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2. Turismo: i dati dicono che la destagionalizzazione ha fatto passi indietro

 

Dal punto di vista turistico i primi due mesi dell’anno sono stati un disastro. Non è per fare un gratuito esercizio di catastrofismo, ma purtroppo sono i dati a parlare. Gennaio e febbraio si sono chiusi con un -5,1% di arrivi e un -10,5% di presenze. Comparando i due mesi, le cose sono andate meglio in gennaio (-7,8% di presenze) e decisamente peggio in febbraio:  -10,5%.

Questo è il totale provinciale, guardando i singoli Comuni si nota il -12,3% di Rimini, il -8,8% di Riccione, il -29,1% di Cattolica e, clamorosamente in controtendenza, il +45% di Bellaria Igea Marina. Il punto è che non si può parlare di un episodico anno negativo: nel 2014 il mese di gennaio aveva avuto un lieve incremento mentre febbraio aveva perso il 18%. In termini assoluti, da un anno all’altro, febbraio ha perso 20 mila presenze. Nessuna meraviglia se i dati dicono anche che l’indice di occupazione delle camere nei primi due mesi dell’anno è stato appena del 16,9%.

 

Sono dati che dovrebbero far riflettere seriamente gli addetti ai lavori su una questione fondamentale: che fine abbia fatto il processo di destagionalizzazione dell’attività turistica che è stato il leit motiv delle politiche pubbliche degli ultimi vent’anni. È un discorso serio, che probabilmente non si può liquidare solo con gli effetti della crisi sui viaggi aziendali e la partecipazione a fiere e congressi. Soprattutto sarebbe necessario un sano realismo e non dichiarazioni improvvisate, dettate dal desiderio di diffondere un’immagine sempre e comunque positiva. Ci riferiamo a quando dichiarato dal sindaco Andrea Gnassi il 18 gennaio scorso: “Con il successo del Sigep, che in questa edizione sta polverizzando qualunque record di affluenza degli anni precedenti, si apre nella sostanza la stagione turistica 2015. Se è ormai assodato che, grazie alle infrastrutture della destagionalizzazione, la serranda dell'industria dell'accoglienza a Rimini apre a gennaio e non più ad aprile, quello che in tempi di crisi non appare come un dogma a prescindere dalla fortuna o meno degli eventi proposti. E, possiamo dirlo, il Sigep 2015 è un ottimo viatico per i mesi che verranno e la conferma

dei segnali di tenuta e ripresa registrati nel 2014, frutto di una programmazione e di scelte precise”.  

 

Non sappiamo su quali dati concreti il sindaco facesse queste dichiarazioni, ma gennaio si è chiuso con un -7,8% di presenze su base provinciale e un ancor più pesante -12,2% a Rimini, la città che ospita la Fiera. Se di viatico si tratta, è proprio quello che accompagna alla morte. Quanto alla destagionalizzazione, il consuntivo del 2014 ci dice che delle 15 milioni e 70 mila presenze , ben l’83,1% è concentrato nel quadrimestre giugno - settembre, gli altri otto mesi dell’anno valgono 2 milioni e mezzo di presenze. La nostra industria turistica è ancora stagionale, al di là di tutti i discorsi che si fanno.

 

Guardando anche la serie storica non si può sostenere la tesi che negli ultimi dieci anni il turismo di Rimini ha fatto passi in avanti verso la destagionalizzazione. Nel 2005 gli otto mesi non estivi valevano 2 milioni 683 mila presenze contro i 2 milioni 544 mila dell’anno scorso. Nel corso del decennio ci sono stati alti e bassi, compresa la punta toccata nel 2012 di 2 milioni 918 mila presenze, ma se c’ è un anno che è andato peggio è stato proprio il 2014, quello definito da Gnassi di “tenuta e ripresa”. Solo per il rotto della cuffia si sono superati i 15 milioni di presenze, per avere un dato peggiore bisogna risalire al 1996, ma solo l’anno prima le presenze erano state 16 milioni e mezzo. La verità è che in venti anni la Riviera di Rimini ha perso un milione e mezzo di presenze.

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1. Turismo: ecco quante presenze valgono a Rimini i vari eventi

Quanto valgono in termini di presenze effettive gli eventi e le feste che scandiscono il calendario turistico della Riviera? Nel Report 2014 pubblicato in questi giorni dalla Provincia c’è la risposta a questa domanda. Nel senso che non si dice quanti arrivi e quante presenze aggiuntive porta il singolo evento, ma l’andamento complessivo in una determinata data, visto in una serie storica, gli ultimi cinque anni. La miglior edizione del Sigep, per esempio, è stata quella del 2014 con 25.803 arrivi e 74.771 presenze. Vediamo il week end di Pasqua, molto altalenante: c’è stato un picco nel 2011 (175 mila presenze), un crollo nel 2013 (82 mila presenze) ed un recupero l’anno scorso con 130 mila. Il week end della Notte Rosa non conosce grandi scossoni: nel 2010 ha portato 401 mila presenze che sono diventate 407 mila nel 2014. C’è un picco nel 2012 (426 mila), rispetto al quale poi si è calato negli anni successivi. Non è quindi confermato che ogni anno va sempre meglio di quello precedente. Lo stesso destino seguono i ponti del 15 aprile e del 1 maggio: picco nel 2012 e poi progressiva perdita di 70 mila presenze.

 

La settimana del Meeting è sempre in crescita, salvo l’anno scorso che è scesa a 954 mila presenze, rispetto al milione e 122 mila del 2013. Il Motogp ha vissuto il suo boom nel 2011 con 347 mila presenze, che però l’anno scorso erano praticamente dimezzate. Sostanzialmente stabile la settimana di Ferragosto che con piccole variazioni tende a valere 1 milione 150 mila presenze. L’ultimo periodo preso in esame dal Rapporto è quello delle vacanze natalizie, dal 24 dicembre al 6 gennaio, comprensivo quindi del Capodanno. Nel 2010 valevano 113 mila presenze che sono diventate 118 mila nel 2014. Non c’è il Capodanno 2015, ma sappiamo che sia il dicembre 2014 che gennaio 2015 si sono chiusi con pesanti perdite.

