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Nuovo libro di Pivato. I comunisti non mangiano i bambini, però annoiano

Sabato, 08 Febbraio 2014

3bNuovo libro di Pivato. I comunisti non mangiano i bambini, però annoiano e vanno fuori tema

 

Il comunicato stampa ufficiale annunciava un pomeriggio ricco di suspense e di ironia. Sono mancate sia l’una che l’altra. Purtroppo. L’unica battuta è di Massimo Pasquinelli che ha invitato il sindaco della Notte Rosa e della Molo Street Parade ad organizzare una bella Rustida di burdell. Per il resto relatori seri, ingessati e compassati come stessero discutendo di un libro sull’ultimo piano quinquennale dell’Unione Sovietica o sulla coltivazione della canna da zucchero a Cuba.
E dire che il pubblico che ha riempito la Sala del Giudizio al Museo di Rimini per la presentazione dell’ultima fatica di Stefano Pivato un po’ di suspense e un po’ di ironia se l’aspettava. D’altra parte il tema, I comunisti mangiano i bambini, era di quelli che solleticano la pancia del popolo sovrano. Per rendersene conto, basta dare una lettura veloce ai commenti sui siti che hanno pubblicato una recensione al volume del rettore dell’Università di Urbino che ama fare ricerche sulla storia leggera. Invece nell’incontro di ieri nessuna traccia di tutto ciò che smuove nell’intimo un tema come questo, anzi c’è chi proprio è andato “fuori”, come il sindaco Andrea Gnassi, per il quale quella presentazione era un elemento del nuovo software di Rimini, una città che sta rinnovando l’hardware (!?!).
Non che il pubblico si aspettasse qualche rivelazione clamorosa e definitiva sull’argomento. Che la storia dei comunisti che mangiano i bambini appartenesse semplicemente al repertorio della propaganda politica condotta senza esclusione di colpi nell’epoca della Guerra Fredda, questo lo sapevano già tutti. Nessuno ha mai creduto che Stalin e compagni banchettassero a fanciulli e fanciulle. Semmai si sono macchiati di molti e forse anche più pesanti crimini. Ma quella frase che fa da titolo al libro, I comunisti mangiano i bambini, appunto, è diventata un martellante leitmotiv della polemica politica fra destra e sinistra che avrebbe potuto e dovuto suggerire anche una lettura ironica.
Per un altro verso, si può dire che nella presentazione svoltasi venerdì pomeriggio al Museo non è stato sufficientemente spiegato il contesto, quello della Guerra Fredda, nel quale si è alimentata la leggenda. Si dimentica troppo facilmente che fino al 1989 vivevamo in un mondo dove si contrapponevano due blocchi, quello comunista e quello delle democrazie occidentali, e che in Italia c’era un partito, il Pci, che a quei tempi non nascondeva certo i propri legami con l’Unione Sovietica. Lo stesso libro di Pivato mostra inequivocabili manifesti di propaganda anticlericale che presentano i preti nelle vesti di orchi famelici. È in un clima di questo tipo, alieno da ogni forma di politically correct, che si è diffusa la leggenda. La quale, come ha osservato lo scrittore Piero Meldini, ha preso il via da episodi di antropofagia accaduti durante le carestie degli anni Trenta.
Pasquinelli – unico accenno critico – ha rimproverato a Pivato di non aver adeguatamente dato voce alle ragioni dei cattolici che nel dopoguerra si opposero al pericolo comunista non certo con gli argomenti usati negli anni 1943-45 dai fascisti della Repubblica sociale.
Ma l’intento vero del libro è stato lo stesso Pivato a spiegarlo quando ha sostenuto che la leggenda dei comunisti che mangiano i bambini è servita ad alimentare e giustificare la conventio ad excludendum che ha tenuto il Pci fuori dall’area del potere per più di 40 anni. Su questo argomento ci sono studi storici che puntano invece il dito sui legami con l’Urss. E non è una differenza da poco.
Valerio Lessi


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