Mille manifesti, 200.000 clubbers, 1 sindaco. Solo
Mille manifesti, 200.000 clubbers, 1 sindaco. Solo
Dal punto di vista dei numeri, dicono in giro, i 1000 grandi manifesti annunciati con le immagini di Cattelan e Ferrari fanno il paio, in termini di esagerazione, con i 200.000 scalmanati (noi tra quelli) dichiarati per la Molo Street Parade. Difficile, invece, contestare il riscontro di rassegna stampa dei “Saluti da Rimini” sui media. Pur se, rispetto al successo sui giornali soprattutto elettronici (dovuto certo al nome di Cattelan, ma – più – a quel tanto di morboso che produce sempre tanti click), varrebbe la pena domandarsi se esso soddisfi solo il vecchio adagio “purché se ne parli” (di Rimini, ovviamente) o invece una vera strategia – scritta da qualche parte – che dovrebbe condurre la città fuori dalle secche attuali.
Questo premesso (ché per dire di più e seriamente bisognerebbe avere a disposizione tutta una serie di dati e di informazioni specifiche), qui, il nostro argomento è un altro, e sono i riminesi stessi; o, meglio, i riminesi alle prese con le idee del loro sindaco.
Le reazioni alla vicenda Cattelan sul web confermano che il tipo romagnolo di una volta, che di queste cose discuteva sulla piazza del mercato o, più di recente, al bar sport, non sembra ancora estinto; ancora anarchico e cinico, che sa tutto lui e sentenzia quasi ex cathedra, e guai a dargli torto. E si può ben dire che, coerenti o meno con una strategia di modernizzazione della città, le iniziative e le relative dichiarazioni del sindaco gli forniscano ogni volta materiale abbondante per le sue esercitazioni satiriche; e, altrimenti, sai che noia. Ma quello che colpisce è come questo sentimento sarcastico, e spesso astioso, che attraversa destra e sinistra senza steccati ideologici, si metta in moto anche prima di conoscere nel merito ciò di cui si parla; acceso più dagli atteggiamenti della persona che da un giudizio informato.
Però, per non farne solo una questione caratteriale, vale la pena provare a capire quale significato politico abbia tutto ciò; così, oltre ai Saluti da Rimini, vale la pena introdurre l’argomento più generale del ruolo degli eventi per il turismo riminese.
La teoria l’abbiamo lasciata a chi se ne intende più di noi (Il guru del turismo). Di nostro possiamo aggiungere che l’obiettivo strategico cui gli eventi e le iniziative messe in campo devono corrispondere non è di proprietà del Comune ma riguarda le tanto (e giustamente) vituperate categorie economiche e anche i singoli imprenditori, oltre a tutti i cittadini. Potrà essere messo a fuoco e razionalizzato da esperti o da sindaci illuminati ma appartiene a una città intera. Sia per la redistribuzione delle fortune o delle disgrazie economiche di cui può essere causa, sia - soprattutto - perché nessun piano potrà mai avere effetto se non è portato dalla città intera. In questo senso, cosa Rimini debba diventare per superare questa sua fase matura é più una mentalità da conquistare e da condividere che un freddo piano di marketing di destinazione.
Anche perché, diversamente, quelle stesse categorie e quegli stessi imprenditori, se non c’è qualcosa che viene condiviso prima, continueranno a interessarsi solo ai denari che l’Amministrazione sarà in grado di mettere sul tavolo. Insomma, qui sta probabilmente il vero punto debole di Gnassi: non l'invenzione di nuovi eventi, non l’avvio di cantieri, ma la capacità di condividere in modo convincente una ipotesi di sviluppo strategico con tutta la città. Tanto che, spesso, le presentazioni dei progetti (come quello del lungomare, al netto delle pretese di garanzie impossibili dei bagnini) sono percepiti come diktat. E non dovremmo invece aspettarci che la condivisione di un progetto, di una idea di sviluppo, di una Rimini futura (una volta si diceva “del terzo millennio”) sia l’elemento principale per il suo raggiungimento?
Tutto per dire che, alle prossime elezioni, il vero avversario del sindaco attuale sarà lui stesso. L’unico rischio che corre e che può travolgerlo è questo sentimento con cui se ne ascoltano le parole, il fastidio per questo suo essere, sempre, un uomo solo al comando. Solo, appunto.
Il guru del turismo: ecco come Rimini si può rilanciare
Il guru del turismo: ecco come Rimini si può rilanciare
Ha iniziato la sua carriera nel turismo per l’Ente del Turismo della Catalogna e di Barcellona nel 1985, dove ha partecipato all’organizzazione e promozione delle Olimpiadi del 1992. Dal 1995 ha curato la direzione dell’Ente del Turismo della Corugna, in Spagna.Poi la sua carriera si è sviluppata in Italia
Nel 1999 è stato chiamato a dirigere Turismo Torino, responsabile del Destination Management e Marketing della città. Dagli inizi del 2006 fino al 2008 è stato direttore generale dell’Agenzia Regionale per il Turismo del Friuli Venezia Giulia. Fino a qualche settimana fa ha diretto Eplora, la società incaricata di promuovere Expo e Lombardia. Josep Ejarque è fondatore di Four Tourism, società di consulenza internazionale in management e marketing turistico delle destinazioni, ed è considerato uno dei massimi esperti europei di destination management e destination marketing.
La persona giusta con cui parlare di una destinazione a prodotto maturo come Rimini e sulle possibili vie per un rilancio. Ecco le risposte alle nostre domande.
Innanzitutto le chiedo: un esperto del settore come lei che immagine ha di Rimini? La conosce anche direttamente, c'è mai stato? Quali punti di forza vede e quali punti di debolezza?
Ovviamente conosco Rimini sia come turista sia come professionista del settore. L’immagine che ho di Rimini è quella di una classica destinazione balneare dell’Adriatico, che ha creato intorno alla sua risorsa, ovvero la spiaggia, una proposta turistica standard, arrivando però a logorare però la risorsa stessa. Penso che abbia diversi punti di forza e che siano noti a tutti mentre i punti di debolezza sicuramente sono riconducibili al fatto che si tratta di un modello di destinazione tradizionale, che anche se ha migliorato il proprio prodotto continua ad essere identificata dal mercato come una destinazione di turismo di massa, quando ormai la domanda è cambiata. Inoltre, ritengo che Rimini faccia fatica a sviluppare il proprio valore aggiunto, soprattutto perché ha un prodotto standardizzato e poco segmentato. E questo la costringe a fare leva sul prezzo per differenziarsi, giocando al ribasso. Ciò significa che l’unico modo per differenziare la destinazione è il prezzo, ovviamente sempre più verso il basso.
Rimini è una destinazione a prodotto maturo e cerca una via di rilancio. A suo giudizio una destinazione a prodotto maturo quali strategie di marketing deve mettere in campo?
Rimini è una destinazione impostata su un modello classico di turismo e che in un’ottica di maturità e di ciclo di vita di una destinazione, sicuramente si può affermare che è arrivata al punto massimo del proprio sviluppo. In questa situazione, le uniche opzioni possibili sono due: il rilancio o il declino. Se si sceglie di continuare così purtroppo con la concorrenza attuale e con un turista sempre meno fedele, rimane poco da fare: per continuare ad avere turisti l’unica leva è il prezzo, che però penalizza la redditività in misura sempre maggiore anche perché sarà necessario cercare costantemente nuovi flussi di visitatori in nuovi mercati. E quindi il costo d’acquisizione del cliente (CAC) sarà sempre maggiore.
Le strategie di marketing sono semplici: non si tratta mai solo di un problema di prezzo, ma di prodotto anzi di destinazione-prodotto.
Per una destinazione a prodotto maturo basta il marketing o in qualche modo bisogna reinventare il prodotto?
Molti operatori e destinazioni italiane continuano a pensare che nel turismo sia sufficiente fare promozione e pubblicità per attirare i turisti e portarli sul territorio: ma questo non corrisponde alla realtà. Forse questa politica funzionava fino a qualche anno fa, ma oggi non è più così. Partiamo della premessa che il turismo italiano è cresciuto e si è sviluppato in modo così forte, in quanto una volta vigeva un mercato di domanda, ossia c’era più richiesta che offerta e quindi i turisti arrivavano da soli, senza grandi sforzi. Purtroppo oggi non è più cosi, siamo in un mercato d’offerta e molto concorrenziale. Al turista non interessa più solo il territorio ma l’esperienza che può vivere nel territorio. Per tanto è necessario attuare una reingegnerizzazione della destinazione, partendo del prodotto.