 

Il Rapporto ci informa che gli alberghi in provincia sono 2.220 e che la dimensione media delle strutture del comparto alberghiero è di 33,7 camere e 65,3 letti.

La permanenza media dei turisti è stata nel 2014 di 4,7 notti (4,5 per gli italiani, 5,3 per gli stranieri). La permanenza media sale a 7,9 per il segmento senior (classe d’età da 65 anni e oltre) e scende a 3,7 per i turisti nella classe d’età 26-35 anni. È interessante sapere che comunque ancora il 30 per cento dei turisti pernotta per almeno una settimana e oltre.

 

Se c’è stata una lieve ripresa di arrivi degli italiani, il segmento estero segna una contrazione sia sugli arrivi (-1,9%) che nei pernottamenti (-3,4%), dovuto principalmente al calo del turismo russo (che comunque rimane il principale mercato estero 23,5% degli arrivi), causato dalla complessa situazione di crisi che attraversa quel paese (-15,3% arrivi e –8,4% presenze). Positivo il mercato tedesco (+0,3%) con ancora un segno positivo sugli arrivi, dopo i dati in crescita del 2012 e del 2013.

Siamo la spiaggia della Padania: l’88,7% dei turisti italiani risiede entro i 400 chilometri dalla destinazione turistica (33,7% tra 101 e 200 chilometri, 27,4% tra 301 e 400 chilometri, 23,6% tra 201 e 300 chilometri). Una curiosità: i turisti italiani provengono da oltre 8.200 comuni, vale a dire che, nel corso del 2014, almeno un residente di ogni comune italiano ha trascorso una notte nelle strutture ricettive della provincia di Rimini.

 

I turisti sono in lieve maggioranza maschi (50,4%) contro il 49,6% delle femmine. Se però si guarda alle nazionalità, ad esempio Germania e Russia, questo sostanziale equilibrio si sposta più verso i maschi per la Germania (52,6%) e decisamente sul genere femminile per la Russia (67,8%).

Siamo un luogo di vacanze per le famiglie: il 65,7% dei turisti viene con moglie e figli contro il 17,4 di coloro che soggiornano da soli e il 16,9% di coloro che vengono in gruppo. In particolare questa ultima modalità riguarda il 27,2% dei turisti senior (classe d’età da 65 anni e oltre) e il 34,8% dei turisti più giovani (età 13-17).

Oltre un quarto (25,4%) ha una età compresa tra i 46 e i 64 anni che, insieme 36-45enni (20,4%), costituiscono il 45,8% della domanda turistica.

I bambini fino a 12 anni sono il 12,9%, concentrati nei mesi di giugno, luglio, agosto (74,1% contro il 61,2% dei turisti complessivi presenti nello stesso periodo).

Le località più attrattive per i bambini risultano essere, con un valore superiore al dato medio provinciale, Cattolica (17,3%) e Bellaria-Igea Marina (17,1%).

 

Rimini ha il primato (6,7 %) degli adolescenti fra i 13 e i 17 anni e del turismo giovanile (11,7%) cioè coloro che hanno fra i 18-25 anni (Riccione si ferma 10,4%). Rimini è forte anche nella fascia di età dai 46 ai 64 anni (25,5%). Bellaria oltre che per i bambini risulta attrattiva anche per gli anziani dai 65 anni in su (15,5%).

I turisti del week-end sono l’8%, con percentuali che si alzano nei mesi di: maggio (12,8%), ottobre (13,6%) e aprile (20,4).

 

Oltre i due terzi dei turisti arrivano con la propria auto (72,2% degli arrivi), contro il 24,3% che utilizza un mezzo di trasporto collettivo (bus 12,8%, treno 6,1%, aereo 5,3%).

Ma cosa vengono a fare sulla Riviera di Rimini? La vacanza balneare resta lo zoccolo duro della motivazione dei vacanzieri che scelgono la nostra destinazione (71,8%). Al secondo posto c’è lo sport (5,5%), seguito da cultura e gastronomia (3,6), fiere e congressi (3), turismo scolastico (2,1), eventi (1,7), turismo religioso (1,3).

Questi ultimi dati qualitativi sono ricavati dall’applicazione Tower messa a punto dalla Provincia di Rimini e riguardano il 72,5% dei turisti rilevati nelle strutture ricettive nel corso del 2014. Non sono l’universo intero ma sono uno spaccato più che significativo.

notterosarimini

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Riapre l'aeroporto di Rimini e Airiminum "spara" contro Santini e Ancona

 

Domani 1 aprile, si spera, riapre l’aeroporto. Il si spera è dovuto al fatto che, fino al tardo pomeriggio di oggi, ancora non era stato emesso da Enac il Notam (una sorta di avviso ai naviganti) che sancisce la riapertura.

 

Il “pesce d’aprile volante” (esorcizzato dai protagonisti) arriva in mezzo ai fuochi d’artificio. Solo che i botti non sono dovuti né ai rombi degli aerei (per domani solo uno, proveniente da Mosca) né al clamore dei festeggiamenti. L’aeroporto, dopo cinque mesi di chiusura, riprende la sua attività fra il rumore assordante delle polemiche.

 

È stato l’amministratore delegato di Airiminum, Leonardo Corbucci, a far virare verso scoppiettanti polemiche una conferenza stampa che fino a quel momento il prefetto Claudio Palomba, il sindaco Andrea Gnassi e la presidente Laura Fincato avevano condotto con tonni melliflui, spandendo a destra e a manca un diluvio di ringraziamenti.

