Aeroporto di Rimini: con Airiminum nel 2015 si vola basso
Aeroporto di Rimini: con Airiminum nel 2015 si vola basso
“Primum vivere, deinde philosophare”(Prima vivere, quindi filosofare). Ricorre al latino il presidente di Airiminum Laura Fincato per rispondere a quanti a Rimini reclamano a gran voce un piano industriale per l’aeroporto, che in effetti ancora non si è visto.
La politica della nuova società di gestione, che ha ottenuto le necessarie certificazioni Enac, è quella dei piccoli passi, senza fughe in avanti. Dopo tanti incontri in Provincia, ieri Airiminum ha voluto sottolineare l’obiettivo raggiunto delle certificazione con una conferenza stampa tenuta in un freddo, deserto e molto malinconico aeroporto.
Ma sia la Fincato che i giornalisti hanno dovuto chiedere il “permesso” alla Guardia di Finanza per poter entrare in aeroporto. La complessa procedura per arrivare alla nuova gestione non è ancora conclusa. Cosa manca?
Deve essere ancora firmata la convenzione trentennale fra l’Enac e Airiminum; senza firma della convenzione, Enac non trasferisce i beni demaniali alla società. La convenzione dovrebbe comunque essere firmata a Roma lunedì prossimo. Successivo passaggio un decreto interministeriale delle Infrastrutture e dell’Economia, e quindi la possibilità di trasferire i beni. Airiminum chiederà comunque che la messa disposizione dei beni possa essere anticipata, questo perché l’aeroporto ha bisogno di qualche intervento di manutenzione che deve essere eseguito prima dell’arrivo del primo volo da Mosca il 4 marzo.
Da quel momento, per stare all’espressione del presidente Fincato, Airiminum e l’aeroporto saranno “vivi”, cioè operativi. “In tutto questo periodo non siamo stati fermi – ha spiegato – in parallelo abbiamo anche avviato i primi contatti per avere traffico. Ma è chiaro che il 2015 sarà un anno di passaggio. I soci sono persone che hanno deciso di investire e non vogliono certo perdere, quindi è chiaro che con il tempo sarà costruito un progetto di sviluppo”.
Cosa voglia dire “2015 anno di passaggio” lo ha spiegato il direttore generale Marco Consalvo. Per questa stagione estiva si cercherà di recuperare il massimo dei voli dalla Russia (il quadro internazionale e la crisi del rublo non aiutano) e di aprire qualche canale sui mercati europei (a partire dalla già disponibile Air Berlin). In teoria, stando al pregresso, l’aeroporto potrebbe fare nel 2015 fino a 350 mila passeggeri, ma Consalvo ha ben chiarito che è solo una stima che dovrà fare i conti con la realtà. Impossibile stringere con le compagnie finchè Airiminum non dimostra di avere tutti i titoli e non garantisce che l’aeroporto sarà funzionante.
La società ha già assunto 16 persone e potrebbe assumerne altre 45 per i servizi di handling e di security. Il numero reale dipenderà dai voli che concretamente si riuscirà ad attivare. I contratti sono a termine, proprio in omaggio alla linea prudenziale che la società segue.
Lo sviluppo è rimandato al 2016 e anni seguenti.
Quanto alle attività commerciali presenti in aeroporto, nessuna novità sostanziale per la prossima stagione estiva, mentre per il 2016 le aree saranno rimodulate per dare maggiore spazio ai servizi per i passeggeri.
Nessun commento sul ciclone giudiziario che il giorno prima si è abbattuto sui protagonisti della vecchia gestione. Solo “Adesso si volta pagina”, del presidente Fincato.
Aeroporto Rimini, Fabbri (Pd): non può essere la Procura a stabilire qual è l'interesse pubblico
Crac aeroporto di Rimini: per Fabbri non può essere la Procura a stabilire qual è l'interesse pubblico
L'ex presidente della Provincia Nando Fabbri, che la Procura indica, insieme all'ex sindaco di Rimini Alberto Ravaioli, fra gli ideatori dell'associazione a delinquere che ha portato al fallimento di Aeradria, interviene all'indomani del maxi sequestro da 34 milioni a carico di tutti gli indagati nel crac.
Per l'interesse delle sue argomentazione, pubblichiamo integralmente la nota di Fabbri.
Ho letto attentamente il decreto di sequestro preventivo dei beni personali e dopo aver aspettato 24 ore per smaltire la sorpresa e l’incredulità, devo dire con estrema franchezza e con dispiacere, che la procura di Rimini ha preso una cantonata (cfr. Devoto-Oli: “cadere in un equivoco, in un errore marchiano”) per quanto riguarda la parte riferita ai pubblici amministratori. Tutto infatti si regge sul teorema, non saprei come altro definirlo, dell’associazione allo scopo di commettere più reati fra cui “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” e, ancora, “strategie atte a dissimilare i contributi pubblici illegittimamente destinati alle compagnie aeree” con “operazioni fraudolente”, un vero è proprio “programma criminale”. E più avanti l’atto d’accusa della Procura afferma che “di riflesso derivavano poi benefici agli operatori di categoria turistici e commerciali, i quali vedevano incrementati gli arrivi di turisti senza assumere nessun rischio su di sé attendendosi che fossero i politici a farsi carico in qualsivoglia maniera di tali incentivi, attraverso l’impiego delle sempre più esigue risorse finanziarie…. Onde non perdere consenso e poltrone”.
Siamo insomma al pregiudizio politico: voi amministratori pubblici avete, in quasi 15 anni di attività, erogato in maniera truffaldina (programma criminale), in un’associazione a delinquere, fondi pubblici per avvantaggiare gli operatori privati e per salvaguardare le vostre poltrone. Ecco il teorema esplicito.
L’accusa è inaccettabile e al di fuori di ogni realtà, con l’aggravante che sembra essere la procura a voler stabilire qual è l’interesse pubblico e quindi come devono essere fatte le scelte politiche.
Dunque, ripeto, l’accusa la ritengo irricevibile per i seguenti motivi di merito.