Sicuramente non è da reinventare, ma è necessario fare emergere il proprio valore aggiunto attorno al quale costruire la propria competitività. Sono finiti i tempi delle destinazioni monoprodotto perchè oggi la domanda richiede prodotti adeguati ai diversi target. In sostanza, non è più il turista a doversi adeguare ma siamo a noi a doverlo fare. Per ogni turista, le destinazionedevono fabbricare l’esperienze che meglio sono in grado di soddisfare i suoi bisogni.
Promozione e commercializzazione: tutti dicono che devono procedere insieme ma non sempre si vedono esperienze efficaci. Come tenerle insieme?
Attraverso quali canali?
La promozione è un’azione che spetta all’ente pubblico mentre la commercializzazione ai privati. Tuttavia, oggi una promozione che non abbia come obiettivo la facilitazione delle offerte e il conseguimento delle prenotazioni è inutile.
Il punto non è se tenerle insieme o divise: quello che conta è utilizzare il meccanismo giusto, ossia la promocommercializzazione, che promuove la destinazione attraverso le sue proposte concrete e con offerte specifiche. Ed è proprio quello che richiede il mercato, ossia la possibilità di accedere a tutte le informazioni, per sapere cosa fare e come farlo e anche per prenotare e acquistare. Se le destinazioni infatti illustrano ad un turista le proprie bellezze e attrattive ma senza fornire informazioni concrete, obbligando il turista a faticare per prenotare, probabilmente alla fine quel turista sceglierà un’altra destinazione che invece gli permetta di acquistare la vacanza in modo veloce e semplice. Promuovere il territorio in modo generico ed istituzionale, oggi non serve a niente perchè il turista vuole risposte chiare, concrete e specifiche. Con l’avvento del web e degli intermediari online, il settore turistico ha perso il controllo della situazione ed oggi il potere è in mano al potenziale cliente ed è lui che decide.
Per quanto riguarda i canali, la risposta è semplice: è necessario proporre l’offerta della destinazione laddove si trova il potenziale cliente.
Il turismo è ormai online: l’85% dei turisti cerca informazioni in rete per scegliere anche se per acquistare utilizza diversi canali, non solo quelli online. Di conseguenza, la promocommercializzazione di una destinazione turistica deve essere multicanale perche il cliente è multicanale e multitasking.
Le esperienze efficaci ci sono ed hanno tutte un denominatore comune: una solida e leale collaborazione fra operatori ed enti di promozione turistica; l’adozione di una chiara visione di mercato e non particolaristica ed endogena; un approccio che parta sempre dal cliente, ponendolo al centro perché non bisogna dimenticare che il turismo è un’attività economica.
Una destinazione a prodotto maturo come deve realizzare la propria presenza sul web?
Internet 2.0 ha cambiato tutto. Oggi le destinazioni turistiche ma anche gli hotel non sono più quello che comunicano di se stessi ma sono ciò che i clienti e i turisti raccontano. Una destinazione, soprattutto se matura, deve essere in grado di creare e gestire la propria reputazione, senza subirla, lavorando proprio sulla destination reputation. Per fare un esempio: esiste un caso di una destinazione balneare matura italiana che con una buona strategia di destination reputation è riuscita ad incrementare del 18% il revenue medio della destinazione.
I problemi di Rimini sono essenzialmente due: un'offerta ricettiva bisognosa di riqualificazione e una "cartolina", uno skyline fermo da 50 anni: a cosa è più urgente mettere le mani?
Direi ad entrambi. La riqualificazione non può essere solo un problema di cartolina ma è strettamente legata al prodotto e alla qualità del servizio. Partiamo dalla premessa che ad oggi il cliente non paga la qualità, in quanto la dà per scontata. Il turista è molto consapevole e sa quello che vuole e lo pretende, anzi pretende sempre di più. Non si tratta quindi solo di un problema di servizi ed infrastrutture ma proprio di prodotto e della capacità di evidenziare il valore aggiunto e differenziale della destinazione agli occhi del mercato.
Quali sono i fattori di successo di una destinazione? Quanto conta l'accessibilità (collegamenti stradali, aeroportuali, ecc.) e quanto la vivibilità, la qualità della vita, i servizi? O che altro?
Sono tutti fattori molto importanti: in particolare, l’accessibilità, non solo intesa come collegamenti e trasporti, ma commerciale, ossia la possibilità per il turista di reperire facilmente sia tutte le informazioni necessarie per effettuare la sua scelta sia le proposte ed offerte per prenotare e mettersi in contatto con la destinazione e i suoi operatori. È importante che il turista non percepisca la destinazione come un ente astratto ma come un luogo fatto di persone, dove la componente umana è forte e tangibile.
Una risposta alla crisi praticata dalle amministrazioni locali è la politica degli eventi. Quanto è importante e quali sono le condizioni per successo ed efficacia?
Negli ultimi quindici anni, gli eventi sono stati utilizzati come motore per attirare i turisti. Tuttavia, si tratta ormai di una prassi inflazionata, che oltretutto non risponde neanche più alle esigenze del mercato. Ritengo che non sia una risposta risolutiva alla crisi. Se si tratta di un evento davvero unico, particolare e molto interessante, probabilmente riuscirà ad attirare i turisti ma di fatto si può pensare oggettivamente di utilizzarli per posizionarsi nei mercati internazionali? Possono realmente servire per rilanciare una destinazione quando oggi il cliente cerca esperienze da vivere autentiche e genuine? Inoltre se si organizzano eventi, è necessario capire bene il rapporto costo-ritorno dell’investimento.
Sappiamo che gusti e abitudini dei turisti stanno cambiando: In quale direzione, secondo lei? E cosa bisogna fare per intercettarli?
È semplice: bisogna proporre al potenziale turista ciò che vuole, ossia un'offerta che sia in grado di soddisfare i suoi bisogni ed aspettative. Nel turismo, un cliente acquista un sogno, una promessa: scegliendo una vacanza al mare il turista non compra un metro quadro di spiaggia ma l'esperienza che potrà vivere in quella spiaggia che ovviamente sarà diversa a seconda della tipologia di cliente. Ed è per questo che ad ogni turista la destinazione deve essere in grado di proporre il prodotto più adatto.
Rimini ha sempre avuto l'ambizione di tenere insieme diverse forme di turismo (famiglie, giovani, divertimento, congressuale): secondo lei è una scommessa vincibile ancora oggi?
Rimini ha tentato di diversificarsi ed è corretto: tuttavia non si può pensare di tenere insieme diversi target con la stessa proposta e lo stesso prodotto.
Penso che Rimini deve e può fare di più: questo non significa tenere insieme diverse forme di turismo, che è quello che in sostanza si è fatto finora ma sviluppare e creare diversi prodotti adatti a differenti target.
C'è in cantiere un progetto di rinnovamento del lungomare (con centri benessere, palestre a cielo aperto, ecc.) che punta appunto sul riposizionamento di Rimini nel segmento wellness. Ritiene che il wellness sia una carta vincente per il futuro?
Innanzitutto, bisogna chiedersi se il concetto wellness che intendiamo noi corrisponde a quello che vuole ed interessa il mercato. Questo è un grande problema che abbiamo in Italia. Non penso che il turista che vuole fare wellness lo intenda cosi. Non conosco il progetto nel dettaglio per cui non posso esprimermi ma forse sarebbe più opportuno sviluppare un progetto per reingenerizzare la destinazione, ossia per reinventarla, puntando sul prodotto per cui Rimini è riconosciuta sul mercato, comunicando il suo valore aggiunto. A volte la dispersione è controproducente: è meglio focalizzarsi ed essere il migliore su un unico prodotto piuttosto che risultare mediocre in più ambiti.
Valerio Lessi
Gnassi si candida a diventare il becchino della Notte Rosa?
Gnassi si candida a diventare il becchino della Notte Rosa?
Non sappiamo al momento se la Notte Rosa diventerà un evento di tutta la costa adriatica e se l’unico punto spento sarà Riccione che si è chiamata fuori. Queste due possibilità, entrate nel dibattito pubblico dopo la conclusione della decima edizione, denunciano lo stesso problema: una perdita di identità della Notte Rosa.