Corbucci ha improvvisamente cambiato registro, mostrandosi spigoloso e desideroso di togliersi molti sassolini dalle scarpe. Ha annunciato il fuoco su due fronti, contro il curatore fallimentare Renato Santini e contro l’aeroporto di Ancona. È come se, chiusa la partita della riapertura, si volesse far partire un generale regolamento di conti.

 

Le cronache delle scorse settimane hanno più volte registrato polemiche, screzi, impuntature fra il curatore Santini e la società vincitrice del bando di Enac. Airiminum darà mandato ai suoi legali per verificare se i comportamenti di Santini sono stati, come sostiene l’interessato, una sequenza di atti dovuti, o se invece c’è stata una discrezionalità che ha finito per nuocere agli interessi dell’aeroporto e di Airiminum. Corbucci, che non ha risparmiato ironie sul protagonismo sui mass media di Santini, ha spiegato che quando nel settembre scorso la sua società ha vinto il bando pensava di poter rilevare un’attività in corso, gestita dal curatore. Si è invece trovata con un aeroporto chiuso e con enormi difficoltà a poter entrare in possesso dello scalo. Corbucci, a titolo di esempio, ha ricordato che in gennaio Airiminum aveva offerto una partecipazione di due milioni ai creditori, rifiutata, salvo poi accettare 300 mila euro per acquisire i beni di Aeradria. La società, insomma, non è convinta del comportamento di Santini, pur tenendo conto che molte sue decisioni hanno avuto l’avallo del Tribunale. In ogni caso vuole vederci chiaro. Quella chiusura dell’aeroporto, decretata durante la gestione Santini, è un macigno che pesa e sul quale in effetti fino ad oggi non c’è stata chiarezza.

 

Il secondo fronte aperto da Corbucci è contro Aerdorica, la società di gestione dell’aeroporto di Ancona, in mano all’80 per cento alla Regione Marche. Sotto accusa la concorrenza sleale praticata da Ancona, non solo i 21 euro a passeggero promessi ai vettori russi per continuare a far atterrare i loro voli, ma anche le informazioni definite false e ingiuriose diffuse via e-mail da una dirigente secondo le quali l’aeroporto di Rimini è ancora chiuso e non si sa quando riaprirà e che la gestione di gestione non ha la solidità finanziaria necessaria a garantire l’attività aeroportuale. Per questi comportamenti lesivi delle norme europee sulla concorrenza – ha spiegato la presidente Fincato – ci sarà da parte di Airiminum una richiesta di risarcimento danni. Ma l’affondo con Aerdorica è stato ancora più pesante. È stato ricordato come la società di Ancona, a capitale pubblico, sia sommersa di debiti e ciò nonostante continui nella pratica dei contributi diretti alle compagnie. Il sindaco Gnassi, da parte sua, ha sottolineato che Ancona promette quei 21 euro, anche se poi i turisti russi vengono a Rimini. Non c’è nemmeno la giustificazione di un indotto nel territorio che invece non è mancato nelle note vicende di Aeradria. Una considerazione che fa ritenere a Gnassi che le vicende di Rimini debbano indurre il governo ad una revisione complessiva del funzionamento del sistema aeroportuale italiano.

 

Comunque, se Ancona pratica la concorrenza sleale e il vecchio metodo dei contributi alle compagnie, Airiminum risponderà facendo leva sui punti di forza dello scalo riminese: la lunghezza della pista, l’attività turistica del territorio, la presenza di San Marino. L’aeroporto ora deve rispondere solo agli imprenditori che hanno investito e quindi seguirà solo logiche di economicità di gestione.

 

In mezzo a queste polemiche, domani 1 aprile dovrebbe atterrare a Miramare un volo Transaero proveniente da Mosca. L’unica certezza nel corso della conferenza stampa era che i tecnici di Enac avevano predisposto il Notam che identifica Rimini con la sigla I048, Notam che però doveva essere ancora firmato dalla direzione aeroportuale. Domani mattina il rebus dovrebbe essere sciolto. Nel mese di aprile ci saranno solo due voli settimanali, il mercoledì e il sabato, anche perché una compagnia, la Vim, che pure aveva detto di riprendere i voli si è poi tirata indietro quando sono state diffuse le notizie allarmistiche su Rimini. Corbucci ha confermato i 1200 voli per tutto il 2015.

 

Per il resto non solo mancate le assicurazioni sul futuro, sul piano industriale, sull’apertura a nuovi soci riminesi che vadano ad aggiungersi a Badioli, Ciuffoli e Aircoop. Ed il sindaco Gnassi che infine ha messo sul piatto le aree intorno all’aeroporto come leva per lo sviluppo.

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Rimini, nel 2014 l'economia peggio che nel resto della Regione

 

Lo si sapeva perché durante l’anno non erano mancati i segnali, ma ora è arrivato anche la conferma dal Rapporto sull’economia della provincia di Rimini, presentato oggi al Palacongressi dai promotori, Camera di Commercio e Fondazione Carim.

 

La conferma è che l’economia riminese nel 2014 non ha avuto una buona performance, specialmente se si confrontano i dati con il resto dell’Emilia Romagna e con l’Italia. È un’amara verità di cui prendere atto: siamo un fanalino di coda.

 

Le cose non sono andate bene neppure dal punto di vista del fatturato estero, che pure vede molte aziende riminesi ottenere spesso brillanti risultati. Se a livello nazionale l’incremento del fatturato estero si spinge fino a un +3,5% e in Emilia Romagna raggiunge un +3%, a Rimini l’incremento non va oltre l’1,6%.

In generale le imprese riminesi denunciano un calo di fatturato (-2,2%) ed una riduzione di ordini (-2,7), mentre le contrazioni in Emilia Romagna (-0,7%) e in Italia (-0,2%) sono di molto inferiori.

