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L'attore Graziosi e l'insegnamento di don Ugolini

Domenica, 11 Dicembre 2016

E' fresco di stampa il libro "Il La della vita", che raccoglie alcune testimonianze (Ennio Grassi, Fabio Zavatta, Stefano Zamagni, Paolo Graziosi, don Luigi Sappini, don Luigi Valentini) su don Giancarlo Ugolini, sacerdote riminese, fondatore e guida di Comunione e Liberazione per quasi cinquant'anni. Il volume è edito dalla Fondazione Giovanni Paolo II. Per gentile concessione dell'editore pubblichiamo l'intervento dell'attore Paolo Graziosi.

Per informazioni tel. 335 7347781

Negli anni della mia adolescenza avevo, come direttore spirituale, don Oreste Benzi, che allora era un sacerdote molto vicino all’Azione Cattolica, organizza­zione per la quale io lavoravo con una certa assiduità in ambito cittadino. Don Oreste era un prete fortemente spirituale, con una mistica molto potente e coin­volgente che affascinava profondamente le coscienze dei ragazzi che lo avvicina­vano. Parlava molto delle vocazioni sacerdotali, delle “chiamate”come lui le defi­niva in un afflato misticheggiante di incontro profondo e totale col Cristo. Tanto che per un lungo periodo fui tentato, anch’io come tanti, dal sacerdozio come naturale sbocco del rapporto con lui.

Fu a scuola, all’Istituto Tecnico di via Gambalunga, dove insegnava religione, che incontrai per la prima volta questo “strano” prete che rispondeva al nome di don Giancarlo Ugolini. Ma perché strano? Perché non aveva nulla del prete. Ti propo­neva un rapporto amichevole, sciolto, scanzonato, quasi da coetaneo a coetaneo, senza nessun peso del ruolo che ricopriva, quasi che la confidenza con la quale si proponeva fosse una naturale conseguenza dell’amicizia che ti offriva. Scherzava continuamente, con leggerezza e ironia; era sempre allegro e simpatico, tanto da metterti costantemente a tuo agio. Io all’epoca, mi ero già avvicinato al teatro in ambito parrocchiale. Avevo fatto le medie dai salesiani di Maria Ausiliatrice, fre­quentando la Schola Cantorum di don Masper e partecipato ad alcune rappresen­tazioni teatrali: operette, riviste, sketch, che mi avevano molto intrigato. E ora alle superiori, essendo don Giancarlo impegnato, oltre che a insegnare, anche in Gio­ventù Studentesca, dove, fra le altre tante attività, c’erano anche manifestazioni che riguardavano il teatro, ebbi la possibilità, incoraggiato da lui, di partecipare a un Reading sulla Tragedia Greca condotto da un dentista molto appassionato di teatro (dott.Volponi) che mi lasciò un segno indelebile. E’ chiaro che io, uscendo dall’adolescenza, pieno di conflitti con la mia famiglia, con la scuola che frequen­tavo, col mio futuro incerto e sconosciuto, avevo bisogno di qualcuno che mi desse la possibilità di conoscermi, di fare un po’ d’ordine, che mi infondesse un po’ di coraggio per le scelte radicali e spregiudicate che dovevo fare. Insomma che mi facesse scoprire il senso di libertà responsabile che è alla base di qualunque vita. E dunque chi meglio di don Giancarlo poteva ricoprire questo ruolo? Per cui ad un certo punto il rapporto con lui divenne centrale per me.

Venendo dal senso religioso della “vocazione” che mi aveva infuso don Oreste, dal suo meraviglioso senso del sacro e della serietà della vita, don Giancarlo mi fece capire che quella del sacerdozio non era la mia strada, che sarei stato un prete sbagliato e che tutto ciò che mi aveva insegnato don Oreste andava trasfuso nel mestiere rischioso che mi accingevo a intraprendere. Con umiltà, senso del limite, ma anche determi­nazione (vedi la contrarietà dei miei genitori) e senso dell’infinito, in una ricerca continua di perfezione e d’amore per il mondo e per gli altri, per la conoscenza e la pietà, senza dimenticare l’ironia e la leggerezza, nella gravità: insomma fu lui a darmi “il La della vita” che mi accingevo a intraprendere e... anche da questa distanza di secoli... non finirò mai di ringraziarlo.

Paolo Graziosi


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