1. L’area di Rimini è fra i più grandi bacini turistici d’Europa con oltre 2000 alberghi. La strategia del governo locale perseguita negli ultimi vent’anni è stata quella della diversificazione dell’offerta puntando su fiere, congressi e grandi eventi. Tant’è vero che per realizzare le grandi infrastrutture di livello europeo quali la Fiera e i Palacongressi di Rimini e di Riccione gli enti locali hanno investito oltre 400 milioni di euro. L’aeroporto Fellini rientrava, e rientra, a pieno titolo dentro questa politica di sviluppo territoriale. Di più, è uno degli snodi più importanti per essere connessi alla rete turistica europea. In tutte le relazioni che accompagnavano il bilancio preventivo della Provincia di Rimini era indicata la scelta strategica, approvato dal consiglio, di sostenere la crescita e il consolidamento dell’attività aeroportuale.
2. Tutti i contributi che arrivavano alle compagnie aeree che hanno esercitato sul Fellini, da Minerva Airlines, a Easy Jet, da Alitalia a Ryanair, erano il risultato di attività di marketing territoriale espresse in diverse forme (dalle brochure, alle promozioni on-line, alle riviste specializzate), previste da delibere preventive degli Enti con relativi consuntivi a giustificazione delle spese sostenute. Non si prefigurava nessun “aiuto” irregolare rispetto alle direttive europee sulla libera concorrenza, come si evince chiaramente dagli “Orientamenti comunitari concernenti il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti pubblici di avviamento concessi alle compagnie aeree operanti su aeroporti regionali”.
3. Il rapporto fra pubblico e operatori privati (albergatori, artigiani, industriali, commercianti) è uno dei punti salienti per lo sviluppo moderno di un’area ricca di lavoro e di imprese come la nostra. Questo rapporto ha avuto i suoi punti di forza sia attraverso la partecipazione attiva, seppur di minoranza, dei privati nelle compagini sociali di aziende strategiche per Rimini come la Fiera s.p.a e Aeradria s.p.a., sia nella gestione di progetti di marketing territoriale condivisi che avevano il preciso scopo, come ampiamente illustrato e motivato in tutti gli atti pubblici, a partire dalle delibere del consiglio provinciale, di rendere più attraente e competitivo il sistema turistico riminese. E l’aeroporto era ed è, si ripete, un perno decisivo per determinare il livello di competitività e di attrazione di un territorio.
4. L’atto che mi è stato notificato indica che, oltre al sottoscritto il procedimento accusatorio è stato avviato nei confronti di altre 33 persone: sindaci, presidenti di società, rappresentanti di associazioni, semplici cittadini facenti parti del C.d.A. di Aeradria. E’ un documento complesso e purtroppo, a parere del sottoscritto, anche confuso. Che soprattutto non distingue fra programmazione e gestione dei progetti con le relative risorse pubbliche.
5. Infine, è ulteriormente inaccettabile l’assunto della procura che accusa di aver messo in piedi un “sistema truffaldino” (associazione a delinquere) che risiede “come spinta motivazionale personale di ciascun partecipe , nel … prestigio e nell’ambizione politica” eludendo il bene comune, per il soddisfacimento di interessi privati ovvero di singole categorie. Al di là di affermazioni così generiche che nulla hanno a che fare con la realtà dei fatti, è quantomeno discutibile che una procura della repubblica emetta accuse che poco hanno a che fare col diritto ma che investono, all’opposto, la sfera della politica e dell’autonomia programmatica e di governo di una Pubblica Amministrazione.
Spero vivamente che questa indagine, nata per la cattiva gestione di Aeradria s.p.a. con il suo conseguente fallimento, possa concludersi per molti indagati già in fase istruttoria. Portando così linearità e chiarezza ad un impianto accusatorio alquanto impreciso e improprio.
Crac di Aeradria: le verità di Lombardi (FI) sulle responsabilità del Pd
Crac di Aeradria: le verità di Lombardi (FI) sulle responsabilità del Pd
Non è la posizione di Forza Italia sul crac di Aeradria ma quella di Marco Lombardi (che comunque fra i berluscones non è un signor nessuno) o al massimo del Club Forza Silvio. Precisazione importante in una serata che ha visto il nuovo responsabile provinciale Giulio Mignani sedere fra il pubblico e quello defenestrato Filippo Giorgetti sul palco a tirare le conclusioni. Serata che arrivava dopo la giornata del maxi sequestro da 34 milioni e che ha visto confrontarsi, nel corso del dibattito, le due anime del centrodestra: quella incline a sfruttare l’inchiesta giudiziaria per vincere le elezioni del 2016 (Gennaro Mauro) e quella rigorosamente garantista (Gianni Piacenti, che non vuole “vincere con i metodi dei comunisti”).
Per il resto molto interessante la ricostruzione offerta da Marco Lombardi, tutta tesa a dimostrare che, inchieste della magistratura a parte su cui si sospende il giudizio, sono evidenti le responsabilità politiche del Pci-Pds-Ds-Pd nel disastro dell’aeroporto.
L’ex consigliere regionale l’ha presa da lontano ma certi passaggi vale la pena riportarli. Presidenza di Terzo Pierani, seconda metà degli anni Novanta: cominciano i primi voli dalla Russia e nel Pci si apre una diatriba interna tesa a sottolineare che dietro ai russi c’erano infiltrazioni mafiose. Oppure, per rimanere nell’ambito di certe negative influenze politiche, il caso della presidenza di Gabriele Morelli, nella prima metà degli anni Duemila. Si manifestata l’opportunità di far transitare dall’aeroporto di Rimini velivoli militari che trasportavano militari e vettovagliamenti diretti in Kuwait. Tutta la sinistra si inalberò contro i marines a Miramare e Aeradria vide allora sfumare un affare da ben 4 milioni di euro. Un altro carico da Novanta contro la sinistra anti-militarista lo aggiunge poi Antonio Barboni che ha spiegato come aver allontanato i militari dalla gestione dell’aeroporto non sia stato un buon affare.
Lombardi ha ripetutamente sottolineato le responsabilità della Regione nella varie fasi: prima un accordo organico con Bologna, tanto che dal Marconi venne a Rimini anche il direttore dello scalo; poi il tentativo di Bologna di comprare Rimini, e fallito il progetto, di praticare concorrenza sleale attraverso Forlì con l’appoggio della Regione; infine con il progetto della holding regionale degli aeroporti che è costata ai contribuenti 1,5 milioni per approdare a nulla.