 

Per quanto riguarda il mercato immobiliare (uno degli indicatori presi in esame dal Rapporto), le cose non sono andate meglio, anche se in questo caso i dati si fermano al primo semestre. Nella provincia di Rimini il calo delle compravendite è stato del 4,7%, mentre in Emilia Romagna c’è stata una crescita del 4,5% e sul territorio nazionale dell’1,4%.

Il rapporto si dilunga anche sulle performance del turismo che pure, come si sapeva, non ha chiuso in positivo: a fronte di un incremento di arrivi dell’1,9& le presenze sono calate del 2,8% (quelle straniere del 3,4%).

 

Il futuro non ci offre maggiori possibilità di recupero: nel triennio 2015-2017 avremo un tasso di sviluppo dell1,3% contro l’1,5% dell’Emilia Romagna.

 

Il talk show seguito alla presentazione dei dati è stato piuttosto farraginoso, senza offrire spunti di analisi particolarmente brillanti. Erano stati invitati il professor Stefano Zamagni, Maurizio Ermenti, coordinatore del Piano strategico di Rimini, ed il professor Ruggero Frezza, Cofondatore di M31 Italia srl, collaboratore dell’incubatore Innovation Square.

 

Il profesor Zamagni ha cercato di rispondere alla provocazione proveniente dal Rapporto: perché le perfomance di Rimini sono peggiori? Zamagni, in particolare, ha citato la partecipazione femminile al mercato del lavoro che a Rimini è del 53% mentre in Emilia Romagna arriva al 66%. È evidente che non è solo problema di crisi. Per reagire, il professor ha auspicato un patto fra i produttore fondato su alcuni principi. Essi sono, nell’ordine: una capacità di critica costruttiva, cioè il superamento del vizio, tipicamente riminese, di contrastare e ostacolare le proposte di altri senza offrire alternative; la lotta ad ogni forma di rendita perché assolutamente improduttiva; il superamento delle carenze del management che, secondo il professor, è ancora quello formato sul modello taylorista mentre l’economia è già post-taylorista; un ruolo strategico della società civile, così come è stato nella stagione del Piano strategico.

 

A rappresentare la stagione del Piano strategico c’era il suo coordinatore Maurizio Ermeti che ha ricordato le scelte di fondo del Piano: la rigenerazione urbana, la valorizzazione del reddito d’impresa contro la rendita, la coesione sociale e territoriale. Ed ha ancora una volta esaltato il modello di governante emergente dal Piano: non le scelte di un uomo solo al comando, ma una strategia partecipativa che nasce dal basso.

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Valentini: "Basta con la città vetrina di eventi, scommettiamo sulla bellezza"

 

In un recente convegno organizzato da Progetto Rimini, una delle relazioni, sul tema Il valore e la storia: il patrimonio culturale della città è stato tenuta dal professor Natalino Valentini, direttore dell’Istituto di Scienze Religiose “Alberto Marvelli”. Il professor Valentini ha concentrato la sua ricerca accademica sul pensiero religioso russo, dedicandosi in particolare allo studio della cultura filosofica e teologica russa del Novecento. È però anche un protagonista ed un attento osservatore della vita culturale di Rimini, come ha dimostrato con l’intervento al citato convegno.

 

Nella sua relazione al convegno di Progetto Rimini si è soffermato, fra gli altri punti, sul rapporto fra città e bellezza. Sulla bellezza sembra esserci oggi un consenso generale, lei però avverte che non ci si può fermare all’aspetto architettonico-urbanistico, ma bisogna affrontare il tema dal punto di vista antropologico. Che significa?

 

Sì, la bellezza non la si può ridurre ad estetismo o a cosmesi. Essa ha a che fare anzitutto con il senso più profondo del nostro essere, con la verità, con l’amore, ma anche con l’esperienza etica, politica e spirituale. Non si tratta di un ornamento esteriore della vita, ma dell’incontro sempre nuovo e sorprendente tra esistenza e mistero. Più del vero e del bene, la bellezza ha la forza di interpellare direttamente la nostra sensibilità, di parlare attraverso la nostra corporeità, generando quel misterioso flusso di energie che dalla materia passa all’anima. In tal senso la bellezza si fa testimonianza evidente e persuasiva di un’affinità misteriosa tra il mondo “interiore” e quello “esteriore”. Viceversa, una bellezza privata del suo intimo legame con il bene e la verità, spogliata di ogni relazione con la trascendenza, si riduce inevitabilmente ad idolo, a vuota maschera.

Come è stato colto con sensibilità impareggiabile da Dostoevskij, snodo decisivo del pensiero moderno e contemporaneo, la premura per la bellezza investe il problema dell’uomo e del suo destino. La bellezza è una caratteristica suprema dell’esistenza, riguarda lo sguardo che si ha sull’uomo, sulla qualità relazionale della vita personale e sociale. Per queste ragioni il tema della bellezza va riscoperto nella sua integralità, nelle sue implicazioni antropologiche, conoscitive, ma anche educative, etiche e politiche, altrimenti rischia di diventare un simulacro.

 

Ma attenzione alla bellezza in una città concretamente significa anche valorizzare le risorse artistiche del territorio?

 

Certo, uno degli ambiti privilegiati dell’educazione alla bellezza in senso etico e politico riguarda la riconsiderazione del patrimonio storico artistico e culturale che ci circonda, a partire dal paesaggio. Ripartire dai giacimenti di arte e di cultura presenti nei nostri territori significa non soltanto riscoprire l’immenso universo simbolico e spirituale che li ha generati, trasformandoli in opere d’arte e dando forma alla tessitura della città, ma raccogliere la sfida di una crescita umana, culturale, sociale, civile delle persone. Questi aspetti erano ben chiari nella mente dei padri costituenti che richiamarono tra i principi fondativi della Costituzione (cfr. Art. 9), oltre alla promozione “dello sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”, anche la “tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione”. Nel nostro paese, nelle nostre città, il legame tra paesaggio e patrimonio storico-artistico è inscindibile, eppure ciò che è accaduto in questi ultimi decenni, anche nel nostro territorio, attesta una distruttiva e sistematica negazione di questi principi. Dunque, la sfida è un radicale ripensamento dell’indissolubile legame tra arte, cultura e sviluppo, quest’ultimo inteso in senso ampio, come educazione, creatività, conoscenza, ricerca, innovazione, invenzione, ma anche occupazione sociale.

