La sfida del turismo estero: come si fa senza aeroporto?
Spingono il tasto sull’internazionalizzazione dei mercati turistici il sindaco Andrea Gnassi e l’assessore regionale Andrea Corsini, all’ombra del giardino del Grand Hotel, in occasione del 175 anniversario dell’apertura (30 luglio 1843) del primo stabilimento dei bagni. Rimini ha raggiunto nel 2017 il 30 per cento sul totale di presenze estere, nei primi cinque mesi dell’anno gli stranieri sono cresciuti del 9 per cento.
Ma ci può essere conquista dei mercati internazionali senza un aeroporto che funziona e che cresce? A cento chilometri di distanza, il caso del Guglielmo Marconi dimostra senza ombra di dubbio che l’aumento di traffico in aeroporto si è tradotto in crescita delle presenze turistiche con percentuali a due cifre. Con il caso clamoroso dei primi cinque mesi dell’anno in cui Bologna ha avuto più presenze di Rimini.
Alla domanda di BuongiornoRimini non si sottrae l’assessore Corsini: “E’ indubbio che per fare crescere il turismo una rete di infrastrutture sia necessaria. E l’aeroporto è una di queste. Ai gestori del Fellini abbiamo sempre detto che noi siamo disponibili a collaborare nei limiti delle norme. Se la Riviera fa questi numeri, pensiamo a quali risultati può raggiungere con un aeroporto dove gli aerei partono e arrivano. Purtroppo a Rimini non ci sono ancora grandi numeri”. In effetti, sarà un successo se a fine anno si confermeranno i 300 mila passeggeri del 2017. “Mi auguro – aggiunge Corsini - che la società di gestione assuma le strategie che consentano al Fellini di decollare. Noi l’abbiamo detto per Parma e lo ribadiamo per Rimini: siamo disponibili con i nostri sforzi a sostenere un piano industriale. Purché ci sia. Purtroppo ancora non c’è. Mi auguro che presto si passi dalle parole ai fatti”.
Per quanto misurate e diplomatiche, le parole di Corsini fanno capire che anche nei vertici istituzionali si guarda con apprensione ad un aeroporto che a quattro anni dalla riapertura non dà segni di vitalità. Anche il sindaco Gnassi, pur mantenendosi più prudente per evidenti ragioni (processo Aeradria non ancora definito), fa capire di condividere le osservazioni di Corsini e aggiunge che nel piano strategico della Romagna, che si sta discutendo con gli altri capoluoghi, le infrastrutture, e quindi l’aeroporto, sono un tema fondamentale.
In attesa di novità, si cerca di lavorare su ciò che si ha. La conferenza di oggi ha come spunto la corposa rassegna stampa estera che nell’ultimo anno (estate 2017-estate 2018) gli uffici stampa di Comune e Apt sono riusciti a realizzare. Si tratta per lo più di testate online (anche di quotidiani prestigiosi) che avrebbero prodotto circa 200 milioni di visualizzazioni. Il sindaco Gnassi sottolinea che è la nuova Rimini, quella del parco del mare che verrà e dei motori culturali (Fulgor, Galli, Museo Fellini), ad essere raccontata. Non ci fosse stato il lavoro degli ultimi anni, Rimini sarebbe rimasta la stereotipata Teuntonengrill. A 175 anni dal primo stabilimento, che ha inventato l’industria turistica balneare non solo a Rimini e i Romagna ma in tutta Italia, la città è in grado di rilanciare la propria immagine e scommettere sul proprio futuro. Nel 2020 si farà – annuncia Gassi - un grande lancio mondiale sul primo tratto di parco del mare e, soprattutto, sull’apertura del Museo Fellini, che dovrà essere il traino di nuovi flussi turistici internazionali. Il sindaco azzarda anche delle previsioni e parla di 300/400 mila presenze motivate dal mito del regista riminese.
L’assessore Corsini, da parte sua ha identificato il punto di svolta in Expo 2015 quando, con il progetto turistica della Via Emilia (e le relative Motor Valleye e Food Valley) sono state promosse e vendute come prodotto turistico appetibile dai mercati internazionali la tradizione eno-gastrononica della Regione e la presenza di famosi brand del mondo dei motori. Corsini ha snocciolato anche alcuni numeri relativi all’attività quotidiana di Apt: in tre anni sono stati effettuati n414 educational tour, con 860 giornalisti e 588 articoli pubblicati. In autunno partirà una campagna promozionale per “sfruttare” il riconoscimento ottenuto da Lonely Planet come best destination del 2018. Dopo l’estate sarà portata in assemblea anche un progetto di legge sul distretto turistico della costa con finanziamenti per i Comuni virtuosi che intervengono in modo strutturale sul prodotto turistico. La Regione darà inoltre vita a due business unit per presentare in modo integrato sui mercati l’offerta per il turismo congressuale e per quello sportivo.