Arriviamo così al periodo 2005-2012 della presidenza di Massimo Masini, quello più legato alle odierne vicende. Lombardi ha ricordato che l’esigenza di avere i voli low cost senza incorrere nelle censure europee ha portato al cosiddetto co-marketing realizzato grazie alla società Riviera di Rimini Promotion in cui erano coinvolti anche gli albergatori. Un meccanismo che ha portato i suoi frutti positivi se nel 2011 si è arrivati a 920 mila passeggeri, ad un soffio dal tetto sempre inseguito del milione. I ricavi del business aviation erano passati da 5,5 a 11 milioni, quello no aviation da 1,6 a 2,9 milioni. La gestione operativa era quindi sostanzialmente in pareggio, i problemi sono nati perché per far funzionare un aeroporto che viaggiava verso il milione di passeggeri si erano resi necessari consistenti investimenti. Nota bene di Lombardi: il management potrà essere accusato di inadeguatezza, ma la gestione corrente era positiva. Il buco si è creato per gli investimenti, ecco perché le responsabilità sono politiche.
L’ex consigliere regionale ha ricordato che già nel 2006 erano stati programmati investimenti per 26 milioni, così suddivisi: 6 milioni di aumento di capitale, 5 milioni di mutuo con la Carim, altri 15 milioni con il finanziamento di banche nazionali. E qui Lombardi ha aperto un’altra importante parentesi: ha censurato Gnassi che nel 2011, appena arrivato, ha “licenziato” lo studio commerciale che fino a quel momento aveva seguito le pratiche per affidarsi da un altro. Ma questi altri non avevano le entrature nelle banche nazionali e così niente finanziamenti.
Si è dovuti ricorre da un nuovo aumento di capitale che Camera di Commercio e Fiera sottoscrivono e che Provincia e Comune promettono ma poi tergiversano. Gli amministratori di Aeradria credono alla promessa e sulla base di quella cercano altre linee di credito (il comportamento perseguito dalla Procura). Sottolineatura di Lombardi: certe azioni diventano reato quando una società arriva al fallimento, se non arriva al fallimento rimangono legali.
Si arriva così allo stato di insolvenza. I politici locali sono responsabili per non aver agito per evitare il fallimento. I creditori non hanno mai ricevuto da Provincia e Comune una proposta concreta per mutare il loro credito in azioni di Aeradria.
Siamo alle battute finali: c’è il primo concordato preventivo che viene respinto; si forma il consiglio d’amministrazione con i creditori che presentano una seconda proposta di concordato. Nel frattempo arrivano i nodi di Riviera di Rimini Promotion e Air che convincono il Tribunale si tratti di un unico grande debito, e quindi si dichiara il fallimento.
Le ultime battute Lombardi le dedica al bando Enac per la nuova gestione e alla società Airiminum, cercando di spiegare ai sui sodali di centrodestra che è sbagliato vederli come una sorta di cavallo di Troia dei comunisti in aeroporto.
Fallimento Aeradria e maxi-sequestro: la giornata che ha messo Rimini a rumore
Fallimento aeroporto e maxi-sequestro: la giornata che ha messo Rimini a rumore
La notizia che oggi a messo a rumore il mondo politico di Rimini e l’opinione pubblica era in qualche modo contenuta nell’altra notizia di alcune settimane fa: la procura della repubblica aveva chiesto di prolungare di sei mesi le indagini sul crac di Aeradria e aveva aperto un’indagine per associazione a delinquere a carico di nove nomi eccellenti della politica e dell’imprenditoria locale: il sindaco di Rimini Andrea Gnassi, l’ex presidente della Provincia Stefano Vitali, il suo predecessore Nando Fabbri, l’ex sindacodi Rimini Alberto Ravaioli, il presidente di Rimini Fiera Lorenzo Cagnoni, l’ex presidente della Camera di Commercio Manlio Maggioli, l’ex presidente di Aeradria Massimo Masini, l’ex vice presidente Massimo Vannucci e Alessandro Giorgetti, ex presidente della società Air controllata da Aeradria.
La notizia di oggi è che a carico di costoro è stato disposto un sequestro di beni mobili e immobili per il valore di 749 mila euro ciascuno.
Si è inoltre appresa che l’accusa della Procura è l’articolo 640 bis del codice penale, ovvero la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. La pena prevista è della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
A carico di Masini, Vannucci e Giorgetti è stato inoltre disposto un sequestro del valore di 9,5 milioni di euro ciascuno, per un totale complessivo di oltre 34 milioni. A costoro è stato anche notificato l’obbligo di dimora nell’attuale residenza.
La Guardia di Finanzia che ha agito ha riassunto i sequestri con il nome di Operazione Icaro.
Riportiamo di seguito le reazioni di alcuni degli interessati e delle forze politiche che sono intervenute.
Il sindaco di Rimini Andrea Gnassi
Associazione a delinquere per Aeradria, Gnassi: Accusa inaccettabile e umiliante
Movimento 5 Stelle
Aeradria, i 5Stelle: Gnassi si dimetta
Fabio Pazzaglia (Fare Comune)
Maxisequestro Aeradria, Pazzaglia: L’avevamo detto
Gennaro Mauro, capogruppo FI-Ncd
Inchiesta Aeradria, Mauro: Gnassi sapeva
Manlio Maggioli
Maxi sequestro Aeradria, Maggioli: Provvedimento infondato
Nando Fabbri
Rimini: perchè Acqua Arena rischia di rimanere ferma al palo
Rimini: perchè Acqua Arena rischia di rimanere ferma al palo
A nuotare nelle acque, per ora solo virtuali, della futura piscina comunale Acqua Arena si scopre sempre qualcosa di nuovo. In commissione i consiglieri di opposizione sono balzati sulla sedia quando hanno visto nel bilancio preventivo che il costo era salito da 5 a 8,2 milioni. Una spesa che dovrebbe essere così suddivisa: 5 milioni li sborsa il Comune, gli altri 3,2 il privato che si aggiudicherà la gara per la costruzione e la gestione dell’impianto.
Con i tempi che corrono già non era una cosa bella che un’opera che doveva costare 5 milioni all’improvviso salisse a 8,2, ma la domanda che subito si è imposta è un'altra: e il Comune dove lo va a trovare un privato disposto a investire 3,2 milioni in una piscina comunale? Mentre tutti erano ancora lì ad arrovellarsi per risolvere l’arcano, ecco l’assessore al bilancio Gian Luca Brasini che, incontrando i giornalisti, spiega che i costi sono lievitati perché è cambiato il progetto. Non si fa solo una piscina, ma tre vasche, alla quale si aggiungono un’area per il fitness e un’altra per il benessere. Il progetto è insomma quello di un centro polivalente per le attività sportive ed è quindi logico che costi di più.