È un fenomeno che è cominciato quasi subito. Non appena si sono accorti che i concerti gratuiti e gli addobbi in rosa di negozi e alberghi riempivano le piazze, amministratori e operatori turistici hanno cominciato a parlare della Notte Rosa come prodotto turistico. Cioè un modo per tentare di dare vitalità al primo week end di luglio, sperando in un effetto di trascinamento per tutto il mese (da un po’ di anni debole, specialmente a Rimini). Come confermano i dati, il prodotto turistico Notte Rosa si riduce alle due notti del venerdì e sabato. Tanto rumore per un week end. Ma non è questo il punto.
La Notte Rosa non era stata pensata come prodotto turistico, come strumento per riempire un fine settimana, ma come evento che aveva l’obiettivo di un riposizionamento strategico della Riviera rispetto al mondo della notte. Nella convention ai Caraibi di Promozione Alberghiera in cui fu partorita l’idea, presente Andrea Gnassi, il tema era quello di come rilanciare la notte che, dopo la stagione scoppiettante e trasgressiva degli anni Novanta, non era più un traino per il turismo. L’associazione della cultura dello sballo al divertimento notturno aveva avuto effetti deleteri e creato un’immagine negativa della Riviera e della notte in particolare. Bisognava rilanciare: come farlo? La risposta è stata: con un evento che indichi che la Riviera non è la terra dello sballo ma il luogo di un divertimento dolce per tutti, dai giovani alle famiglie con bambini, agli anziani.
“La notte – scriveva Andrea Gnassi nel libro sulla Notte Rosa – come chiave per riposizionare un territorio, come elemento debole da rivalutare e rilanciare e per ricomunicare tutta la riviera e i suoi cambiamenti”. E si scelse di colorarla di rosa perché “capace di esprimere qualità opposte a quelle che la vecchia foto del divertimentificio e della notte oscura ci assegnava”. In una parola la Notte Rosa doveva essere il traino di una Riviera che è “la vera terra degli incontri, dei sentimenti, delle relazioni sociali”.
Una riflessione, possibilmente accompagna da dati, se il riposizionamento strategico tentato in dieci anni abbia avuto effetto, la si deve ancora leggere. In realtà, questo scopo fondativo della Notte Rosa è stato quasi subito archiviato. Quando si sono manifestati i primi segni che l’evento anziché essere espressione di una Riviera dolce correva il rischio di diventare il ricettacolo di gruppi e persone che vi vedevano l’ennesima occasione per una notte sopra le righe, si è preferito minimizzare e continuare come sempre, senza mai porsi il problema di aggiornare la formula. (Anche gli eventi più consolidati, tipo il Festival di Sanremo, ogni anno cambiano, si aggiornano). Anche adesso, anziché dare una risposta argomentata, si preferisce ridicolizzare la posizione di Riccione che vuole uscirne perché rifiuta il tipo di turismo che l’evento attira. Senza accorgersi che è davvero paradossale che una festa sorta per celebrare la notte dolce venga abbandonata in nome degli eccessi di alcol e di vandalismi. Si dovrebbe aprire un confronto serio e a Riccione, anziché trascinarla in stantie polemiche politiche di paese, si dovrebbe chiedere di chiarire qual è il target a cui mira, a quale riposizionamento strategico puntano certe scelte come quelle di mettere a nanna la città mezz’ora dopo la mezzanotte, o quella di affidarsi a Oliviero Toscani per trasformare la città in una sorta di Truman Show turistico.
Ma c’è da aggiungere che in dieci anni la Notte Rosa non ha fatto alcun passo in avanti per diventare davvero lo stile nuovo della Riviera. Sono nati locali nuovi per vivere una notte dolce? Si sono affermate nuove mode notturne? L’imprenditoria, del giorno e della notte, ha raccolto la sfida e ha inventato qualche iniziativa originale? La Notte dolce della Rivera è rimasta solo un appuntamento, per alcuni neppure tanto dolce.
Il definitivo abbandono delle motivazioni per cui era nata la Notte Rosa lo si coglie anche nella proposta di farne un evento da Venezia alla Puglia, per celebrare tutte le eccellenze (gastronomiche culturali, artigianali, ecc.) dell’East Coast italiana (un concetto – quello di East Coast – che non esiste nella realtà). Fa impressione rileggere oggi la prefazione dell’allora presidente della Provincia, Nando Fabbri, al libro fotografico sulla Notte Rosa. “Con orgoglio abbiamo sempre detto che la Notte Rosa è un evento irripetibile altrove, perché solo qui c’è un sistema turistico capace di mettere in campo idee, energie, risorse per confermarsi, con risposte creative e sempre diversificate, un polo pregiato di ospitalità e di loisir”. Oppure rileggere Gnassi che celebrava il colore rosa perché “rende visibili l’elemento identitario che è nella nostra gente”, cioè un colore che è “gentile, dolce, divertente, esprime bellezza, amore, complicità, voglia di incontrarsi”.
Con l’allargamento alle Marche, l’elemento identitario è andato in soffitta. E ci andrà ancora di più con l’allargamento a tutto l’Adriatico, se mai si farà. Sarà una Notte hegeliana in cui tutte le vacche sono rosa. La proposta ha il terribile difetto che impedisce qualsiasi serio bilancio critico dell’evento e qualsiasi ipotesi di rinnovamento o di ritorno alle origini. Ciò che si vuole esportare è una formula che si può riassumere così: concerti gratis, pennellate di rosa, fuochi d’artificio a mezzanotte. Non stupisce che possa piacere anche fuori confine, che si entusiasmino a Fano o a Senigallia, ma che ne è di tutta la retorica sulla unicità, sull’irripetibilità e sull’identità? Che ne è dell’intelligente tentativo di associare un’immagine positiva al divertimento notturno?
Davvero Andrea Gnassi, dopo essere stato l’inventore della Notte Rosa, vuole diventarne anche il becchino?
L'esperto: ecco quali eventi servono a rilanciare una città. E come li si misura
L'esperto: ecco quali eventi servono a rilanciare una città. E come li si misura
Dichiarando di voler uscire dalla Notte Rosa il sindaco e gli albergatori di Riccione pongono, indirettamente, il vasto tema degli eventi e della loro funzione all'interno di una strategia di marketing per il rilancio di una destinazione turistica. Su questo tema abbiamo interpellato un esperto, Francesco di Cesare, presidente di Risposte Turismo, società di consuenza. Di Cesare è anche docente universitario di marketing del turismo e consulente della Biennale di Venezia.
Una destinazione a prodotto turistico maturo può e/o deve puntare sugli eventi per rilanciarsi?
Si è affermata l’abitudine di parlare degli eventi come se fossero la panacea di tutti i mali del turismo. Gli eventi sono invece solo uno strumento, accanto ad altri, di marketing e destination management. Gli eventi hanno un senso se sono all’interno di un preciso percorso strategico. Non c’è ragione di investire sugli eventi se non sono chiari gli obiettivi strategici finali. Fatta questa precisazione, bisogna capire cosa vuole fare una destinazione matura. Se è una località la cui storia l’ha portata ad acquisire notorietà e importanti fette di mercato e vuole semplicemente conservare la sua posizione, allora credo che gli eventi non possano dare alcun contributo. Se invece la destinazione matura vuole tentare una strada diversa, ha bisogno di rilanciarsi, allora sì che gli eventi possono giocare un ruolo importante. Faccio qualche esempio. Se una località ha sempre puntato sulla qualità del proprio patrimonio naturale che oggi non è più tale, allora dovrà lavorare su altri messaggi e può farlo attraverso gli eventi. Se in una destinazione sono aumentati i posti letto e si deve riempirli, gli eventi possono rispondere allo scopo. Quindi, una destinazione matura non deve ma può usare questo strumento che però deve avere alle spalle un pensiero.
Quando si può dire che un evento ha un immediato e concreto riflesso turistico?
