Alcuni esponenti della minoranza (per esempio Gennaro Mauro) si sono lamentati perché alla seduta del consiglio comunale di ieri sera, chiamata ad approvare la proroga fino al 30 settembre 2019 di Rimini Reservation (che per disposizione di legge nazionale sarà chiusa) e la contestuale previsione di un bando per l’affidamento ad un soggetto privato dell’attività di DMC (Destination Management Company), non era presente il sindaco Andrea Gnassi. Lo stesso Mauro, ma anche altri, hanno poi lamentato che il consiglio comunale non sia mai convocato per discutere le strategie turistiche della città. Giusto lamentarsi dell’assenza del sindaco, ma l’occasione poteva essere colta per dire la propria su un tema caldo. Ma invece di entrarci a capofitto, le forze di opposizione si sono limitate a qualche punzecchiatura. Poteva essere anche l’occasione per un dibattito su passato presente e futuro delle politiche di promozione turistica, ma il consiglio, sia a destra che a sinistra, ha dato l’impressione di non conoscere lo status questionis.

In apertura l’assessore Gian Luca Brasini ha spiegato cosa c’è dietro la delibera. Non è possibile portare all’interno le funzioni di Rimini Reservation, specialmente quelle di carattere commerciale. Il Comune però si è impegnato a favorire, nel futuro bando i soggetti che si faranno carico dei dipendenti che altrimenti resterebbero senza lavoro. Ai consiglieri Brasini ha quindi fornito i rudimenti della nuova legge regionale sul turismo. Non più basata sul prodotto, come la legge 7 di Errani, ma fondata sulla valorizzazione delle destinazioni. Destinazione Romagna, di cui fa parte Rimini, è un ente totalmente pubblico e come tale non si occupa di promo-commercializzazione. Accanto ad essa non più i club di prodotto, come era con la legge 7, ma soggetti che appunto si occupano del management di una singola località. Una spiegazione della nuova legge regionale che probabilmente farà storcere il naso a quanti, come Maurizio Melucci, sono già intervenuti per dire che la DMC immaginata dal Comune di Rimini è in realtà in conflitto con Destinazione Romagna, a cui pure la legge affida compiti di promo-commercializzazione. Problemi interni al Pd.

Dopo l’intervento di Brasini, parte all’attacco Matteo Zoccarato, della Lega, che propone un emendamento volto a togliere dalla delibera ogni riferimento al futuro bando, lasciando solo la chiusura e la proroga temporanea di Rimini Reservation. Zoccarato spiega che non gli sembra opportuno lasciare una decisione così importate ai dirigenti, deve essere un compito della politica immaginare un futuro per gli uffici Iat e per l’attività di promozione e commercializzazione turistica.

Arriva a dargli man forte il sovranista Gennaro Mauro, che lamenta anche il fatto che il consiglio comunale non è informato su ciò che fa Destinazione Romagna e di come ha funzionato in questi anni Rimini Reservation.

Secondo Mario Erbetta, ex Patto Civico passato all’opposizione, il punto sbagliato sta nel fatto che si delega ad un soggetto privato tutta la politica turistica del Comune. Sarebbe meglio che finalmente Rimini avesse un assessore al turismo, perché il sindaco Gnassi si limita a fare il direttore artistico degli eventi da lui promossi.

Sullo stato comatoso del turismo riminese si sofferma invece Luigi Camporesi (Obiettivo Civico), secondo il quale a Rimini manca il prodotto, pertanto il primo passo sarebbe riconoscere che il malato è grave e non affidarsi alle narrazioni ottimistiche di Gnassi.

Curioso l’intervento di Juri Magrini, del Pd. Afferma che lui ha molte perplessità sul fatto che la delibera proposta vada ad archiviare le politiche di area vasta per il turismo, alle quali lui crede molto. Si fa interprete insomma delle tesi di Melucci. Ma non le esprime apertamente e, soprattutto, è molto abile nel riversare le contraddizioni del proprio partito sulla minoranza che aveva denunciato a più voci la latitanza della maggioranza. Magrini spiega che sarebbe molto interessato a sapere cosa le forze di opposizione pensino loro delle politiche di area vasta, visto che ora sono al governo del Paese.

Marzio Pecci, capogruppo della Lega, e Gennaro Mauro interpretano tutto questo come l’apertura ad un dialogo, quando invece per Magrini era un modo per non esplcitare il proprio dissenso sulla delibera.

Poi nel dibattito entra di tutto: l’alta velocità, l’aeroporto, il ministero del turismo accorpato all’agricoltura. Una discussione approfondita sulla DMC ci sarà, si spera, quando sarà portato in consiglio comunale il relativo bando.

La delibera proposta comunque è passata, con il voto contrario della Lega e l’astensione del resto della minoranza. Bocciato l’emendamento Zoccarato.

A quanto pare l’Italia è un Paese dove più che altrove esiste un divario enorme fra la realtà e la percezione che ne hanno le persone. Il classico esempio è l’immigrazione e la questione della sicurezza, dove se si guardano i numeri reali scompare la narrazione di grave emergenza che quotidianamente ci raggiunge.