E l’attuale stagione? Corsini anticipa solo un dato relativo ai primi sei mesi: + 4 per cento di presenze. Per il panorama completo ci sarà da aspettare qualche giorno. E sulle impressioni di meno gente in giugno e luglio, il sindaco Gnassi invita a fare i conti definitivi a fine stagione.
Il vescovo Lambiasi archivia la Chiesa autoreferenziale
“La missione non viene da una Chiesa autoreferenziale, autosufficiente, fondata su se stessa, sui suoi piani geometrici, su lambiccate strategie ‘pastorali’ disegnate a tavolino. Una Chiesa che al mondo racconta se stessa e le sue mirabolanti imprese”.
Nella lettera che il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi ha inviato alla diocesi per indicare gli orientamenti per il prossimo anno pastorale non si può non avvertire un accento di novità rispetto alla storia dei cattolici riminesi negli ultimi cinquant’anni.
Può sembrare un richiamo consuetudinario scrivere che “la Chiesa non è padrona della missione. L’opera missionaria è opera del bel Pastore, perché solo Lui può toccare i cuori. Il vero protagonista della missione è lo Spirito del Risorto”. Non lo è, soprattutto se queste parole sono seguite dal giudizio severo sulle lambiccate strategie ‘pastorali’ disegnate a tavolino. E dalla citazione di Francesco che recita: “Noi non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare. E’ lo Spirito Santo che porta avanti la Chiesa, non noi!”.
Nella storia della diocesi la tentazione di scambiare la pastorale con il burocraticismo di un piano quinquennale c’è stata a più riprese. Ed è stata all’origine anche di battaglie e polemiche. Basti pensare che nel 1991, nel suo libro-intervista Con questa tonaca lisa, don Oreste Benzi ebbe parole molto severe contro la Chiesa ridotta ad una burocrazia clericale. Tanto che l’allora vescovo Mariano De Nicolò intervenne per impedire lo svolgimento dell’incontro di presentazione del volume.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. C’è stato il pontificato di Benedetto XVI, c’è l’attuale pontificato di Francesco, verso il quale Lambiasi si mostra molto attento. Non è escluso che nel suo giudizio sulla Chiesa autoreferenziale abbia influito, oltre alla sequela di Francesco, anche la frequentazione empatica dell’insegnamento di don Benzi.
Nella lettera ala diocesi, il vescovo declina quattro parole che dovranno fare la guida al cammino: santità, felicità, discernimento, sinodalità.
Sulla santità il riferimento è sempre il papa che nella sua esortazione la “Rallegratevi ed esultate ha esaltato la santità della porta accanto, cioè vivibile da tutti nel tessuto della vita quotidiana.
La seconda parola è felicità, depurata dalle ambiguità del significato corrente. Il vescovo ricorda che per Gesù la felicità abita in via della croce. “La felicità è paradossale e ci regala le migliori esperienze quando accettiamo quella logica misteriosa che non è di questo mondo” (Francesco).
Discernimento e sinodalità fanno parte del vocabolario ecclesiastico per indicare, nel primo caso, la capacità di vedere con chiarezza il cammino da compiere, e, nel secondo caso, secondo la sottolineatura del vescovo, la corresponsabilità nella vita della chiesa.
Loris Stecca: "Sono ancora un uomo". La fede e il perdono
“Sono uomini anche loro e io sono ancora un uomo”, commenta Loris Stecca quando è in questura, in manette, e qualche poliziotto gli manifesta solidarietà con qualche gesto e qualche occhiata sottobanco.
Il libro che ha scritto insieme a Fabio De Santis, dirigente di IEG (No Mas – La mia vita, edizioni Ultrasport) può essere letto come l’ostinato tentativo di testimoniare a se stesso e agli altri di essere rimasto innanzitutto un uomo.
