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Meeting 2016. La lezione di Tunisi su dialogo e società civile

Venerdì, 19 Agosto 2016

C’è una lezione che arriva da Tunisi. Una lezione che ha contenuti interessanti anche per noi che stiamo dall’altra parte del Mediterraneo. Ascoltando la lezione, il titolo del Meeting “Tu sei un bene per me” appare meno uno slogan o un imperativo moralistico ma assume il volto di una esperienza concreta. Imperfetta come tutte le esperienze, ma con il vantaggio di indicare una strada possibile. Faceva impressione, oggi pomeriggio nell’Auditorium del Meeting, ascoltare Mohamed Fadhel Mahfoudh, Premio Nobel per la Pace 2015, e Fadel Moussa, docente universitario e membro dell’Assemblea costituente della Tunisia, ripetere più volte che ciò che è accaduto nel loro Paese confermava che è vero “Tu sei un bene per mese”. Una situazione paradossale, se si pensa che spesso è dalla Tunisia che provengono i foreign fighters dello stato islamico o i terroristi jihadisti.

Ricordate la Tunisia? Da lì sono partite le “primavere arabe”. Ricordate la rivoluzione dei gelsomini e l’ondata di grandi speranze che aveva suscitato? Anche a Tunisi hanno corso il rischio che dopo la “primavera” si tornasse all’inverno in cui sono ripiombati molti paesi arabi. Nel 2013 si era creata una situazione di impasse che rischiava di bloccare il processo democratico: divisioni fra i partiti, divisione fra diversi settori della società, attentati terroristici. Per sbloccare la situazione è scesa in campo la società civile rappresentata dall’ormai famoso quartetto a cui nel 2015 è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. Erano i dirigenti della Confindustria locale, del sindacato dei lavoratori, della Lega per i diritti umani ed il presidente dell’ordine degli avvocati, Mohamed Fadhel Mahfoudh, che oggi era al Meeting.

Quale sia stato il loro merito lo ha spiegato lo stesso Mahfoudh “In mezzo allo duro scontro fra i vari partiti (c’era stato anche l’assassinio di un deputato), noi rappresentanti della società civile abbiamo svolto un enorme ruolo di mediazione. È stato uno sforzo enorme, basato sull’ascolto delle ragioni dell’altro, e alla fine è stato raggiunto un compromesso”. Cioè è stata approvata la nuova Costituzione democratica della Tunisia.

Il professor Moussa la racconta così: “La Tunisia è un paese omogeneo, quasi non ci sono minoranze. Il tratto comune è l’identità arabo-musulmana. Nel confronto con gli islamisti radicali, sottolineavano che anche noi eravamo per conservare questa identità. C’era però bisogno di mettere insieme cultura nazionale e modernità. Quindi un’identità nazionale, ma aperta al confronto con l’esterno”.

Un esempio di cosa significhi lo cita Tania Grotti, docente di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Siena e conoscitrice del processo costituente vissuto dalla Tunisia. “Nello stesso articolo, oggetto di grande dibattito all’Assemblea, si dice che lo stato vigilia che nelle scuole sia trasmessa l’identità nazionale e la lingua araba, e nello stesso che siano insegnate le lingue straniere e la cultura dei diritti umani”. La nuova Costituzione è stata approvata con 200 voti su 216 membri dell’assemblea Costituente. È stato così evitato il ricorso al referendum. La Costituzione della Tunisia – ha spiegato – è stata il frutto di un processo di partecipazione, condiviso, basato sul consenso, finalizzato a creare unità e coesione sociale. La costituzione tunisina ha consentito lo sviluppo di una vera vita democratica, con ampia libertà di espressione e, ad esempio, anche libertà accademica, che in altri paesi non è affatto scontata”.

Ma – chiede il moderatore, il professor Andrea Simoncini, dell’Università di Firenze, - c’è qualcosa di particolare, di specifico, un genius loci, che ha consentito che in Tunisia accadesse tutto questo e non si siano imboccate strade pericolose? Risponde Mahfoudh: “Ciò che siamo dipende dalla nostra lunga storia. Siamo stati un paese cristiano, musulmano, abbiamo conosciuto anche l’illuminismo, siamo stati un protettorato francese. Con Bourghiba abbiamo conosciuto lo Stato moderno, negli anni Venti del Novecento da noi già si parlava di libertà delle donne. Siamo il primo paese musulmano che ha abolito la poligamia e riconosciuto i diritti delle donne. Poi c’è stato anche i periodo della dittatura di Ben Alì, ma la Tunisia è sempre stata aperta, tollerante”.

Il proseguimento dell’esperienza democratica sancita dalla nuova Costituzione non è facile. In queste ore sta nascendo un governo di unità nazionale. Le sfide che la Tunisia si trova ad affrontare solo, oltre che la lotta al terrorismo (si ricordi l’attentato al Pardo e sulla spiaggia) sono a livello economico e sociale. C’è povertà, c’è bisogno di lavoro, di nuovi investimenti, hanno sottolineato i relatori.

Resta l’esempio di un paese arabo-musulmano che ha saputo trovare nel dialogo e nella valorizzazione del ruolo della società civile i punti di appoggio sui quali costruire una nuova pagina della propria storia.


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