Che sia così anche per il turismo, dove il contrasto fra le statistiche (ufficiali o “corrette” non cambia molto) mai è stato così evidente come per questa stagione? Da una parte ci sono i numeri che rilevano un aumento, per quanto modesto, che arriva dopo la stagione 2017 unanimemente considerata ottima, dall’altra, le valutazioni degli operatori che parlano invece di crisi, con cali di fatturato enormi. E se invece per il turismo il fenomeno avvenisse all’incontrario? Se cioè i numeri delle statistiche non restituissero la situazione economica reale, segnata spesso da una lotta per la sopravvivenza?

Se qualcuno, un ente pubblico o un’associazione di categoria, riuscisse a mettere a punto un meccanismo che riesce a fotografare l’andamento tendenziale di una stagione con l’occhio puntato sui fatturati e sui margini di impresa, si avrebbe finalmente uno strumento di analisi utile a leggere e a programmare il futuro del turismo.

In attesa che venga messo a punto, può comunque essere utile fare dei piccoli carotaggi. Non hanno la pretesa di fotografare la realtà, ma sono comunque molto utili a cogliere cosa si muove nella dinamica reale dell’attività turistica.

Giorgio Bellavista è un albergatore di lungo corso, alle sue spalle ha molte stagioni, molte ricche di soddisfazioni, le ultime più avare e problematiche. La struttura che gestisce è in affitto, nelle vicinanze del cuore di Marina Centro. Tre stelle, una trentina di camere, una gestione tipica famigliare alla romagnola, sorrisi, buona cucina e pacche sulla spalle. Il dato che riferisce parla da solo: “Nel decennio che da va 2007 al 2017 ho avuto un calo di fatturato di 50 mila euro”. Le statistiche ufficiali dicono che nello stesso periodo le presenze sono cresciute di 200 mila unità e gli arrivi sono passati da 2,9 a 3,6 milioni. Esempio eclatante del divario fra statistiche ed economiar eale.

Dopo la stagione dell’anno scorso, Bellavista aveva chiesto al proprietario dell’Hotel di diminuire il canone di affitto, altrimenti avrebbe rinunciato a continuare a gestirlo. La stagione 2018 la descrive così: “In giugno, per poter lavorare, ho dovuto vendere le camere a 35 euro al giorno, pensione completa e servizi di spiaggia compresi. Luglio è andata abbastanza bene perché ho una clientela affezionata che è fedele. Ma dagli ultimi giorni di luglio fino al 10-12 agosto è stato un disastro: in albergo avevo appena trenta persone. Mi sono informato per capire se il problema era solo mio ma ho scoperto che nelle mie condizioni c’erano anche altri colleghi. Passato il Meeting, o si avevano gruppi di anziani a prezzi stracciati, o era molto difficile occupare le camere”.

Una questione enorme è quella dei prezzi, che ha due facce che Bellavista così descrive. “C’è una guerra al ribasso che ci fa affondare tutti. Come posso resistere io quando vedo che un hotel in prima linea vende le camere in periodo di alta stagione a 22 euro a notte? Quando i clienti telefonano, cercano solo l’offerta. Alcuni, ti propongono il budget che hanno. Un tale voleva venire in agosto con la famiglia a 35 euro a persona. Gli ho detto che, se trovava a quei prezzi, mi facesse sapere che ci sarei andato anch’io”.

Nelle chat dove gli albergatori si scambiano informazioni e opinioni sono ricorrenti i gridi di allarme o le decisioni di abbandonare l’attività. “Quest’estate – racconta Bellavista - ho chiesto alla presidente dell’Aia Patrizia Rinaldis perché lei continuava fare dichiarazioni ottimistiche quando invece molti albergatori erano in piena crisi. Mi ha risposto che crisi chiama crisi, meglio non parlarne e rimandare le valutazioni a dopo l’estate”.

Anche Graziella Santolini è un’albergatrice di lungo corso. Il suo tre stelle, di proprietà, è sulla litoranea a Viserba e negli ultimi anni è stato oggetto di numerosi interventi di ristrutturazione. Anche per lei l’estate 2018 è stata “una stagione difficile”. “In giugno – racconta – abbiamo lavorato solo grazie agli eventi. I campionati di ginnastica e quelli di ballo per noi qui a Viseba sono come il ferragosto. Certo è che solo con l’offerta balneare, l’albergo sarebbe rimasto vuoto. Il mare, per quanto quest’anno sia stato pulito e senza problemi, non basta più per lavorare”.

Luglio è andato bene grazie agli stranieri. “Da noi vengono tedeschi, austriaci, francesi, polacchi. Il turismo dell’est è molto interessante, a parte i russi che non si vedono più. Gli stranieri al mare ci vanno giusto due pomeriggi. Per il resto girano, sono interessati ai borghi dell’entroterra, alle città d’arte che possono raggiungere da qui, al nostro centro storico. Sanno più cose di noi, sono arrivati che erano già informati della riapertura del Fulgor. Bisogna aprire la mente, capire queste nuove tendenze, capire che il mare non basta più, altrimenti è finita”, insiste Santolini.