La traiettoria della vita di Loris Stecca ricalca quelli di altri campioni: origini modeste, la stella del successo che comincia a brillare, la stessa stella che si appanna, la discesa negli inferi della disperazione, fino al tentativo di farla finita una volta per tutte. Poteva bastare, ma nel suo destino (lui si è riconciliato così con il suo turbolento passato con l’idea di destino) mancava ancora all’appuntamento l’accoltellamento dell’ex socia che gli ha aperto le porte del carcere, che nel libro lui chiama ironicamente “collegio” o più seriamente “casa di ladri, di infami e di assassini”. Un destino amaro, simile a quello di altri campioni, ma la vita di un uomo è sempre unica e irripetibile.
In quella di Stecca trova posto anche l’imprevisto, che non sempre presenta un volto buono, ma qualche volta sì. Non è stato un imprevisto desiderabile quel black out elettrico che l’8 dicembre 1985 ha interrotto per qualche minuto il combattimento di rivincita con Victor Callejas, al palazzetto dello sport di Rimini, per il titolo di campione del mondo supergallo WBA. Non fosse venuta meno la luce, forse ce l’avrebbe fatta. Senza il black out, l’avversario non avrebbe avuto la possibilità di riprendersi. Lo conferma anche il maestro Elio Ghelfi, intervenuto pure alla presentazione del libro, da Feltrinelli. Storia passata, e la storia non si fa con i se.
È un imprevisto di altro genere, ha il volto di un destino che si fa buono, la rinascita a nuova vita avvenuta grazie al perdono di sua moglie Fiammetta e dei figli. Loris dice che il merito della rinascita è tutto loro e aggiunge “io non sarei stato capace, io non ce l’avrei fatta a perdonare”. Perché lui lo sa quante sofferenze ha procurato, quante lacrime ha fatto versare. “Le dicevano – racconta – cosa fai ancora con lui, divorzia, scappa via. Io lo amo e rimango, rispondeva”. E tutti i sabati visita in carcere e biancheria pulita. Ora, anche se ci sono i conti con la giustizia da saldare, guarda con fiducia al futuro, certo che camperà fino a centocinque anni, quindi ha tutta una vita davanti.
L’idea di destino che professa Stecca avrebbe un carattere di cieca ineluttabilità se non fosse sostenuta da una fede che l’esperienza del carcere e l’incontro con il cappellano, don Nevio Faitanini, hanno portato in luce. In carcere la prima ora d’aria è dedicata alla preghiera, sotto gli sguardi cinici e strafottenti dei compagni di sventura. “Sono convinto che credere - scrive nel libro - non sia adorazione cieca, ma compiere il destino che ti è stato assegnato nel migliore dei modi. E siccome quando nasci tutto è scritto, ma la fregatura è che non ti consegnano il libro con la storia della tua vita, il Padreterno è la lanterna che illumina ogni tanto le pagine e ti rende consapevole della strada che hai fatto e che dovrai fare”.
Loris Stecca ha scritto, da pugile, una delle più belle storie dello sport locale e nazionale. Chi non si è esaltato ed emozionato in quel lontano 1984 seguendo la favola reale dei fratelli Loris e Icio Stecca, il primo campione del mondo supergallo, il secondo campione olimpico a Los Angeles? Rimini e i suoi fratelli campioni di pugilato in prima pagina. Io stesso, alle prime armi della professione, intervistai Loris per il settimanale Il Sabato mentre si preparava a Portorico al primo incontro con Victor Callejas. Era un settimanale che si occupava soprattutto di questioni sociali, culturali e politiche, ma la favola bella di Loris Stecca meritava di essere raccontata.
Chi, in quei mitici anni Ottanta, non conosceva la storia di quella palestra, la Libertas, sotto gli spalti del Romeo Neri, e del suo nume tutelare, Elio Ghelfi? Loris ci arrivò perché voleva dimagrire per far meglio colpo sulle ragazze, e subito imparò che al padrone di casa ci si rivolgeva con il titolo di “maestro”. Uno strano ambiente, dove tutte le puzze si mescolano, dal sudore alla canfora, una scuola di formazione umana e sportiva con leggi proprie, dove a decidere che era arrivato il momento di sposarsi era lui, il maestro Ghelfi.
Gli allenamenti, pensati solo per perdere peso, ebbero un seguito: campione italiano fra i dilettanti per i piuma, professionista nel 1980, campione nazionale nel 1981, europeo nel 1983.
Nel 1984 a Milano l’epico incontro con Leo Cruz per il titolo di campione del mondo supergallo. In quell’occasione Cruz disse la farse “No Mas”, ora basta, che gli valse il titolo e che ha dato il titolo al libro. Poi arrivarono le due sfide con Callejas che lo portarono a ritirarsi dalla boxe.
