranti, spiaggia, è ferma da decenni. Negli ultimi anni hanno chiuso 800 alberghi e ne sono sorti solo due ex novo a quattro o cinque stelle. Cento alberghi sono da tempo in vendita ma nessuno li vuole comprare. Gli operatori turistici riminesi devono ricominciare a fare gli imprenditori (e non i semplici “prenditori”) e l’ente pubblico deve aiutare snellendo burocrazie e introducendo norme che incentivino gli investimenti.

Sergio Pizzolante, deputato uscente di quella che si chiamava Alternativa Popolare, ha deciso che si ricandida. “Io ci sto” ha ripetuto in una conferenza stampa dove ha sciolto i dubbi che l’avevano bloccato nelle ultime settimane. Lui è disponibile a ricandidarsi per la coalizione di centrosinistra, si tratta di vedere se la coalizione lo candida. Anche se è lecito pensare che un uomo di esperienza politica come Pizzolante non ci avrebbe messo la faccia se non avesse avuto qualche rassicurazione in proposito. Ha spiegato che lui è disponibile a candidarsi per la coalizione o nel collegio uninominale della Camera (territorio di Rimini, senza Bellaria e Santarcangelo) o nel collegio uninominale del Senato (Rimini e Cesena). Forse non è un caso che alla conferenza stampa ci fosse anche un consigliere comunale di Cesena che ha formato un gruppo in linea con l’esperienza dei Patti Civici di Rimini e di Riccione.

Quindi il centrosinistra ha in campo due candidature forti: quella di Tiziano Arlotti, che il Pd provinciale ha confermato, e quella di Sergio Pizzolante, espressione della Civica Popolare del ministro Lorenzin. Starà ora al gioco di incastri regionale e nazionale stabilire come e in quale posizione saranno ambedue in campo. Pizzolante ha detto che non esclude che la Lorenin gli possa chiedere di guidare una lista nel proporzionale da qualche parte, ma lui vuole competere nel maggioritario e nel territorio di casa sua.

Alla conferenza stampa c’erano molti esponenti del Patto Civico riminese (di fatto il suo partito) e c’era anche Lino Gobbi, del Pd, uno dei protagonisti dell’operazione di Rimini. Un altro esponente del Pd Maurizio Melucci, alla vigilia della ridiscesa in campo del parlamentare, aveva messo le mani avanti: “Se per uno strano gioco della politica contemporanea mi dovessi trovare nella situazione che votare PD significa anche votare automaticamente l’On Pizzolante dovrei fare scelte conseguenti”. Un siluro a cui Pizzolante non vuole replicare: “Io lavoro per la vittoria del centrosinistra e per sconfiggere il populismo. Altri decidano come credono”.

Nell’annunciare la sua disponibilità a ricandidarsi, Pizzolante ha voluto sottolineare i punti per lui salienti della legislatura che si chiude. E sono tutti punti di sapore politico, volti a sottolineare il suo approdo nella fila del centrosinistra. Ricorda di essere stato lui a consegnare alla presidente Boldrini l’elenco dei deputati che avevano aderito al nuovo gruppo parlamentare, a sostegno del governo Letta, dopo la rottura con Berlusconi. Sottolinea di aver contribuito all’approvazione del Job Act alla Camera così come era uscito dal Senato, soprattutto riguardo all’ar.18 (“ricordo la telefonata di Sacconi alle 3 di notte che mi spiegava i punti dell’accordo trovato con Renzi“). Ovviamente non dimentica il suo lavoro per la riforma demaniale (“da quel testo si ripartirà nella prossima legislatura”) e rivendica l’emendamento che nell’estate del 2016 salvò le spiagge italiane dopo la sentenza della Corte europea. Si sofferma sulla sorpresa che ebbe tre anni fa quando gli dissero che anche Gnassi ragionava come lui sulle prospettive politiche amministrative. È la storia del Patto Civico a Rimini e a Riccione, nati dalla crisi del centrodestra, infettato dal populismo leghista, e del centrosinistra, e dall’esigenza di dare nuova rappresentanza e protagonismo al ceto medio, impoverito dalla crisi. Insiste molto sui cambiamenti avvenuti nel tessuto sociale italiano, che impongono di cambiare anche i vecchi schemi della politica. Ripete più volte che oggi bisognare fare argine contro il populismo, che quello è l’avversario da battere. Ricorda ancora una volta che il progetto politico realizzato a Rimini è stato guardato con attenzione a Roma, tanto che se ne è parlato anche in consiglio dei ministri. Storia passata, come il suo mancato approdo al governo in sostituzione di Costa (“Alfano e Lupi avevano fatto il mio nome a Gentiloni”), non realizzato perchè si è valutato che non fosse opportuno nominare un ministro a legislatura ornai agli sgoccioli.