Più che chiarire l’assessore Brasini ha infittito il mistero o, ad essere maliziosi, ha cercato di spargere fumogeni per distrarre l’attenzione. Chi ha seguito il lungo dibattito che ha portato alla scelta di costruire la piscina comunale nei terreni dell’ex Fiera, nell’ambito di una variante che prevede anche un centro commerciale e un centro direzionale e residenziale, ricorda bene che anche se la si chiamava sbrigativamente piscina comunale si sapeva che si parlava appunto di un centro polivalente. Che le vasche fossero tre (una piscina da 25 metri e dieci corsie, una vasca per l’acqua fitness ed una vasca per i bambini) lo si è sempre saputo, così come era noto che accanto ci sarebbe stata una palestra e un centro benessere. Basta fare un giro orizzonte fra chi, per un motivo o per l’altro, ha seguito la vicenda per averne conferma. E insieme alla conferma, viene sottolineato anche il rischio che il centro commerciale della Conad parta, che le palazzine vengano costruite e che l’opera simbolo che ha fatto da traino a tutta l’operazione resti ferma al palo, con tanti saluti all’urgenza di costruire una nuova piscina comunale perché quella attuale fa acqua da tutte le parti. Ed è così tornato a far discutere anche un’ipotesi che già era circolata durante il dibattito sulla variante. Il Comune, una volta tramontato l’Auditorium, non poteva presentare un progetto sull’area ex Fiera che prevedesse solo cemento commerciale e privato. Con che faccia il sindaco Gnassi avrebbe continuato la sua battaglia contro i cementificatori? Occorreva un’idea che tenesse insieme l’esigenza di valorizzazione economica con un’opera pubblica di immagine richiesta dalla città. Acqua Arena è l’idea uscita dal cilindro di Palazzo Garampi, ma adesso sarà realizzabile?
Torniamo così all’interrogativo se sul mercato ci possa essere un imprenditore disposto a tirar fuori un gruzzolo così consistente. La gestione di un centro sportivo è un business talmente redditizio da poter far rientrare in un tempo ragionevole, non alle calende greche, un investimento di 3,2 milioni?
Le opinioni dei profani valgono quel che valgono, più interessante è sapere cosa ne pensa chi nel business dello sport ci vive. Parliamo di Ermanno Pasini, presidente del Garden, che è stato un protagonista del dibattito che ha preceduto l’approvazione della variante Acqua Arena. Il Garden da tempo premeva per poter costruire una piscina olimpionica e chiedeva il sostegno del Comune. Quindi, diceva Pasini e dicevano anche i rappresentanti delle forze di opposizione, assecondiamo il progetto del Garden e facciamo la piscina comunale nella zona nord. Sarebbe stato un esempio virtuoso di sussidiarietà, non si sarebbe creata una inopportuna concorrenza fra due strutture vicine, non si sarebbe intasata una zona sulla quale già gravita il movimento del Palacongressi. Insomma una serie infinita di buone ragioni alle quali il Comune non ha voluto dare ascolto perché c’era l’urgenza di realizzare subito la piscina comunale e quella dei terreni ex Fiera era la strada più veloce.
Pasini snocciola alcune considerazioni e molti dati. “Mi auguro per loro che lo trovino, questo investitore privato, ma la vedo dura nel momento in cui un po’ ovunque stanno fallendo le piscine comunali. Ancora non è stato emesso il bando, vedremo quali condizioni saranno poste e se risulterà appetibile. In Italia, in media, un ingresso in palestra costa 10 euro, mentre un ingresso in piscina 6 euro. Però mentre una palestra è una struttura semplice e dai costi contenuti, una piscina impiega mille metri cubi d’acqua che deve essere riscaldata a 29 gradi e ogni giorno bisogna cambiare almeno il 4 per cento dell’acqua. Le spese sono alte. Un investitore ci potrebbe stare solo se la durata della convenzione fosse infinita e il Comune desse un contributo per la gestione e la manutenzione. Adesso Rimini paga un contributo di 370 mila euro all’anno per cinque corsie ma dopo le corsie saranno dieci e in parte saranno occupate dalle polisportive e dalle scuole, con ricavi inferiori. Io riesco a malapena ad arrivare al pareggio senza affittare alle scuole e alle polisportive. Con 7 corsie funzionanti tutto l’anno al massimo si possono ricavare 900 mila euro. E le spese?”
Quindi secondo lei non si farà avanti nessuno? “La vedo difficile. Dipende da cosa offre il Comune, bisogna aspettare il bando. Io, che conosco il settore, non mi imbarcherei in un’avventura del genere. Magari qualche grande società, come la Sport Management, che gestisce l’attuale piscina, potrà essere interessata. Vedremo”.
E lei il progetto dell’olimpionica l’ha abbandonato? “Niente affatto, aspetto sempre di trovare un partner per sostenere i costi”.
Mignani (Forza Italia) sfida le liste civiche di Rimini sui temi concreti
Mignani (Forza Italia) sfida le liste civiche di Rimini sui temi concreti
Ha appena 33 anni ed è già al terzo mandato come presidente dell’Ordine del Farmacisti della Provincia di Rimini. Detto con una battuta, probabilmente si è iscritto all’ordine quando con i calzini corti giocava al piccolo chimico. In politica invece ha esordito nel maggio scorso presentandosi nella lista di Forza Italia alle elezioni vittoriose nel comune di Riccione. E per Giulio Mignani è arrivata un’altra presidenza, quella del consiglio comunale. Non più di una settimana fa il coordinatore regionale Massimo Palmizio lo ha nominato responsabile provinciale del partito, in sostituzione del dimissionato Filippo Giorgetti di Bellaria.
Un incarico certo non facile, visto lo stato critico in cui versano i berlusconiani a Rimini: alle ultime elezione regionali una straripante Lega li ha ridotti al rango di partito con percentuali ad una cifra sola.