Anche per il suo Hotel le prime due settimane di agosto sono state difficili, molte camere sono rimaste vuote. Si è tornati a lavorare con il Meeting e con gli eventi di settembre, a partire dalla Motogp a Misano. “Gli eventi sono fondamentali. Non tanto quelli che io chiamo gli eventi del chiasso, cioè la Notte Rosa e la Molo, che qui a Viserba non hanno molta presa, quanto gli eventi sportivi, culturali, fieristici che portano presenze”.

Anche Graziella Santolini indica quella del prezzo come una questione fondamentale. “Non è giusta la guerra al ribasso. Con certi prezzi è impossibile garantire agi ospiti servizi di qualità. Fortunatamente a Viserba la maggior parte degli hotel è gestita dai proprietari, e dal punto di vista della qualità si vede la differenza. Quest’estate per garantire un certo livello, mi sono sobbarcata ulteriori spese. Ho dovuto rinforzare  la cucina perchè non funzionava come avrei voluto. Alla fine ho avuto un ristorante meglio che in un Hotel di lusso, ma i costi sono lievitati”. Per Santolini il personale è l’altro volto di questa stagione difficile. “Non si trova o quello che si trova non è qualificato, spesso non è affidabile, un giorno viene a lavorare e l’altro no”.

Ma dal punto di vista economico qual è il bilancio finale? “C’è stato meno fatturato ed anche meno guadagno, anche perché le spese, se si vuole garantire la qualità, sono in aumento”.

Valerio Lessi

Mercoledì, 12 Settembre 2018 21:32

Erbetta fonda la sua Rinascita civica

Lasciando il Patto Civico di cui era capogruppo, Mario Erbetta aveva annunciato che il suo impegno politico sarebbe continuato e che sarebbe andato nella direzione della creazione di un nuovo movimento civico.

Ora quel movimento ha un nome, Rinascita civica, e un simbolo (vedi immagine) ed anche una data di battesimo.

Per sabato 29 settembre Mario Erbetta ha convocato un convegno nella Sala Sgr dal titolo ancora un po' vago: L'importanza delle liste civiche nella politica. In quell'occasione certamente scoprirà le carte, anche se le sue intenzioni erano già dichiarate: un movimento civico che si allei con le forze alternative al Pd e alla sinistra.

Delle due l’una: o il sindaco Andrea Gnassi e il presidente di Destinazione Romagna Andrea Gnassi (cioè la stessa persona) si muovono in contraddizione l’uno con l’altro (e può sempre accadere) oppure dietro la decisione di seppellire Rimini Reservation e di dar vita ad una DMC (Destination Management Company) c’è in realtà un disegno che deve essere individuato e capito.

Se non ci fosse un disegno, avrebbe allora ragione una certa area di sinistra, quella che fa capo all’ex assessore regionale al turismo Maurizio Melucci, che vede nella decisione dell’amministrazione comunale di Rimini una vittoria del campanile contro l’area vasta. Spieghiamo meglio. La nuova legge regionale sul turismo (quella che ha sostituito la famosa legge 7 firmata Vasco Errani) prevede che la promo-commercializzazione dell’offerta turistica venga svolta da un organismo, la Destinazione, che nel nostro caso si chiama Destinazione Romagna e che comprende le province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e addirittura anche Ferrara. Nelle intenzioni del legislatore, la svolta rispetto alla legge Errani sarebbe quella di passare da una promo-commercializzazione basata sul prodotto (per esempio, l’enogastronomia) ad una che ha invece come fulcro le destinazioni, cioè i territori e le loro identità. Vale la pena ricordare che questa è stata una svolta invocata soprattutto da Rimini e dai suoi amministratori comunali e provinciali. Si era sempre pensato e mugugnato che nel meccanismo previsto dalla legge Errani il proverbiale, perché sempre citato, Lido di Volano avesse nella comunicazione lo stesso peso di Rimini.

Adesso la promo-commercializzazione non è più compito della defunta Unione di Prodotto ma di Destinazione Romagna, che da quando è partita ha al suo attivo un incarico a Trademark per una ricerca di mercato sul posizionamento del brand Romagna e qualche spesa per la Notte Rosa. È un po’ come l’attuale governo nazionale: deve ancora dimostrare di saperci fare e di saper produrre provvedimenti positivamente efficaci.

In questa sorta di terra di mezzo in cui si trova la promozione turistica, il Comune si vede costretto per legge a dismettere Rimini Reservation, la società costruita con Promozione Alberghiera che gestiva gli Uffici Iat e le richieste di prenotazione. La società è stata prorogata fino al 30 settembre 2019 e nel frattempo il Comune dovrà individuare, tramite bando, un soggetto privato competente che assuma il ruolo di DMC, cioè una società specializzata nel marketing del territorio. Anche se questo non è scritto negli atti, si può facilmente presumere che il modello a cui guarda Rimini sia l’esperienza di Bologna Welcome, la società a cui aderiscono Camera di commercio, Fiera, Aeroporto, e pressoché tutte le associazioni di categoria. Bologna Welcome, che continua ad esistere anche dopo la nascita di Destinazione Emilia,  “si occupa dello sviluppo e della gestione delle attività di accoglienza turistica, nonché della promozione della Città Metropolitana, sia a livello nazionale, sia internazionale”. Dagli aumenti annui delle presenze del 10-12 per cento si direbbe che il suo mestiere lo sappia fare bene. Ed è quanto dovrà fare il nuovo soggetto riminese, stando a quanto si legge nella relazione che accompagna la delibera comunale: ”incidere positivamente sul tessuto economico del territorio riminese, sviluppare una certa competitività relativamente ad altre destinazioni nazionali ed internazionali concorrenti, supportare le azioni di orientamento e sfruttamento di opportunità emergenti di business e sviluppo dei prodotti e rafforzare il brand della destinazione locale”.

