Volontari nel fango: un abbraccio amico che salva i ricordi

Mercoledì, 07 Giugno 2023

(Rimini) Di fronte allo scenario di distruzione che si sono trovati davanti arrivando nelle zone colpite dall'alluvione in Romagna, sarebbe stato facile cadere nello sconforto. Cosa è possibile fare con una pala o uno spingiacqua quando la forza delle esondazioni ha coperto le case per uno o più piani. Cosa fare davanti alle montagne di mobili edelettrodomestici infangati accatastati? Certo si può aiutare a ripulire un po', consapevoli che per rendere nuovamente abitabili quei luoghi saranno necessari ben altri interenti. Si può soprattutto tendere la mano, si può abbracciare la sofferenza di una persona a cui è rimasta solo la vita, perché tutto il resto, la casa, l'azienda, è da rifare. Anche i ricordi sono stati per lo più ingoiati dal fango. Ma quelli che l'alluvione non ha compromesso del tutto si possono salvare e riconsegnare chi sa dare ad essi significato. 

Da Rimini, tra i tanti che si sono subito mossi, sia singolarmente che a gruppi, sono partite anche un centinaio di persone, coordinate dalla comunità di CL. "Siamo stati mandati a Forlì", spiega Michele Ligi che ha coordinato i volontari riminesi. "Dopo la Messa, ci siamo messi a lavorare dove c'era bisogno. Al mattino abbiamo ripulito lo spiazzo davanti alla parrocchia di San Benedetto . Già nel parcheggio c'erano 30, 40 centimetri di fango da spalare. Si vedevano i segni dell'acqua che aveva coperto completamente le auto. Al pomeriggio ho aiutato a sgomberare un centro di accoglienza per minori di Cotignola". L'impatto all'arrivo "è stato drammatico. Sembrava di stare nel mezzo di una guerra, intorno era tutto grigio, c'erano solo cataste di mobili e i mezzi di soccorso".

Perché siete partiti?"Il desiderio di essere utili, di dare una mano dove c'era bisogno, senza ricevere nulla. Tornando a casa la sera ci siamo tutti scoperti stupiti di quanto ci avesse fatti contenti aver dato anche un piccolo contributo". A colpire chi è tornato dai luoghi della distruzione è stata l'umanità incontrata, che l'alluvione non è riuscita a spazzare via. "Abbiamo lavorato fianco a a fianco con persone che hanno perso qualcosa, beni materiali soprattutto, ma qualcuno ha perso qualcosa di più grande (sono sedici le vittime accertate, ndr). E loro ci hanno ringraziato perché la vicinanza di qualcuno interessato a loro gli è stata di conforto. Ho trovato la voglia di rimboccarsi le maniche, lo spirito di ripartire, il desiderio di non abbandonarsi alla disperazione o alla lamentela”. Quest'esperienza "mi ha fatto capire per cosa vale davvero la pena di spendere il proprio tempo, mi ha aperto a un orizzonte più ampio rispetto a quello che abitualmente siamo soliti guardare", conclude Michele, che a Forlì è andato con molti suoi amici.

"Sono partito perché colpito dal dramma di queste persone. Come tanti, mi sono domandato cosa potessi fare io per loro. Se fosse accaduto a me, mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi avesse dato una mano. Quindi, con alcuni amici abbiamo deciso di andare, in maniera molto semplice.  Di fronte a quanto accaduto, il cuore si è mosso. Non potevo stare fermo", racconta Gianlorenzo Minarini. Appena messo piede fuori dall'auto "mi sono commosso, tantissimo. Il primo impatto è stato tosto. Ho visto molta distruzione e mi sono immedesimato. Ma ho potuto vedere anche la bellezza di tanta gente arrivata da tanti posti diversi per dare una mano senza potersi illudere che avrebbe ottenuto grossi risultati. La situazione è tale che ci sarà bisogno comunque di interventi importanti, con mezzi adeguati, mentre noi abbiamo fatto quel che abbiamo potuto armati di pale e secchielli".

Al mattino "siamo entrati dentro un'abitazione per aiutare a svuotarla buttando via quasi tutti i loro vestiti e i mobili. Ci siamo accorti che sul fornello c'era una pentola con la pastasciutta cotta a metà. Il proprietario mi ha raccontato che loro sono stati sorpresi mentre cenavano e sono fuggiti via scalzi. Quando siamo andati via, ci hanno regalato quattro bottiglie di buon vino, come segno di ringraziamento”. Al pomeriggio "siamo arrivati in casa di una signora che si stava dando da fare da sola per mettere un po' a posto. Il marito non poteva aiutarla perché pochi giorni prima si era rotto una gamba. Ci ha portati in un ripostiglio, dove l'uomo nel corso degli anni aveva accumulato molti oggetti, elementi di elettronica, componenti di computer, vecchie macchine da cucire. Lei ci ha chiesto di buttare via tutto perché era impossibile nell'immediato per il marito andare a verificare cosa salvare e cosa no. Quando ci siamo accorti che tra quelle cose ce ne erano anche di belle, le abbiamo proposto di ripulirle e lasciarle su uno scaffale più in alto, per difenderle da un'eventuale nuovo allagamento. Quando il marito avrebbe potuto, sarebbe andato lì e avrebbe deciso cosa farne. Del resto se le aveva conservate un motivo doveva pur esserci. Allora lo sguardo della donna è cambiato, si è rasserenata”. 

