Quando l’opposizione vince. 2/Il caso di Riccione

Martedì, 16 Giugno 2015

7bQuando l’opposizione vince. 2/Il caso di Riccione

Continuando la nostra ricognizione nelle città in cui, in tempi recenti, a vincere è stata l’opposizione, proviamo a ripercorrere occasioni e motivi attraverso i quali è maturato il cambio di amministrazione a Riccione.

Succede a sinistra

La città esce dai dieci anni di Daniele Imola con la realizzazione di un bel lungomare e un’operazione importante come quella del “Palazzo dei Congressi”. Ma Imola lascia anche un mare di debiti e una situazione conflittuale con le diverse associazioni; anche con quegli stessi albergatori che, pur essendo tra i pochi a riconoscere le potenzialità commerciali del Palazzo, lo vorrebbero gestire direttamente e quasi senza costi.
Alla scadenza del proprio mandato, Imola lancerebbe volentieri Fabio Galli, allora segretario del PD, ma la scelta del futuro candidato sindaco cade su Massimo Pironi, e le primarie che ne sanciscono la vittoria saranno ricordate soprattutto per la partecipazione in suo favore di un gran numero di elettori di centrodestra. Pironi in quel momento appare infatti come il cavaliere del nuovo che combatte contro l’apparato di partito e in favore degli interessi della città; un posizionamento politico e di immagine certo non casuale, visto che l’avversario che ha davanti è appunto il “suo” segretario.
A dargliene l’occasione è indirettamente lo stesso Galli, che tenta di caratterizzarsi con l’azzeramento della vecchia classe dirigente, incluso Pironi, già assessore di Masini e di Imola e consigliere regionale. Ma è proprio questa sorta di battaglia iconoclasta che, invece di procurargli una patente da rinnovatore, lo rinchiude nell’immagine del funzionario di partito vecchia maniera, impegnato solo a regolare gli equilibri interni al PD e distante dalle preoccupazioni, ormai avvertite da tutti, sul futuro economico della città.
Regista di questa lettura a favore di Pironi è Valeriano Fantini, anche lui nel mirino di Galli. Sarà il suo capolavoro politico: Pironi diventa il candidato in grado di dialogare con tutti, l’interlocutore non solo delle categorie e delle associazioni vicine alla sinistra, ma anche di quelle storicamente antagoniste ad essa, contrapposto a chi invece presiede alle sole manovre autoreferenziali del partito.
Dopo la vittoria alle primarie e, poi, quella alle elezioni, il nuovo sindaco Pironi, nei cinque anni del suo mandato, riesce però a scontentare un po’ tutti, isolandosi anche dai propri amici, compreso Fantini. Fino a perdere in modo netto, prima dell’ultima tornata elettorale, le primarie con Fabio Ubaldi, che non a caso registreranno una partecipazione minima di votanti.

Succede a destra

La storia politica di Renata Tosi non può essere separata dalla sua battaglia contro il TRC; e non solo per quanto riporta la cronaca politica attuale. Inizia infatti ad interessarsene già 12 anni fa, come impiegata presso uno studio notarile, subito scegliendola come propria battaglia civile. Così, quando Flora Fabbri romperà con Forza Italia e si candiderà a sindaco con una lista civica, la Tosi, entrandovi, verrà eletta con le preferenze proprio del comitato anti TRC.
Dopo cinque anni, con la lista civica originaria ormai sfilacciata, sarà proprio la Tosi a convincere la Lega Nord (e il suo responsabile per il territorio, Gianluca Pini) a partecipare a una nuova aggregazione che veda lei stessa come candidato sindaco. Alla civica si aggiungerà anche Forza Italia, in questo modo garantendosi quell’appoggio della Lega alle provinciali che le serviva. La lista avrà un buon risultato, ma Pironi vincerà grazie a quel contributo trasversale che già era riuscito a guadagnarsi nelle primarie, e che includeva il voto delle parrocchie (quella di Don Giorgio Dell’Ospedale in prima fila) fino a quello delle varie associazioni di categoria (albergatori, bagnini, commercianti, ...). Nella civica, saranno eletti tre consiglieri (uno della Lega, uno storico ex comunista, un ex socialista già assessore), oltre naturalmente alla Tosi.
Due anni prima delle ultime elezioni, uno degli eletti della civica, Giovanni Bezzi, comincia a sondare la possibilità di essere lui il futuro candidato sindaco grazie ai suoi buoni rapporti con Pizzolante. Dopo qualche mese, anche gli altri due consiglieri cominciano a muoversi ognuno per proprio conto. Di fronte a una situazione che va ingarbugliandosi, la Tosi prende la decisione di non schierarsi con nessuno dei tre e dichiara di ritirarsi, diventando di fatto la consulente tecnica dei grillini per il TRC, che nel frattempo sono diventati i duri e puri del Comitato.
Gesto di ripulsa istintivo o invece la scelta di un porto sicuro nel quale attendere lo sviluppo degli avvenimenti, il passo “di fianco” di Renata Tosi (oltre ad accelerare la fine della sua vecchia lista) le otterrà quel profilo (un po’ antipolitico e, insieme, competente e impegnato nella società civile) necessario a farla riconoscere come futuro candidato nel nuovo progetto civico che si va formando a Riccione.