“Ciò che intendo fare a Rimini è quanto il partito deve fare anche a livello nazionale: tornare a parlare dei temi che interessano la gente. I nostri elettori non sono scomparsi, ci sono ancora, li dobbiamo riconquistare. E lo possiamo fare non parlando di patto del Nazareno o di alchimie politiche che poco interessano ma dei temi con i quali Forza Italia è nata: tasse, imprese, immigrazione, sicurezza. Non a caso la prima iniziativa pubblica del 3 marzo è dedicata alla spiaggia e alla direttiva Bolkestein. Saranno con noi l’europarlamentare Lara Comi e il deputato Ignazio Brignani. Va nella stessa direzione l’incontro che il Club Forza Silvio ha organizzato per mercoledì sera sui problemi dell’aeroporto”.
La prima grana importante che dovrà affrontare sono le elezioni del 2016, con Rimini, il capoluogo, che va alle urne. “No, non è il mio primo problema, anche perché le elezioni sono fra più di un anno, nel 2016. Noi siamo pronti a dialogare con tutti, senza subalternità a nessuno. Abbiamo l’ambizione di giocare un ruolo da protagonisti, perché crediamo nella nostra politica. Ho avuto incontri con le varie associazioni che si stanno muovendo a Rimini, così come io invito i rappresentanti delle altre liste civiche a venire ai nostri. Non credo che la formula vincente possa nascere se ci mettiamo a discutere di alleanze o di candidati. Credo che sia più opportuno impegnare questi mesi a discutere dei problemi concreti che vive il territorio, a confrontarci sui temi che interessano la gente, dalle fogne al Trc. Se facciamo questo lavoro, penso che saremmo in grado di realizzare convergenze più concrete e vincenti”.
Quindi ha incontrato gli esponenti di Dreamini e di Progetto Rimini: che impressione ne ha ricavato? “Nessuna impressione. Non giudico questa associazioni sulla base delle persone o della caratura politica che vogliono esprimere. Aspetto il confronto sui temi concreti. Non sottovaluto certo l’esperienza delle liste civiche, proprio io che vengo dall’esperienza di Riccione”.
Anche perché a Riccione sono risultate fondamentali per costruire un’aggregazione vasta e vincente. “Non si fa una lista civica per andare a pescare i voti dall’altra parte. Anche perché il centrosinistra potrebbe fare la medesima operazione. Le liste civiche sono utili perché riescono a parlare a persone non raggiungibili dai partiti tradizionali. Credo molto in un percorso che nasca dal basso”.
Lei avrà anche il compito di riorganizzare Forza Italia, che adesso è ridotta ad un lumicino, non è così? “Non pretenderà che mi dichiari d’accordo. Diciamo che abbiamo molta strada da fare e quindi ci sono margini di miglioramento. Credo molto all’organizzazione del lavoro, dovremo definire ruoli e compiti di ciascuno. Prossimamente la direzione regionale nominerà i portabandiera, si chiamano così, in ogni Comune. Da queste scelte dovrà venire una grossa spinta al rinnovamento. Poi celebreremo il congresso e saremo pronti per la battaglia. Ci aspettiamo molto dal ritorno di Silvio Berlusconi che dall’8 marzo sarà libero di muoversi. Anche un sondaggio di questa mattina conferma che i nostri militanti al 92 per cento riconoscono in lui il leader”.
Non dirà che in questi mesi con il Patto del Nazareno Berlusconi non ha comunque fatto politica? “I nostri militanti vogliono un partito che li mobiliti sui temi, non sui giochi di palazzo. Abbiamo bisogno di lui per caricarci, per riavere lo slancio vincente”.
Gnassi sull'aeroporto di Rimini: cosa non ha avuto il coraggio di dire
Gnassi sull'aeroporto di Rimini: cosa non ha avuto il coraggio di dire
Se non fosse stato per le ultime battute del sindaco Andrea Gnassi, il dibattito in consiglio comunale sulle vicende che hanno portato al fallimento di Aeradria e alla chiusura dell’aeroporto non avrebbe aggiunto nulla a quanto già si sapeva. I partiti di minoranza, centrodestra e Movimento 5 Stelle, sono andati all’attacco per mettere in evidenza, ciascuno con i propri argomenti, le responsabilità del Pd, quale partito di maggioranza e di governo, nel disastro gestionale dell’aeroporto sul quale pendono pure le gravissime ipotesi di reato su cui sta indagando la magistratura. Dai banchi della giunta (l’assessore Brasini e il sindaco) e da quelli della maggioranza sono arrivati interventi a difesa, tesi a dimostrare che la classe dirigente al governo ha fatto di tutto per salvare l’aeroporto, sempre pomposamente definito come un’infrastruttura strategica per la città e la Riviera.
Il dibattito è andato avanti su questi binari, arrivando ad una conclusione paradossale se non contraddittoria. Il Comune, insieme alla Provincia e alla Camera di Commercio, ha dato mandato ad uno studio legale per verificare se esistano i presupposti per un’azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori di Aeradria. In consiglio comunale, invece, la maggioranza di centrosinistra ha respinto la mozione proposta da Gioenzo Renzi che impegnava il Comune a costituirsi parte civile in un eventuale processo.
Quindi, da un certo punto di vista, niente di nuovo nella direzione di un tentativo di risposta alla domanda che tutti i cittadini si pongono: perché è avvenuto tutto questo e di chi sono le responsabilità?
Alla fine del suo intervento – spesso condizionato dall’urgenza di controbattere alle critiche arrivate dalle forze di opposizione – il sindaco Gnassi ha fatto un accenno ad un argomento che se opportunamente sviluppato avrebbe portato a fare un po' di chiarezza. Avvalendosi anche di citazioni storiche (i verbali di un consiglio comunale del dopoguerra), il sindaco ha sottolineato la validità di una scelta strategica fondamentale per lo sviluppo dell’economia locale e in particolare del sistema turistico: la collaborazione fra pubblico e privato. Ha sostenuto che è il sistema pubblico-privato la leva su cui Rimini ha puntato e deve puntare.
Giusto ragionamento: ma che c’entra con l’aeroporto? Gnassi purtroppo non l’ha esplicitato. Anzi, diciamo pure che non ha avuto il coraggio di esplicitarlo.