Così Gianlorenzo ha capito "che a finire sotto il fango non sono stati appena mobili o elettrodomestici, ma anche i ricordi delle persone e per loro incontrare qualcuno disposto a dare tempo per ripulire questi ricordi, per salvarli dal fango, è stato tranquillizzante, gli ha dato coraggio. Due amiche del nostro gruppo hanno pulito il muro esterno dal fango con la candeggina. Una cosa apparentemente inutile, perché per quelle strade arriveranno dei mezzi a fare dei lavori si sporcherà tutto di nuovo, ma nell'immediato queste persone hanno bisogno di vedere che la casa è pulita, per iniziare a scorgere dei punti di luce. Immedesimandomi in loro, questo era quello che avrei desiderato anch'io. Prima di andare via ci siamo scambiati i numeri di telefono e ci ha promesso che quando avrà sistemato il giardino ci rivedremo per fare insieme una bella cena".

La sintesi di tutto questo, è forse in quanto accaduto a Maria. Con tutta la famiglia si è ritrovata a dare una mano ai volontari impegnati  in una casa di cura, colpita dall'alluvione. "Mentre mio marito spalava via il fango da terra, con mia figlia ci siamo messe a cercare nel mucchio della roba che era appartenuta agli ospiti della casa se ci fosse qualcosa di salvabile. Non molto, ma qualcosa lo abbiamo recuperato, foto, vecchi oggetti”. Intente nell'operazione di recupero, l'attenzione di Maria a un certo punto è stata attratta dalle parole rivolte loro da un altro volontario: "Per noi queste cose sono spazzatura, mentre loro salvano i ricordi".

Al lavoro anche i più piccoli.  "Vedere quei giovani, arrivati un po' da ovunque, chi da Padova, chi da Saronno, mi ha ricordato che il cuore dell'uomo è uguale ad ogni latitudine, ognuno di noi ha un desiderio di bene dentro che facilmente viene fuori. E' stato bellissimo, tant'è che tornato al lavoro il giorno dopo ho raccontato l'esperienza ad alcuni colleghi e ho proposto di tornare insieme", sottolinea Gianlorenzo. Un piccolo aiuto può fare molto. "Eravamo consapevoli di non portare un grosso contributo materiale, ma guardare questa gente anche per il piccolo bisogno che aveva è quello che ognuno di noi desidera, essere abbracciati e voluti bene. Anche semplicemente attraverso il piccolo gesto di chiedere di loro, se stessero mangiando quando si è alzata l'acqua, se i loro figli avessero avuto paura".

Tra i volontari riminesi, anche il diciassettenne Leone Biondi. Si è dato da fare spostando macerie da dentro a fuori le abitazioni, spazzando via l'acqua, controllando che i tombini funzionassero. "Sono partito perché ho capito che lì c'era bisogno e perché la nostra città ha avuto la fortuna di non essere colpita gravemente dall'alluvione. Pensando al fatto che al loro posto ci saremmo potuti essere noi, mi è nato il desiderio di aiutare. Io poi nella mia vita ho avuto tutto gratuitamente, e quindi con questo piccolo contributo volevo restituire un po' del bene ricevuto".

Arrivato a Forlì, "tutto è apparso ai miei occhi molto surreale. Mi sembrava di vedere le immagini che passa la tv della guerra in Ucraina. Polizia e macerie da tutte le parti. Il fango. In una strada l'acqua ci arrivava ancora alle ginocchia e sui muri delle case si vedeva bene il segno che era arrivata fino a metà del primo piano. Lì in mezzo, una signora appena ci ha visti ci ha fatto un sorriso a trentadue denti, non è banale visto tutto quello che queste persone hanno passato e che stanno passando. Lei rimpiangeva di aver perso tutti i suoi libri, perché li teneva in cantina, ma non sembrava sfiduciata. E' stato come se noi portassimo un po' di speranza". Un'esperienza che Leone consiglierebbe a tutti. "Oltre ad esserci divertiti, cosa che mi rendo conto possa sembrare paradossale visto il clima faticoso, tornando mi sono sentito come liberato. Le facce di quelle persone che nonostante tutto riescono a regalare sorrisi sono state un'esperienza tanto semplice quanto grande, che ci ha riempito il cuore".

Diciassette anni ha anche Sofia Bianchini. "Dalle foto che avevo visto si capiva come ci fosse un gran bisogno di dare una mano e mi faceva piacere essere utile. La proposta mi è arrivata da persone più grandi di cui mi fido. Non mi hanno delusa. La cosa molto bella è che la gente che ho incontrato era chiaramente triste, ma io non ho visto nessuno rassegnato, c'era una gran voglia di ricominciare e tutti erano grati ai volontari che sono andati ad aiutare. Chiaro, la situazione era estrema e si sentiva di poter fare poco. Mi ricordo in particolare di una signora che nonostante tutto quello che le era successo non sembrava per niente arrabbiata e anzi aveva un sorriso assurdo. Ci ha detto che che era proprio contenta delle persone che erano arrivate lì per lei. Quindi ho capito che il contributo che abbiamo dato non era tanto nella soluzione dei problemi concreti che hanno, quanto nel rapporto umano, nell'amicizia, nella mano tesa che abbiamo potuto offrire loro". Aiutare le persone alluvionate è stata "una cosa molto bella da fare in primis perché ci si scontra con una realtà che è forte e può insegnare. E' stato poi molto bello vedere tutte quelle persone che sono arrivate per dare una mano gratuitamente. Mi ha incoraggiato constatare come ci sia tante gente che ha voglia di dare per un bene".

Per Andrea Arcangeli, da cui è partito l'invito ai liceali riminesi, "sarebbe proprio bello vivere sempre così, attenti alle esigenze dell'altro. L'occasione di guardarsi mentre insieme si fa qualcosa di buono per qualcun altro. L'esperienza elementare dell’uomo è proprio questa. Quando sei molto giovane non sai dire Gesù, ma in queste esperienza riesci a vederlo. Tutti abbiamo bisogno di ricevere e dare in gratuità e anche se non sappiamo cosa sia, la riconosciamo nell'esperienza di viverla".

Filomena Armentano