Torna il nautofono al porto di Rimini
Dopo un periodo di silenzio, il nautofono è pronto a risuonare. L’Amministrazione comunale ha affidato ad Anthea il compito di procedere al posizionamento sul molo riminese del dispositivo sonoro che nel passato ha rappresentato un punto di riferimento indispensabile per i marinai e pescherecci, con il suo suono inconfondibile utilizzato nelle giornate di nebbia. Un dispositivo che ora le nuove tecnologie hanno reso non indispensabile, ma che - oltre ad essere ancora utile alle piccole imbarcazioni in occasione delle frequenti nebbie - è diventato un simbolo dell’identità riminese, come dimostrato dalla mobilitazione di tanti riminesi in occasione della dismissione del nautofono a inizio 2013, a seguito dei lavori di realizzazione della nuova barriera frangiflutti. L’Amministrazione ha raccolto la richiesta dei cittadini e ha avviato il percorso per procedere alla riattivazione, che si è dimostrato più burrascoso del previsto. Oggi, dopo un’intricata e a tratti paradossale vicenda burocratica legata anche ai tanti interlocutori coinvolti, il nautofono è pronto torna al suo posto: il dispositivo, acquisito gratuitamente attraverso la Consulta degli Operatori del Porto di Rimini, sarà collocato all’estremità del molo. Seguendo le prescrizioni dalla Marina Militare Comando Zona dei Fari e dei Segnalamenti Marittimi di Venezia che ha dato parere favorevole all’intervento di riattivazione, il nautofono sarà installato su nuova struttura di sostegno sulla nuova barriera frangiflutti, in corrispondenza dell'ingresso del porto canale. Il dispositivo sarà posizionato su un palo in acciaio zincato di 4,80 metri di altezza, completo di scaletta e botola di chiusura.
L’intervento di riattivazione del nautofono è a carico del Comune e sarà come detto affidato alla Società Anthea, che inizierà i lavori entro la fine di febbraio.
L’Amministrazione comunale rinnova quindi il ringraziamento alla Consulta degli Operatori del Porto di Rimini per l’importante collaborazione nella positiva riuscita del progetto.
11 febbraio
Accoltellamenti, caccia al quarto uomo | Denuncia per 30 ultrà | Accuse di razzismo
Elezioni a Santarcangelo, Samorani punta tutto su se stesso
Il medico delle donne, il sindaco di tutti. Fin dallo slogan scelto si capisce che Domenico Samorani, candidato sindaco di Santarcangelo per il centrodestra, punterà più sulla propria storia e credibilità personale (e probabilmente anche sull’onda lunga salviniana) che su una proposta amministrativa per la città. Lo si è visto anche nella presentazione ufficiale della sua candidatura, questa mattina all’Hotel della Porta, in una sala stracolma di riminesi e delle donne del Punto Rosa. C’era tutto lo stato maggiore del centrodestra riminese, di ogni fede ed osservanza, salito da Rimini per sostenere il cavaliere in camice bianco che si appresta a compiere l’impresa di sconfiggere la sinistra in un suo feudo storico. C’erano quelle che Samorani chiama “le mie donne”, ovvero le signore del Punto Rosa che hanno preparato il rinfresco per il debutto della campagna elettorale. C’era Serena Grandi nel ruolo di presentatrice che lo definisce “mio medico e mio confessore” e che, certamente involontariamente, si esibisce in uno spot non proprio indovinato: “Speriamo che fare il sindaco non ti tolga troppo tempo, perché noi siamo gelose, ti vogliamo tutto per noi”.
E c’era ovviamente lui, Domenico Samorani, in grande spolvero, traboccante di energia, tornato con gli occhiali rossi dopo aver posato con quelli blu per la foto ufficiale. Che alla fine del suo intervento si è tolto i classici sassolini dalla scarpa. E da questi conviene partire.
Dicono che non è possibile fare il sindaco a metà tempo perché sono anche medico? “Costoro non hanno argomenti perché non sanno che Samorani è sempre in piedi”.