Ed ora è pronto per la nuova avventura. Vedremo se le alchimie della politica gli consentiranno di viverla.

“Mi risulta – afferma Fabio Falsetti, presidente dell’Aeroclub di Rimini - che Ural Airlines abbia già firmato l’accordo con Bologna”.

Se così fosse, non sarebbe una buona notizia per Rimini. Ma secondo lei, da cosa dipende questa fuga da Rimini.

 

“Non è una fuga. Se una compagnia aerea abbandona uno scalo, lo fa solo per tre ragioni: non ci sono passeggeri da trasportare, mancano o non sono sufficienti i servizi di terra oppure i costi fissi aeroportuali sono non sostenibili. Stante che le compagnie e i tour operator russi hanno una tradizione pluriennale di rapporti con Rimini e non mancano di passeggeri, evidentemente la ragione che le fa riflettere su una probabile delocalizzazione è esclusivamente riconducibile alle difficoltà di rapporti commerciali con il gestore”.

Gli attacchi a Rimini vengono da Bologna e da Ancona. L’aeroporto marchigiano è sull’orlo del fallimento. L’interesse di Bologna potrebbe essere una manovra tattica per acquisire l’aeroporto ad un prezzo più basso rispetto alle pretese che, secondo indiscrezioni, l’amministratore Leonardo Corbucci avanza?

“Bologna è un aeroporto ben gestito, gli oltre 200 milioni di euro di investimenti del suo piano quadriennale di cui oltre 70 già spesi nel 2017 parlano da soli. Difficile immaginare mire di acquisizioni su Rimini, dovesse mai essere interessato ad una espansione verso la Romagna, sarebbe più semplice e molto più economico puntare su Forlì sul quale far convergere eventualmente i voli meno economicamente interessanti e dare maggiore respiro all’aeroporto principale, questo sì ormai lanciato verso la saturazione.

Su Ancona non mi esprimo, sarebbe troppo lungo, ma è un fatto che le responsabilità della politica rispetto al suo andamento appaiono chiare a tutti. Se riuscirà, come io credo, a portare via il poco che c’è a Rimini, si potrà parlare di nient’altro che di guerra fra poveri. E comunque, non sono Ancona o Bologna che tentano di scippare i voli riminesi, semmai sono i tour operator e le compagnie che cercano di smarcarsi dalla discutibile gestione di Rimini.

Si prospetta un 2018 difficile per il Fellini.

“L’anno che fu gestito dalla curatela fallimentare del dott. Santini, lo scalo di Rimini ebbe circa 470 mila passeggeri, semplicemente gestendo i rapporti con gli operatori che c’erano in epoca Aeradria e sicuramente senza far regali a nessuno. Il 2017 si chiude con meno di 300 mila passeggeri, questo secondo me non è solo un risultato deludente, è piuttosto un risultato vergognoso. Considerando che il programma di Ryanair, ammesso che parta davvero, potrà portare in dote circa 20 mila passeggeri, in assenza di altro come si sosterrà lo scalo?”

La politica e le istituzioni locali non sembrano preoccuparsene molto, prevale il silenzio.

“Questo è preoccupante, perché l’aeroporto non è la proprietà privata di chi lo gestisce momentaneamente, è una infrastruttura per il territorio. Ma oltre che il silenzio della politica e delle istituzioni locali, mi preoccupa il silenzio dell’Enac”.

A che proposito?

