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Meeting 2016. La verità di quel cartello dei profughi

Venerdì, 19 Agosto 2016

Da un ex collaboratore del Meeting, riceviamo e volentieri pubblichiamo

Caro Meeting,

tu sei un bene per me.

Scusate se non siamo affogati. E’ la frase di un cartello tenuto in mano da alcuni  profughi  e riprodotta su una parete della mostra sui migranti dell’edizione del Meeting che oggi è iniziato.
Scusate se non siamo affogati. Potrebbero dirlo anche gli amici del Meeting con cui ho avuto la fortuna di lavorare, ma so bene che il Meeting è una cosa così complessa che non c’è tempo per queste cose.

37sima edizione e siamo ancora qui a interessarci del mondo, a cercare il bello, a non avere paura di essere giudicati da chi magari ogni giorno deve fare quello di lavoro.

Ci siamo ancora tra coloro che vengono e se ne vanno, tra coloro che usano e gettano un luogo in cui è possibile essere se stessi, in cui allo stesso tempo è sempre richiesto un rispetto per l’altro e i litigi li lasciamo al campionato o al fantacalcio.

Ci sono aziende (sempre brutte e cattive) che vengono a Rimini a farsi conoscere da persone capaci di affezionarsi, gente da ogni dove che vuole incontrare persone curiose capaci di innamorarsi e tornare con il cuore a casa pieno di gioia per una storia sentita e che ti ha insegnato qualcosa.

C’è gente felice di dare il proprio tempo per lavorare gratuitamente perché è bello costruire qualcosa (e cavolo, quanto è difficile nella vita costruire qualcosa) e quando lo deve raccontare non c’è tanto da spiegare ma solo dire “lo faccio perché mi rende contento”.

Scusate se non siamo ancora affogati e c’è gente che ci lavora al Meeting (si ci lavora proprio) e dentro quel lavoro dà tanto tempo in più per la passione e il desiderio di costruire qualcosa, gente che potrebbe lavorare in grandi aziende e le vedi tirare per la fiera un carretto, negli ultimi attimi di allestimento, o fare immedesimare in due ore i volontari con il grande scopo del Meeting (la mission la chiamerebbero aziendalmente) e il lavoro da fare ogni giorno (gli obiettivi li chiamerebbero sempre aziendalmente).

Ci siamo noi, quelli che per fare qualcosa di buono nel mondo abbiamo bisogno di qualcuno, abbiamo bisogno di qualcosa di diverso, abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni qualcosa, non per evadere da quello che facciamo ogni giorno, ma per fare meglio quello che dobbiamo fare ogni giorno.

Da oggi ogni mattina il Meeting sarà pulito come il primo giorno, le facce contente come il primo giorno, le magliette dei volontari, forse quelle, consumate come dopo una grande battaglia.

La battaglia della gente che ha voglia di fare, la battaglia di quelli che “everybody needs somebody” (potrebbe essere la sigla del Meeting), la battaglia di quelli che usano le domande per comprendere, la battaglia di quelli che la rivoluzione è il quotidiano e l’arma il loro cuore.

Scusateci ma abbiamo voglia di Meeting. Sì ancora, dopo 37 edizioni perché tu caro Meeting sei un bene per me e abbiamo voglia di imparare.

Buon Meeting

(Lettera firmata)


Le vostre foto

Rimini by @lisaram, foto vincitrice del 15 febbraio

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