“Dicono che non è possibile fare contemporaneamente il medico e il sindaco? Gente dalla memoria corta che dimentica che in Romagna abbiamo avuto l’esempio di medici che sono stati grandi sindaci, Rusticali a Forlì, Zoffoli a Cesenatico, Ravaioli a Rimini”. Ravaioli sarà commosso, visto che Samorani era all’opposizione, eletto nelle liste di Forza Italia.
Ed infine c’è l’obiezione più insidiosa: l’accusa di strumentalizzare le donne del Punto Rosa ai fini della competizione elettorale. Prima butta là una battuta: “Sono amato da molte persone, cosa ci posso fare?”. Poi dice di aver cercato di mediare fra la direzione sanitaria e le donne sulla sistemazione del reparto di chirurgia senologica. Le donne sostengono che quella soluzione non va bene, io, per quel che mi riguarda, non ho problemi, ho operato anche nelle capanne in Africa. E poi la disputa del Punto Rosa con la direzione sanitaria è cominciata nel maggio scorso, in tempi non sospetti. La polemica sui mass media l’ha portata l’attuale amministrazione, facendo un clamoroso autogol. Ci fosse stata la possibilità di fare domande, Samorani avrebbe potuto spiegare se anche lui considera la senologia sotto attacco da parte dell’Asl è a rischio di ridimensionamento. Avrà modo di chiarirlo nel corso della campagna elettorale.
Samorani aveva esordito parlando di sé, della moglie, dei quattro figli e dei sette nipoti. Ha ricordato di lavorare da trent’anni a Santarcangelo e che non c’è bisogno di dormirci per sentirsi parte della città. Ha rivendicato il merito di aver portato la chirurgia senologica a livelli di eccellenza, con riconoscimenti internazionali. Ha detto che il rapporto con le pazienti lo ha educato ad ascoltare e che tale sarà il suo atteggiamento verso la città. Lui si pone al di sopra della tradizionale contrapposizione fra destra e sinistra. “La radice della decadenza di Santarcangelo sta nell’aver diviso la città in due con l’accetta, escludendo importanti risorse”. Ha sottolineato che con lui stanno anche persone di sinistra perché sono “donne e uomini veri”. In sala si sono visti l’ex sindaco di Poggio Berni Antonio Valli e Leonina Grossi, militante storica della sinistra a Rimini. Ha rimarcato che lui agirà con una visione sussidiaria, senza egemonie. E ha strappato applausi quando ha scandito lo slogan “La vera risorsa è l’essere umano”.
Facendo scorrere alcune diapositive ha snocciolato qualche briciola di futuro programma. La lotta all’inquinamento dei fiumi Uso e Marecchia provocata dalle vicine discariche. La sicurezza: ci vogliono telecamere e maggiore illuminazione. Il commercio: da sostenere come gli altri settori economici. Il Festival teatrale: deve tornare alle origini e liberarsi dalla cultura nichilista. Il turismo: da incrementare, bisogna fare di più. Mobilità: eliminare le troppe barriere architettoniche. Parchi e giardini in ogni quartiere. Sviluppo: pensare ad un progetto di riqualificazione dell’ex cementificio. Non ha proposto una visione della città, un sogno, un grande obiettivo. Non ha nemmeno accennato ad una futura squadra. Non ha parlato della sua lista e dei partiti che lo sostengono. Samorani punta tutto su se stesso.
Turismo, la Regione celebra un anno record ma i conti non tornano
Secondo i dati diffusi ieri dalla Regione l’attività turistica del 2018 si chiude con un bilancio pienamente positivo. Un anno record, si legge in un comunicato. Crescono sia arrivi che presenze: gli arrivi raggiungono quota 13,7 milioni con un +7 per cento rispetto al 2017, le presenze quasi toccano quota 60 milioni, cioè +4,7 per cento rispetto all’anno precedente. Va subito precisato che non si tratta dei dati ufficiali Istat, che sul sito della Regione sono ancora fermi al mese di ottobre, ma dei dati che, come è stato più volte spiegato, sono “corretti” dall’Osservatorio turistico tenendo conto di una serie di fattori che a suo giudizio restituiscono un quadro più completo[1]. Ma non sempre, come vedremo un attimo più avanti, i conti tornano e appaiono plausibili.