A partire dalla tradizionale vocazione turistica del nostro territorio, occorre lavorare più intensamente sulla specificità del turismo culturale e religioso, puntando alla valorizzazione della cultura e dell’arte come straordinari veicoli dello sviluppo civile ed economico.

Oggi in Europa e nel mondo si guarda al nostro paese, e anche al nostro territorio romagnolo non più per l’attrazione della sua spiaggia, ma per l’unicità del suo ambiente, delle sue opere d’arte (che per i 2/3 sono di matrice ecclesiale), per la qualità delle relazioni personali. Come si può continuare a trascurare tutto questo continuando a replicare modelli anacronistici? È necessario e urgente mettere in atto progetti lungimiranti incentrati sulla formazione e la riqualificazione di nuovi modelli di turismo a partire dal vasto patrimonio artistico e culturale dell’area romagnola, offrendo al contempo concrete opportunità di investimento, di cooperazione e di occupazione professionale connesse a questo comparto.

 

Una prospettiva interessante, ma c’è subito un’obiezione pronta: con il turismo culturale e religioso si riempiono le migliaia di camere della Riviera?

 

Una scelta non esclude l’altra. Occorre ragionare in termini di complementarietà: il modello tradizionale del turismo balneare o congressuale (che comunque invoca da anni una radicale trasformazione anche strutturale) può convivere benissimo con un turismo che valorizzi il patrimonio di bellezza artistica e paesaggistica del territorio. Come è stato accuratamente documentato anche dal professor Attilio Gardini, c’è stato negli ultimi anni un oggettivo decadimento del tradizionale modello di turismo balneare ed urge la necessità di un riposizionamento. È sempre più diffusa in Europa e non solo in Europa la domanda di un turismo fondato sulla ricerca di esperienze autentiche, incentrate sulla qualità delle relazioni interpersonali, sulla conoscenza dei territori che si visitano, sull’incontro con le tradizioni culturali locali, sulla tipicità e unicità dei luoghi e dei prodotti. La nuova sfida è quella dell’Heritage culturale, nel quale offrire una diversa esperienza del viaggio, anche in termini relazionali, emozionali e spirituali, contro l’omologazione dominante e l’appiattimento delle diversità, per recuperare l’elemento distintivo del nostro territorio. Ma questa prospettiva, oggi in rapida espansione, esige la messa in atto di una diversa narrazione, di nuovi profili formativi, ma soprattutto di nuove politiche culturali e turistiche in grado di investire in modo innovativo sul capitale umano, culturale e relazionale, coinvolgendo i diversi saperi nei processi di sviluppo, e creando una rete tra le realtà esistenti secondo un sano principio di sussidiarietà.

Sono convinto che i turisti che arrivano sulle nostre spiagge siano sempre più alla ricerca di nuove esperienze conoscitive (ogni viaggio è mosso anzitutto da questo desiderio), a partire dalle nascoste bellezze che può offrire il nostro entroterra, dalle risorse storiche e artistiche a quelle enogastronomiche. Si tratta di far coesistere questi diversi tipi di turismo non in modo approssimativo o improvvisato, ma con avvedute politiche e strategie progettuali in grado di guidare, educare e governare questo delicato processo di cambiamento. Purtroppo a Rimini in questa direzione non si è fatto ancora nulla di sostanziale, a differenza di altre realtà; non mi riferisco solo al modello senese, ma anche a quello delle vicine Marche dove già a partire dal 2010 si sono fatti importanti investimenti sul turismo culturale e religioso con ottimi riscontri in pochi anni. I turisti che scelgono le spiagge marchigiane vengono coinvolti e appassionati nella scoperta della ricchezza presente nelle valli e nei tanti paesi e borghi storici delle colline, inseguendo suggestivi itinerari poetici sulle orme di G. Leopardi, o pittorici lungo le rotte di Carlo Crivelli o Lorenzo Lotto, ma anche di tanti musei diffusi, chiese, conventi, santuari. È una strada che si può percorrere e certamente il nostro entroterra non è certo inferiore a quello.

 

Nella sua relazione, ha affrontato anche il tema città e cultura con giudizi severi sulle tendenze degli ultimi anni.

 

In questi ultimi decenni, in effetti, abbiamo spesso assistito alla triste riduzione della cultura a vacuo spettacolo, a banale divertissement, a rincorsa di modelli omologanti svuotati di senso, di identità, di memoria… di cui le artificiose “notte bianche” o “notti rosa”, o le giostre ruotanti ne rappresentano il triste risultato. La rincorsa alla cultura-spettacolo, la cultura dei bagliori e degli effimeri “eventi”, rischia di favorire soltanto la crescita della vacuità, del deserto, del non senso … così pervasivo nel fragile terreno del mondo giovanile contemporaneo. Sulla nostra città pesa ancora una triste eredità, colta molto lucidamente dallo scrittore Pier Vittorio Tondelli, nel romanzo Rimini del 1994 un romanzo-simbolo di quel periodo, nel quale veniva messo in scena un grande “sogno” nazional-popolare che ha coinvolto i giovani e le famiglie italiane, partecipi di una città-giocattolo, un grande Luna Park estivo, in cerca dell’eccesso più sfrenato che trasforma la vacanza estiva in un grande e carnevalesco palcoscenico dell’effimero.