Nel 2005 a Rimini ci fu la grane rimpatriata: Callejas venne a Rimini, 21 anni dopo, a trovare l’amico-avversario. Loris lo andò a prendere in stazione (“Lo vidi triste, goffo, ingrassato”) e lo portò alla darsena, dove lavorava. Un lungo e affettuoso abbraccio divenne quasi l’icona della noble art dove ai pugni feroci si accompagna il rispetto.
Per Loris quelli erano finalmente giorni sereni. Altre pagine dure della sua vita personale ancora lo attendevano. Ma ora “No Mas”, ora basta, è cominciata un’altra vita.
Valerio Lessi
IEG, dopo la Borsa il debito del Palacongressi scenderà a 40 milioni
I numeri finali, per convincere gli incerti, li cala dopo due ore di dibattito in quinta commissione l’amministratore unico di Rimini Congressi Marino Gabellini. Quattro anni fa il debito per la costruzione del nuovo Palacongressi ammontava a circa 100 milioni. Dopo l’operazione di quotazione/ privatizzazione che si realizzerà in autunno, il debito complessivo scenderà a 40 milioni.
Quattro anni fa era la primavera-estate del 2014, con i soci pubblici della Fiera (Comune, Provincia, Camera di Commercio) che lanciavano l’allarme sull’insostenibilità del debito e invocavano una pesante privatizzazione, con l’associazione Dreamini che pubblicava un libro bianco in cui paventava un default pari o peggiore a quello di Aeradria, con Lorenzo Cagnoni che annunciava, fra lo sconcerto generale, che tutto si sarebbe risolto con il ritorno degli utili da parte di Rimini Fiera, e con il consiglio comunale che, proprio il 24 luglio, approvava una delibera per avviare un processo di privatizzazione dai contorni molto incerti.
Quattro anni dopo lo scenario è molto cambiato. La Fiera è tornata a produrre utili, che nel 2018 hanno addirittura superato i nove milioni di euro, e si prevede che nel 2018 i risultati saranno ancora migliori. Nel frattempo è avvenuta l’acquisizione di Vicenza ed è nata la nuova società IEG che si presenta appunto all’appuntamento con la Borsa. Anche la situazione di crisi economica generale, almeno per alcuni aspetti, appare superata. E allora ritorna il progetto di quotazione/privatizzazione, anche con modalità molto diverse da quelle che si discutevano quattro anni fa. Rimane intatto l’obiettivo di fondo, che è quello di ridurre l’indebitamento per la costruzione del Palacongressi, come ha più volte rimarcato l’assessore al bilancio Gian Luca Brasini, per rispondere alle obiezioni dei gruppi di minoranza. L’obiettivo della riduzione dei debiti era esplicitamente dichiarato anche nella delibera del 24 luglio 2014.
Il progetto si regge su due pilastri fondamentali: aumento di capitale e OPS, cioè Offerta Pubblica di Sottoscrizione, e OPV (Offerta pubblica di Vendita) di un pacchetto di azioni di Rimini Congressi, la società di Comune, Provincia e Camera di Commercio, che detiene attualmente il 65,07 per cento delle azioni. Il nuovo capitale sociale di IEG sarà determinato, per il 65 per cento, dalla OPS, e per il 35% dalla OPV. Dal combinato disposto di queste due attività ci saranno due conseguenze: un introito di 45/50 milioni per IEG e di 19-20 milioni per Rimini Congressi; la riduzione della quota pubblica in IEG al di sotto del 50 per cento (per la precisione poco meno del 41 per cento). Questi dati sono frutto delle elaborazioni di Marino Gabellini, il quale ha tenuto a precisare che si tratta di stime prudenziali, cioè al ribasso. Stando a queste cifre, il residuo debito di 35 milioni di Rimini Congressi con Unicredit sarà dimezzato. Brasini e Gabellini hanno inoltre aggiunto che se IEG continuerà a produrre utili come in questi ultimi anni, i dividendi incassati saranno più che sufficienti a pagare la rata alla banca, con la quale, dopo la quotazione, sarà ricontrattato il mutuo. Inoltre, il residuo debito di 23 milioni della società del Palazzo con Monte dei Paschi è coperto con l’affitto degi spazi del Palacongressi.
Per quanto riguarda la perdita della maggioranza in società, il meccanismo escogitato è quello del voto maggiorato (uno vale due) per i soci che detengono le azioni da tre anni, con Rimini Congressi che può avvalersi di tale diritto da subito.