I dati “corretti” ci dicono che in Riviera (che in questo caso va da Cattolica ai Lidi ferraresi) gli arrivi sono stati oltre 7 milioni e le presenze hanno toccato i 43 milioni, rappresentando il 72 per cento di quelle complessive dell’Emilia Romagna. Se in Riviera le presenze sono cresciute del 2,2 per cento, nelle città d’arte, il secondo bacino turistico della regione, la crescita è invece dell’11,2 per cento, grazie soprattutto al traino fortissimo di Bologna e del suo aeroporto. In Emilia Romagna i turisti stranieri sono stati nel 2018 il 26,3 per cento ed hanno prodotto il 24,8 per cento delle presenze (in Riviera la quota sale al 28,5 per cento).
Dati indubbiamente positivi, che però presentano qualche problema da chiarire. Stando alle “correzioni” dell’Osservatorio turistico, in Riviera la permanenza media dei turisti sarebbe uguale a sei giorni. Se questa è la permanenza media, e alle statistiche concorrono il turismo dei week end, il turismo fieristico e quello congressuale (1, 2 massimo 3 giorni), significa che per una enorme quantità di turisti la vacanza è di almeno dieci, quindici giorni. È un dato, quello dei sei giorni, che cozza contro tutte le valutazioni degli operatori turistici, degli amministratori locali e degli esperti di turismo. Basta interrogare qualsiasi albergatore o bagnino e ci metterebbe la firma su una permanenza media di sei giorni.
Ma se albergatori e bagnini non sono attendibili perché si basano sulle loro percezioni, ecco arrivare i dati statistici ufficiali a ridimensionare le valutazioni ottimistiche dell’Osservatorio. Si prenda il caso della Provincia di Rimini, che da sola fornisce un notevole contributo (15,9 milioni) ai 40 milioni di presenze (ufficiali) registrate in Emilia Romagna nel 2017. Prendendo in esame i dati degli ultimi vent’anni, scopriamo che nel 1999 si avevano quasi sei giorni di permanenza media, ma se osserviamo il 2017 la media scende a 4,4. La controprova, se vogliamo, viene dal Comune di Bellaria Igea Marina, che nella provincia vanta la permanenza media più alta, grazie ad una notevole quota di turismo famigliare e un turismo fieristico e congressuale che non raggiunge i livelli di Rimini o di Riccione. Ebbene, a Bellaria nel 2009 la permanenza media era 6,5, nel 2017 è scesa a 5,6. La tendenza è, purtroppo, verso il calo, solo per l'Osservatorio turistico è sempre pari a 6, sia nel 2017 che nel 2018. Riassumendo: come è possibile che per la Regione la permanenza media sia di 6 giorni quando in un colosso turistico come la provincia di Rimini è a 4,4?
È uno dei misteri che l’Osservatorio dovrebbe chiarire. Sulla base di quale valutazione il dato viene corretto in modo così macroscopico? Significa che nelle strutture ricettive c’è ancora un alto tasso di evasione fiscale?
Ma andando più a fondo si scoprono altre incongruenze. I dati statistici ufficiali assegnano all’Emilia Romagna nel 2017 poco più di 11 milioni di arrivi. Vediamo che nel 2017 l’Osservatorio ha portato questo dato a 13,7 milioni, una “correzione” del 15 cento per cento. In questo caso siamo nel campo delle cose possibili, anche se discutibili. Diversa è la situazione delle presenze: quelle ufficiali nel 2017 erano 40 milioni, con le “correzioni” sono diventate 57 milioni, pari ad un incremento dei 42,5 per cento. Teniamo pur conto delle seconde case, dei caselli autostradali, dei consumi di energia, della raccolta rifiuti, ma 17 milioni di presenze hanno la coda lunga. È come se sulla bilancia, l’Osservatorio turistico avesse messo tutte le presenze (reali) realizzate in provincia di Rimini (ed anche un milione in più). Forse è anche per questa ragione che poi non tornano i conti sulla permanenza media.
