Quando le battaglie della Lega ricompattano la sinistra. Analisi del voto

Lunedì, 27 Gennaio 2020

Cosa ha determinato la netta vittoria di Stefano Bonaccini alle elezioni di domenica? E in particolare cosa ha consentito che non fosse una vittoria di misura, ma largamente maggioritaria?

I fattori sono molteplici e in questa sede ne elenchiamo alcuni. Il primo può essere identificato nel modo di Matteo Salvini di condurre la campagna elettorale. Aver presentato questo voto come una battaglia di liberazione dal dominio storico della sinistra (con tutti i toni e gli atteggiamenti collegati a questa impostazione di fondo) non ha giovato alla possibile (stando ai sondaggi) vittoria del centrodestra. La battaglia di Salvini ha avuto come effetto quello di ricompattare il Pd e il popolo della sinistra, che non a caso è corso alle urne. Se si prende la cartina del voto alle europee del 2019, si vede che c'è una macchia rossa (le zone dove la sinistra è rimasta maggioritaria) che corrisponde alle province di Bologna, in parte di Modena e di Ravenna. Sono le province dove l'aumento di partecipazione al voto, che è cresciuto ovunque, è stato più pronunciato. Lo si vede anche nella provincia di Rimini, dove il Pd non gode di ottima salute. Pur in presenza di una lista per Bonaccini Presidente, attestata intorno al 6 per cento, il partito ha ottenuto il 31,59 e, nel comune di Rimini, il 32,85, affermandosi come primo partito, superando la Lega ferma al 31,64.

A questo ricompattamento dell'elettorato di sinistra ha certamente contribuito anche il movimento delle Sardine, che è riuscito nell'obiettivo di contrastare la narrazione della Lega e a convincere che la presunta irresistibile avanzata di Salvini poteva essere bloccata. 

Il modo di Salvini di condurre la campagna elettorale ha inoltre spaventato una parte dell'elettorato moderato che non se l'è sentita di consegnare la Regione ad un candidato incolore come Lucia Bergonzoni, peraltro ampiamente coperto dalla ingombrante presenza del leader della Lega. Un partito, quello della Lega, che inoltre ha perso qualche punto rispetto alle elezioni europee del 2019. Una quota di elettorato moderato ha quindi optato per Bonaccini come “male minore”. 

Non era affatto scontato che anche nel comune di Rimini dovesse prevalere Stefano Bonaccini. I leader locali della Lega hanno condotto la campagna elettorale presentando il voto regionale come il primo passo verso l'inevitabile “liberazione” anche del comune di Rimini. Non solo non c'è la liberazione regionale, ma a Rimini la sinistra è tornata ampiamente maggioritaria. Una sconfitta generale che è ben rappresentata dalla sconfitta personale del segretario provinciale Bruno Galli, il quale deve cedere il seggio, al quale era destinato, al giovane Montevecchi. Deve far riflettere il fatto che un dirigente storico, cresciuto a gazebo, volantinaggi e incontri in ogni angolo remoto della provincia, sia stato messo pesantemente fuori gioco da un ragazzo che si presentava per la prima volta sotto le insegne della Lega. A Montevecchi certamente hanno giovano endorsement pesanti come quello del sindaco di Riccione Renata Tosi e di alcuni esponenti cattolici, ma il suo exploit oltre che ad una campagna elettorale ben condotta, va attribuita anche all'oggettiva, inaspettata, debolezza di Galli. 

Tutto questo mette in evidenza che il centrodestra riminese a trazione leghista, se davvero vuole porre le condizioni per un'alternanza, molto deve lavorare su personale politico, toni, linguaggio, capacità di porsi come credibile proposta di governo. Le battaglie di liberazione sono perdenti.

Il panorama di centrodestra si completa con Forza Italia; la gamba moderata dell'alleanza, pur ottenendo grazie a Nicola Marcello il 4,4 (contro il 2,56 regionale) è stata doppiata da Fratelli d'Italia, declassandola all'ininfluente rango di terza forza. 

A sinistra l'elemento dominante è la grande vittoria personale di Emma Petitti che è arrivata a sfiorare le ottomila preferenze. Petitti è l'attuale massima rappresentante di quello che, con linguaggio bersaniano, potremmo chiamare il “partito ditta”, ovvero un partito legato a contenuti e liturgie di una sinistra old style. Nella prospettiva delle comunali del 2021, l'interrogativo è se, sull'onda di questo successo, il Pd ricorrerà ad una figura di rottura rispetto al decennio di Andrea Gnassi (refrattario alle vecchie liturgie) o se invece saprà individuare una figura autorevole in sostanziale continuità. La vittoria di Petitti rischia di essere, in questo senso, una pesante ipoteca. 

Il voto di domenica ha decretato la totale irrilevanza del Movimento 5 Stelle, la cui lista ha raccolto appena il 5,42 per cento e con l'1,5 per cento degli elettori che ha praticato il voto disgiunto in favore di Bonaccini. Anche a livello locale si è tornati al bipolarismo classico fra sinistra e destra. In un eventuale ballottaggio, ciò che resta del Movimento 5 Stelle (che a Rimini ha ampiamente anticipato la crisi nazionale) non potrà influire più di tanto.