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Meeting 2016. L'Islam e l'Europa, un approccio inedito

Lunedì, 22 Agosto 2016

“L’integrazione è possibile solo perché c’è Marco, dice Wael Farouq, egiziano, docente alla Cattolica di Milano, musulmano, ormai amico di vecchia data del meeting e di Comunione e Liberazione. Di tale Marco aveva parlato in un video un senegalese che da sei anni non vedeva la moglie e i bambini e non aveva i soldi sufficienti per comprare il biglietto. “Ho chiamato Marco e mi ha dato la somma che mancava”. Un piccolo aneddoto uno fra i tanti, a storia per dire che tutto cambia, tutto assume un’altra prospettiva, quando non si guarda più la realtà con le lenti dell’ideologia e si pone in primo piano la persona umana.

Ricco di spunti e di provocazioni interessanti l’incontro di questa mattina dal promettente titolo “Quale Islam per l’Europa?. A partire dai due protagonisti, Farouq, appunto, e Aziz Hasanović, Gran Muftì dei musulmani di Croazia, cioè un’autorità suprema riconosciuta da tutte le comunità islamiche e dallo Stato. Hasanović è uomo dalla biografia drammatica: nell’eccidio di Srebrenica 36 membri della propria famiglia sono stati sterminati. E oggi è un uomo che va nei paesi musulmani a chiedere di riconoscere ai cristiani gli stessi diritti che i musulmani hanno in Europa e che l’anno scorso, a La Mecca, davanti a 57 rappresentanti di paesi islamici ha detto che si deve seguire l’approccio di papa Francesco. Farouq ha raccontato di avergli chiesto come faccia a fare tutto questo dopo quello che è capitato alla sua famiglia. E lui ha risposto “Perché non dimentico”.

Dal Gran Muftì Hasanović si sono ascoltate parole inequivocabili di condanna degli attentati terroristici (da Nizza all’assassinio del sacerdote francese) e della guerra che lo Stato islamico ha dichiarato al mondo. E questo giudizio inequivocabile deriva, lo si è capito ascoltandolo al Meeting, da una concezione dell’Islam che sarebbe riduttivo chiamare moderata rispetto ad una estremista. Il Gran Muftì ritiene che sia quella giusta, originale, che si basa sull’autentica possibile lettura del sacro testo del Corano. Quindi non ci si può suicidare, quindi non si possono uccidere innocenti. La sua è un’apologia dell’Islam (da tenere per distinto dall’islamismo) come religione della pace e aperta alla tolleranza. Egli ritiene che chi abbraccia il terrorismo, coloro che fomentano la guerra, siano una esigua minoranza rispetto allo stimato miliardo e mezzo di musulmani sparso nel mondo. Una minoranza che usa e abusa strumentalmente della religione.

Il Gran Muftì però non si nasconde dietro a un dito. Sa bene che gli europei stanno conoscendo un Islam diverso, che, per esempio, non riconosce i diritti della donna o impone obblighi nel modo di vestire. Tutto ciò dipende da due contraddizioni, nate dall’incontro dell’Islam con le tradizioni umane e con il contesto sociale.

Alcuni musulmani hanno rifiutato determinati costumi per paura che possano essere contrari alla religione. Costoro riducono la religione ad alcuni comportamenti, come la scelta dei vestiti, anche se sconvenienti per l’ambiente in cui si vive, provocando introversione ed isolamento sociale.

Altri hanno inserito molti costumi umani nella religione considerandoli parte integrante di essa, malgrado siano invece in completa contraddizione; hanno inserito negli insegnamenti religiosi ciò che è parte del loro patrimonio culturale. La conseguenza drammatica è che molti musulmani non conoscono bene la loro religione e non riescono a convivere con l’anima del tempo e del luogo in cui si trovano, perciò li troviamo confusi e perplessi.

È questa probabilmente la parte più interessante dell’intervento del Gran Muftì, che viene da un paese, la Croazia, dove si è affermato un modello di convivenza che supera i limiti dell’assimilazionismo alla francese e del multiculturalismo britannico. E dove non si ha notizia di musulmani attirati dalle sirene del radicalismo islamista.

Alla lezione di Hasanović è seguito l’appassionato intervento di Wael Farouq del quale come sempre è utile non disperdere alcune perle.

A suo giudizio islam e cristianesimo hanno di fronte la stessa sfida nel contesto europeo e mondiale: porre la persona e i desideri del cuore al centro della loro esperienza. Ha rivendicato anche per l’islam l’uso della ragione, affermando che non può esserci un buon musulmano se non con la ragione. Quando la forma diventa più importante della persona si scivola verso l’ideologia, e i nome dell’ideologia si uccide.

Farouq spiega l’assenza dei musulmani dalla scena pubblica italiana: “Vengono da paesi dove regnano dittature.” Spiega la differenza fra musulmano e islamista: “Il musulmano crede che Dio lo protegga, l’islamista vuole proteggere Dio”. Quale Europa, si chiede, quale cultura? Aggiunge: “Viviamo nella cultura del nulla. Provate a chiedere a qualcuno cosa significhi libertà. La risposta sarà quella di Caino dopo aver ucciso il fratello: a me che importa? I grandi valori occidentali sono stati svuotati del loro significato”.

E dopo essersi con passione avventurato in una esegesi del Corano per dimostrare che non incoraggia la poligamia, conclude con questa consegna: “Il cuore pulsante è alla ricerca dell’amore e l’amore è la condizione della fede”.


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