[1] Nel comunicato della Regione viene spiegato “La metodologia prevede rivalutazioni periodiche delle statistiche ufficiali realizzate, da una parte, tramite le indicazioni fornite da un panel di oltre 1.300 operatori di tutti i comparti dell’offerta turistica regionale e, dall’altra, tramite le elaborazioni dei dati emergenti da indicatori indiretti come le uscite ai caselli autostradali, gli arrivi aeroportuali, i movimenti ferroviari, le vendite di prodotti alimentari e bevande per l’industria dell’ospitalità, i consumi di energia elettrica e acqua, la raccolta di rifiuti solidi urbani, oltre ad un periodico sondaggio di un campione di turisti nazionali”.
Frisoni insiste: Comune fuori dal Ceis, ma la giunta fa muro
Il comune di Rimini esca immediatamente dal consiglio d’amministrazione del Ceis. Il consigliere di Patto Civico, Davide Frisoni, è tornato con una interrogazione sulla proposta già formulata in occasione della riunione delle commissioni dedicata all’annosa questione Ceis-Anfiteatro.
Frisoni ha ribadito che la presenza di un rappresentante del Comune nel Cda genera una confusione di ruolo ed impedisce una valutazione serena di tutto ciò che riguarda questo istituto educativo. Ha anche ricordato che nel 1946 la presenza di un rappresentante politico si giustificava con l’esigenza che fosse un politico a mantenere i rapporti con la Svizzera per il flusso delle risorse proveniente dalla Confederazione. Ora quell’esigenza non c’è più e bisogna risolvere con urgenza una situazione ambigua.
Contestualmente Frisoni ha chiesto che venga individuata, senza costi per il Comune, una luogo dove costruire la nuova sede del Ceis e che venga predisposto un progetto di massima per i lavori di scavo e di valorizzazione dell’Anfiteatro.
L’amministrazione la pensa diversamente. L’assessore Roberta Frisoni ha insistito nel ribadire che il Ceis è una istituzione non paragonabile con altre, e pertanto non trova scandaloso che Comune sieda nel Cda. Ha invitato Frisoni a leggersi lo statuto per capire meglio. Sulla stessa linea l’assessore Mattia Morolli, secondo il quale la presenza del Comune è giustificata dal fatto che solo il Ceis accoglie bambini con situazioni gravissime.
Nella replica, Frisoni ha tenuto la sua posizione ed ha anche aggiunto che per i lavori di scavo si potrebbero fare convenzioni con l’Università con meno costi a carico dell’amministrazione.
Spiaggia & Unesco, una grande botta d'orgoglio per Riccione
Una botta d’orgoglio per Riccione. Il titolo del pamphlet, dedicato da Silvano Cardellini al primato riminese nell’industria dell’ospitalità, viene in soccorso per descrivere la speciale seduta del consiglio comunale di ieri sera. Il sindaco Renata Tosi, concludendo il dibattito ha usato una parola ancora più impegnativa, miracolo, e forse non aveva tutti i torti. È un miracolo vedere unanimi le forze politiche di maggioranza e opposizione (sempre divise su tutto). Unanimi anche le categorie economiche, concordi perfino gli albergatori su una proposta che esalta il ruolo dei bagnini nella storia e nel presente di Riccione.