Se l’obiettivo è immediato, deve essere un evento di grande richiamo, capace di attirare l’attenzione e movimenti di persone. Ma in questo caso l’evento assomiglia ai saldi di fine stagione, un mezzo che punta ad attirare presenze e a muovere l’economia del territorio per un week end o per un periodo di crisi. Il punto è sempre qual è l’obiettivo strategico. Se una città vuole valorizzare le proprie radici storiche, la propria legacy, non ha molto senso che si candidi ad ospitare un concerto rock o la finale di un importante torneo. Ci sono destinazioni, come Miami e Barcellona, che attraverso gli eventi sono state in grado di intercettare una nuova domanda turistica. Miami, che era percepita come la città degli anziani e dei pensionati, ha puntato su eventi capaci di conquistare l’interesse del pubblico giovanile, e ci è riuscita, ha centrato l’obiettivo del riposizionamento. Se invece una destinazione ha il problema della destagionalizzazione, deve riempire gli alberghi in un periodo diverso da quello classico delle vacanze, allora non importa il tipo di evento ma solo il quando, la data. Le destinazioni, inoltre, giustamente producono anche eventi che hanno il solo scopo di dare maggiore soddisfazione ai turisti che già sono presenti.
La domanda era anche sul “concreto” riflesso turistico…
In questo caso bisogna fare analisi puntuali e capire quali sono gli eventi che generano un notevole movimento di presenze. Di solito sono i grandi eventi internazionali. Ci sono eventi, invece, che hanno enormi riflessi mediatici ma non si traducono in maggiori presenze italiane e straniere. Oppure eventi che per loro natura non hanno la caratteristica di muovere persone da centinaia di chilometrici distanza, come un concerto rock e la performance di un dj alla moda. Sono eventi che una persona trova anche nella propria regione.
Che tipo di eventi internazionali?
Di solito sono gli eventi sportivi che hanno queste caratteristiche. C’è per esempio il campionato europeo degli ironman che quando approda in una città europea muove quasi sempre diecimila persone fra atleti e persone del seguito. È un tipo di evento che probabilmente non avrò mai servizi nei Tg nazionali ma genera presenze e di tipo internazionale. Di dimensioni internazionali sono inoltre gli eventi tematici legati a certe passioni personali, oppure festival, musicali o teatrali di un certo livello. Questi eventi però non capitano a caso, bisogna fare la campagna acquisti e cercare di strapparli alla concorrenza. E quando si vuole realizzare un evento internazionale, bisogna fin dall’inizio cominciare a pensarlo come internazionale, non può essere una dimensione che si aggiunge dopo. Avendo sempre la consapevolezza – e mi ripeto – che gli eventi sono solo un mezzo. Il problema vero è che spesso le destinazioni non sanno cosa vogliono.
Ci sono strumenti di misurazione o criteri di valutazione per l’efficacia turistica di un evento?
Non è facile, ma si può fare. Mentre spesso si procede a spanne, dicendo che c’è stato un certo movimento e quindi le cose sono andate bene. Un evento si può misurare in diversi modi. Si possono guardare gli arrivi che genera, messi a confronto con i dati storici. Si possono compiere indagini fra gli operatori del territorio, ristoratori, negozi, agenzia dei trasporti, taxisti, per valutare l’indotto economico complessivo generato da un evento. Oppure si può allargare l’indagine sul fronte della domanda, chiedendo ad un selezionato campione di turisti quanto e come ha speso. Un altro strumento di valutazione è la rassegna stampa, verificare in base agli articoli usciti se è stato raggiunto l’effetto di notorietà della destinazione che si desiderava. Recentemente Baku, la capitale dell’Azerbaigian, ha organizzato gli European Games per entrare nella geografia delle mete turistiche conosciute. In questo caso gli organizzatori potranno vedere, tramite la rassegna stampa, se l’obiettivo è stato centrato. Una qualsiasi destinazione può fare un’indagine per verificare il livello di notorietà prima e dopo dopo lo svolgimento di un evento. Quindi gli eventi si possono misurare, bisogna però che le amministrazioni vogliano investirci un budget. Altrimenti si resta nell’ambito delle valutazioni spanno metriche.
Quanto e come un evento può contribuire al posizionamento strategico di una destinazione?
La risposta è nelle considerazioni fin qui svolte. Un evento può contribuire al posizionamento e al riposizionamento. È però più facile che ad assolvere questo scopo sia una serie di eventi piuttosto che un evento singolo. Non è che Miami si è riposizionata sul target giovanile con un solo grande evento, è stata piuttosto una serie di manifestazioni che miravano allo stesso target.
Una città come Rimini, storicamente, non ha un unico target, ma ha sempre cercato di far convivere più segmenti.
In questo caso tutto è più complicato. C’è il rischio di fare scelte con effetti controproducenti, cerco un target che però mi esclude un altro segmento di domanda. Alcun target sono infatti complementari ma altri sono opposti. Ho in mente quando nella vostra Riviera c’è stato il boom delle discoteche, se non sbaglio c’erano i lamenti dei turisti che cercavamo solo relax e riposo.
Deve esserci sintonia fra un evento e le caratteristiche di una località o per lo meno i suoi obiettivi strategici?
Con gli obiettivi strategici, senza dubbio, In questo caso parliamo di un rapporto di causa ed effetto. Con le caratteristiche di una località, con il suo genius loci, non per forza deve esserci sintonia.
Conosce gli eventi di Rimini come la Molo Street Parade e la Notte Rosa?
Non conosco la Molo Street Parade ma conosco la Notte Rosa, anche perché una volta ci sono stato e anni fa organizzai un convegno a Portofino dove venne a parlare Andrea Gnassi, in quel momento assessore provinciale al turismo. In quel momento la Notte Rosa mi era sembrata una grande idea, che cercava di diversificarsi dalle notti bianche che ci sono un po’ dappertutto. Io ne sento ancora parlare bene. Non mi meraviglierei se come tipo di evento raccogliesse soprattutto un turismo di prossimità. Non sono un esperto di Rimini, ma mi pare chiara la sua traiettoria degli ultimi anni: Dopo aver raggiunto la maturità come luogo di vacanza per gli italiani e i cittadini mitteleuropei, ha cercato di reinventarsi con il divertimento prima, il turismo business dopo, e adesso cerca un rilancio con gli eventi. Il momento non è semplice perché con i voli low cost chiunque può raggiungere con facilità e a basso prezzo altre località fresche e accoglienti.
Numerologia della Notte Rosa
Numerologia della Notte Rosa
Sulla Notte Rosa si danno i numeri. Gli organizzatori hanno parlato di due milioni e mezzo di presenze e di 200 milioni di fatturato. Per non essere da meno anche noi proviamo a dare i nostri, anche se limitati alla provincia di Rimini, che conosciamo meglio e che comunque rappresenta lo zoccolo duro dell’evento.
Quante persone potevano esserci sulle strade e nelle piazze nella sera del 3 luglio? Stando alle statistiche ufficiali il week end (tre pernottamenti) della Notte Rosa negli ultimi cinque anni ha prodotto dalle 401 mila alle 426 mila presenze. Facciamo professione di ottimismo e ammettiamo che quest’anno le presenze siano state 450 mila. Diviso per tre, abbiamo il numero delle persone che venerdì 3 luglio hanno pernottato in una struttura ricettiva della provincia di Rimini: 150 mila. Ma oltre a queste ci sono i proprietari di seconde case che sono scesi per il week end, o i pendolari dell’evento che finita la nottata sono tornati a casa: anche in questo caso siamo ottimisti e facciamo altri 150 mila. A tutti questi vanno aggiunti i residenti che hanno deciso di partecipare alla festa: vogliamo aggiungerne altri 100 mila? Bene, allora la folla della Notte Rosa in Provincia di Rimini era composta da 400 mila persone. Ovviamente è solo una stima, basate però su alcuni dati reali e altri ragionevolmente stimati.
Si può fare un altro calcolo ed è quello che di solito fanno le questure di tutta Italia quando devono quantificare i partecipanti ad un corteo o ad un concerto. Considerare l’intera area occupata e poi moltiplicarla per 3 persone a metro quadro. Ma questo, nel caso della Notte Rosa, è un calcolo molto approssimativo perché è difficile stabilire l’area occupata, e quindi lasciamo perdere. Lo si potrebbe fare per la Molo Street Parade, ma non è l’oggetto di questo articolo.
Prendiamo il calcolo fatto avendo come base le effettive presenze: siamo a quota 400 mila. Difficile pensare che le province di Ferrara, Ravenna, Forlì Cesena e Pesaro abbiano raggiunto da sole 2 milioni e 100 mila presenze. Ma com’era lo slogan di quest’anno? Qui tutto è possibile.
C’è un altro indicatore che ci può aiutare ed è la fotografia che in tempo reale scatta Tower, l’applicazione del sistema statistico della Provincia che raccoglie per via informatica i dati di arrivi e presenze insieme anche ad elementi qualitativi come età dei turisti, mezzo di trasporto motivazione della vacanza, vacanza da single, in gruppo o con la famiglia.