Secondo alcuni, a sinistra, questo progetto sarebbe in palese contraddizione con le politiche turistiche regionali che puntano sì sulla destinazione ma di area vasta.

Senza pretendere di risolvere il dilemma, si possono fare alcune osservazioni.

Abbiamo già ricordato lo storico mugugno riminese sulle politiche promozionali di Apt e Regione. Con le campagne basate sul prodotto (enogastronomia, cultura e città d’arte, motori, terme) il mare, che ancora è il principale motivo di scelta della vacanza in Emilia Romagna, era di fatto un po’ oscurato e quando se ne parlava era nei termini di Riviera adriatica dell’Emilia Romagna, una realtà “inesistente” da punto di vista turistico. Nessuno al mondo ha mai detto vado in vacanza nella Riviera adriatica dell’Emilia Romagna, ha sempre detto vado a Rimini o a Cesenatico.

Secondo. Ancora non esistono analisi che spieghino la vertiginosa crescita delle presenze turistiche a Bologna, Modena e Parma. Si cita il boom dell’aeroporto Marconi, ma se la gente atterra all’aeroporto non lo fa per vedere lo scalo ma perché attirata da una proposta turistica. In attesa di analisi scientifiche si può ipotizzare che il tasso di crescita a due cifre di quelle città dipenda anche dalla politica promozionale degli anni recenti che vedeva in primo piano, guarda caso, enogastronomia (prosciutto, parmigiano, aceto balsamico e compagnia), città d’arte, motori (Ferrari, Ducati, Lamborghini), cioè tre prodotti tipici di quelle località. Anche il recente progetto Via Emilia, basato sugli stessi prodotti, che, si badi bene, si incontrano lungo la via (e non all’inizio), finisce per privilegiare le città prima ricordate. La “fissa” di Andrea Gnassi per taluni eventi, Notte Rosa e Molo Street Parade, potrebbe anche essere letta come il tentativo di piazzare qualcosa di tipicamente riminese in questo contesto ad alto tasso emiliano.

Nel futuro immediato di Rimini ci sono due grosse questioni non ancora attentamente valutate. Chi gestirà, dal punto di vista promozionale, in Italia e all’estero il nascente Museo Fellini? Si può immaginare che una scommessa del genere possa essere vinta da Destinazione Romagna, che ha un territorio vasto e articolato da promuovere e non può certo attivarsi sui, si fa per dire, “particolari”? Una DMC riminese potrebbe invece farsene carico e mettere a sistema, con taglio manageriale, tutto quanto si muove nel territorio comunale.

L’altra questione è l’aeroporto. Per il Marconi gli accordi commerciali con le compagnie low cost li ha siglati proprio la citata Bologna Welcome. Una DMC completamente privata, che ricevesse dal Comune parte dei proventi dell’imposta di soggiorno, potrebbe agevolmente stipulare accordi analoghi per l’aeroporto Federico Fellini, che così finalmente uscirebbe dall’encefalogramma quasi piatto a cui sembra condannato. In questa prospettiva, la creazione di una DMC più che il rigurgito di un campanile potrebbe dimostrarsi una lungimirante iniziativa. Vedremo.

“Sono stato abituato in questi trent’anni di casa famiglia ad andare al di là dell'errore, anche grave, che le persone che ho incontrato avevano commesso. C'è l'errore e ci deve essere la punizione. Però c'è anche il riscatto, la possibilità di cambiare. E c'è anche un passato una storia che ti porta a commettere certi errori”.

Lo ha scritto sulla propria pagina Facebook Stefano Vitali, già presidente della Provincia ed ora impegnato nella Ong Condivisione fra i popoli dell’ Associazione Papa Giovanni XXIII, a proposito di Romano Fenati, il motociclista che sul circuito di Misano ha tirato in corsa il freno ad un altro concorrente. Contro il giovane centauro si sono scatenati tutti, compresa la magistratura che ha aperto un’inchiesta. Evidentemente ha commesso un grave errore, il suo comportamento non ammette giustificazioni. Lo stesso Vitali sottolinea che chi sbaglia deve pagare fino all’ultimo centesimo, ma avverte che la storia non può finire così, “con la soddisfazione di andare a letto la sera contenti perché si è trovato il colpevole, il nemico di turno”.