Il consiglio comunale era chiamato ad approvare l’adesione e il sostegno al progetto di proporre all’Unesco che l’attività di accoglienza svolta sulla spiaggia di Riccione sia dichiarata patrimonio culturale intangibile dell’umanità. Erano chiamati ad esprimersi non solo i consiglieri comunali ma anche i cittadini, soprattutto i rappresentanti delle diverse categorie economiche. E subito è scattata l’unanime celebrazione dell’orgoglio riccionese. Tutti a dire che l’esperienza di accoglienza che da più di un secolo si vivere sulla spiaggia di Riccione non ha pari nel mondo, che tutti ci riconoscono la nostra straordinaria capacità di ospitalità, che per noi i turisti non sono ospiti ma amici con i quali si rimane in rapporto tutto l’anno, che in Romagna i turisti sono coccolati come da nessuna parte, che girando per il mondo ci si sente dire “ah, se anche qui ci fosse l’intraprendenza e l’accoglienza tipica dei romagnoli”. Alla serata mancava solo un Paolo Cevoli che ridicesse le stesse cose ma con la sua consueta dose di ironia in modo da alleggerire i toni retorici e celebrativi a cui tutti si sono lasciati legittimamente andare. È una lunga storia che aspira al riconoscimento internazionale: le ricerche d’archivio hanno attestato che le prime concessioni della Capitaneria di Porto risalgono a fine Ottocento. E come ha ricordato il presidente del comitato promotore, Diego Bianchi, i primi bagnini sono stati in realtà bagnine, le moglie dei pescatori o dei contadini, custodi delle ville dei signori, che accompagnavano gli ospiti sulla spiaggia.
Candidata a diventare patrimonio dell’Unesco non è la spiaggia di Riccione in quanto sabbia, ombrelloni, cabine e pedalò, ma il rito che ogni estate vi si celebra per regalare giorni di spensieratezza e divertimento ai turisti italiani e stranieri. Di questo rito i sommi sacerdoti sono i bagnini, non riducibili a venditori d’ombra o noleggiatori di attrezzature balneari. Sono i padroni di casa che accolgono, che assistono, che intrattengono, che cuociono la rustida e offrono il cocomero, che fanno le previsioni del tempo, che intortano italiane e tedesche, che abbracciano, che salutano, che un tempo facevano le foto ricordo e oggi fanno i selfie, che entrano nella memoria di generazioni e generazioni. “Quando ero piccolo, il mio bagnino di Riccione…”.
L’Unesco, per far entrare la spiaggia di Riccione nel patrimonio culturale intangibile dell’umanità chiede una documentazione che attesti l’originalità delle pratiche sociali e delle tradizioni artigianali che avvengono in un luogo. E chiede che in queste pratiche e tradizioni si riconosca tutta la comunità. Il progetto, avviato dal comitato, si avvale della competenza del Cast, il Centro di Studi Avanzati sul Turismo del campus universitario di Rimini.
Il lavoro è cominciato nel 2018 con le interviste ai bagnini (vita di spiaggia e storia del proprio stabilimento) e con le interviste ai turisti. Sono stati ascoltati gli ospiti che scelgono Riccione da almeno trenta quarant’anni ed è stato diffuso un questionario al quale hanno risposto 1300 turisti italiani e tedeschi. Sono state coinvolte le scuole e nel corso del 2019 saranno coinvolti tutti i cittadini. Si vuole verificare quanto siano consapevoli del patrimonio intangibile che rappresenta la gestione della spiaggia alla riccionese. Il percorso, la presa di coscienza da parte della comunità locale, è importante quanto l’auspicato risultato finale, ha sottolineato il sindaco.
In prospettiva il progetto sarà allargato al resto della costa, anche perché le caratteristiche immateriali della spiaggia di Riccione sono le stesse di Rimini o di Bellaria. Forse non dei lidi ravennati e ferraresi, come invece vorrebbe l’assessore regionale Andrea Corsini.
Della spiaggia e dei bagnini il progetto valorizza quelle caratteristiche che sono tipiche dell’intero modello locale di turismo, forse con la sola differenza che mentre i bagnini sono ancora tutti riccionesi o riminesi molte gestioni alberghiere sono “straniere” e certamente non eredi della tradizione storica di ospitalità che ha visto contadini e pescatori trasformarsi in bagnini e albergatori. Valorizzando il patrimonio balneare si intende in qualche modo celebrare l’intero modello e ricordare che il core business della riviera rimane comunque il mare.