Proviamo a farlo noi. Il presidente Massimo Masini aveva il problema di incrementare il traffico in aeroporto e per ottenere il risultato doveva stringere rapporti con le compagnie di voli low cost che, come tutti sanno, si muovono solo dove ci sono contributi. Non poteva Masini ripetere l’esperienza fallimentare dell’ex presidente di Aeradria Terzo Pierani che scivolò proprio su questa buccia di banana. L’idea – fatta propria da tutti e osannata come esempio virtuoso di collaborazione pubblico-privato – era stata quella di costituire una società collegata, Riviera di Rimini Promotion, che acquistasse i biglietti (vuoto per pieno) dalle compagnie. Nell’operazione erano pienamente coinvolte le associazioni degli albergatori, i cui uomini furono messi al vertice e nel consiglio d’amministrazione d’Aeradria.
Questo era il sistema pubblico privato che era stato congegnato e che anche in documenti ufficiali era presentato come la novità vincente per l’aeroporto di Rimini e come esempio di un territorio che finalmente faceva sistema.
Dopo il fallimento di Aeradria, le inchieste della magistratura e le sentenze dei Tribunali che hanno confermato il fallimento hanno teso a dimostrare che questa collaborazione era in realtà una pratica di consociativismo poco virtuoso, tanto che gli ultimi atti dell’inchiesta tendono a rappresentarlo come un’associazione a delinquere.
Questa – come è stato ripetuto anche in consiglio comunale – è un’ipotesi che deve essere dimostrata dalla magistratura. Ma chi a Rimini ha responsabilità politiche e ha fatto parte di quel sistema pubblico privato messo così pesantemente sotto accusa, ha il dovere di fare chiarezza, immediatamente. Gnassi faceva parte pienamente di quel sistema che, se vogliamo usare un’immagine, era rappresentato dalle convention estere di Pronozione Alberghiera, alle quale lui partecipava (insieme al vice sindaco Maurizio Melucci), tanto che in una di queste fu partorita anche la Notte Rosa.
Se il punto di partenza, il sistema pubblico privato, era valido, non si capisce perché i protagonisti oggi rimasti sulla scena pubblica non lo rivendichino con forza, non se ne assumano la piena responsabilità. Gnassi ha avuto buon gioco nel rinfacciare al centrodestra che sulle ultime ricapitalizzazioni di Aeradria, si era astenuto in Comune e aveva votato a favore in Provincia. La frase avrebbe avuto meno il sapore del battibecco polemico e di più l’aspetto della ricerca della verità, se avesse aggiunto che tale era in quegli anni il clima di coesione territoriale intorno all’aeroporto.
Poi il giocattolo si è rotto. Sono stati commessi errori? Questo è evidente, altrimenti non saremmo a questo punto. Quali sono stati gli errori il sindaco Gnassi ha però il dovere di dirlo da subito, senza aspettare gli eventuali accertamenti penali della magistratura. Se davvero è convinto che la collaborazione di sistema pubblico privato è qualcosa di virtuoso, perché non la rivendica anche per il recente passato dell’aeroporto, perché non se ne assume la piena responsabilità, senza omettere – ovviamente - un’analisi del perché quel sistema virtuoso è così miseramente fallito?
Invece sembra che lui, e con lui tutta la classe politica, ora se ne vergogni. Finché non compirà questa piena assunzione di responsabilità, resterà sempre sulla vicenda dell’aeroporto un alone di mancata trasparenza che legittima le bordate dell’opposizione e il disorientamento dei cittadini.
Rimini, nella crisi del centrodestra, la Lega si organizza
Rimini, nella crisi del centrodestra, la Lega si organizza
Probabilmente è l’unico movimento politico che ha il problema di non avere abbastanza tessere da distribuire a chi chiede di entrare. Paolo Ricci, 41 anni, impiegato in una società di servizi e commissario provinciale della Lega Nord, sostiene proprio questo: che le tessere inviate da Milano sono subito terminate e che ne sono state chieste delle altre.
Il vento soffia forte in questo momento sulle bandiere della Lega, anche se ancora non sono tornati i tempi d’oro, quelli che vedevano circa 550 tesserati in provincia di Rimini, di cui 300 nella sola Valmarecchia. Poi arrivò “lo scandalo dei figli di Bossi”, come lo definisce Ricci, e per colpa del Trota la Lega ha visto svanire la sede, ha perso il consigliere comunale di Rimini, Marco Casadei, che ha abbandonato il movimento, ha visto assottigliarsi i consensi fino quasi a scomparire.
Ma il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) della politica in questi anni Duemila è l’estrema velocità dei cambiamenti. Un tempo ci volevano vent’anni per digerire fatti e misfatti, adesso passano un paio d’anni e sembrano trascorsi secoli. Alle ultime elezioni regionali, quelle del novembre scorso, la Lega risorge anche in riva all’Adriatico e si aggiudica il 18 per cento dei voti su base provinciale (17% a Rimini), diventando così il primo partito dell’area di centrodestra. Ed anche gli iscritti cominciano a risalire, anche se per ora sono solo 150.
“Il nostro successo anche a Rimini – sostiene Ricci – dimostra che a volte per ottenere risultati non serve una grande organizzazione. Eravamo senza sede, senza strutture, però siamo stati in mezzo alla gente, abbiamo portato il nostro segretario federale Salvini in diverse realtà del territorio, e la gente ci ha premiato. D’altra parte così si deve fare politica oggi: non nel chiuso delle stanze, dietro ad una scrivania, ma nei bar, nelle piazze, dove vive la gente”.
A portare acqua nel mulino della Lega è anche la delusione di molti militanti ed elettori degli altri partiti di centrodestra, ai quali sembra che i loro leader storici abbiano esaurito la spinta propulsiva che invece arride a Salvini. “Fra quelli che mi telefonano ci sono certamente molti delusi di Forza Italia o Ncd, ma non mancano anche quelli che un tempo votavano per il centrosinistra. Alcuni temi che noi solleviamo non sono né di destra né di sinistra, sono problemi concreti che la gente vuole vedere risolvere”.
A chi decide ora di bussare alle porte del Carroccio, Ricci manda un messaggio molto preciso: “Non credano di poter fare i furbi e salire sul carro dei vincitori. Chi vuole entrare nella Lega noi lo accogliamo, ma sappia che deve cominciare a fare politica dal basso, con i manifesti da attaccare e i volantini da distribuire. Poi si vedrà se ci sono le condizioni per concorrere a qualche incarico”.