La sua riflessione non è una tesi “buonista” da contrapporre a quella “cattivista”, prevalente nei commenti e sui social. “E’ l’esperienza di questi anni – spiega – che mi ha permesso di vedere una risposta diversa. Persone che avevano commesso errori ben più gravi di quello di Fenati, una volta accolte, accompagnate in un cammino, sono rinate, sono cambiate. Bisogna saper guardare oltre l’errore. Chi sbaglia deve essere punito, ma non ci si può limitare a puntare il dito. Bisogna fare il passo successivo, guardare alla storia della persona e darle la possibilità di cambiare”. Vitali racconta che di persone cambiate ne ha viste parecchie nel corso della sua esperienza nella comunità fondata da don Oreste Benzi. “Ho in mente un ragazzo i cui precedenti erano una sorta di enciclopedia del diritto penale. Aveva vissuto di reati e di espedienti, le aveva fatte tutte. Inserito in un contesto in cui si è sentito voluto bene, è letteralmente rinato, adesso lavora con amore e dedizione in una casa di riposo, dando tutto se stesso ai ricoverati”.

La molla del cambiamento è accorgersi di uno sguardo diverso su di sè, l’immersione in un ambiente dove sei amato per quel che sei e non per le prestazioni che devi produrre. “Stando al caso specifico – riflette Vitali – non si può dimenticare come crescono questi ragazzi. Li mettono su una mini moto che hanno quattro cinque anni, con i genitori che spesso li spingono e li stressano. Bambini e ragazzini che subito devono imparare a combattere per emergere. Gli è stato messo in testa che devono essere dei campioni, e tutto ruota intorno a questo obiettivo. A sedici anni già gli realizzano il fan club e loro non hanno avuto tempo nemmeno di essere bambini o adolescenti. Dei ragazzi che corrono fin da piccoli, pochi arrivano alla Moto 2 o alla Motogp. C’è il concreto rischio che mancando l’obiettivo per cui hanno sacrificato tutto, si ritrovino senza una identità. E’ questo il mondo che sta dietro il gravissimo gesto di Fenati. Bisognerebbe che i ragazzi che vogliono correre in moto facessero una vita normale, magari anche un po’ di volontariato per conoscere tutti gli aspetti della vita, gioie, fatiche e dolori. Spesso, invece, capita di vedere ragazzini che si credono uomini, che si credono fuoriclasse, che non sanno cosa sia la realtà”.

Per costoro, sostiene con forza Vitali, confermato dall’esperienza vissuta, occorre dare una seconda possibilità di diventare realmente uomini. “Non c’è nessuno che non possa essere recuperato, non c’è situazione che non si possa aggiustare. È un metodo che si può e si deve applicare all’intera società. Oggi siamo abituati ai giudizi trancianti, o è bianco o è nero, su tutto ci dividiamo in tifoserie contrapposte. Spariamo giudizi senza entrare nelle problematiche reali. Come per l’immigrazione, ci dividiamo e ci scanniamo senza entrare nel merito. Dobbiamo riportare il confronto fra di noi su un piano per così dire ‘normale’. Se non rifletti, se non cerchi di andare oltre l’errore, quella persona per te è solo un delinquente e sempre sarà così. Se compi l’altro passo, se vai oltre, poi ti accorgi che può diventare una persona stupenda”.

Mentre il sindaco Andrea Gnassi è impegnato a diffondere con grande risonanza ogni iniziativa volta a recuperare lo “scippo” dei finanziamenti per Rimini Nord, da mesi è calata una sorta di “silenzio stampa” sul Parco del Mare, il progetto che più di ogni altro porta la firma completa dell’attuale amministrazione. Si tratta di un progetto ambizioso, che per essere realizzato necessita di una stretta collaborazione fra pubblico e privati, e forse questo aspetto è anche all’origine di ritardi e silenzi.

Silenzi rotti solo da qualche dichiarazione, non diretta sul tema, ma solo correlata, come quella recente del sindaco Andrea Gnassi sull’urgenza di definire la situazione delle spiagge. È noto, infatti, che senza certezze sulle concessioni (vedi direttiva Bolkestein), i bagnini sono molto recalcitranti a impegnarsi in investimenti consistenti, quali quelli richiesti dal progetto Parco del Mare.

Il silenzio è stato ora interrotto grazie a una interrogazione presentata da Gioenzo Renzi (Fratelli d’Italia) all’ultimo consiglio comunale. Renzi ha messo in fila alcuni fatti che a suo dire indicano il rischio concreto che il progetto finisca per aria e siano persi anche i 2,8 milioni di fondi europei ottenuti attraverso la Regione. Il consigliere non ha nascosto di essere un fiero avversario del progetto, ma è ugualmente preoccupato che alla fine resti tutto come prima.

Primo fatto. A un anno dall’assegnazione allo studio Miralles – Tagliabue di Barcellona del compito di scrivere le linee guida alle quali devono attenersi pubblico e privato nel realizzare i rispettivi interventi, ancora non si è visto nulla, anche se in conferenza stampa, nel novembre 2017, era stato detto che sarebbero state pronte nei primi mesi del 2017.

Secondo fatto: non si sa nulla della progettazione esecutiva dei primi due tratti di Parco del mare che dovrebbero partire, l’area di Marina Centro e il Lungomare Spadazzi a Miramare. Visto che i lavori devono essere ultimati entro il 2019, altrimenti si perdono i finanziamenti, il rischio è appunto che quei soldi volino via.

Terzo punto. Che ne è delle negoziazioni con i privati che avevano presentato le manifestazioni di interesse (155 in tutto, 128 delle quali ritenute strategiche e concordanti con la filosofia del progetto). In effetti, il tam tam ricorrente è che nessun privato abbia siglato accordi a Marina Centro, e solo quattro o cinque a Miramare.