Ben venga la botta d’orgoglio di Riccione.
Valerio Lessi
Sabato anche a Rimini la raccolta dei farmaci peri i poveri
Sabato 9 febbraio torna in tutta Italia la XIX edizione della Giornata di Raccolta del Farmaco. In 104 Province, nelle oltre 4.500 farmacie che aderiscono all’iniziativa e ne espongono la locandina, sarà possibile, grazie alle indicazioni del farmacista e all’assistenza di circa 20.000 volontari, acquistare uno o più medicinali da banco da donare alle persone indigenti. I farmaci acquistati saranno consegnati direttamente agli oltre 1.700 enti assistenziali convenzionati con la Fondazione Banco Farmaceutico onlus.
Durante la GRF del 10 febbraio 2018 nella Provincia di Rimini, sono state raccolte 3440 confezioni di farmaci, per un controvalore economico pari a 23.500 euro. Ne hanno beneficiato 23 enti convenzionati.
Nella Provincia di Rimini hanno aderito 43 farmacie e chi vorrà aderire alla raccolta potrà recarsi in quelle che esporranno la locandina di adesione alla Giornata, #GRF19, situate nelle città di Rimini, Riccione, Cattolica, Misano Adriatico Corpolò, Villa Verucchio e Santarcangelo. La Giornata di Raccolta si svolgerà anche nella Repubblica di San Marino.
Gli Enti che riceveranno i farmaci raccolti sono 23 e svolgono la loro attività nella Provincia di Rimini. Tra i più noti ricordiamo la Ass.Papa Giovanni XXIII,la Caritas Diocesana, la Comunità di Monte Tauro, la mensa Sant’Antonio per i Poveri, la Coop. Centofiori, il Banco Alimentare.
Trc, approvato lo schema di convenzione per l'acquisto dei mezzi
Il Trc dovrevve entrare in funzione prima dell'estate. La Giunta comunale ha approvato lo schema di convenzione con il Ministero dei Trasporti e Pmr (Patrimonio Mobilità della Provincia di Rimini) in qualità di soggetto attuatore per la regolazione del finanziamento statale assegnato all’Amministrazione Comunale per l’acquisto dei mezzi che andranno a servire il Trasporto Rapido Costiero. Si tratta di risorse pari a 8.850.000 euro che, attraverso una seconda convenzione tra Comune e Pmr, saranno destinati alla fornitura dei nove nuovi filobus di ultima generazione (Exqui.City18T).
Sono mezzi a trazione interamente elettrica (full-electric) e quindi a emissioni zero di tipo bimodale con batterie e con predisposizione per l’installazione dei componenti per la realizzazione del sistema di guida assistito del tipo ottico. Le risorse del Ministero saranno integrate dal finanziamento della Regione Emilia Romagna a favore di PMR per circa 2,7 milioni di euro.
“Continua il percorso per rispettare i tempi di entrata in funzione, fissati per l’anno in corso di un servizio che andrà a modificare radicalmente il sistema di mobilità urbano e le abitudini negli spostamenti dei cittadini – sottolinea l’assessore alla Mobilità Roberta Frisoni – Un sistema di collegamento funzionale, moderno ed ecologico ormai prossimo a diventare realtà al servizio dei cittadini e dei city users”.
Elezioni a Santarcangelo: i consigli del vescovo Lambiasi
“Sia pace sulle tue mura”. Il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi paragona Santarcangelo a Gerusalemme e gli dedica il salmo 122, la preghiera dei pellegrini che si dirigevano verso la città santa posta sul monte. Spiega che pace non è semplicemente assenza di guerra ma pienezza di vita. Si augura pertanto che nella prossima competizione elettore la città non degeneri in un grande ring ma sia una palestra di cittadinanza e di democrazia.
Monsignor Lambiasi inaugura con questo augurio il ciclo di incontri che la parrocchia di Santarcagelo ha organizzato su “Bene comune e pace sociale”, chiamando i relatori, il primo è stato appunto il vescovo, a confrontarsi sui principi per la costruzione di un popolo che Papa Francesco ha indicato nella Evangelii gaudium, il suo documento programmatico.