Purtroppo non tutti gli alberghi sono collegati ma le strutture ricettive sono circa 1.500 su un totale di 2.600. Se non proprio un “campione” , certamente un insieme rappresentativo, capace di fornire linee di tendenza attendibili.
Se si osservano gli arrivi dell’ultima settimana (si vede che il picco non è il 3 luglio, giorno della Notte Rosa, ma il 4 con una differenza notevole: 16.413 contro 11.302.
Il disinteresse per la data clou dell’evento è ancora più accentuato fra gli stranieri: 2.218 contro 945. La situazione si riequilibra sul fronte delle presenze: circa 70 mila sia il venerdì che il sabato, con un crollo significativo nella domenica: scendono a a meno di 60 mila, mentre negli altri giorni prima del 3 luglio viaggiavano intorno alle 63 mila. Viene da dire che la Notte Rosa è un prodotto turistico che vale per due notti. Valutazione confermata dal boom delle partenze nei giorni 4 luglio (oltre 16 mila) e del 5 (quasi 24 mila).
Quindi alberghi pieni nelle notti del 3 e 4 luglio? Anche qui bisogna andare cauti. Secondo questi dati, che si riferiscono al 60 per cento delle strutture ricettive, l’indice di occupazione dei posti letto è del 63 per cento. O le strutture tecnologicamente più avanzate (quelle collegate co Tower) sono quelle con minori clienti (possibile?) o qualche conto non torna.
Osserviamo che le 70 mila presenze registrate dal sistema Tower il 3 e il 4 luglio rappresentano il 60 per cento delle 130 mila presenze che, stando ai dati storici, vale un giorno della Notte Rosa. E le strutture ricettive aderenti a Tower sono appunto circa il 60 per cento. Quindi forse a non tornare sono certe dichiarazioni ottimistiche “ad usum delphini”.
Ma c’è un’ultima ciliegina sulla torta. Certi ambienti riccionesi non stravedono, per usare un eufemismo, per la Notte Rosa? E il Pd ha preso carta e penna per dichiarare che lo scarso entusiasmo della giunta Tosi si è tradotto nella fuga di turisti da Riccione? Ebbene nella Perla Verde il sistema Tower della Provincia ha registrato uno dei più alti indici di occupazione dei posti letto: il 74%. Se c’è un posto dove i turisti sono andati è proprio Riccione. Come si vede, a dare i numeri sulla Notte Rosa bisogna andare cauti.
Quando l’opposizione vince. 3. Il caso di Coriano
Quando l’opposizione vince. 3. Il caso di Coriano
Per ultimo e pur brevemente, tra le vittorie recenti dell’opposizione, il caso di Coriano; comunque emblematico e interessante anche se le regole della competizione elettorale sono diverse da quelle di Rimini (senza cioè un secondo turno di ballottaggio).
Una città indignata
Per dire dei sentimenti con cui la città arriva alle elezioni, è sufficiente ricordare le dimissioni cui è “costretta” il sindaco Maria Luigina Matricardi nel marzo 2011 e il successivo commissariamento prefettizio del Comune (con la sanzione di legittimità per 4 milioni di euro di debiti fuori bilancio).
E se quando si dimette, Matricardi parla di sé coma la vittima di una “gogna mediatica”, per esprimere la reazione popolare e l’indignazione dei cittadini occorrerebbe certo usare termini più diretti. Anche perché tutti avevano ben presente come il prosciugamento delle casse comunali fosse andato di pari passo con una urbanizzazione molto spinta e un consumo visibile del territorio proprio per fare cassa.
Ma come avviene in tutte le situazioni in cui il potere è troppo sicuro di sé (“Tanto a Coriano non si perde mai”: il pensiero dominante del Pd locale), quando ci si accorge che le cose stanno cambiando è ormai troppo tardi. Così, dalle dimissioni del sindaco, che non può fare altro che tentare di scomparire, il Pd deve rassegnarsi a un anno di “schiaffoni” continui sia sulla stampa che nei bar (o dovunque si ritrovino i cittadini di Coriano).
L’unica domanda che resta aperta nei circoli della politica è su chi possa realisticamente approfittarne. Anche perché il buco di bilancio e la delusione verso il partito che storicamente ha rappresentato la città generano prima di tutto una netta disaffezione alla politica in generale.
I partiti ci provano
Prima di introdurre il personaggio principale di questa storia, è allora interessante vedere come i due partiti storici principali abbiano provato a opporsi a questa situazione.
Emma Petitti, segretario di un “Pd a pezzi”, e il suo supervisore per Coriano, Daniele Imola, ex sindaco di Riccione, ben introdotto a Sanpa (serbatoio di voti non indifferente) e lì in grado anche di trattare con Fabrizio Miserocchi, segretario provinciale del PdL, di stanza proprio a San Patrignano, capiscono che il rischio più grave per loro è una lista civica che cavalchi l’indignazione popolare e li travolga. Decidono dunque di provare a costruire una diga “dei partiti” coinvolgendo il PdL, sapendo che anch’esso non avrebbe nulla da guadagnare dalla vittoria di una civica esterna alle formazioni storiche della politica.
L’idea di Imola - quella di una lista di “unità comunale” per affrontare un periodo di scelte difficili e impopolari – mette così in moto una trattativa ufficiale, ma riservata; si vorrebbe infatti annunciare la lista solo all’ultimo momento, forti di un candidato rappresentativo della società civile, scelto al di fuori dei partiti, con candidati tutti nuovi e politicamente immacolati divisi equamente tra Pd e PdL.
Ma la trattativa finisce sui giornali e per il centrodestra continuarla diventa insostenibile. Difficile capire se Imola, che è la fonte delle notizie, sia malaccorto e un po’ troppo voglioso di tornare sulla scena o invece lo spiffero sia l’esito di un giudizio politico maturato nel frattempo. Fatto sta che, arenatosi il dialogo, il Pd vira su Emiliano Righetti, funzionario di lunga data del Comune di Riccione, ma residente a Coriano.
Il PdL invece, di fronte all’alternativa tra andare contro la civica che si sta formando (e così non farla vincere sottraendogli una propria fetta di voti) o restare fuori dai giochi, sceglie di non presentare il proprio simbolo.
Prima dei grillini
Tentativi e scelte dei partiti a parte, il dato più interessante di questa tornata elettorale è come una formazione politica che ancora a Coriano non esisteva – e che potremmo definire “protogrillina” – sia riuscita a inventarsi e a conquistare la necessaria credibilità per intercettare il soprassalto viscerale, peraltro prevedibile, che conquista la città.
Tutto accade dalle dimissioni del sindaco Matricardi, e il periodo del commissariamento è di fatto una unica lunga campagna elettorale; quello, il momento nel quale il movimento guidato da Mimma Spinelli si presenta alla città.
Due sole cose vale la pena sottolineare.
Mimma Spinelli, ai tempi del sindaco Matricardi, è consigliere comunale iscritta al PdL in quota AN, amica di Claudio Di Lorenzo e gode di una buona dote di voti anche a Sanpa. Ma è ancora un personaggio noto soprattutto per la sua provenienza dal volontariato, e una certa distanza dalla politica, quando il castello della politica crolla, le permette di non esserne travolta. Un po’ come la Tosi a Riccione, anche Spinelli, nel momento in cui i giochi diventano concreti in vista delle elezioni, può ricomparire sulla scena come un personaggio nuovo, quasi non toccato dalla politica politicante, pronto a prendere la guida – anche grazie alle sue relazioni e alla sua capacità di muoversi nell’arena politica – del nuovo gruppo anti sistema che si va formando. Tra le relazioni che riesce a mettere in campo, Giuseppe Arangio, uomo Pd, medico comunale che muove molti voti e accetta di essere il padrino dell’operazione. Anche se poi il rapporto andrà a finire male e dopo sei mesi sarà esonerato dalla sua carica di vicesindaco.