Non contro ma oltre

Infatti, un anno prima delle elezioni, durante l’estate, nasce Noi Riccionesi, associazione ideata e promossa da Nanà Arcuri, che riccionese non è, ma vi abita per motivi di cuore. Il nuovo soggetto diventa il punto di aggregazione di Associazioni, singole persone e professionisti delusi da Pironi; un movimento di opinione che inizialmente nasce sui social e che poi, diventando “reale”, cerca di conservare il proprio carattere di novità e di distanza dagli schieramenti usuali della vita cittadina, decidendo ad esempio di escludere chi avesse avuto una visibilità politica importante nel passato.
L’intento politico man mano diventa evidente, ma Arcuri ha anche ben chiaro che se non cambia qualcosa (o almeno se non viene proposto in modo diverso) lo schema “lista civica appoggiata dai partiti di centrodestra” non funzionerà di nuovo. Così, la prima novità rispetto a cinque anni prima è proprio il soggetto che si propone sulla scena: un gruppo di riccionesi senza scheletri nell’armadio e vergini - o quasi - rispetto alla politica. La seconda, che il loro sogno di cambiamento prescinde dalle forze politiche in campo ed è affidato alla stessa società civile; non contro i partiti, ma oltre i partiti e gli schieramenti. Non una lista civica dunque che porti energie e idee al centro destra o ai grillini contro il centrosinistra, ma un gruppo di persone giovani e capaci che si candidano al governo e sono disponibili a farsi appoggiare da tutti, dalla destra fino alla sinistra.
Quando poi si passa al candidato, Arcuri compie un miracolo, riuscendo a convincere tutti i partiti e le sigle (si favoleggia che anche i grillini possano essere della partita) a convergere sulla candidatura – in realtà solo potenziale – di Claudio Montanari: un albergatore innovativo nel proprio mestiere, riccionese a tutto tondo, non ascrivibile ad alcun partito. E, come avviene nelle buone trattative, tutti sono convinti di essere i veri padrini dell’operazione.
Ma a due mesi e mezzo dalle elezioni, Montanari non conferma la propria disponibilità e si ritira con una formula tipo “Non me la sento di fare il sindaco, ci vogliono delle competenze specifiche che io non ho, ma voglio comunque partecipare al progetto e contribuire alla vittoria”; una dichiarazione che di fatto apre la strada proprio a Renata Tosi (ed è impossibile capire se la decisione di farsi da parte di Montanari sia maturata, diciamo così, in tempo reale davanti alla comprensione delle difficoltà o se la sua investitura ideale sia stata una sorta di tappa di avvicinamento al candidato cui si puntava fin dall’inizio, un modo per coagulare intorno al progetto tutte le persone e le associazioni necessarie alla sua riuscita).