“Chi governa l’aeroporto di Rimini solo formalmente è una società (come accade in tutti gli altri aeroporti italiani e stranieri), in realtà c’è un uomo solo al comando che detiene il controllo totale di tutto. Il socio di riferimento, cioè Corbucci, a distanza di anni dall’aggiudicazione del bando di evidenza pubblica, ancora non ha versato il capitale sociale se non parzialmente. Nel silenzio assordante di Enac. La convenzione fra gestore ed Enac esplicita chiaramente quali sono gli obblighi dell’aggiudicatario. In particolare il piano quadriennale di investimenti è conditio sine qua non per la continuazione della gestione. Purtroppo non esiste un piano o è talmente riservato che nessuno ne sa niente, non esistono investimenti, non esiste nulla a parte qualche chilo di vernice sparso qua e là. E anche in questo caso Enac tace”.

Corbucci e la presidente Fincato hanno spiegato che non ci saranno investimenti se prima non verrà rilasciata la concessione trentennale.

“Bene, qualcuno si è chiesto perché i Ministri di riferimento pur a distanza di anni non la firmano? A parte questo, l’autorizzazione provvisoria che ha il gestore lo obbliga al rispetto della convenzione con l’assunzione di tutti i relativi impegni. Enac tace anche su un altro punto. In nessun aeroporto che io conosca (e ne conosco tanti davvero) le attività interne sono tutte riconducibili allo stesso proprietario come avviene a Rimini, anche in questo caso senza rispettare la convenzione che chiede bandi, trasparenza e imparzialità. Per non parlare poi dello stato dei servizi, assolutamente non degno di un aeroporto che voglia essere efficiente.

Corbucci si appella al suo essere un privato per nascondere i suoi programmi, ma per tramite della presidente Fincato e delle sue consolidate relazioni politiche, accarezza e propone continuamente l’idea che senza soldi pubblici Rimini non funzionerà mai.

Io mi faccio questa domanda: se un soggetto privato, che è riuscito a vincere un bando di assegnazione ma non ha neanche i soldi per coprire il capitale sociale della società, non intende investire, con quale scopo vero proseguirà la gestione di una importante infrastruttura pubblica?”.

Ha destato giustamente preoccupazione la notizia che l’aeroporto di Ancona abbia stretto un accordo con il tour operator che fino a quest’anno ha garantito voli sull’aeroporto Fellini di Rimini da Ucraina, Lituania e Lettonia, accompagnata dall’altra notizia che l’aeroporto di Bologna si stia muovendo per stringere un accordo con Ural Airlines, la compagnia che garantisce i voli dalla Russia. Secondo le indiscrezioni trapelate, almeno quattro dei voli che prima facevano scalo a Rimini nel 2018 sarebbero dirottati su Bologna.

Il 2018, contrariamente a ciò che aveva fatto pensare l’annuncio dei tre voli che da marzo Ryanair dovrebbe operare da Rimini (Londra, Kaunas e Varsavia), si apre dunque per l’aeroporto di Rimini con uno scenario niente affatto roseo. Anche perché dei circa 300 mila passeggeri che sono transitati da Miramare nel 2017, almeno due terzi provenivano dai paesi dell’est e dalla Russia: quindi più che un buco, si aprirebbe una voragine.

È la concorrenza, bellezza, qualcuno potrebbe osservare. Giusto, stupisce però che l’aeroporto di Rimini subisca ancora la concorrenza di Ancona, dove la società di gestione Aerdorica, con i suoi 38 milioni di euro di debiti, è sempre a rischio di fallimento. Oggi è stata rinviata al 25 gennaio l’udienza del Tribunale chiamata a decidere sull’istanza di fallimento: i giudici aspettano che l’Unione europea si pronunci sui 20 milioni di euro stanziati dalla Regione per salvare l’aeroporto. E prima delle feste di Natale è andato deserto il bando per la privatizzazione: nessuno dei potenziali interessati ha fatto un’offerta. Quindi tutto rimane in sospeso eppure, in questa situazione di pesante incertezza, Ancona riesce a scippare voli a Rimini. (Detto per inciso: è sorprendente come la Regione Marche, azionista pressoché esclusivo di Aerdorica, riesca a ottenere fiducia e dilazioni dalla magistratura; da noi, per Aeradria, si è visto tutto un altro film, eppure la società marchigiana è oggettivamente in condizioni peggiori di quella riminese).