Come era prevedibile le domande e le obiezioni dei consiglieri di minoranza (vi ha particolarmente insistito Gennaro Mauro) si sono appuntate proprio sul rischio che i soci pubblici di Rimini possano un giorno (dopo i primi tre anni) perdere il controllo della società. L’assessore Brasini ha insistito che altri meccanismi statutari faranno da argine. Per talune deliberazioni (vedi eventuale trasferimento di manifestazioni con enorme ricaduta economica sul territorio in altre sedi) dovrà esserci il voto unanime del consiglio e il voto dei due terzi dell’assemblea. Quindi, se Rimini Congressi manterrà una quota di almeno il 33,5 per cneto, il pericolo sarà scongiurato.
Il dibattito ha visto qualche scintilla fra il consigliere Luigi Camporesi e l’assessore Brasini. Camporesi ha sostenuto che la bella narrazione dell’assessore dice solo una parte della verità e ne nasconde un’altra. Quella ad esempio dei bilanci della Società del Palazzo dove l’immobile sarebbe valutato oltre il dovuto, auspicando che qualche magistrato ci voglia guardare. Brasini ha replicato che il recente accordo transattivo con la società costruttrice (pagamento di 6,6 milioni) ha dimostrato che il bilancio era più che prudente, visto che erano stati accantonati 13 milioni.
IEG, la privatizzazione e le incognite sul controllo della società
Uno dei più gettonati “tormentoni” degli ultimi anni, la quotazione in Borsa della Fiera, giunge finalmente al traguardo. Il prossimo 3 agosto l’assemblea ordinaria e straordinaria di IEG, come si chiama la società dopo la fusione con Vicenza, delibererà il progetto e le connesse modifiche statutarie. Della privatizzazione della Fiera si parlò per la prima volta nel 2002, in occasione della nascita di Rimini Fiera Spa, quando il 15 per cento del capitale sociale fu sottoscritto da aziende, associazioni e banche. Un investimento che da allora è stato immobilizzato, vista l’impossibilità di poter vendere le azioni in un qualsiasi mercato.
La parola d’ordine privatizzazione è tornata in auge qualche anno fa quando una serie di concomitanti circostanze (crisi della Fiera, mancanza di risorse da parte degli enti pubblici soci) rendeva impossibile pagare il mutuo contratto con Unicredit per la costruzione del Palacongressi. In quella fase il presidente Lorenzo Cagnoni era fermamente contrario alla privatizzazione, soprattutto non ammetteva la narrazione di un sistema fieristico-congressuale sommerso da debiti non pagabili. Poi la Fiera è tornata a fare utili e coi dividendi si sono pagate alcune rate. Ma il grosso del debito (16 milioni) deve essere ancora saldato.
Rimane quindi un punto delicato dell’equilibrio su cui si regge il sistema fieristico-congressuale di Rimini. Ecco perché nel progetto di quotazione in borsa che il 3 agosto sarà approvato da IEG e che domani sarà esaminato dalla 5 commissione consiliare, il pagamento di parte del restante debito con Unicredit è il primo obiettivo che si vuole raggiungere. Obiettivo complementare è il finanziamento di interventi di manutenzione che si renderanno necessari al Palacongressi. Il secondo è il finanziamento dell’ambizioso piano industriale di IEG per il periodo 2018-2022, anche se di per sé – si legge nella relazione - non avrebbe bisogno di ulteriori apporti di capitale.
La quotazione in Borsa avverrà attraverso due distinte operazioni. La prima è un aumento di capitale di IEG tramite una OPS (Offerta Pubblica di Sottoscrizione) cioè la vendita di nuove azioni con un prezzo maggiorato in modo da far rifluire capitale fresco nelle casse della società. È stato calcolato che in questo modo potrebbero entrare circa 70 milioni.
La seconda operazione è una OPV (Offerta Pubblica di Vendita), da parte di Rimini Congressi (la società pubblica che detiene il 65,07 per cento delle azioni di IEG, attualmente in pegno a Unicredit) di un determinato numero di azioni per poter ricavare circa 17 milioni ed estinguere (16 milioni) una parte cospicua del debito rimanente.
C’è una conseguenza evidente del combinato disposto di queste due operazioni: nell’assemblea dei soci la parte pubblica, cioè Rimini Congressi, non avrà più la maggioranza.
Come fare allora a tutelare l’interesse pubblico che non si esaurisce nel controllo giuridico sulla società ma sugli effetti di ricaduta che la Fiera può avere sull’economia turistica e commerciale (presenze turistiche, destagionalizzazione, indotto) del territorio riminese?