Seconda annotazione
A comporre la lista è un gruppo di giovani, di provenienza diversa, da destra e da sinistra, che si calano in modo totalizzante nelle parte di moralizzatori della vita pubblica. Il loro nemico numero uno, come è ovvio anche nell’ottica del risultato elettorale da raggiungere, sono i partiti storici, destra e sinistra indifferentemente. D’altra parte, come abbiamo già detto, si tratta di una sorta di anteprima del movimento 5Stelle e perché la proposta possa essere credibile non può che presentarsi “contro tutti” e intransigente; cittadini che predicano rigore in ogni occasione, che invocano trasparenza totale, promettono assemblee pubbliche per le decisioni di politica amministrativa, …
In campagna elettorale, il Pd poi ci prova con tutte le forze, chiamando ai comizi Errani, Gnassi e Vitali. Invece la lista di Mimma Spinelli salta completamente partiti e personaggi e continua il proprio cammino di immedesimazione con i cittadini, sempre in gruppo; “la squadra” a fare da refrain nei contenuti delle assemblee.
Tra cittadini e cittadona
Al netto del sistema elettorale diverso, la chiave (o almeno una delle chiavi) della vittoria delle opposizioni nei diversi casi presentati è stata il passo indietro pubblico del PdL e dei partiti di centrodestra in generale. Da un grado massimo (in assenza di ballottaggio) nel quale non si presenta neppure il simbolo, a gradi via via inferiori, con la scelta di un accompagnamento discreto delle fasi di sviluppo dell’opposizione civica o nella scelta delle squadre e delle dichiarazioni elettorali.
Resta da notare che, naturalmente, ciò è possibile quando esiste un soggetto nuovo con potenzialità reali per fare da polo di attrazione del sentimento popolare e che, nel caso di Rimini, città più grande, più difficile da leggere, dove è più difficile aggregare “tutti”, il traino nazionale dei partiti resta forse il fattore ancora determinante.
Le cartoline di Cattelan e il gioco dell'estate 2015
Le cartoline di Cattelan e il gioco dell'estate 2015
Ognuno le interpreti come vuole. Forse inconsciamente il sindaco Andrea Gnassi ha lanciato il gioco dell’estate 2015. Alla libera interpretazione di ciascuno sono affidate le cartoline con i “Saluti da Rimini” firmate dall’artista “monello” Maurizio Cattelan e issate dal Comune in bella mostra in otto punti nevralgici della Rimini storica e balneare. Se il tam tam della vigilia aveva battuto (involontariamente o sapiente regia per attirare l’attenzione?) su pruriti e pudori sessual-religiosi (la parodia dell’estasi di Santa Teresa, il pene eretto, e via solleticando), alla prova dei fatti si è visto che le otto immagini non hanno nulla di pruriginoso o scandaloso ma hanno però l’irresistibile vocazione a far discutere. E allora che si discuta, che ognuno sfidi a singolar tenzone chi non ci vede cosa ci scorge lui.
Il gioco dell’estate lanciato da Gnassi deve essere raccolto (e infatti sui social i riminesi si sono già scatenati) anche perché gli esperti ti spiegano in tutte le salse che quelle immagini non valgono in se stesse, ma sono un’interpretazione di Rimini, ci raccontano in modo provocatorio chi siamo, chi siamo stati e dove vogliamo andare. Ti spiegano inoltre che è un avvenimento inedito che un artista sregolato come Cattelan abbia deciso di confrontarsi con Rimini e che se c’è una città che davvero avrebbe voluto raccontare (e qui torniamo al pruriginoso) è la Città del Vaticano. Si è accontentato di Rimini e noi dobbiamo gioire perché Cattelan è conosciuto in tutto il mondo e tutto il mondo parlerà di Rimini e delle sue cartoline. Comunque vada sarà un successo. Non serve a questo punto fare i pignoli e ricordare che un’operazione analoga (quindi diversa anche se ricca di rimandi simili) era stata compiuta da Riccione negli anni Novanta con i mega manifesti pubblicitari di Oliviero Toscani.
Il sindaco Gnassi non è uomo da lanciare il sasso e tirare indietro la mano. E quindi se afferma solennemente che la forza dell’arte moderna è che “consente ad ogni testa, ad ogni occhio, ad ogni cuore, insomma ad ognuno di noi di interpretare l’opera stessa, di interpretare l’opera ed il contesto che la ospita”, non si sottrae al dovere di primo cittadino che fornisce la sua interpretazione, che in questo caso non ha nulla di ufficiale. Solo farina del suo sacco, senza marchi istituzionali.
Il sindaco quindi ci ha raccontato che la ragazza con l’aragosta (che si può ammirare nella rotonda di fronte al Grand Hotel) a lui ricorda la scritta anonima lasciata tempo fa sulla palata da un tale innamorato che celebrava l’aragostina consumata insieme alla sua bella. Tenero come il burro, il nostro sindaco. La ragazza che beve non si sa cosa messa di fronte all’Arco d’Augusto gli suggerisce i “lieti calici” dell’aria verdiana. E anche noi libiamo per Rimini. Il sedere di donna cosparso di dentifricio, installato per la delizia dei turisti di Bellariva, gli ricorda la pubblicità Coppertone dei bei tempi antichi, e per esso conia anche uno slogan nuovo di zecca: “sole senza carie”. Alla stazione ferroviaria c’è una Bmw anni Settanta circondata e sommersa di lattine: Il sindaco vi vede l’ironia sul mito del latin lover, che usava l’auto come mezzo di imbarco. Anzi, suggerisce del “lattin lover”.
Fin qui ha giocato facile. Ma la sua interpretazione non ha trascurato le immagini più controverse. Che dire di quel sasso che pende da un paio di boxer e si immagina dove sia allacciato? A Gnassi evoca il peso morto di un teatro (dove la cartolina è stata posta) che dopo decenni risorge a nuova vita; ma anche – e qui riusciamo a seguirlo meglio – una tagliente ironia sul machismo romagnolo. E di fronte al teatro c’è la Rocca e sul castello malatestiano è stata posta l’immagine con le due mani che cercano di farsi largo fra una inferriata di salsicciotti. È il castello che finalmente si libera dall’assedio e dall’imprigionamento delle bancarelle: qui Gnassi fa un triplo salto mortale dall’arte di Cattelan alle beghe cittadine. Il saggio Massimo Pulini sente l’obbligo di ricordare che in fondo un tempo la Rocca ospitava le carceri...
Se il sindaco ha la sua interpretazione per ogni cartolina, noi abbiamo invece solo una sensazione a riguardo di alcune. Per esempio: quella ragazza estasiata su un letto di patitine fritte e con la scritta Saluti da Rimini, non evoca immediatamente, senza bisogno di tanti sforzi interpretativi, una città fast food, una e bisunta? Che c’entra con le felliniane Al Mèni e la sfilata di chef stellati? E quell’ammasso di latta e lattine – che a lui suggerisce il mito del lattin lover – che c’entra con la città dolce del wellness e dell’anello verde? Insomma, talune immagini, non tutte in verità – non comunicano una immagine di Rimini distante anni luce dalla vision che il sindaco instancabilmente persegue?
Gnassi ha la risposta pronta: “Anche tu ti sei unto da ragazzo di patatine fritte e poi sei andato ad assaggiare il piatto di Bottura”. Una battuta che più di ogni altro discorso completo svela il succo del Gnassi pensiero, non tanto sulla mostra di Cattelan ma su Rimini in generale. Una città che mette insieme il fast food e la celebrazione degli chef stellati, che non rinuncia alle origini nazional popolari pur inseguendo sogni di qualità e di riposizionamento internazionale. Dj set e sardoncino. Dentro la vision di Gnassi ci sta tutto, almeno riesce a starci nella sua enfasi narrativa e affabulatoria.
Coglie nel segno quando denuncia le contraddizioni e le ipocrisie di una città che esattamente 30 anni fa contestava ferocemente Tondelli per la sua descrizione di Rimini quale Nashville o Las Vegas italiana, salvo oggi rimpiangerlo perché ‘allora eravamo il centro del mondo’. È vero, se c’è qualcosa che le immagini patinate e un po’ retrò di Cattelan ci ricordano, insieme a tutto ciò che eravamo e non vogliamo più essere, è la Rimini che comunque funzionava, dove gli alberghi si riempivano e le spiagge registravano il classico pienone. La Rimini di Tondelli, appunto. Quelle cartoline – “ironiche, irriverenti, imbarazzanti, scherzose, ambigue, metaforiche” ci sbattono in faccia i difetti e le glorie di un tempo, senza suggerirci cosa siamo oggi.