Resta la domanda sul perché, con queste referenze non proprio brillanti, sia riuscita a favorire la fuga del tour operator da Rimini. Ancora una volta, come per altri soggetti interessati a diverso titolo all’attività aeroportuale, ci sono stati rapporti non facili con la dirigenza dell’aeroporto che hanno suggerito di cambiare aria? Nulla hanno dichiarato in proposito gli attuali gestori del Fellini. C’è da sperare che almeno rientri il prospettato accordo fra Ural Airlines e l’aeroporto di Bologna. Anche in questo caso gli interrogativi sono tanti. Il Marconi è intasato di voli, probabilmente chiuderà il 2017 con il record storico degli otto milioni di passeggeri, perché aprire una “guerra dei cieli” con Rimini? Le congetture abbondano. Un interrogativo che circola è ad esempio questo: si tratta forse solo di manovre tattiche per far abbassare le pretese di Rimini per un accordo di vendita o di collaborazione?

Tranne le dichiarazioni preoccupate dei presidenti delle associazioni albergatori della costa, nessuno ha preso la parola. Silenzio assoluto degli enti pubblici rappresentativi del territorio. È vero che ora la gestione del Fellini è privata, è però anche vero che subisce la concorrenza di aeroporti tuttora foraggiati dal denaro pubblico dove la politica (leggi maggioranze a guida Pd) ha pienamente voce in capitolo e, allo stesso tempo, volentieri abbonda in dichiarazioni sulla necessità di fare sistema. Ed è anche vero che l’aeroporto è gestito da un privato che gode di una concessione pubblica.

Questo incerto inizio del 2018 conferma come ancora non si sia trovato un rapporto virtuoso, cioè utile agli interessi della comunità locale, fra politica (e istituzioni pubbliche) e gestione privata dell’aeroporto.

Una nota positiva per il Fellini viene da Forlì, dove la possibile resurrezione dell’aeroporto è diventata un’ipotesi più remota. La famosa cordata imprenditoriale che aveva annunciata il proprio interesse non si è concretizzata e, non a caso, l’Enac tarda a pubblicare il più volte annunciato bando per la ricerca di un gestore.

A Luca Randi e Manuela Fabbri, che si firmano con la dicitura "Per il comitato dei radicali riminesi e la Lista +EUROPA con Emma BONINO" non piace che a sventolare la bandiera della leader radicale sia il cattodem Samuele Zerbini, già assessore al Comune di Rimini.

Le motivazioni? Eccole: "Poiché da sempre per l'unità laica delle forze, siamo felici di vedere che oggi intendano impegnarsi con +Europa anche persone che in passato abbiamo trovato su fronti opposti. Ma una cosa deve essere chiara: il nome di Emma sulla lista comporta il rispetto del patrimonio che questa donna straordinaria ci consegna. La visione europeista abbinata al nome di Emma Bonino hanno oggi la forza e la credibilità per ricreare fiducia e un consenso ampio, riportando al voto tante persone vocate all’astensionismo, sfiduciate dalla politica fin qui rappresentata, tra poteri nuovi e vecchi. Per questo ci stiamo attivando con rinnovato impegno, lo stesso di sempre già con successo messo in campo sui temi etici e ambientali, oggi nella promozione del comitato locale +Europa con Emma Bonino. Che saprà certamente aprirsi a coloro i quali condividono la nostra visione e le nostre priorità, che sono e restano i diritti civili e le libertà individuali, presupposti indispensabili anche per l’economia e l'accoglienza. Essere leali e autentici sarà la prima prova da superare. Per chiunque si presenti sotto il nome di Emma Bonino.
Quanto a Zerbini, poiché il progetto è rivolto a tutti, e più persone lavorano altruisticamente per la lista meglio è, gli diciamo con chiarezza che le priorità restano libertà e diritti. Purtroppo abbiamo visto quanto su di lui, che si è definito quale responsabile della Lista + Europa con Emma Bonino, è stato pubblicato sui media, anche da Buongiornorimini, con un autoproclama non suffragato nei fatti, poiché non è in alcun modo delegato. Attendiamo dunque sappia porsi con passione sincera, non opportunistica, per lavorare insieme a coloro sui quali Emma Bonino ripone conoscenza e fiducia".

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