Il punto debole delle Camere di Commercio

Venerdì, 23 Marzo 2012

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Il punto debole delle Camere di Commercio


Le Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) sono enti pubblici locali non territoriali dotati di autonomia funzionale. Il loro compito, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza e sulla base del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione, consiste nello svolgimento di funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, assicurando un quadro favorevole al loro sviluppo (p.e.attraverso l’erogazione di fondi ai Confidi, promuovendo l’export etc..).
Esse rientrano tra le amministrazioni pubbliche definite come "autonomie funzionali", ma ciò che non ha impedito che fossero anch’esse assoggettate, come tutte gli organismi della P.A. ai tagli lineari che hanno caratterizzato l’operato degli ultimi governi, soprattutto per opera del ministro Tremonti.


Le CCIAA sono governate da un consiglio, una sorta di parlamentino composto da un numero (fra 20 e 30 membri) di rappresentanti delle categorie economiche (industria, artigianato, commercio, cooperazione, sindacati dei lavoratori etc..) il quale nomina una giunta e all’interno di essa, il Presidente. Il consiglio, nel caso riminese, accoglie vari rappresentanti dell’economia del territorio, dagli albergatori ai bagnini, dal SILB alla CdO. La Giunta rappresenta il vero e proprio organismo di governo della Camera, poiché sceglie come destinare i fondi di cui ogni CCIAA dispone. Nel caso di Rimini la Presidenza è assegnata al rappresentante di Confindustria, Maggioli: per la parte restante riflette, con maniacale proporzionalità, tutte le principali sigle di associazioni di categoria presenti sul territorio (dalla CNA all’Ascom, dall’AIA alla Confapi).


Al riguardo deve essere anzitutto lamentata la scarsa accountability degli organismi camerali, che non pubblicano un vero e proprio bilancio ma, in ossequio alle varie leggi di riforma della P.A., un cosiddetto “piano della performance” preventivo e consuntivo, che non brilla per ampiezza e trasparenza informativa. Sotto questo profilo, se le Camere rispettano senza dubbio il dettato della Legge (è bene ricordare che il Collegio dei Revisori è di nomina pubblica), è indubbio che maggiore potrebbe essere la chiarezza sulla destinazione dei fondi di cui dispongono.
In proposito è bene sottolineare che le risorse di cui dispongono le CCIAA provengono soprattutto dai contributi versati dalle imprese sia per diritti annuali di iscrizione all’apposito registro, sia per i servizi ad essi relativi (certificazioni etc…), sia dallo sfruttamento economico di diritti, quote o partecipazioni possedute in altri enti o società (per esempio Fiere, società per la promozione dell’export e dell’internazionalizzazione delle imprese etc…). Lo Stato, infine, corrisponde alle Camere di Commercio diritti per la gestione che ad esse viene demandata di attività o organismi pubblici (p.e.Albo dei promotori finanziari).


Anche una sommaria trattazione come quella svolta finora evidenzia i pregi ed i limiti degli organismi camerali. Se da un lato, infatti, essi svolgono un’ampia e diversificata attività di promozione del sistema economico locale, dall’altro tale attività rischia di risultare eccessivamente dispersiva, dal momento che le risorse sono sempre distribuite avendo come criterio il rispetto della rappresentanza nei consigli e nelle giunte. Per questa stessa ragione il sostegno ai Confidi, che pure in questo momento storico dovrebbe essere prevalente, rischia di essere depotenziato o inadeguato, causa la necessità di rispettare i vincoli che il sistema di governo delle camere impone ispo facto, in una sorta di stanza di compensazione di diverse istanze territoriali.


Fra i principali limiti delle CCIAA si deve senza dubbio annoverare quello territoriale. Camere insediate in province ricche saranno a loro volta generose di contributi e di ritorni verso sistemi produttivi già ricchi in partenza; viceversa, Camere insediate in Province dal basso PIL rifletteranno, nella loro attività, la scarsezza di risorse disponibili. Il sistema, sotto questo profilo, appare squilibrato e, per certi versi, pro-ciclico: d’altra parte ipotizzare che le Camere siano promotrici di sviluppo ove questo sia carente sarebbe solo velleitario, poiché in questo gli organismi camerali sono come le banche, ovvero collaborano alla crescita delle imprese. Se queste mancano, sono troppo piccole o poco sviluppate, ovvero se manca la cultura d’impresa, difficilmente potrà essere imputato alle CCIAA di non aver fatto il proprio mestiere.


L’altro limite, peraltro superabile, soprattutto ove le associazioni di categoria rappresentate nelle Camere si pongano in modo più costruttivo e collaborativo verso il sistema bancario (presente sia in giunta, sia in consiglio), è individuabile nel sistema informativo sulle imprese censite, in particolare per quanto riguarda le informazioni contabili (bilanci annuali etc…). Attraverso il Cerved le CCIAA italiane collaborano non solo alla tenuta del registro delle imprese ma consentono di gestire l’insieme delle informazioni contabili sulle imprese stesse. Come emerso di recente nel corso di un dibattito sul rapporto banca-impresa la filiera camerale (CCIAA, Unione regionale, Unioncamere nazionale, Cerved) potrebbe frapporsi profittevolmente fra Pmi e banche, ampliando la conoscenza degli istituti di credito, gestendo l’informazione a livello settoriale, consentendo una migliore percezione del rischio, specialmente riguardo alle Pmi stesse. Il sistema camerale, in buona sostanza, potrebbe realizzare, in ottica certamente più costruttiva, ciò che il sistema dei rating realizzato dal fallimentare accordo di Basilea 2 non è stato capace di ottenere: una relazione di clientela seria, impostata secondo criteri non meccanicistici e tuttavia oggettivi, che consenta a tutti i protagonisti del rapporto banca-impresa una conoscenza reciproca in grado di generare rispetto, comprensione, sviluppo. Se, infatti, grazie al sistema informativo di filiera, le Pmi per prime fossero messe in grado di valutare le loro performances, il rapporto con le banche potrebbe divenire meno conflittuale e più improntato alla partnership, grazie alla conoscenza reciproca raggiunta e ad una consapevolezza che, al momento attuale, sembra ancora difettare per tutti i protagonisti, soprattutto le imprese.


Ultima modifica il Venerdì, 23 Marzo 2012 15:15