In consiglio comunale l’assessore Roberta Frisoni ha risposto sui primi due punti. Le linee guida dello studio Miralles-Tagliabue dovrebbero arrivare a breve. Loro hanno presentato alcuni documenti nel maggio scorso e sono stati pubblicati anche alcuni rendering sul sito del Comune. Lo slittamento della consegna definitiva dei lavori è dovuto al fatto che gli uffici comunali hanno chiesto delle modifiche che ora il team di progettazione sta recependo. “Non sono in grado di dire esattamente quando arriverà il lavoro. – spiega a BuongiornoRimini l’assessore Frisoni – C’è stata una normale interlocuzione fra incaricato e committente per meglio definire alcune dettagli. Sono stati coinvolti tutti gli uffici comunali e ciascuno ha presentato osservazioni. Ad esempio, uno dei punti riguarda le piantumazioni previste nel Parco”.

In consiglio l’assessore ha detto che a primavera comunque apriranno i cantieri. “Confermo – spiega Frisoni – che fra qualche settimana lo studio che si è aggiudicato la progettazione presenterà in Comune gli esecutivi riguardo ai primi due tratti. Quindi a primavera certamente partiranno i cantieri”.

Riguardo alle negoziazioni dei privati (sulle quali in consiglio non aveva risposto) l’assessore smentisce la voce che a Marina Centro non ci sia nessuno disponibile, sostiene che sono stati raggiunti accordi per entrambi i tratti ma che non è in grado di precisarne il numero. In ogni caso i progetti arriveranno in consiglio comunale e lì sarà possibile esaminarli.

Restano alcuni punti da chiarire. Come è possibile che in primavera possano partire i cantieri se ancora non è stata definita la questione dei rapporti con i privati. Infatti ogni collaborazione ex art. 18 della legge urbanistica regionale deve passare in consiglio comunale, ha la stessa procedura di una variante urbanistica, quindi tempi che sono tutt’altro che brevi. “Si procederà – sostiene Frisoni – per step successivi. Intanto parte il pubblico a fare delle cose, poi quando sono definiti i rapporti con i privati, entreranno in scena loro. Non è necessario che tutto debba essere realizzato in modo contestuale”.

Se i cantieri apriranno in primavera, è realistico o utopistico pensare che a fine anno siano tutto terminati? Perché non si perdano i finanziamenti di 2,8 milioni è necessario aver avviato il cantiere e documentare che i lavori procedono od occorre invece che sia terminato? “Ogni linea di finanziamento – risponde Frisoni – segue regole diverse. Su questa dovrei guardare i documenti per verificare. Quello che posso dire con certezza è invece che gli uffici comunali hanno steso un cronogramma per fare in modo che i lavori procedano e finanziamenti non siano persi. Su questo si può stare tranquilli”.

Per la sua interrogazione, il consigliere Gioenzo Renzi ha chiesto la risposta scritta che dovrà essere fornita entro cinque giorni.

Rimini Banca - informa una nota- chiude il semestre 2018 segnando dati economici e patrimoniali particolarmente soddisfacenti. L’ Utile Netto supera i 5 milioni di euro, (5,5milioni), la raccolta complessiva alla fine del primo semestre ammonta a circa 1.542 milioni di euro. Il valore complessivo degli impieghi verso clientela alla fine del primo semestre dell’anno si è elevato a circa 812 milioni di euro.
L'indice del rapporto sugli NPL al 30 giugno (crediti deteriorati netti / totale crediti netti) risulta pari al 7,8%. Da segnalare come attività straordinaria la cessione di un portafoglio di Npl garantiti per un valore nominale di circa 70 milioni di euro L’indice definito COST INCOME, che riguarda il livello dei costi operativi si attesta a livelli di assoluto rilievo al 52%. La rete distributiva della Banca al 30 giugno 2018 è costituita da 27 filiali. Alla stessa data il personale dipendente si è attestato a 210 dipendenti. Cresce infine il numero dei clienti, arrivati ad oltre 58.000.

“Siamo una realtà solida, con grandi obiettivi per il futuro, volendo diventare banca leader nel territorio unendo capacità di fare impresa con i grandi valori della cooperazione, con particolare riferimento alla solidarietà per i più deboli, come la maggioranza dei nostri giovani.”, sottolinea il presidente di Rimini Banca, Fabio Pula. “Ed è con questa consapevolezza che guardiamo al futuro con ottimismo e lungimiranza, continua il presidente Pula, affrontando due grandi sfide. La prima, che riguarda l’adesione al grande progetto nazionale che ci vedrà protagonisti insieme al Gruppo bancario Iccrea a realizzare il quarto Gruppo bancario Italiano ed idealmente la prima banca locale del Paese. La seconda, che riguarda la costruzione comune con un altra banca virtuosa del territorio, la BCC di Gradara, di un progetto di integrazione, che permetterà, a decorrere dai primi mesi del prossimo anno, di creare una nuova e forte realtà di credito cooperativo, che unirà idealmente i territori del riminese e del pesarese. Da questa fusione nascerà una nuova banca con numeri e potenzialità di assoluto rilievo: 7700 soci, oltre 300 dipendenti, 45 filiali, 3,50 miliardi di montante, che potrà contare su una dotazione patrimoniale di oltre 260 milioni di euro con un Cet 1 ratio, che come noto misura il grado di solvibilità di un istituto bancario, superiore al 19%”. “L’ampia dotazione di capitale libero, oltre 130 milioni di euro,” ribadisce ancora il Presidente Pula, “permetterà al Nuovo Istituto di essere sempre più “banca del territorio” a sostegno delle famiglie, delle imprese e di tutta la comunità locale, e darà con questi numeri un notevole contributo alla nascita del Gruppo bancario Iccrea”.

