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Il vescovo Lambiasi archivia la Chiesa autoreferenziale

Venerdì, 27 Luglio 2018

“La missione non viene da una Chiesa autoreferenziale, autosufficiente, fondata su se stessa, sui suoi piani geometrici, su lambiccate strategie ‘pastorali’ disegnate a tavolino. Una Chiesa che al mondo racconta se stessa e le sue mirabolanti imprese”.

Nella lettera che il vescovo di Rimini Francesco Lambiasi ha inviato alla diocesi per indicare gli orientamenti per il prossimo anno pastorale non si può non avvertire un accento di novità rispetto alla storia dei cattolici riminesi negli ultimi cinquant’anni.

Può sembrare un richiamo consuetudinario scrivere che “la Chiesa non è padrona della missione. L’opera missionaria è opera del bel Pastore, perché solo Lui può toccare i cuori. Il vero protagonista della missione è lo Spirito del Risorto”. Non lo è, soprattutto se queste parole sono seguite dal giudizio severo sulle lambiccate strategie ‘pastorali’ disegnate a tavolino. E dalla citazione di Francesco che recita: “Noi non abbiamo un prodotto da vendere, ma una vita da comunicare. E’ lo Spirito Santo che porta avanti la Chiesa, non noi!”.

Nella storia della diocesi la tentazione di scambiare la pastorale con il burocraticismo di un piano quinquennale c’è stata a più riprese. Ed è stata all’origine anche di battaglie e polemiche. Basti pensare che nel 1991, nel suo libro-intervista Con questa tonaca lisa, don Oreste Benzi ebbe parole molto severe contro la Chiesa ridotta ad una burocrazia clericale. Tanto che l’allora vescovo Mariano De Nicolò intervenne per impedire lo svolgimento dell’incontro di presentazione del volume.

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. C’è stato il pontificato di Benedetto XVI, c’è l’attuale pontificato di Francesco, verso il quale Lambiasi si mostra molto attento. Non è escluso che nel suo giudizio sulla Chiesa autoreferenziale abbia influito, oltre alla sequela di Francesco, anche la frequentazione empatica dell’insegnamento di don Benzi.

Nella lettera ala diocesi, il vescovo declina quattro parole che dovranno fare la guida al cammino: santità, felicità, discernimento, sinodalità.

Sulla santità il riferimento è sempre il papa che nella sua esortazione la “Rallegratevi ed esultate ha esaltato la santità della porta accanto, cioè vivibile da tutti nel tessuto della vita quotidiana.

La seconda parola è felicità, depurata dalle ambiguità del significato corrente. Il vescovo ricorda che per Gesù la felicità abita in via della croce. “La felicità è paradossale e ci regala le migliori esperienze quando accettiamo quella logica misteriosa che non è di questo mondo” (Francesco).

Discernimento e sinodalità fanno parte del vocabolario ecclesiastico per indicare, nel primo caso, la capacità di vedere con chiarezza il cammino da compiere, e, nel secondo caso, secondo la sottolineatura del vescovo, la corresponsabilità nella vita della chiesa.

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