Le competenze bucano, la tattica aiuta

Quando si entra in zona elettorale vera e propria, il PD ha già scelto Fabio Ubaldi attraverso le primarie. Pironi stesso le ha pretese, convinto di vincerle; invece le perde e le perde male. Ne segue una frattura interna che, di nuovo, coinvolge tutto il PD; con conseguente “caccia al pironiano”, da una parte, e promessa di ripicche e liste fuori dal partito, dall’altra (una minaccia peraltro sostenuta e incoraggiata sia da Pizzolante, in ottica NCD, che dal fronte della Tosi, ma che non diventerà mai concreta).
Ma il problema principale di Ubaldi è quello di non essere conosciuto in città e, più, di essere addebitato di una completa ignoranza amministrativa. La campagna elettorale diventa così il confronto tra la competenza della Tosi (cui tutti riconoscono la perfetta conoscenza della macchina comunale) e l’impreparazione di Ubaldi; tra la “tigna” (per dirla alla romagnola) di lei, sempre sul pezzo, e l’incostanza di lui, che in cinque anni da consigliere comunale ha registrato più assenze che presenze. Su ques’onda, la Tosi, forte della propria esperienza, impone una campagna elettorale come se fosse il sindaco uscente.
E se le campagne servono a evidenziare le contraddizioni dell’avversario, Ubaldi paga caro il fatto di essere appoggiato proprio da Galli e Imola; il primo, lo sconfitto di cinque anni prima, che rappresenta il vecchio apparato; il secondo, colui che a detta di tutti ha affossato le casse comunali. A questo si aggiunga una certa hybris impolitica dello stesso Ubaldi, convinto di essere il vero rappresentante del “nuovo” e di poter raccogliere automaticamente i voti vincenti di Renzi senza dover approntare una macchina organizzativa adeguata e dimostrare di essere un leader credibile per la città. E si può dire che sia sembrata più la campagna elettorale di un funzionario che, appunto, quella di un leader.
Da parte sua, Noi riccionesi deve solo decidere la forma con cui presentarsi: se una lista unica nella quale le diverse componenti scelgano di rinunciare a una propria riconoscibilità o invece una coalizione che sfrutti la portata naturale dei simboli. Alla fine - per garantirsi l’alleanza con Forza Italia e i suoi voti ed evitare così che al ballottaggio vadano i grillini - si opta per la seconda. Allo stesso tempo, si abbandona al suo destino l’NCD (il che, al di là delle ragioni tutte interne tra FI e Pizzolante, serve - dal punto di vista dell’immagine - per non far coincidere la coalizione con tutto il centrodestra e dare così un segnale di incoraggiamento al voto da sinistra). A sottolineare poi ulteriormente la propria apertura e la propria origine di movimento di opinione, Noi Riccionesi deciderà di buttarsi in una campagna elettorale all’antica, con un porta a porta sistematico e tante riunioni tematiche sul territorio.

Un leader per la città

Appare ovvio che senza il TRC non avremmo Renata Tosi sindaco di Riccione e, prima, non avremmo avuto neanche Noi riccionesi, che di quel tema ha fatto il proprio humus di crescita. Ma, al di là della campagna di sollevazione che ha prodotto, il TRC ha anche contribuito a risolvere la bipolarità dell’opposizione e la questione del ballottaggio (che è cruciale ormai in tutti i comuni), condannando gli stessi grillini a rincorrere ciò che succedeva, essendo loro stessi “debitori” della Tosi su questa battaglia.
L’esperienza di Riccione conferma dunque la necessità, come si è visto anche per il caso di Bellaria, di una battaglia simbolo che possa aggregare consensi non solo nel merito e per i suoi contenuti specifici, ma possa diventare l’ombrello di tutto il malessere diffuso che una città vive verso un’amministrazione al governo. Come, per fare un esempio, a Rimini sarebbe stata quella contro il partito del mattone “di Melucci”, una rivolta trasversale, sentita in modo ugualmente urgente da destra a sinistra. Incapace però l’opposizione di sfruttarla, bravo Gnassi a disinnescarla creando, su questo, una discontinuità con il proprio partito.
Infine vale la pena introdurre un altro elemento. Come Pironi vince per l’intuizione e la regia di Fantini, si può ben dire che la narrazione politica di Arcuri abbia colto i punti fondamentali che servivano a sciogliere in modo definitivo il lungo rapporto del Partito con la P maiuscola (troppo lungo farne l’elenco esatto dei nomi) con la città. Un fatto, questo, che toglie la politica all’improvvisazione e al solo populismo, e la riporta nell’ambito della mediazione delle idee e degli interessi. Ed entrambi hanno fatto vincere il proprio candidato nel momento in cui sono riusciti a proporlo in modo credibile come il portatore di interessi della città, un leader oltre le sigle e le appartenenze inizali.
Nei fatti, poi, Pironi non è stato in grado di rappresentare la novità di cui Fantini l’aveva vestito. Renata Tosi ha un temperamento politico diverso, e vedremo come saprà usare la propria.