L’escamotage trovato è quello del voto maggiorato, una possibilità prevista da alcune modifiche legislative del 2014. Il nuovo statuto attribuirà due voti a ciascuna azione detenuta da soggetti che risultino possessori del titolo da almeno 36 mesi. Ai fini del voto maggiorato, a Rimini Congressi sarà computato anche il periodo anteriore e quindi il diritto avrà immediata esecuzione. Quindi anche se Rimini Congressi scenderà al di sotto del 50 per cento, per un certo periodo, almeno fino a quando altri soci non matureranno (tre anni) lo stesso diritto, la società manterrà il controllo di IEG, nominando amministratori e collegio sindacale. E dopo?
Nello statuto sono state inserite altre norme di salvaguardia. Per decisioni importanti è prevista la maggioranza del 66,6 per cento di capitale e a Rimini Congressi è attribuito un diritto di veto, a condizione che esprima almeno il 33,3 per cento del capitale (dopo la OPV avrà il 41 percento).
Lo statuto inoltre prevede che la proposta di delocalizzazione di eventi fieristici dalla loro sede storica debba esser approvata dal voto unanime del consiglio d’amministrazione e dall’assemblea dei soci, ed essere determinata da cause di forza maggiore o da incontrovertibili ragioni di mercato.
È prevedibile che molto del dibattito politico da domani si concentri su queste ultime questioni.
La paura rende generosi
3,5 milioni dalla Regione Emilia Romagna per gli impianti sportivi del riminese
#elezioniregionali2019
Spina (FI), interrogazione sul ponte di Tiberio trasformato in "discoteca"
Come annnunciato da BuongiornoRimini, il consigliere di Forza Italia Carlo Rufo Spina presenterà questa sera in consiglio comunale la sua interrogazione sul ponte di Tiberio trasformato in Dj set con musica a tutto volume e accerchiato da rustide di carne e sardoncini.
Nell'interrogazione Spina chiede: 1) se l’utilizzo del Ponte di Tiberio come sopra descritto durante l’ultima edizione di P.assaggi di vino sia stata autorizzata dalla Soprintendenza, con particolare riguardo alle casse stereo posizionate ed al Dj, all’uso ristorante-discoteca, al posizionamento di bracieri ardenti e al carico delle persone occupanti il monumento;
2) se ritiene, per il futuro, di escludere il Monumento da un tale indebito e dannoso utilizzo, mantenendo le manifestazioni promosse interamente al di qua ovvero al di là del ponte, con una fascia di rispetto di almeno 10 metri e lasciando il Ponte libero per il solo transito;
3) se la passerella galleggiante in corso di montaggio ha ricevuto tutte le autorizzazioni inerenti la sicurezza idraulica ed è stato approntato il necessario e previsto piano speciale di protezione civile e, in ogni caso, se questa Amministrazione può escludere categoricamente che non sarà mai possibile che ingenti piogge o piene o mareggiate causino il distacco della passerella e il suo scontro con il Ponte di Tiberio;
4) se, alla luce delle criticità evidenziate, non sia opportuno smantellare ed eliminare totalmente la passerella galleggiante ed eliminare almeno l’orribile terrazzo su piazzetta Pirinela, lasciando un semplice affaccio;
5) di riferire in merito all’esistenza o meno di occupazioni abusive da parte di privati di demanio indisponibile riguardanti la fascia di rispetto del lato nord lungo l’argine fluviale dal Ponte di Tiberio fino al Ponte dei Mille e, in caso affermativo, in merito a cosa l’Amministrazione ritiene di fare al riguardo.
Clamoroso: più turisti a Bologna che a Rimini
Si era già osservato, in occasione della pubblicazione dei dati sul movimento turistico nei primi cinque mesi dell’anno, che se per la provincia di Rimini le cose erano andate bene (con il segno più sia negli arrivi che nei pernottamenti), le città e le province dell’Emilia, a partire da Bologna, hanno invece tassi di crescita a due cifre.
Nella recente assemblea di Confindustria Romagna, il presidente Paolo Maggioli ha osservato che “l’esempio dell’aeroporto di Bologna mostra chiaramente come sia importante uno scalo per lo sviluppo del turismo e dell’industria” mentre “prima del boom recente del Marconi, Bologna stentava come meta turistica, mentre adesso cresce in maniera importante”.
Se si vanno a vedere i dati nel dettaglio c’è da rimanere stupiti. Nella sostanza, sarebbe infatti poco significativa una crescita a due cifre se i termini assoluti restassero comunque irrisori. E invece non è così.