Il primo è “Il tempo è superiore allo spazio”, una frase che nel pensiero di Bergoglio significa la priorità dei processi rispetto all’occupazione degli spazi di potere. Un’accezione che Lambiasi sposa e snocciola punto per punto agli ascoltatori convenuti nel teatrino della parrocchia. Ciò significa, spiega, “lavorare a lunga scadenza, senza lasciarsi imprigionare nell’immediatismo che paralizza”. Afferma il Papa nel documento: “Dare priorità allo spazio porta a diventare matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione”. Il vescovo non ha fatto alcun riferimento all’attualità politica, dove pure non mancano gli esempi di come, invece che “dar vita a processi che costruiscono un popolo”, “si cercano risultati immediati che producono una rendita politica facile”. Ognuno potrà rinvenire questi esempi osservando la cronaca quotidiana.
Si è invece soffermato a delineare il concetto di “bene comune”, sempre sulla bocca dei politici di ogni colore, ma spesso non compreso nel suo autentico significato. Ha sgomberato il campo da due equivoci. Il bene comune non può essere ridotto alla somma degli interessi individuali. “Se adotto un Prg e poi concedo una deroga ad ogni cittadino, questo non è bene comune”. Non è nemmeno, secondo equivoco, una cornice formale. Il bene comune non richiede semplicemente coordinazione ma cooperazione, gioco di squadra. Citando il compendio della dottrina sociale della Chiesa, spiega che nel costruire il bene comune non basta rispettare la volontà della maggioranza, ma tenere conto anche delle esigenze della minoranza.
Fra le diverse etimologie del bene comune, monsignor Lambiasi mostra di preferire quella che deriva da munus inteso come dono piuttosto che come sistema difensivo. Afferma che il bene comune è la Costituzione, frutto di un accordo fra forze diverse e opposte. Il bene comune, inoltre, è la città, secondo l’accezione di Giorgio La Pira, cioè un luogo dove ciascuno ha una casa per abitare, una officina per lavorare, un ospedale dove guarire, una scuola dove imparare e una chiesa dove pregare.
La politica è servizio al bene comune. Per spiegarlo monsignor Lambiasi cita ampi brani del discorso di papa Francesco a Cesena il 1 ottobre 2017, compresa la frase secondo cui “il buon politico finisce sempre per essere un “martire” al servizio, perché lascia le proprie idee ma non le abbandona, le mette in discussione con tutti per andare verso il bene comune, e questo è molto bello”. Nell’intervento del vescovo non sono mancati i riferimenti a don Oreste Benzi (la società del gratuito) e, come abbiamo visto, a Giorgio La Pira.
Il prossimo appuntamento del ciclo è mercoledì 13 febbraio su “L’unità prevale sul coflitto”, relatrice Cecilia Calandra, magistrato e dirigente scout.
Sinti: il Comune sgombera le aree dove hanno costruito le loro "case"
Mentre lo sgombero di via Islanda è fermo al palo perché, come ha dichiarato l’assessore Gloria Lisi in consiglio comunale, la maggioranza non ha deciso di assumersi le proprie responsabilità, sono cominciati gli sgomberi dei Sinti da anni residenti a Rimini che avevano costruito la loro casetta mobile su terreni di loro proprietà, senza costi per le casse comunali. In sostanza sono microaree ante litteram, realizzate dai Sinti su consiglio dell’amministrazione comunale del tempo, che aveva loro suggerito di acquistare un terreno e di costruirvi la loro casetta provvisoria. Nel frattempo però sono cambiate le leggi e quei prefabbricati sono diventati abusi edilizi e il Comune ha deciso di eliminarli.