Questa è appunto la nostra interpretazione. Cioè la nostra partecipazione al gioco dell’estate 2015. Avanti un altro!
giornalaio 30 giugno
Fiera verso alleanze estere | Finisce nelle mani degli usurai | Addio al bus della notte
Debiti del Palas: la ricetta Cagnoni. Il presidente di Rimini Fiera, Lorenzo Cagnoni, ha tenuto una conferenza stampa per spiegare qual è la sua soluzione per i debiti del Palacongressi. Dal 2016 il gruppo distribuirà 4 milioni di dividendi ai soci. Inoltre nei prossimi mesi sarà realizzata l'operazione di privatizzazione che porterà i privati a detenere il 40 per cento. Da una parte un 10% in Opv, offerta pubblica di vendita, e un altro 10% in Ops un’offerta pubblica di sottoscrizione, ossia una ricapitalizzazione seguita dal collocamento sul libero mercato.(IlCarlino, CorriereRomagna, LaVoceRomagna).
Per il futuro si guarda all'estero.Cagnoni ha parlato anche delle prospettive di sviluppo, spiegando che Rimini Fiera punta ad alleanze strategiche con partner industriali, europei ed asiatici. I veicoli di tale collaborazione sono i prodotti forti di Rimini come Sigep, Wellness, Tecnargilla ed Ecomondo(IlCarlino, CorriereRomagna, LaVoceRomagna).
BlueLine addio. Dopo quasi 30 anni di corse notturne tra Gabicce e Bellaria, il Blue Line,l'autobus della notte che collega le discoteche della Riviera, arriva al capolinea. I costi del servizio si erano fatti insostenibili, soprattutto dopo che molti locali avevano ridotto e quindi eliminato del tutto il loro contribuito economico.«Dispiace, perchè era una bellissima iniziativa – commenta Gianni Indino, presidente di Confcommercio e del Silb – E’ un altro pezzo della nostra storia che se ne va. (IlCarlino)
Per amore nelle mani degli usurai. E' la disavventura di una commessa riminese che aveva prestato denaro al fidanzato. L'avevano minacciata di buttarla nell'acido. Ma i due "cravattari" bolognesi e il fidanzato sono stati denuciati per estorsione. Alla coppia di strozzini sequestati immobili per un milione di euro (CorriereRomagna)
Confermati i rinforzi per l'estate. L'on.Arlotti (Pd) annuncia che per l'estate 2015 sono confermati, e per un periodo più lungo, i rinforzi per l'ordine pubblico e la sicurezza. Dal lunedì 6 luglio dovrebbero arrivare 300 agenti delle forzze dell'ordine. (LaVoceRomagna)
La battaglia del mercato. Gli ambulanti (questa volta sono quelli del Cocap) tornano alla carica per chiedere che parte della bancarelle sloggiate da piazza Malatesta e piazza Cavour siano ospitate in piazza Tre Martiri. Per raggiungere l'obiettivo si dichiarano disponibili a realizzare a loro spese delle bancarelle "mimetiche", cioè non invasive dell'ambiente cittadino. (CorriereRomagna)
Shopping e saldi. Si avvicinano i saldi e ci si prepara alle notti delle svendite. Rimini parte in anticipo, mercoledì sera, con l’apertura straordinaria dei negozi nel centro storico. Riccione, invece, ha scelto di rilanciare i saldi bissando la notte bianca vista in inverno. Venerdì, un minuto dopo la mezzanotte, la storia si ripeterà e non solo nell’isola pedonale attorno a viale Ceccarini. L’intera città vivrà la ‘White in the new pink’. (IlCarlino)
Bicipolitana e anello verde. A settembre partiranno i lavori per la realizzazione della pista ciclabile che unirà piazzale Boscovich con il ponte dei Mille. Si tratta di uno stralcio del famoso anello verde caro al sindaco Gnassi che lo chiama anche Bicipolitana. Allo studio anche un ponte di chiatte nell’invaso Tiberio. Con questi interventi la ‘circonferenza’ dell’Anello verde passerà dagli attuali 7,6 km a 10,7, mentre gli ‘assi di penetrazione’ passeranno da 2,3 a 7,8 km. (CorriereRomagna, IlCarlino)
Goletta verde boccia Torre Pedrera e il Marano. Secondo l'imbarcazione di Legambiente sono i due punti della Riviera con una carica batterica superiore ai limiti di legge (CorriereRomagna)
Il dipinto nascosto di Fellini. La Voce parla di un presunto dipinto nascosto di Fellini che il giornalista Gianluca Lo Vetro, ieri a Rimini a presentare un suo libro, avrebbe scoperto al Grand Hotel. Il libro presentato parla di Fellini e moda (LaVoceRomagna)
Meeting 2015: dialogo fra ebrei, cristiani e musulmani. E ci sarà anche Noam Chomsky
Meeting 2015 nel segno del dialogo fra ebrei, cristiani e musulmani. E ci sarà anche Noam Chomsky
Il mondo del post 11 settembre, del dopo Charlie, delle guerre in Medio Oriente e dell’Isis, del venerdì nero 27 giugno 2015, sarà protagonista del Meeting 2015. Non poteva essere altrimenti: il raduno di Rimini è da sempre un luogo dove guardare con realismo le contraddizioni del mondo e dove si cerca di praticare un dialogo e un incontro fra posizioni culturali differenti. In attesa di conoscere il programma completo, che sarà presentato il 2 luglio a Roma, dalle anticipazioni si comprende come il confronto che sarà praticato a Rimini dal 20 al 26 agosto, sarà di livello alto.
Già l’incontro inaugurale mette subito a fuoco una questione decisiva. Gli attentati islamici hanno suggerito a qualcuno la tesi che le religioni, con la loro pretesa di verità, sono la sorgente di ogni violenza? Il Meeting replica con un incontro dal titolo Le religioni sono parte della soluzione, non il problema. Allo stesso tavolo il cardinale Jeaun-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglioper il dialogo inter-religioso, Azzedine Gaci, Rettore della moschea Othmane Villeurbane, e il gran rabbino di Francia Haïm Korsia.
Se questo dialogo fra gi esponenti di tre fedi attirerà certamente l’attenzione del pubblico e dei mass media, si può prevedere già il tutto esaurito anche per quello tra don Julián Carrón, Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione e il prof. Joseph Weiler, Presidente dell’Istituto Universitario Europeo, intellettuale ebreo che da anni è ospite fisso del Meeting e cultore appassionato del dialogo con gli amici ciellini. Carrón e Weiler si confronteranno sulle maggiori sfide del mondo contemporaneo a partire dalla figura di Abramo, che sia ebrei che cattolici riconoscono come padre della fede.
Se a Rimini, conformemente alla vocazione della città ad essere punto di incontro fra uomini e popoli, si battono le strade del dialogo, non si può certo ignorare che nel Medio Oriente la guerra rischia di distruggere ciò che rimane della presenza cristiana e che i tagliatori di teste dell’Isis non accennano certo a deporre le armi. Questa situazione drammatica e incandescente sarà testimoniata da padre Douglas Bazi parroco a Erbil, un sacerdote che conosce per esperienza la violenza delle persecuzioni e che trova comunque il coraggio di affermare “Dobbiamo perdonare. Il tempo del perdono è il tempo della guerra, perciò è questo nostro tempo. Se perdoniamo vuol dire che siamo liberi, se non lo facciamo vuol dire che siamo come loro”.
Ma Islam e democrazia possono convivere? Ecco un altro argomento decisivo che sarà affrontato da Rafaa Ben Achour, giudice della Corte africana di diritti umani, dalla giurista Tania Groppi, dal docente di diritto costituzionale a Instanbul Brahim Kabglu e da Adel Omar Sherif della Corte costituzionale d’Egitto. Il confronto non avverrà solo a livello culturale e religioso. Fra le personalità invitate dal Meeting figurano anche il Ministro degli Esteri tunisino,Taieb Baccouche, e quello egiziano, Sameh Shoukry.Se gli avvenimenti di questi giorni consentiranno loro di essere presenti, Rimini si troverà davvero al cuore dei problemi e delle tensioni del momento.