Proviamo a mettere a confronto Rimini e Bologna. Il capoluogo dell’Emilia Romagna realizza da gennaio a maggio 1.349.977 pernottamenti, pari a un 15,6 per cento in più rispetto al 2017. Rimini, questa la sorpresa, si ferma a 1.247.190 pernottamenti, crescendo solo del 5,7 per cento rispetto all’anno precedente. È certo che nei mesi estivi i numeri assoluti cambieranno a vantaggio di Rimini, ma sarà allora interessante verificare quale sarà stato il tasso di crescita delle due città.
Un anno particolarmente fortunato per Bologna? No, è proprio un ritmo di crescita che appare una tendenza consolidata: anche il 2017 era stato chiuso con un +15,4 per cento di pernottamenti.
Da notare che anche nel 2017, nei primi cinque mesi dell’anno, i pernottamenti di Bologna (1 milione 179 mila) avevano superato solo di misura quelli di Rimini (1 milione 168 mila), quest’anno il sorpasso è stato più eclatante.
Anche negli arrivi, nel periodo gennaio-giugno Bologna sorpassa Rimini: nel capoluogo regionale sono stati 606.706 (+9%) mentre a Rimini 463.669 (+3,1%). Si nota inoltre che a Bologna gli stranieri sono il 42,3%, mentre a Rimini si fermano a quota 23,5.
E In questo caso risalta la presenza di un aeroporto che funziona e che ha raggiunto considerevoli volumi di traffico. La controprova la si ha negli arrivi e nei pernottamenti dei turisti russi. È noto che quattro voli della Ural Airlines hanno lasciato il Fellini per approdare al Marconi, e che attualmente solo due città russe (Mosca e San Pietroburgo) sono collegate con il Fellini, mentre in passato le città collegate erano ben più numerose.
Tutto questo ha delle immediate conseguenze sulle presenze turistiche. Al Marconi nei primi cinque mesi dell’anno gli arrivi russi sono cresciuti del 5,9%, mentre a Rimini sono calati del 10,6%. Nessuno a Rimini dubitava che la perdita dei voli russi avesse conseguenze catastrofiche, ma questa è la controprova.
Interessante vedere anche un altro segmento, quello del turismo dalla Germania. Se per Rimini gli arrivi dei tedeschi hanno conosciuto un vero e proprio boom (+24,7), Bologna si è fermata a un +9 per cento. Ma in termini assoluti i tedeschi arrivati a Bologna sono stati quasi 23 mila, a Rimini 18 mila.
L’aeroporto è sicuramente uno dei principali traini di questo boom turistico di Bologna. Ma non è l’unico fattore: certamente incidono le fiere, il turismo d’affari in generale e l’attrattiva come città d’arte, capitale enogastronomica, terra di motori (Ducati, Lamborghini, Maserati).
Sarebbe interessante poter verificare (ma purtroppo pare non esistano dati e rapporti) quanto le politiche promozionali dell’Apt Emilia Romagna hanno influito su questo boom, che non riguarda solo Bologna, ma coinvolge anche Modena (+10,3) e Parma (+11,2). I prodotti promossi in modo speciale dall’Apt riguardavano e riguardano quei territori. Nel programma 2018 si può leggere: “Nato nel 2015 in occasione di Expo, il progetto turistico “Via Emilia – Experience the Italian Lifestyle”, continuerà a fare da cornice ai prodotti turistici tematici trasversali di eccellenza e di forte appeal sui mercati esteri come le Città d’Arte, la Motor Valley, la Food Valley, la Wellness Valley, il MICE e la Bike Experience”. Ai quali si aggiungono poi la Ceramic Land e la Via Emilia della Musica. Il progetto Via Emilia, che tanto ha entusiasmato il sindaco Andrea Gnassi, finora ha premiato le città che sono al centro della Via Emilia, molto meno la città che è al punto di partenza.
Spina si infiamma contro le rustide sul Ponte di Tiberio
Il ponte di Tiberio usato come fosse una discoteca. Il consigliere di Forza Italia Carlo Rufo Spina ieri pomeriggio, prima dell’inizio della commissione dedicata al nascente Museo di arte contemporanea, era un fiume in piena di rabbia contro i banchi della maggioranza, colpevole di consentire che il millenario ponte romano sia trattato come un retrobottega di un locale della Riviera. Ce l’aveva su come si era svolta nell’ultimo week end la manifestazione P.assaggi di vino, dove a suo dire, si erano addirittura fatte le rustide sul ponte.