Già prima di Natale ci sono stati i primi sgomberi, il 28 febbraio ne è previsto un altro, che riguarda la famiglia di Gordon Zavatta. Entro quella data devono lasciare la loro proprietà, in caso contrario si procederà allo sgombero forzato. I Zavatta sono giostrai storici di Rimini, presenti in città fin dagli anni Settanta, dove allestivano la loro giostra “muro della morte”. Nel terreno che avevano acquistato nella campagna di San Vito hanno realizzato le loro “casette” (come da foto) dove vivono cinque persone, fra cui un minore ed un’anziana invalida.
Gordon Zavatta ricorda che l’assessore Gloria Lisi, in un intervento televisivo su La7, aveva promesso di risolvere il problema, ma al momento ci sono solo le ordinanze di sgombero. Zavatta annuncia che nei prossimii giorni i Sinti faranno anche una manifestazione.
Nelle settimane scorse il consigliere Mario Erbetta, di Rinascita Civica, aveva presentato sul tema un'interrogazione. Nei giorni scorsi è arrivata la risposta dell'assessore Gloria Lisi dalla quale si evince che per il momento il Comune procede con gli sgmberi.
Questo il testo della risposta:
Come Lei sa questa Amministrazione si sta avvalendo della LR 11 del 2015 a seguito dell'esplosione di
una criticità presente da molto nel nostro Comune e che il sopraluogo congiunto di F.F.O.O. e AUSL in via
Islanda ha fatto sì che si dovesse affrontare e risolvere in tempi compatibili.
Da qui il ricorso alla legge Regionale 11/2015. Come altrettanto noto nel momento in cui abbiamo
cominciato a ragionare sulla legge 11 per il Superamento di Via Islanda abbiamo analizzato anche il tema
delle microaree private di cui all’art. 3, comma 3, della L.R. n. 11 del 2015 riscontrandone le criticità e le
contraddizioni. Difatti la norma prevede che il Piano (insediamenti sia pubblici che privati) sia oggetto di
conferma quinquennale considerando le microaree una soluzione da superare in breve medio termine con
ritorno alle originarie destinazioni delle aree coinvolte. Sembrava infatti contradditorio che da una parte si
desse vita a insediamenti la cui legittimazione è da riconfermare periodicamente perché insistenti su aree
comunque destinate ad essere ripristinate, e dall’altra parte si andasse a sanare situazioni la cui rimessa in
pristino era in corso. Su questo presupposto poggia il profilo di specialità della disposizione sotto l’aspetto
edilizio-urbanistico. Specialità" che ne consente la coesistenza con le norme statali in materia.
Ad ogni modo, messa da parte questa contraddizione, si deve segnalare che anche dal punto di vista
più strettamente applicativo è stato necessario che la Regione fornisse indicazioni integrative. Solo di
recente è intervenuta con più pareri per dirimere dubbi interpretativi sui limiti di applicazione ingenerati dalla
delibera di Giunta regionale attuativa della legge. Ne consegue che, nel concreto, solo da qualche mese è
abbastanza chiaro il requisito per il riuso delle abitazioni realizzate abusivamente prima dell'entrata in vigore
della legge. Oggi, risolto il tema dal punto di vista delle procedure e del perimetro di applicazione della
norma può essere ripresa, sul fronte politico amministrativo, la valutazione della opportunità di ricorrere a
questa facoltà prevista dalla legge. Attenzione però a non generare illusioni distorcendo lo spirito
complessivo della norma. Le Microaree, nel disegno complessivo della strategia, servono a evitare il
degrado dei campi; ma l’obiettivo è l’integrazione con il superamento progressivo di quelle situazioni.
Certo non si immagina che serva qualche mese, altrimenti non si giustificano nemmeno i nostri
investimenti.
In conclusione, appare evidente che: dato lo stato della procedura per l’individuazione delle microaree
pubbliche necessarie al superamento di Via Islanda e considerata anche la sostanziale diversità del
procedimento tra le due fattispecie, il tema del riuso delle abitazioni acquisite al patrimonio comunale viene
ad essere un procedimento a se stante rispetto a quello collegato al superamento di via Islanda che per le
ragioni di urgenza su richiamate deve volgere al termine.
Gloria Lisi