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La svolta di Dreamini: Fiera privatizzata per fare il Parco del Mare

Sabato, 26 Settembre 2015

8bLa svolta di Dreamini: Fiera privatizzata per fare il Parco del Mare

 

 

 

Una svolta davvero radicale. Fino all’altro ieri il Parco del Mare, il nuovo lungomare proposto da Gnassi, era sbrigativamente definito da Bruno Sacchini, presidente di Dreamini, il “Pacco del Mare”, per sostenere che si trattava di fuffa, di propaganda elettorale, di idea irrealizzabile.

 

Nella conferenza stampa di oggi, convocata per esporre le idee dell’associazione sulla politica economica del Comune e sulla privatizzazione della Fiera, Sacchini ha sostenuto al contrario che il Parco del Mare è una proposta certamente utile e necessaria per il futuro turistico di Rimini. Ma il Comune non ha le risorse per realizzarla, tant’è che “vuole scaricare i costi sui privati”. Che fare dunque? Realizzare il cavallo di battaglia di Dreamini: la privatizzazione pressoché totale di Rimini Fiera e la cessione di tutte le altre partecipazioni. Se ne potrebbero ricavare dai 150 ai 200 milioni da investire in opere pubbliche necessarie per il rilancio della città. Una risposta di classico stampo keynesiano rispetto alle prove di sussidiarietà (i cui esiti sono tutti da vedere e sui quali è quindi lecito nutrire dubbi) messe in atto dall’amministrazione comunale.

 

Che Dreamini voglia una dismissione totale delle partecipazioni, a partire dalla Fiera, non è una novità. Lo aveva già dichiarato solennemente in un’altra conferenza stampa di inizio estate. La novità di oggi che i soldi così ricavati dovranno essere utilizzati per il Parco del Mare, che altrimenti è destinato a tornare "Pacco del mare". Novità importante, anche perché intorno al tavolo programmatico allestito da Dreamini si sono seduti i rappresentanti di tutte le realtà (partiti, associazioni, liste civiche) che voglio mandare a casa Gnassi o chi per lui.

 

L’altra novità è che questo nuovo intervento di Dreamini esce dopo la presentazione del bilancio 2014 di Rimini Fiera, che Cagnoni ha indicato come la smentita plateale delle previsioni catastrofiche contenute nel Libro Bianco di Dreamini di un anno fa, e dopo l’avvio della procedura parziale di privatizzazione, sulla base del rapporto di KPMG, l’advisor a cui si sono rivolti Comune, Provincia e Camera di Commercio.

Sul bilancio di Rimini Fiera il commercialista Mario Ferri, vice presidente di Dreamini, non ha nulla di sostanziale da eccepire (“si conferma come la migliore realtà dell’Emilia Romagna”). Pollice verso invece per il bilancio della Società del Palazzo dei Congressi (la proprietaria del Palas) e su Rimini Congressi, la società che detiene il pacchetto di maggioranza di Rimini Fiera.

Ferri ritiene che l’aver messo a bilancio un valore dell’immobile di 101 milioni, il costo storico meno gli ammortamenti, sia sbagliato, perché non tiene conto del fatto che la società, potendo contare solo sull’affitto pagato dalla Fiera e dalle royalties degli albergatori, sarà sempre in perdita. Secondo Ferri la corretta applicazione dei principi di contabilità avrebbe dovuto portare ad una valutazione diversa e si spinge a dire che, stando al codice civile, è un bilancio irregolare. Ferri cita anche la nuova legge sul falso in bilancio, ricordando che costituiscono reato solo fatti materiali e non questioni oggetto di valutazione. Tuttavia cita una sentenza della Cassazione secondo cui l’erronea valutazione non deve superare il limite della ragionevolezza. Ferri si ferma qui, ma poi l’ex consigliere grillino Luigi Camporesi si spinge oltre dicendo che “domani leggendo i giornali i magistrati potrebbero scoprire che hanno qualcosa su cui indagare”.

 

Su Rimini Congressi, Ferri rimarca che l’utile considerevole del 2014 (più di 4 milioni) dipende dal ricavato dei terreni di via della Fiera per l’operazione Acqua Arena. “Dovremo fare un motore immobiliare all’anno per tenere in attivo il bilancio?”, si chiede Ferri. Alla luce di queste considerazioni, anche sul bilancio positivo di Rimini Fiera si stendono molte ombre.

 

Quindi la ricetta è quella indicata: privatizzare, privatizzare. Secondo Dreamini e secondo Filippo Zilli, dell’associazione Vincere per Rimini, che ormai condivide lo stesso percorso, la privatizzazione avviata da Comune, Provincia e Camera di Commercio è in realtà una “ristrutturazione del debito” e come tale poco significativa.

In verità questa “scoperta” delle due associazioni è sempre stata dichiarata. La privatizzazione di cui si sta parlando è infatti partita dal grido di allarme dei soci pubblici (in particolare Provinciae Camera di Commercio) che hanno fatto presente un anno e mezzo fa di non essere più in grado di sostenere il pagamento delle rate del mutuo contratto con Unicredit. Di qui l’incarico a KPMG, di qui la procedura di privatizzazione del 20 per cento. Doveva servire appunto a rendere sostenibile il debito.

fierarimini


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