La sfida che abbiamo di fronte è trasformare la nostra città da consumistica “vetrina di eventi” a città internazionale della cultura a partire dalle sue potenzialità, dal rapporto con la sua identità, la sua memoria, la sua vita ordinaria.

Va anche aggiunto che la gestione della politica culturale ha evidenziato negli ultimi anni un significativo miglioramento nell’offerta di importanti servizi: biblioteca, musei, come pure di mostre, festival, cicli di conferenze… Tuttavia, si avverte l’esigenza di un radicale mutamento metodologico: superare l’eccessivo centralismo istituzionale; garantire una concreta condivisione progettuale con le principali realtà presenti sul territorio; condividere insieme progetti e risorse; avviare tavoli di lavoro per la valorizzazione e la promozione del patrimonio storico e artistico della città; per la progettazione concertata in ordine ai progetti europei per la cultura.

Occorre garantire alle diverse espressioni della società civile presenti sul territorio non solo il diritto di prendere parte alla vita culturale, economica, sociale e politica della città, ma soprattutto la possibilitàdi svolgere un ruolo attivo nella progettualità e nella gestione dei servizi della città (sussidiarietà orizzontale).

 

Una risorsa culturale dell’area riminese è stata la sua straordinaria capacità di ospitalità e di accoglienza. Non c’è il rischio che anche questo patrimonio vada perduto? Come può essere giocato nel presente?

 

Nulla può essere perduto, tanto meno questi valori originari di socialità, di autenticità delle relazioni, di ospitalità e di accoglienza familiare che hanno caratterizzato e distinto per tanto tempo il nostro modello sociale e turistico. Vivere dentro una tradizione significa rinnovare l’esercizio della memoria e dell’identità a partire dalla propria storia ed esperienza. Questo prezioso patrimonio antropologico, sociale e culturale della nostra terra e della nostra gente non solo non può essere disperso ma, al contrario, deve costituire il fondamento sul quale pensare e costruire il futuro della nostra città. Tutto ciò avendo presente la complessità dei processi sociali e tenendo insieme tradizione e innovazione, esperienza e ricerca, memoria e profezia. Solo dalla tensione polare tra questi aspetti prende forma una nuova polis fondata su un solido ethos, una città che sia anzitutto “dimora” del nostro essere, in cui poter ancora abitare.

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Bellaria, il sindaco spiega come ha favorito la riqualificazione degli hotel

 

Si può avviare un processo di ristrutturazione degli alberghi in questo momento di crisi, con le banche che stringono i cordoni della borsa e la burocrazia che continua a rallentare ogni decisione? Si può. A Bellaria  Igea Marina ben dieci alberghi nel 2014 hanno avviato processi di ristrutturazione “pesante”, con interventi fino a un milione di euro.

 

Come sia stato possibile lo ha spiegato il sindaco Enzo Ceccarelli nel corso dell’incontro, organizzato da Dreamini, dedicato ai problemi del commercio e che ha visto la partecipazione di Pierpaolo Mazzotti, presidente del comitato degli ambulanti di Rimini, e del professor Alessandro Berti, docente all’Università di Urbino.

 

Ceccarelli ha spiegato come sia avvenuto questa sorta di “miracolo” verso il quale in molti avevano guardato con scetticismo. Il Comune ha deciso che le ristrutturazione degli alberghi, quelle pesanti appunto, non una semplice riverniciatura, potevano avere entro 60 giorni tutte le autorizzazioni necessarie attraverso una procedura in deroga rispetto ai regolamenti attuali. Poiché si tratta di una procedura in deroga, i relativi progetti degli alberghi devono essere approvati dal consiglio comunale. La logica dell’intervento è quella di considerare la ristrutturazione dell’albergo un interesse pubblico, per cui si può derogare dalle normali procedure. Perché un interesse pubblico? Perché – ha spiegato Ceccarelli – un albergo che si rinnova eleva la qualità dell’offerta di ospitalità, migliora la qualità urbana del territorio in cui è inserito, attiva uno spirito di emulazione che spinge altri a rinnovarsi, produce lavoro per le tante imprese artigiane che concorrono ai lavori. La procedura straordinaria è stata utilizzata da ben 10 alberghi che in una cittadina come Bellaria Igea Marina sono un numero di tutto rispetto.

 

Il sindaco Ceccarelli nel corso del dibattito ha indicato la vicenda come un esempio virtuoso di rapporto fra pubblica amministrazione e privati, sottolineando però come debba essere superata la mentalità che vede i privati sempre in attesa dell’intervento pubblico. E a questo proposito ha citato il piano spiaggia del Comune che, fissando alcune regola generali, lascia però gli operatori liberi di decidere come realizzare le loro cabine e i loro chioschi (creando disorientamento negli stessi operatori che chiedono cosa devono fare).

 

Sul tema specifico della serata, il commercio, Ceccarelli ha spiegato come il Comune è riuscito a contenere al massimo il fenomeno dell’abusivismo commerciale puntando soprattutto sulla prevenzione, con una squadra di polizia urbana addestrata allo scopo e in azione fin dall’inizio della stagione balneare. Altri capisaldi dell’azione anti-abusivismo sono i rapporti di collaborazione con le altre forze dell’ordine e l’utilizzo delle banche date incrociate per prevenire e contrastare l’infiltrazione di attività economiche contigue alla criminalità.

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Aeroporto, Airiminum denuncia ad Enac la concorrenza sleale di Ancona

 

"AIRiminum 2014 è molto contrariata dall’atteggiamento tenuto dai gestori dell’aeroporto di Ancona e di quello di Forlì. Lunedì invierà un reclamo ufficiale direttamente a ENAC". Lo annuncia Leonardo Corbucci, amministratore unico della società che ieri ha ricevuto il decreto per l'occupazione anticipata dell'Aeroporto internazionale di Rimini e San Marino.
"L’organo di governance  - spiega Corbucci - ha conferito mandato ai propri legali di far valere i diritti di AIRiminum 2014 nei confronti della società Aerdorica dopo aver preso atto della email della signora Testasecca Angela (che si qualifica Commercial Aviation Department Aerdorica SpA) la quale probabilmente ritiene che una sana concorrenza vada effettuata attraverso la diffusione di notizie false e ingiuriose".


