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Il risvolto politico inatteso del Parco del Mare (per la maggioranza e per l'opposizione)

Martedì, 26 Maggio 2015

7bIl risvolto politico inatteso del Parco del Mare (per la maggioranza e per l'opposizione)

Secondo quanto annunciato a operatori e tecnici, il Comune premierà i progetti che vedranno riunire i diversi imprenditori di un certo tratto di lungomare (ovviamente se in linea con le indicazioni del Piano Strategico) mettendo a disposizione le aree relative e impegnandosi economicamente nella parte di lavori di propria competenza.

L’Ente cioè accantona l’ipotesi di un proprio intervento diretto per la realizzazione del nuovo lungomare, intervento che si sarebbe dovuto finanziare con soldi pubblici e i consueti accordi con imprenditori edili (con contropartita in parcheggi interrati o grattacieli o altro ancora), in favore di un ruolo di regolatore (che predispone un quadro di riferimento per contenuti e per linguaggio) e di valorizzatore dell’iniziativa privata attraverso norme di ingaggio urbanistico pensate ad hoc e un proprio investimento economico diretto ma parziale.

La cosa interessante, sempre che i tratti del progetto così riassunti siano confermati dai prossimi eventi, è che quella che forse è solo una soluzione alla mancanza di soldi pubblici porta in sé una certa evoluzione culturale, nella quale l’intenzione di favorire l’iniziativa degli operatori qualifica il ruolo del pubblico in modo abbastanza diverso dal passato. Certo, il senso sussidiario dell’operazione ha il retrogusto della crisi e della necessità, ma un pensiero nuovo è stato comunque innescato.

Ma al di là dell’ambito propriamente amministrativo, questa novità nella relazione tra ente pubblico e operatori, ha anche un risvolto politico diretto, venendo a modificare - nel confronto tra maggioranza e opposizione per la conquista del consenso - il campo da gioco del confronto stesso.

In questi anni, infatti, abbiamo assistito al contrapporsi di idee diverse sulla città, qualcuna più legata ad aspetti amministrativi o gestionali, qualcuna più organica e di visione, ma sempre vantando, ognuna, la propria superiore capacità di analisi e di intelligenza.
Da una parte abbiamo avuto il sindaco Gnassi con la sua narrazione più strutturata, pur spesso con accenti enfatici e a volte improbabili (dal riferimento insistito degli inizi a Friburgo al confronto di oggi con Verona sulla stagione lirica); dall’altra, il frastagliato mondo dell’opposizione che ha come dovuto inseguire Gnassi sul suo terreno, provando a propria volta a cercare un qualche punto qualificante nel quale identificarsi e per il quale distinguersi per novità (o per capacità di rottura) delle idee proposte. In buona sostanza un dibattito molto autoreferenziale, di quelli che nascono e si seguono sui giornali.

Oggi, invece, l’impatto di questo primo atto del Piano Strategico (se ci sarà) potrebbe spostare il merito del confronto politico dalla genialità delle idee dei professionisti della politica, o di quelli che comunque si apprestano a partecipare alle elezioni, alla capacità delle diverse formazioni politiche o civiche di rappresentare la città reale, cioè di riconoscere il valore del lavoro di chi è impegnato in essa (in senso profit o non profit che sia) e di ri-presentarlo come utile al bene comune, trovando mezzi amministrativi che lo valorizzino.

Anche perché, giunti alla fine della crisi (o alla vigilia della fine della crisi, almeno nella sua parte acuta, non strutturale), è probabilmente arrivato il momento, come nel secondo dopoguerra, che ognuno faccia la propria parte, che si rimbocchi le maniche e rischi in proprio. Cosciente che sarà necessario lavorare tanto quanto hanno lavorato i fondatori del boom riminese e forse con margini di guadagno inferiori a quanto il periodo prima della crisi ci aveva abituato.
E se è vero che ogni imprenditore, insieme ai suoi vicini, deciderà in base alla propria convenienza se investire i propri soldi nel futuro della città, sarà compito della politica facilitare al massimo che questo accada; soprattutto perché nella scelta che faranno questi imprenditori si rifletterà e si rivelerà il sentimento stesso dei riminesi verso il proprio futuro e le proprie aspettative.

E anche se questa tensione alla realizzazione di sé attraverso il lavoro non sembra essere il compito di una formazione politica (compito legato più ai corpi intermedi della società civile, a quelle comunità di valori e di interessi che tanto abitano la nostra città), si può però chiedere che le forze politiche, tutte, dimostrino di essere consapevoli e a loro volta servitrici di questa dinamica, coscienti che essa (e non la propria lucidità politica o la propria intelligenza) può costituire la vera ricchezza del momento.

 


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