Ricci si può permettere oggi di fare come i buttafuori davanti alle discoteche: tu entri, tu stai fuori. Queste settimane comunque sono decisive per la riorganizzazione del partito. Entro marzo dovrà essere celebrato il congresso per l’elezione del segretario provinciale, e poi si comincerà un lavoro a tappeto nei Comuni – Rimini, Pennabilli e Sant’Agata Feltria – dove si andrà al voto nel 2016.
A proposito di Rimini… “Noi – assicura Ricci – saremmo già pronti a presentare la nostra lista. Abbiamo anche il candidato sindaco qualora dovessimo presentarci da soli e un altro candidato se invece dovessimo stringere alleanze”. Inutile cercare di far uscire i nomi, però proviamo a chiedere a Ricci se appunto cercherà l’alleanza con gli altri partiti del centrodestra. “Parliamo chiaro, in una città come Rimini nessuna alleanza è possibile con Forza Italia o Ncd se questi partiti non rompono prima con il governo Renzi. La gente vuole chiarezza, altrimenti non capisce. Diverso è il discorso dei piccoli Comuni dove si possono fare liste civiche per il bene del paese”.
E la campagna elettorale su cosa la farà la Lega a Rimini? “Il primo punto – spiega Ricci – è il rilancio del turismo al quale è stato dato un colpo mortale con la chiusura dell’aeroporto, che è stato un fatto gravissimo. Noi ci siamo sempre battuti per tenerlo aperto. Certamente affronteremo il tema della sicurezza, chiedendo che a Rimini siano mantenuti tutti i presidi di polizia, compreso quella postale e marittima che rischiano di essere smantellate. E poi il problema della prostituzione. A marzo faremmo un’iniziativa pubblica clamorosa per denunciare che non si può più tollerare questo fenomeno sulle nostre strade, sotto gli occhi dei bambini. Se andremo al governo di Rimini faremo di tutto perché le nostre strade siano liberate”.
Progetto Rimini, ecco i nomi e le idee
Progetto Rimini, ecco i nomi e le idee
Sono stati tirati in ballo, e non sono nemmeno dispiaciuti di tanta attenzione. Ma subito prendono le distanze da come la notizia è apparsa in anteprima su un quotidiano locale. Il presidente Michele Donati lo ripete più volte: “Non siamo contro nessuno, non siamo rivolti al passato, non siamo una macchina da guerra, altrimenti non sarebbe presieduta da un agente di commercio con la passione per la letteratura”.
Se non è il nucleo di un vasto schieramento anti Gnassi alle elezioni amministrative del 2016, cosa è dunque Progetto Rimini, la nuova associazione che oggi si è presentata alla stampa locale? È stata usata la formula “laboratorio di idee”, “un’associazione politica e culturale che ha l’ambizione di essere uno strumento libero per aggregare chi a Rimini vuole costruire un futuro diverso”. Ai giornalisti che vogliono subito andare al sodo (farete una lista civica?), Progetto Rimini risponde che il primo lavoro è aggregare, fare incontri pubblici, allestire tavoli di lavoro, poi si vedrà. La prospettiva, insomma, non è esclusa, anche se non è immediatamente all’ordine del giorno. Lo stesso concetto aveva anticipato a Inter-Vista Natale Arcuri, l’artefice del successo della lista civica che ha portato a Riccione Renata Tosi sulla poltrona di sindaco.
Nelle anticipazioni della vigilia Progetto Rimini era stata presentata come una sorta di continuazione, in altre vesti, dell’esperienza di Rimini Più, la lista civica cosiddetta dei “curiali” guidata da Antonio Polselli nel 2011. In realtà fra i soci fondatori dell’associazione non c’è nessuno dei personaggi provenienti da quell’esperienza. Ciò non significa che non guardino ad essa con grande interesse, però nessuno al momento vi appare direttamente coinvolto. Si potrebbe dire che oggi è stata varata una piccola zattera, si vedrà se con il tempo saprà diventare una nave capace di navigare con destrezza fra i marosi della politica riminese.
I soci fondatori, oltre a Donati, sono Gioele Semprini Cesari, medico odontoiatra, che svolge le funzione di segretario; il tesoriere Michele Corbelli, commercialista; Daniele Bellini, ingegnere; Sara Balacchi, psicologa; Gianmaria Zanzini, commerciante; Stefano Santucci, ricercatore universitario e libero professionista; Roberto Muccini, imprenditore edile; Marco Sanchini, ingegnere; Linda Babbi, esperta in design e discipline della moda; Angela Flamigni, laureata in economia; Piergiorgio Seganti, odontotecnico.
Il giudizio sul momento attuale della città di Rimini espresso dal presidente Donati è comunque severo: “Manca una visione, c’è navigazione a vista, se non immobilismo, c’è assenza di qualsiasi progettualità”.
“Troppe e continue sono le promesse disattese. In questo scenario progetto Rimini vuole impegnarsi più che mai; emergere e prevalere per la capacità di presentare un progetto di città chiaro e realizzabile attraverso persone che abbiano competenze ed esperienza inequivocabili. Nessuna scelta di campo, nessuna opposizione, nessun nemico da abbattere, solo la volontà di parlare ai riminesi che non scelgono più in base ai vecchi schemi sinistra, centro, destra, ma che si identificano sempre più nelle persone (nelle leadership) e nelle proposte”.
L’iniziativa di Progetto Rimini apre un altro laboratorio di idee accanto a quello costituito alcuni mesi fa da Dreamini, un’associazione che si presentò più o meno con gli stessi discorsi. Perché le persone di Progetto Rimini non si sono aggregate al laboratorio di idee già esistente? “Noi – risponde Donati – non siamo interessati al passato, vogliamo costruire il futuro. Abbiamo le nostre particolarità. D’altra parte noi siamo nati adesso…”. Hanno intitolato il loro comunicato ufficiale “l’associazione dei riminesi senza tessera”.
Spiega Donati: “Non abbiamo alcun pregiudizio che ci obbliga a stare chiusi nel recinto di una sterile appartenenza politica. Esiste comunque una questione che riguarda la credibilità oggettiva del nostro progetto. Non credo basti un simbolo o reclutare due o tre belle figure della società civile. Se qualcuno pensa che questo non sia per nulla un remake di un film già visto, e pensa invece che sia arrivato il momento di contribuire con contenuti e idee di rinnovamento vero, allora vale assolutamente la pena impegnarsi. Senza tatticismi e idiosincrasie, perché i riminesi non capirebbero operazioni all’insegna dei vecchi slogan a servizio della politica del tutto cambia perché niente cambi”.