"Parimenti stiamo valutando se ci siano gli estremi per agire nel confronti del signor Halcombe di Air Romagna - aggiunge l'amministratore unico di AIRiminum - dopo aver letto le sue dichiarazioni (poi ritirate o smentite, non è chiaro) circa fantomatici favoritismi dell’ex ministro Lupi e di ENAC a favore di AIRiminum 2014. A suo dire, gli stessi avrebbero riservato un trattamento diverso alla sua società nel corso del processo di certificazione. Facciamo presente al signore citato che se AIRiminum è stata 10 volte più veloce di Air Romagna è perché ha investito nel gruppo di lavoro della certificazione probabilmente risorse economiche e umane 10 volte più grandi ricorrendo a professionisti di altissimo livello a cominciare dallo studio legale NCTM (con oltre 250 professionisti, di cui 54 soci e sei sedi a Milano, Roma, Verona, Londra, Bruxelles e Shanghai) che sta anche assistendo AIRiminum nelle cause legali già avviate e l'assisterà in quelle che saranno avviate nei prossimi giorni nei confronti di chi ha recato danni evidenti ad un gruppo di investitori che fin da luglio 2014 hanno creduto che è possibile sviluppare un progetto ambizioso anche a Rimini. Quest'ultima cosa, in effetti,  non era 'un atto dovuto'."

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Bellaria. Sì all'addizionale Irpef, no alla tassa di soggiorno

 

Il Comune di Bellaria Igea marina era l'unico nella provincia a non applicare l'addizionale Irpef. Ma si è trovato di fronte ad una riduzione di entrate correnti superiore a 2 milioni di euro, solo in parte recuperate con un controllo della spesa.

 

"Non volendo ridimensionare gli standard dei servizi garantiti ai cittadini, ha spiegato il vice sindaco Roberto Maggioli - abbiamo ritenuto che l’unica manovra possibile fosse quella tariffaria. Coerentemente al programma di mandato, e valutando le possibili alternative, abbiamo ritenuto opportuno istituire l’addizionale Irpef anziché la tassa di soggiorno. Quest’ultima viene percepita come un sovrapprezzo non giustificato, a prescindere dalla capacità di spesa. Sicuramente la tassa di soggiorno avrebbe avuto, indirettamente, effetti negativi per tutti: meno presenze turistiche significa minore necessità di manodopera nelle attività, che si traduce in minori assunzioni e minori consumi per tutte le attività extra-alberghiere, come bagnini, negozi, bar, e ristoranti. Minori turisti avrebbe significato anche meno soldi che entrano e che vengono rispesi nel nostro territorio, penalizzando anche artigiani, terzo settore o attività che per loro natura non hanno a che fare direttamente con il turismo. Ovviamente, nell’introduzione del nuovo tributo si è tenuto conto delle cosiddette classi “deboli”, prevedendo una soglia di esenzione sotto i 10.000 euro di reddito, con l’applicazione di aliquote graduali".

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Riccione, Trc: il sindaco respinge le accuse di Am. "Altre le cause dei ritardi"

 

Il sindaco di Riccione renata Tosi prende atto della decisione con cui il Tar Emilia Romagna ha sospeso  l'ordinanza con la quale il Comune di Riccione richiedeva la rimozione delle strutture dei limiti di cantiere in viale Portovenere perché ritenute, su richiesta dei vigili del fuoco, non corrispondenti alle indicazioni di sicurezza e passaggio dei mezzi di soccorso in caso di emergenza. Tuttavia replica alle osservazioni di Agenzia Mobilità.

 

"Rigettiamo - afferma - l'interpretazione che tale richiesta sia stata mossa con velleità ostruzionistiche, tanto è vero che il cantiere non ha subito nemmeno un giorno di fermo. Rigettiamo altresì la stucchevole polemica sui tempi di rilascio delle autorizzazioni per il cantieramento dei nuovi tratti in territorio riccionese. Visto tra l'altro che verranno eseguite secondo quanto concordato lo scorso ottobre". 

 

Il sindaco inoltre precisa: "È evidente a tutti che altre e ben note  sono le cause dei ritardi o peggio della imbarazzante lentezza con cui procedono i lavori. I cantieri tutt'oggi aperti languono in un preoccupante abbandono. Sono mesi che in viale dei Mille e' ancora aperto un cantiere che avrebbe dovuto essere chiuso, con il ripristino della viabilità corrente, già dalla fine dell'anno. Mentre addirittura ad oggi non è dato sapere quando i commercianti della zona potranno riavere la normale viabilità del viale. È' altresì evidente che sia la mancanza di una reale programmazione, sia soprattutto la chiarezza di un percorso che dia finalmente una soluzione a questo pasticcio non aiutano certo a trovare una plausibile certezza sull'opera.  Il comune di Riccione e la sua amministrazione sono fermamente convinti che questa infrastruttura vada rivista nel suo percorso attuativo. E non ci stancheremo di dirlo, soprattutto oggi che prende sempre più convinzione in tutti la consapevolezza che è necessaria una oggettiva riflessione su come procedere".

