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Le bcc rispondono al vescovo (Banca malatestiana, Banca Romagna est)

Mercoledì, 16 Ottobre 2013

1bSan Gaudenzo, le bcc rispondono al vescovo (Banca malatestiana, Banca Romagna est)

 

Un tempo il popolo le chiamava in modo sbrigativo “le banche dei preti”. Sapeva bene che tutte erano nate all’ombra di un campanile e quasi sempre per iniziativa di un sacerdote illuminato che cercava di fare i conti con le pecorelle del gregge, quasi tutte contadine e artigiane, che avevano bisogno di credito, negato dalle banche importanti. Si chiamavano Casse Rurali e adesso portano invece il nome di Banca di Credito Cooperativo. Non era mai accaduto – almeno a Rimini – che fossero oggetto di un intervento importante dell’autorità ecclesiale. Lo ha fatto il vescovo Francesco Lambiasi, nel discorso alle autorità in occasione della festa di San Gaudenzo. Lo scenario in cui si colloca il discorso è quello del 2008: la finanza, staccata dal mondo produttivo e dal bene dell’uomo, divenuta fine a se stessa e per se stessa, ha trascinato nel baratro anche l’economia, che aveva pervaso.

 
Come si muovono in questo contesto le Bcc che, ricorda il vescovo, sono nate fra Ottocento e Novecento, sulla scia della Rerum Novarum e della dottrina sociale della Chiesa?    Il vescovo non si avventura (almeno non lo fa in modo diretto) nel giudizio su comportamenti presenti o passati. Fissa alcuni paletti: «Le BCC hanno una responsabilità e una missione: esse, cooperative di credito, devono sapere rendere visibile che l’economia, rivolta all’uomo e per l’uomo, produce sviluppo economico equilibrato e duraturo. Per dirla con il nostro Stefano Zamagni, mentre la banca commerciale dà valore al mercato – il che è certamente cosa buona – la BCC dà mercato a valori quali la mutualità, la solidarietà, la reciprocità».
Un passo più avanti il vescovo è ancora più preciso: «Tutto questo richiede comportamenti seri e coerenti, spesso controcorrente; le Banche di Credito Cooperativo non devono massimizzare il profitto, per cui non prediligono impiegare i risparmi dei loro soci e clienti in strumenti finanziari, ma li prestano ad altri soci e clienti, mettendo in circolo la ricchezza raccolta nel territorio di appartenenza. “La Banca di Credito Cooperativo deve sempre ricordare che si va in banca per portare fiducia sotto forma di risparmi e per ricevere fiducia sotto forma di prestiti”, come diceva in ripetute occasioni il compianto cardinale Ersilio Tonini».
Ma c’è la crisi, come si fa? «In questo periodo di crisi – risponde il vescovo - l’amministratore di ogni istituzione finanziaria, ma ancor più quello di una BCC, deve coniugare il dovere della sana e prudente gestione con l’esigenza di fronteggiare gli effetti della crisi e così di non far mancare il credito alle famiglie in difficoltà e di essere di supporto alle imprese che creano e danno lavoro. L’attenzione e la prossimità all’uomo non devono essere dimenticate neppure nel momento del recupero crediti, ottenuti per prestiti andati in sofferenza».


Nella provincia/diocesi di Rimini le banche di credito cooperativo hanno una lunga e solida tradizione, hanno sviluppato sinergie e fusioni e, in un caso, hanno conosciuto anche l’onta del commissariamento.
Come hanno reagito all’energico richiamo del vescovo? «Mi ha fatto piacere che il vescovo abbia parlato di noi; – afferma Enrica Cavalli, dal 2011 presidente della Banca Malatestiana – significa che c’è un rapporto aperto, che fa conto su di noi. Noi siamo presenti nei problemi della vita sociale e investiamo sul territorio. Credo che faremo la nostra parte anche nell’iniziativa sul lavoro che proprio in questi giorni è stata lanciata». Ma se monsignor Lambiasi richiama le origini delle vostre banche e spiega come oggi dovrebbero comportarsi, significa che da queste radici c’è stato un allontanamento? «Non credo – risponde il presidente Cavalli - Ogni anno organizziamo iniziative, come l’Expo per i nostri soci, che vogliono essere un aiuto allo sviluppo delle imprese del territorio. Certo, si può fare sempre di più, ma noi ci siamo. Abbiamo un bilancio sociale che tiene conto delle esigenze delle famiglie e delle imprese». C’è tuttavia un “ma”: «Siamo piccole banche ma sempre più appesantite da fardelli e obblighi burocratici che ci impediscono do operare come vorremmo. Siamo penalizzati dalla normativa europea che considera piccole imprese aziende che invece da noi sono medio-grandi».

 
Corrado Monti, vice presidente della Banca Romagna Est, ritiene che ancora oggi le banche di credito cooperativo siano in sintonia con l’ispirazione ideale che le hanno generate. «Nella situazione economica attuale – spiega – interpretiamo un ruolo dinamico. Noi siamo le banche che raccolgono il risparmio e lo reinvestono nel territorio, mentre le banche d’affari prendono il risparmio e lo usano per alimentare la finanzia. La differenza è tutta qui». Ma questo è vero anche in questo periodo di crisi, non è che anche le banche cooperative hanno stretto i cordoni del credito a famiglie e imprese? «La crisi c’è, noi possiamo fare anche ulteriori sforzi, ma siamo realtà sottoposte a vigilanza, dobbiamo cioè rispettare le regole e far quadrare i conti come ogni altra azienda. Comunque fino a poco tempo fa il cento per cento di quanto veniva raccolto era reinvestito nel territorio. Adesso un po’ di meno, ma non per volontà nostra, sono le aziende che sentendosi insicure presentano meno richieste». Monti non crede che il richiamo del vescovo sottintenda qualche difficoltà di rapporto fra la realtà ecclesiale e le ex casse rurali. E aggiunge: «L’attenzione del vescovo nei nostri confronti conferma che siamo una realtà vicino alla gente. Vuole dire che il nostro peso è cresciuto, che siamo una realtà interessante capace di incidere sul territorio».


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