Sono state pubblicate per qualche momento sul sito della Regione le statistiche turistiche relative ai primi sette mesi dell’anno, cioè compreso luglio che ancora non si conosceva. Un’ora dopo però sono scomparse perché, hanno spiegato in Regione, per maggiore sicurezza sulla loro attendibilità era stato deciso di farle rielaborare dal sistema informatico. Nello stesso momento, però, la Regione comunicava i dati dei primi sette mesi dell’anno rielaborati dall’Osservatorio e da Trademark, cioè le statistiche con la correzione al rialzo per comprendere anche le presenze non rilevate dall’Istat. Quindi, più che per un problema tecnico, la Regione ha oscurato per oggi i dati Istat probabilmente per evitare che, viste le polemiche del mese scorso, qualcuno si mettesse a fare confronti fra dati Istat e dati “corretti”.

La domanda a cui i nuovi dati devono rispondere è quale sia stato l’andamento di luglio, viste le diverse “impressioni” registrate lungo il mese, tra chi sosteneva che fosse in linea con l’anno scorso e chi invece puntava il dito sui vuoti negli alberghi e sulle spiagge.

Come è andato luglio

Secondo i rilevamenti Istat, c’è stata una lieve flessione negli arrivi che sono calati, su base provinciale, dell’1,6 per cento. Sono arrivati meno turisti ma a quanto pare hanno aumentato il periodo di permanenza, visto che le presenze sono cresciute del’1 per cento.

La flessione negli arrivi è stata determinata dai turisti italiani che sono calati del 2,2 per cento. Se infatti si guardano i tradizionali bacini della Riviera si ottiene questo quadro: Lombardia -2,2; Emilia Romagna -3,1; Piemonte -2,5; Veneto -2,5, Trentino -3,1. Rispetto all’anno scorso c’è una indubbia minore capacità di attrazione dalle regioni che storicamente alimentano il turismo in Riviera.

Fortunatamente c’è una tenuta degli stranieri, i cui arrivi crescono dello 0,3 e le presenze del 2 per cento. Gli arrivi dalla Germania sono cresciuti del 2,8 per cento; in calo deciso i francesi -6,8; buona crescita dal Regno Unito +7,4; mentre i russi sono in caduta libera: -9,8. Ottime performance, anche se i numeri assoluti sono bassi, per paesi come la Danimarca e la Lituania.

Bilancio gennaio-luglio 2018

Se si guardano insieme i primi sette mesi dell’anno, il bilancio è tutto con il segno positivo. Gli arrivi sono aumentati dell’1,5 per cento (+1,3 gli italiani e +2 gli stranieri), e anche i pernottamenti chiudono a +1,8 (+1,7 gli italiani e +2 gli stranieri).

Se i bilanci veri si fanno sul lungo periodo, come sottolineano spesso sindaci e assessori, al momento i risultati non indicano certo una debacle.

Non si può non notare che i singoli Comuni della Riviera hanno performance molto diverse. Riguardo alle presenze abbiamo Rimini con +1,4; Riccione con +4,7; Cattolica +2,1; Bellaria Igea Marina -1,7; Misano Adriatico +1,1.

I dati dell’Osservatorio

I dati dell’Osservatorio diffusi dalla Regione riguardano tutta la costa, dai lidi ferraresi a Cattolica.

Secondo questa valutazione, ottenuta correggendo i dati Istat, nei primi sette mesi dell’anno gli arrivi sono cresciuti del 2,2 e le presenze dell’1,9. Sempre  secondo i dati dell’Osservatorio turistico regionale di Unioncamere elaborati da Trademark Italia, il movimento turistico nella Riviera dell’Emilia-Romagna nel periodo maggio-agosto registra, infatti, un incremento degli arrivi del +1,8%, con oltre 5 milioni di turisti, e delle presenze del +1,5%. In crescita sia la componente nazionale (+1,3% di arrivi e +0,9% di presenze) che quella internazionale (+4,1% di arrivi e +3,8% di presenze).

La Regione sottolinea che l'aeroporto Marconi di Bologna è tra i protagonisti della performance turistica internazionale in Emilia Romagna, con 4.870.788 passeggeri alla fine di luglio, in crescita del +4,5% sul 2017. A beneficiarne sono soprattutto le città d’arte che vedono crescere gli arrivi dell’11,2 per cento e le presenze del 9,6.

Martedì, 04 Settembre 2018 18:32

Innamoramenti sulla spiaggia

Il senatore Marco Croatti, del Movimento 5 Stelle, manda un comunicato per sottolineare, a proposito del G20 delle spiagge italiane, che “Rimini è tra i Comuni trainanti il settore turistico italiano”. Ci siamo persi qualcosa?