“Sia chiaro – spiega Spina a BuongiornoRimini – non ce l’ho con P.assaggi di vino. Per me si può fare anche tutti i giorni, è un modo simpatico per valorizzare la nostra enogastronomia. Ce l’ho invece con il modo incivile con cui viene trattato il ponte. Quando c’è la Festa de’ Borg, che pure attira tante persone, il ponte viene lasciato libero per il passaggio”.
Cosa è dunque che provoca le veementi proteste di Spina? “Lungo tutto il ponte sono state messe sedute con i tavolini dove la gente mangiava e inevitabilmente buttava cibo in terra. C’era gente che, pesando che tutto fosse consentito, spingeva i piedi contro le iscrizioni. Era stato inoltre organizzato un dj set che sparava in continuazione la musica a tutto volume. Immediatamente a ridosso del ponte, dalla parte di San Giuliano, erano stati installati due punti di cottura di carne e sardoncini, con il fuoco che è andato avanti per due giorni. Ma si può trattare così un monumento della città? Può essere ridotto alla scenografia per un dj set e sardoncino?”.
Per Spina non si può e giovedì in consiglio comunale presenterà una interrogazione, che va ad aggiungersi a quelle già presentate su tutte le iniziative dell’amministrazione Gnassi sul ponte, a partire dal tanto discusso foro delle mura per fare la passerella ciclopedonale.
“Mi sembra – aggiunge Spina – che non si capisca un concetto fondamentale. Il ponte di Tiberio è un monumento vivo, è una infrastruttura, serve per collegare due parti della città, ci passano pedoni, biciclette e auto. Va usato per lo scopo per cui è stato progettato. Non va usato per i dj set e le rustide. Lo si vuole chiudere? Prima però si trovi una viabilità alternativa”.
E già che c’è nell’interrogazione il consigliere di Forza Italia punterà l’indice sull’ultima novità, “la brutta passerella sull’acqua che è stata creata”. Si dice che permette a residente e turisti una visione del ponte diversa dal solito. “Tutto discutibile, vedo invece che il terrazzo lato San Giuliano toglie la visuale della prima arcata di destra. Che bisogno c’era di farla? Nessuno”.
Nell’interrogazione Spina chiederà anche se risulta che siano rispettate le distanze di rispetto fluviale degli immobili disposti lungo il fiume.
Da quattro anni la preghiera in piazza per i cristiani perseguitati
Con l’appuntamento di venerdì 20 luglio sono quattro anni che, senza soluzione di continuità, il comitato Nazarat prega in piazza per i cristiani perseguitati.
L’Appello all’umano si rinnova anche sulla base delle richieste di Papa Francesco alla preghiera per i fratelli nella fede e anche per aderenti ad altre confessioni cristiane e religioni che sono perseguitati. Da Rimini nel corso di questi quattro anni questo appuntamento si è diffuso in molte altre città italiane ed all’estero, e ad esso si uniscono una trentina di monasteri di clausura e comunità religiose.
In piazza Tre Martiri venerdì 20 luglio alle ore 21 si ripeterà dunque questo appuntamento con la recita del rosario a cui seguirà la testimonianza di Ayman Haddad, un siriano di Damasco che vive in Italia. Il manifesto di convocazione riporta una frase delle lettera che il cardinale Angelo Comastri ha inviato di recente al comitato Nazarat di Rimini. "Il Medio Oriente - ha scritto - è oggetto di tante eprsecuzioni perchè è la terra dove è cominciata la storia della Salvezza, dove Gesù ha manifestato al mondo il vero Volto di Dio. E satana si accanisce contro di essa proprio per questo motivo. La preghiera è quindi lo strumento privilegiato per aiutare iu nostri fratelli nella fede che soffrono". Quello del cardinale Comastri è solo l’ultimo attestato di riconoscenza e sostegno della Chiesa: lo stesso papa Francesco tramite il suo segretario di Stato Pietro Parolin ha inviato la sua benedizione. Hanno scritto al comitato Nazarat anche il patriarca dei Caldei Louis Raphaël Sako e il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti. Anche il vescovo di Rimini, che segue l’iniziativa dai suoi esordi, qualche volta anche partecipando di persona, ha ringraziato e assicurato la comunione di preghiera per il 20 luglio. Infine, il 20 luglio alle ore 19, un folto gruppo di riminesi in vacanza a San Martino di Castrozza replicherà l’Appello all’umano nella località alpina del Trentino.