A proposito del Palacongressi. Numeri e politica

Venerdì, 25 Maggio 2012

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A proposito del Palacongressi. Numeri e politica


Tra gli elementi critici della gestione del Palacongressi gli amministratori hanno indicato nelle settimane scorse il fatto che oggi il mercato considera “grande” un evento da 500 partecipanti, mentre l’astronave di via della Fiera è stata progettata per i congressi da 1.000 partecipanti in su.
Beh, sfortuna, si potrà dire, fino a qualche anno fa il vento tirava da un’altra parte e adesso che abbiamo la struttura all’avanguardia ha cambiato direzione. Inoltre, ricordano i benevoli, il Palacongressi secondo i primi annunci doveva essere inaugurato nel 2008, ma sappiamo come è andata a finire, fra ritardi cronici e problemi sollevati dalla Lega.


Eppure c’è chi aveva previsto tutto o quasi. In uno studio del dicembre 2001 realizzato da Trademark Italia e Thalia su Rimini e il futuro congressuale si facevano queste osservazioni basate su una ricerca dell’Union des Association Internationales: nel 2000 la dimensione più frequente dei congressi internazionali (54%) va dai 100 ai 550 partecipanti; nel 2001 è in corso una riduzione delle dimensioni internazionali, la media dei convegni si aggira sulle 750 persone; la maggioranza dei congressi internazionali nel 2000 è sotto i 1000 partecipanti; crollano i congressi da 1000 a 3000 persone.
Escludendo che gli estensori della ricerca avessero chissà quali fonti privilegiate rispetto agli autori del business plan del Palacongressi, queste erano informazioni sotto gli occhi di tutti e che potevano indurre ad un ripensamento.


Ma nello studio c’è dell’altro. I timonieri dell’astronave sostengono che il mancato decollo dipenda dallo scarso appeal della destinazione Rimini mentre la struttura e i servizi del Palacongressi sono universalmente apprezzati. È la scoperta dell’acqua calda: già nel 2001 nello studio citato si poteva leggere: «Per avere successo internazionale non basta un edificio prestigioso o un’infrastruttura d’avanguardia. La location resta la prima ragione di scelta: le capitali, i capoluoghi, le grandi città, gli aeroporti, la presenza di grandi alberghi congressuali, sono 5 elementi che vengono prima della forma, del prestigio, della modernità del pala congressi». Purtroppo l’impasse attuale era stato previsto.


Gli estensori dell’indagine avevano ipotizzato quattro scenari, calcolando costi, ricavi e perdite. Vi annoiamo per un attimo, ma vedrete che ne vale la pena.
Primo scenario: semplice revamping dell’attuale Palacongressi (cioè il vecchio). In dieci anni si poteva arrivare a 75 eventi congressuali e 230.500 presenze. La struttura, a parte il primo anno, avrebbe sempre guadagnato.
Secondo scenario: revamping più leggeri interventi di adeguamento più auditorium (quello che non si fa più). Al decimo anno 86 eventi, 281.900 presenze, perdite contenute fino al 10 anno quando la struttura avrebbe ripreso a guadagnare.
Terzo scenario: interventi di ristrutturazione architettonica e funzionale della struttura attuale (sempre di quella vecchia si sta parlando) più nuovo auditorium. In questo caso al decimo anno si arrivava a 92 eventi e 354.800 presenze congressuali. Margine operativo lordo sempre in crescita e al decimo anno il risultato netto sarebbe arrivato ad una perdita di 564 milioni. Commentano gli estensori: «Si tratta di valori accessibili per una comunità che si voglia dotare di un Palacongressi all’avanguardia».
Quarto scenario: costruzione di un nuovo Palacongressi. Qui vale la pena soffermarsi. La ricerca ricorda che il piano allora presentato da Rimini Fiera prevedeva la progressiva conquista di 278 incontri. Aggiungiamo noi che le presenze ipotizzati per il decimo anno erano 840.000. «Le previsioni degli intervistati e le tavole storiche degli altri Palacongressi conducono invece ad una stima di 97 congressi al decimo anno per oltre 400 mila presenze». Tutta un’altra musica! All’epoca Rimini Fiera aveva ipotizzato un costo di 150 miliardi di lire, più o meno 75 milioni di euro. Gli estensori della ricerca giudicano la previsione troppo ottimistica e aggiungono sul piatto altri venti miliardi lire. Anzi, in un altro passaggio parlano di un costo superiore ai 200 miliardi di lire: ci avevano preso, visto che il conto finale è stato di 117 milioni di euro! In ogni caso, il cospicuo investimento e indebitamento per realizzare il nuovo Palacongressi avrebbe portato a perdite di 17 miliardi di lire il primo anno, di 14 miliardi il quinto anno, di quasi 10 miliardi il decimo.


Conclusioni: il primo e il secondo scenario sono fattibili, il terzo e quarto non sono fattibili dal punto di vista economico, salvo che per il terzo ci sono valori sopportabili dalla comunità locale.
Va ricordato che il terzo scenario era stato oggetto anche di un progetto architettonico definito da un gruppo di tecnici riminesi. Si è detto lo studio preso in esame porta la data del dicembre 2001. Ebbene nel mese di settembre i presidenti delle principali associazioni di categoria (Confindustria, Promozione Alberghiera, Confcooperative, CdO, Adria Congrex, Confcommercio e Confartigianato) scrivevamo al presidente della Fondazione Carim chiedendo un contributo per portare a termine lo studio che, ricordano, riguarda la “definizione delle dimensioni d’intervento realisticamente sostenibili”.


Par di capire insomma che la cosiddetta società civile (manca curiosamente nell’elenco il presidente degli albergatori) era d’accordo per un intervento soft.
Ma, come noto, si è fatto quello super hard. «La scelta – è l’ultima frase della ricerca – diventa esclusivamente “politica”, non essendo sostenuta, come si evince da questo studio, da elementi oggettivi di fattibilità economica».


Valerio Lessi


Ultima modifica il Venerdì, 25 Maggio 2012 10:11