“Tutti vostri?”. È la classica domanda che si sente rivolgere chi si presenta in piazza con qualche figlio in più rispetto al canonico uno virgola qualcosa. Molto frequente anche la battuta “ma in casa non avete la televisione?”. Paolo Nanni, impiegato, 55 anni, sposato con Paola, 48 anni, padre di sei figli, di solito risponde: “La televisione ce l’abbiamo, ma la sera quando posso preferisco andare a dormire”. Anche perché, specialmente quando erano piccoli, fra impegni di lavoro e le risposte da dare ai figli (una visita medica, portare uno a lezione, portare l’altra da un’amica) la giornata era una corsa frenetica contro il tempo.

Quella di Paolo Nanni è con evidenza una famiglia numerosa, anche se per essere accolti nell’associazione (Anfn), che da venerdì a domenica celebra a Bellaria il proprio convegno nazionale, è sufficiente avere tre figli. “In realtà – spiega Nanni – collaborano con noi anche famiglie con due figli, che ne contesto demografico e culturale attuale, con la media di 1,3 figli a famiglia, cominciano a rappresentare un’eccezione”.

Sei figli, lo si intuisce, non sono frutto di un caso. La prima auto acquistata da Paolo è stata una station wagon otto posti. “Si tratta di una scelta di apertura alla vita – racconta Paolo – che io e mia moglie abbiamo maturato insiene già nel periodo del fidanzamento. Nei nostri progetti come minimo dovevano essere quattro, poi sono diventati sei”. Non a caso la prima auto acquistata da Paolo è stata una station wagon otto posti. Anche la moglie lavora, sebbene a part-time, come operatrice alla casa di riposo Valloni. Quando i figli erano piccoli, una mano per badarli, come succede sempre, è arrivata dai nonni.

Una famiglia numerosa non è un’impresa facile da gestire, nemmeno dal punto di vista economico. “Nel fare la spesa si sta attenti a tutto, si guardano i prodotti in offerta, la carne la acquistiamo direttamente dall’allevatore. Le vacanze sono un optional che capita ogni cinque o sei anni. Per vent’anni c’è stato anche il mutuo per la casa da pagare. Ma non è stato un sacrificio, è stata una scelta. C’è chi fa scelte diverse, chi privilegia la carriera, e non mi permetto di criticare questa legittima scelta individuale. Noi abbiamo preferito avere figli. Uno dei primi slogan della nostra associazione era “più bimbi, più futuro”. Pensiamo con i figli di aver fatto un investimento sul futuro”.

A Rimini aderiscono all’Anfn un centinaio di famiglie, mentre secondo i dati statistici del Comune i nuclei con cinque e più componenti superano le tremila unità. “L’associazione – spiega Nanni – ha come scopo quello di valorizzare e sostenere la cultura della famiglia. Purtroppo della famiglia i partiti si ricordano solo al momento delle elezioni e poi se ne dimenticano. Invece la famiglia è il futuro della società, messo a rischio dall’inverno demografico che stiamo vivendo. Come associazione ci attiviamo per sottoscrive convenzioni per gli acquisti e siamo presenti in tutti i tavoli istituzionali, nazionali e locali, per far presenti le esigenze delle famiglie con molti figli. Spesso le difficoltà sono tali che se si rompe la lavatrice o c’è l’auto da riparare, non si hanno i soldi per porvi rimedio. Inoltre facciamo incontri fra di noi, organizziamo feste, per sostenerci a vicenda”.

Il Comune di Rimini è sensibile alle vostre esigenze? “Ci sono alcune agevolazioni. Per esempio, le ‘borse per lo sport’ per favorire l’attività sportiva dei giovani: una famiglia numerosa ne ha diritto a due anziché una. Ogni anno c’è un bando comunale per l’assegnazione dei contributi alle famiglie numerose. La regione Emilia Romagna ha stanziato dei fondi per l’abbattimento dei ticket sanitari. Certo è che il sistema migliore per aiutarci sarebbe l’introduzione del quoziente famigliare nella tassazione. È evidente che cambia il potere di acquisto se lo stesso reddito viene tassato come persona singola o invece si tiene conto della composizione del nucleo famigliare. Basterebbe applicare la Costituzione secondo la quale la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”.

Paolo Nanni mette in evidenza un limite delle varie forme di contributo o di assistenza: la tagliola dell’ISEE che ha parametri troppo bassi, se non ridicoli. “Un ISEE pari o inferiore a 7500 euro vuol dire che per potere godere di un’agevolazione una famiglia deve essere in uno stato di povertà quasi assoluta”.

Uno dei compiti dell’associazione è informare i soci sulle varie possibilità che enti e leggi offrono alle famiglie con molti figli. Dagli sconti per la Tari ai bonus per acqua luce e gas, bisogna essere capaci di industriarsi come formichine nella giungla delle diverse normative per poter mettere da parte, osserva Nanni, il “mattoncino” che può risultare utile in caso di bisogno. Ma, ad ascoltare il racconto di Nanni, è un’avventura entusiasmante.

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