"Non si vince con una lista contro". Elezioni a Rimini: parla lo stratega di Riccione
"Non si vince con una lista contro". Elezioni a Rimini: parla lo stratega di Riccione
“Non si vince semplicemente mettendo insieme tutti quelli che sono contro Gnassi. Non si vince contro qualcuno, si vince per qualcosa, dicendo cosa si vuole fare per il futuro della città”. Parola di Natale Arcuri, lo stratega politico che ha organizzato le truppe che hanno portato alla storica e clamorosa vittoria di Renata Tosi a Riccione. Arcuri, di origini calabresi, meglio conosciuto come Nanà, appartenenza storica alla sinistra, uomo di comunicazione (ceo di Report Porter Novelli) è la persona che a Riccione ha dato vita alla lista civica Noi Riccionesi, che è stata il motore che ha portato il sindaco Tosi alla vittoria.
Il tam tam giornalistico lo accredita come pronto a dare il proprio contributo perché anche a Rimini si ripeta nel 2016 lo storico risultato di strappare il Comune al Pd. In particolare sarebbe lui a guidare le mosse della neonata associazione Progetto Rimini che venerdì si presenterà ufficialmente in una conferenza stampa. Nell’associazione sono confluiti molti di coloro che hanno partecipato all’esperienza di Rimini Più (la lista civica cosiddetta dei “curiali” delle elezioni 2011) e altri personaggi del mondo imprenditoriale e delle professioni. “Mi hanno voluto incontrare e mi sono limitato a dare consigli, a svolgere qualche riflessione”, minimizza Arcuri. Salvo poi aggiungere: “ Non mi pare che il loro scopo primario sia quello di affrontare una competizione elettorale. Adesso mi pare siano più un contenitore, un punto di aggregazione per persone che hanno idee e progetti sulla città. Se poi riusciranno ad essere credibili, potranno anche pensare di svolgere un ruolo politico”.
Osserviamo che questo è anche il ritratto di un’altra associazione, Dreamini, che si è presentata sulla scena come laboratorio di idee e progetti e ha già sviluppato un lavoro su alcuni temi caldi come il sistema fieristico-congressuale, il Trc, l’urbanistica. “Sì – afferma Arcuri – anche loro sono venuti da me. Ma mi pare che loro siano più strutturati, anche da un punto di vista politico. Sono lanciati in un lavoro di opposizione che potrebbe portare anche da una lista civica”. Di certo è che dalle parti di Dreamini non devono aver gradito l’insorgere di questo nuovo soggetto, quando loro, mossisi in anticipo, pensavano di aver occupato lo spazio della lista civica.
Prendiamola allora da un altro verso: cosa ha determinato il successo di Riccione e che, specularmente, può portare ad un cambiamento anche a Rimini? Arcuri non si sottrae alla riflessione: “La città si è accorta che era finito un ciclo storico. Questo può essere vero anche per Rimini. Riccione governata dal Pd era una sorta di impero in decadenza, che aveva esaurito la spinta propulsiva. Chi stava al governo non si era accorto di tutto questo e pensava che potessero essere loro a gestire il cambiamento in una sostanziale continuità. Bastava invece vivere la città per accorgersi come la loro gestione politica si era involuta in un sistema asfittico, senza speranza. Era un sistema che non aveva più la capacità di riprogettare un futuro per la città. Mi spiego con un piccolo esempio. A Riccione, per Natale, abbiamo fatto la pista di ghiaccio in viale Ceccarini. Se vogliamo anche una cosa banale, l’idea vincente è stata quella di averla fatta nel viale, la pista più lunga del mondo e così via. È arrivata tanta gente. Questa iniziativa ha creato un enorme entusiasmo, ha riconfermato quanto forte fosse il desiderio di cambiamento. Insomma c’era una città in letargo che aspettava solo di essere svegliata. Ho cominciato a dire che era l’ora di darsi una mossa. Hanno visto questa mia iniziativa come antagonista, hanno detto che cercavo vendetta perché ero stato estromesso da un incarico in Comune. E invece…”.
Lo strumento per dare la sveglia alla città in letargo è stato la lista civica? “Ho sempre detto che Noi Riccionesi deve essere una lista civica aperta a tutti. Non mi interessa da dove vieni, da destra o da sinistra, ma mi interessa chi sei, quali idee porti. Se si guarda ai nostri candidati e consiglieri si vede che sono uno spaccato della città: ogni settore, ogni ambito sociale vi è rappresentato. Siamo riusciti a convogliare su di noi anche persone che prima votavano Pd. Certo, poi abbiamo dovuto cercare alleanze, con Forza Italia e con gli altri, perché con questo sistema elettorale vinci solo se aggreghi”.
Detto così, sembra facile… “Grazie alla lista civica, la città ha avuto la sensazione che il cambiamento fosse a portata di mano. Ha conquistato credibilità, perché si vince solo se c’è credibilità. Abbiamo individuato in Renata Tosi il candidato sindaco perché per la sua persona e la sua storia risultava in quel momento la più credibile. Senza credibilità non si va da nessuna parte, questo ho detto agli amici di Rimini”.
La lista civica ha avuto successo perché ha rotto il patto consociativo che legava le categorie economiche al partito dominante? “E’ vero il contrario, la lista civica è stata una conseguenza. Il patto consociativo lo ha rotto il Pd perché non risultava più credibile. Gli operatori andavano, ascoltavano le promesse e non capivano se sarebbero state mantenute. Pironi aveva promesso l’assessore al turismo agli albergatori, e invece l’ha fatto lui. Aveva detto no alla tassa di soggiorno, e invece ha accettato l’imposizione del partito”.
Quindi a Rimini bisogna partire da una lista civica? “Se si vuole delineare una possibilità di alternanza, bisogna costruire una lista civica, forte, credibile, aperta a tutte le forze economiche, capace di parlare al futuro. Se c’è un errore che fa Dreamini – gliel’ho anche detto – è di dilungarsi troppo a criticare il passato. Questo è un lavoro senza prospettive, è un lavoro da partito di opposizione. Bisogna invece costruire un progetto per il futuro, non serva fare l’ammucchiata di quelli che semplicemente sono contro Gnassi”.