Se è noto che il Meeting 2015 deve fare necessariamente i conti con la crisi e i tagli di bilancio, non per questo il programma risulta meno ricco. Quest’anno, per esempio, si riprende una antica tradizione che ha caratterizzato il Meeting: quella di invitare i “grandi vecchi” della cultura, non necessariamente cattolici, come fu nel caso di Eugene Ionesco. E quest’anno la scelta del Meeting è davvero sorprendente: sarà a Rimini Noam Chomsky, 86 anni, linguista e filosofo della conoscenza di fama mondiale, ma anche noto per le sue posizioni di sinistra libertaria e anticapitalista estrema. Sarà interessante ascoltarlo in questa fase della storia mondiale e sarà ancor più stimolante osservare il suo impatto con la platea ciellina.
Al Meeting si parlerà del sempre spinoso rapporto fra Chiesa e denaro con il cardinale George Pell, prefetto del segretariato vaticano per l’economia; ci sarà monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei; si farà il punto sulla buona o cattiva scuola con l’ex ministro Luigi Berlinguer, si andrà in giro per le stelle con Duccio Macchetto e l’astronauta Roberto Vittori.
Ad approfondire il titolo del Meeting (“Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?”, un verso del poeta Mario Luzi) sarà l’Abate Mauro Lepori. Curiosamente, a parlare di mancanza, saranno a Rimini anche due uomini di sinistra come Fausto Bertinotti e il giornalista Piero Sansonetti.
Il Meeting parla diversi linguaggi ed uno di questo è quello dello spettacolo. Ed è su questo fronte che la novità di questa edizione è la collaborazione con la Sagra Musicale Malatestiana. E la collaborazione si sviluppa in diverse iniziative, a partire dal concerto La dolce vita: la musica del cinema italiano, un omaggio alle colonne sonore che hanno impreziosito tanti film. Saranno le musiche di Nino Rota, Ennio Morricone, Luis Bacalov, Nicola Piovani, Stelvio Cipriani, Armando Trovaioli, Giovanni Fusco, Riz Ortolani, Nino Oliviero, ad essere eseguite dall’Orchestra Arturo Toscanini diretta dal maestro Stevan Mercurio. Ma se gli orecchi saranno tesi all’ascolto, gli occhi saranno puntati sulla guest star, l’attore e regista Martin Scorsese.
In collaborazione con la sagra anche lo spettacolo multimediale L’Impronta- Cuori moderni (brani poetici letti da attori) che avrà come ospite d’onore Michael Lonsdale, protagonista del film Uomini di Dio sull’assassinio dei monaci di Tibhirine avvenuto in Algeria nel 1996.
Turismo: la locomotiva Rimini non traina più
Turismo: la locomotiva Rimini non traina più
Se il movimento turistico riminese fosse una gara ciclistica, ci potremmo chiedere chi ha tirato la volata che ha fatto raggiungere l'ottimo risultato del mese di maggio: +21,3% di arrivi e +22,2% di presenze. La risposta a questa domanda è in parte scontata e in parte sorprendente: scontato che si siano distinti gli alberghi a 3 stelle (+24%) che sono l’ossatura fondamentale dell’offerta ricettiva della provincia, sorprendente la straordinaria performance degli alberghi a 2 stelle, quelli che solitamente sono considerati fuori mercato, che hanno visto un aumento di presenze del 49,6%.
Ma non è l’unica e più importante sorpresa che riserva la lettura completa dei dati relativi al movimento turistico nei primi cinque mesi dell’anno. È stato giustamente osservato che con maggio la Riviera è tornata a vedere il sole (non solo per il meteo) e che grazie a questo mese il bilancio dell’anno (fino a questo punto) non è più così negativo. È vero ma non per tutti allo stesso modo.
Bellaria Igea Marina ha la possibilità di pavoneggiarsi mettendo in mostra il suo incredibile +56,1% di presenze, ma anche Cattolica si difende con il +33,6%, Misano Adriatico con il 32,7%, Riccione con il 29,9%; solo Rimini sembra non cogliere pienamente il vento favorevole fermandosi al+9,9%. Ovviamente è anche questo un risultato positivo, ma messo a confronto con le perfomance delle altre località della Riviera risulta inevitabilmente sbiadito. È solo un’impressione psicologica o c’è dell’altro?
Osserviamo allora il bilancio dei primi cinque mesi dell’anno. A livello provinciale gli arrivi, trainati soprattutto dagli italiani, sono cresciuti del 2,3%, mentre per i pernottamenti rimane il segno negativo, anche se limitato: -1,2%.
Questa è la media provinciale, ma anche in questo caso il comportamento delle diverse località non è uniforme. Bellaria Igea Marina si attesta su un +13,7% che fa ben sperare gli operatori turistici; Cattolica è invece in flessione, anche se contenuta, -1,8%; Misano Adriatico è tranquilla con un +10,4%; pure Riccione vede un deciso segno positivo, +6,6; mentre Rimini si attesta ancora su un preoccupante -7,2%. Ma questa non è che la conferma di una tendenza che era già delineata fino ad aprile ed anche nel consuntivo del 2014.
Non si vuole con questo alimentare campanilismi sterili fra le diverse città, come se, ascoltando talune dichiarazioni, ci fosse da dimostrare che uno è più bravo dell’altro (anche se una sana competizione all’interno del sistema non può che giovare). Il punto è che a rimanere arretrata è la locomotiva di questo sistema, il capoluogo Rimini, mentre gli altri vagoni o risentono meno pesantemente della crisi o riescono a muoversi con maggiore efficacia.
Per verificare se quella della locomotiva inceppata è solo un’impressione o ha qualche corrispondenza nella realtà, abbiamo provato a mettere a confronto alcuni dati. Nei primi cinque mesi del 1999 (è il primo degli anni disponibili nelle statistiche provinciali) le presenze turistiche di Rimini rappresentavano il 60% del totale provinciale, nel 2015 questa quota è scesa al 54%. Se invece si fa l’esame sull’intero 1999 messo a confronto con l’ultimo anno disponibile, il 2014, si vede che anche in questo caso la quota è scesa dal 49% al 46%.
Qualcuno potrà dire che le statistiche non dicono niente, salvo poi vantarsene quando volgono a suo favore (quel “niente” è comunque l’unico strumento di valutazione disponibile, non potendo conoscere il fatturato complessivo della vasta rete di imprese). Sembra però che a Rimini vadano molto di moda gli annunci roboanti, come quello del sindaco Andrea Gnassi secondo cui gli eventi di maggio potevano portare 450 mila presenze, senza poi riflettere quando queste previsioni, fatte certamente per il lodevole scopo di infondere ottimismo negli operatori, vengono smentite dai fatti (le presenze complessive in maggio, anche quelle non generate dagli eventi, sono state 436 mila). Allo stesso modo non corrisponde al vero che l’aver sfondato il tetto delle 900 mila presenze in maggio sia stato un traguardo mai raggiunto negli ultimi vent’ anni: sia nel 2008 che nel 2009 sono state superate le 960 mila presenze.
Senza essere catastrofisti o cantori di un declino ineluttabile, resta da chiedersi perché le presenze turistiche di Rimini, nonostante gli eventi e gli scenari dipinti dal sindaco, non si traducano, almeno fino a questo momento, in maggior fatturato per gli operatori.
Come contributo alla riflessione, si prenda un altro dato che emerge dalle statistiche. Maggio è andato benino sul fronte dell’estero (la flessione delle presenze, che era drammatica nei primi mesi dell’anno, è stata bilanciata dal +6,8% ) perché quest’anno è stato il mese della Pentecoste, tradizionale periodo di vacanze per i tedeschi. Chi ha intercettato questa quota di mercato che, persistendo la crisi dei russi, è fondamentale per alimentare le presenze estere? Bellaria Igea Marina vede un +93,3%; Cattolica addirittura è arrivata ad un +223,1%; Misano Adriatico è sulla stessa lunghezza d’onda, +190,7%; Riccione si può ben consolare con un + 95,4%, mentre anche in questo caso Rimini è costretta a fare il fanalino di coda con un +44,5%, inferiore alla media provinciale che è del +78,3%.
Un altro dato non trascurabile sono gli arrivi, unanimemente considerati come il sintomo della capacità attrattiva di una località turistica. Se il consuntivo provinciale indica per i primi cinque mesi dell’anno un rassicurante +2,3%, a Rimini la situazione è esattamente capovolta, -2,2%.
Una politica realista dovrebbe affrontare, senza allarmismi ma anche senza reticenze, questa situazione di impasse della locomotiva Rimini. Senza limitarsi a scrollare le spalle o promettere che nel futuro, quando sarà stato fatto questo o aggiustato quello, le cose andranno sicuramente meglio. Il futuro è adesso.