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Debiti Palacongressi, in attesa dell'advisor Cagnoni sparge ottimismo

 

La situazione, nella sostanza, è identica all’anno scorso. Non sono avvenuti clamorosi fatti nuovi, tali da indurre diverse valutazioni. Il presidente di Rimini Fiera Lorenzo Cagnoni diceva un anno fa le stesse cose che ha ripetuto in commissione comunale questa mattina, salvo aggiornare alcuni dati. Eppure l’effetto sui consiglieri, anche quelli di opposizione, è stato quello di un rasserenamento degli animi, fino a far dire a qualcuno nei corridoi: meno male che non abbiamo deciso per la privatizzazione. In realtà lo stesso Cagnoni ha confermato di non voler sentire parlare di privatizzazione “per stato di necessità”, ritenendo invece legittima ogni discussione e ipotesi sul futuro della Fiera.

 

L’equivoco probabilmente nasce dalla mancata chiarezza e distinzione, in molti protagonisti del dibattito pubblico, sulla situazione economico finanziaria del gruppo Rimini Fiera (che è tendenzialmente positiva) e la situazione debitoria riguardo la realizzazione dei Palacongressi, che grava su Comune, Provincia e Camera di Commercio, fino al punto da indurre questi enti a chiedere l’aiuto di un advisor per verificare se sul mercato internazionale c’è qualcuno interessato alla Fiera di Rimini.

 

L’advisor, la società KPMG Advisory, presenterà i risultati della sua ricerca entro la fine del mese di aprile e solo in quell’occasione si potrà verificare come il mercato valuta la Fiera di Rimini. Nell’attesa l’unica verità disponibile è quella offerta dal presidente Cagnoni che nella sua relazione ha dipinto uno scenario positivo e ottimistico. Negli anni terribili della crisi, 2008-2013, il consuntivo finale è comunque con il segno più (+2,4 milioni di euro), il 2014 si è concluso con un utile e si prevede che nel 2015 l’utile netto di Rimini Fiera non sarà inferiore ai 3 milioni di euro. Nel corso dell’anno la società potrà anche distribuire ai soci il dividendo straordinario di 12,5 milioni derivato dall’alienazione dei terreni di via della Fiera (quelli su cui sorgerà Acqua Arena e il centro commerciale Conad). In un quadro fieristico nazionale dove non ci sono stelle che brillano, il gruppo di Rimini, a detta di Cagnoni, si distingue e corre per essere ai primi posti. Se c’è una differenza rispetto ad un anno fa è l’estinzione del debito per la costruzione della nuova Fiera: Cagnoni aveva detto entro il 2016, questa mattina ha annunciato trionfante che in realtà sarà chiuso entro il 2015.

 

Rimane invece intatta la situazione debitoria per la costruzione del nuovo Palacongressi (“un’opera pubblica – ha sottolineato Cagnoni – destinata a non produrre reddito se non quello indotto sul territorio”) . Questo è il punto debole del sistema, soprattutto dopo che uno dei debitori (la Provincia) è stato pressocchè azzerato ed un altro (la Camera di Commercio) si è visto assottigliare di parecchio le entrate dai provvedimenti del governo. Un debito per il quale esistono due mutui. Il primo di 27 milioni contratto dalla Società del Palazzo dei Congressi con il Monte dei Paschi di Siena. Perfettamente pagabile, ha spiegato Cagnoni, con le entrate di questa società: 1,1 milioni di affitto del Palazzo pagati adesso da Rimini Fiera (il presidente ha riconosciuto, come lamentava la defunta Convention Bureau, che non è un affitto a prezzo di mercato ma molto più elevato) e 250/300 mila euro all’anno dalle royalties degli albergatori. La rata è di 979 mila euro all’anno e quindi non c’è problema di solvibilità.

 

Il secondo mutuo è quello di 46 milioni (già scesi a 42) contratto da Rimini Congressi con Unicredit, garantito dal pacchetto di maggioranza delle azioni di Rimini e dalle lettere di patronage sottoscritte dal sindaco di Rimini e dal presidente della Provincia.  In questo caso la rata è di 3,450 milioni all’anno fino al 2031. Un impegno che i tre soci pubblici non riescono a rispettare, tanto è vero che per il 2014 la rata è stata sospesa e per la prossima, da pagare al 30 giugno, ancora si deve decidere come fare (una nuova sospensione da chiedere alla banca?). Su questo punto Cagnoni ha fatto il brillante: cari signori, nei prossimi anni, se tutto prosegue come ora, la Fiera distribuirà ogni anno un dividendo di almeno 3 milioni, dei quali 2,5 finiranno ai tre soci pubblici. Quindi il debito diventa più sostenibile e la privatizzazione potrebbe non essere affatto necessaria L’assessore al bilancio dei Comune di Rimini, Gianluca Brasini, ha però sottolineato che la situazione resta problematica e che si dovrà valutare per bene ciò che dirà l’advisor a fine mese.

Nel dibattito in commissione è mancato completamente il riferimento ad un’altra prospettiva della privatizzazione, espressa a suo tempo dalla Camera di Commercio ed anche dall’ex presidente della provincia Vitali: se non siamo costretti dallo stato di necessità, può comunque essere un’opportunità per liberare risorse da reinvestire sul territorio. È probabile e auspicabile che questo dibattito diventi invece stringente quando si valuteranno i risultati del lavoro dell’advisor.

 

Cagnoni ha inoltre precisato il suo pensiero circa la prospettiva della creazione di un sistema fieristico regionale. Se la proposta è quella di un coordinamento, di una cabina di regia, o di un gonfiare i muscoli per mettere in difficoltà Milano, siamo quasi all’aria fritta. L’integrazione regionale diventa invece una proposta interessante se è funzionale a due obiettivi: la realizzazione di economie di scala, una maggiore internazionalizzazione del polo fieristico.

L’assessore Brasini ha precisato che nel piano di razionalizzazione delle società partecipate che il Comune deva mandare al governo entro fine marzo non si farà riferimento alla prospettiva del polo regionale ma alla ricerca di partner industriali e/o privatizzazioni. Una scelta che conferma quanto al momento sia ancora poco concreta l’ipotesi riaperta dalla giunta regionale di Bonaccini.

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