Rimini 2021, come il Comune può dare l'abbrivio alla ripresa? Risponde Sadegholvaad

Venerdì, 05 Marzo 2021

Ancora non sappiamo se il rinvio in autunno delle elezioni comunali sortirà l’effetto di decantare la tensione accumulatasi in queste settimane dentro il Pd. Poiché al momento i due contendenti sono in gioco e nessuno sembra intenzionato ad abbondare il campo, abbiamo deciso di sottoporre a ciascuno di loro alcune domande che mirano a capire che ruolo intendono far giocare al Comune dopo il superamento dell’emergenza e nella fase di “ricostruzione”.

Qui di seguito le risposte di Jamil Sadegholvaad.

Nell’articolo a fianco le risposte di Emma Petitti.

1. Anche Rimini è pesantemente colpita dalla crisi attuale. 

Come le sembra che stia reagendo la città alla crisi economica e sociale determinata dalla pandemia da Covid?  C’è rassegnazione, o addirittura disperazione, o vede la volontà di reagire positivamente anche di fronte a questa drammatica sfida? 

Credo che il sentimento sia comune a quello del mondo: un saliscendi di sconforto e speranza, paura di non farcela e desiderio di non mollare. E’ chiaro che per Rimini e per le sue peculiarità socioeconomiche- basate in buona parte sula filiera turistica, tra diretto e indotto- si sta parlando di elementi più preoccupanti che altrove: qui davvero il rischio è di provocare un danno strutturale al tessuto di comunità, se le cose non si riprenderanno a breve. I numeri non mentono: nel 2020 la provincia di Rimini ha perduto oltre 7 milioni di pernottamenti turistici e oltre un milione di arrivi. Il Pil dell’Emilia-Romagna è crollato del 9,3%, in una forchetta tra il 9 e il 9,5. La stima è di Unioncamere Emilia-Romagna, su dati di Prometeia.
Il 48,3% delle imprese, quasi una su due, ha problemi di liquidità. Tra i settori, nei primi tre trimestri le perdite di fatturato più drammatiche arrivano dalla ristorazione (-37,6%), dalla moda (-22,2%) e dalla ceramica (-19,5%), tengono l’agroalimentare (-0,6%) e la chimica (-1,5%).In nove mesi il manifatturiero ha perso il 12% del fatturato, le costruzioni l’8%, il commercio il 7,9%, il turismo il 44%. Quello che vedo in giro è comunque la volontà di prepararsi al meglio. Vedo imprenditori che investono, sento di imprenditori che programmano la ripresa. Sono messaggi importanti perché portano con sé non solo la speranza ma anche un’idea di resistenza al peggio e anche al male. La pandemia, ad esempio, porta con sé il rischio di infiltrazione e ramificazione della componente criminale dentro il tessuto economico, allo stremo finanziariamente. Investire da parte dei nostri imprenditori è una prima forza di reazione. Insieme a loro devono esserci le istituzioni

2. Di fronte alla crisi delle mucillagini, più di trent'anni fa, ci fu una reazione immediata e forte, sia delle istituzioni che degli operatori. Portò ad una rimodulazione dell'offerta turistica: piscine negli hotel, mondo della notte, interventi per la salvaguardia del mare, ecc. 

C'è oggi un’analoga reazione condivisa o prevalgono gli elementi di conflitto? O ci si limita a chiedere i ristori? 

Sono due cose completamente diverse. Anzi, in una politicamente scorretta scala delle disgrazie, penso che la pandemia sia molto peggio della crisi delle mucillagini perché entra sotto la pelle di ogni persona, cambiandone i comportamenti. Pensiamo solo al dramma della scuola: mai, neanche durante la guerra, la campanella era rimasta silenziosa come nell’ultimo anno. Si può parlare di futuro in questa situazione? Sì. Vedo e sento in giro diversi imprenditori che stanno investendo proprio in questi mesi, segnati da una chiusura dietro l’altra. E’ come se intimamente si preparassero alla risalita, usassero questi mesi di buio per rinforzare la vista una volta che si tornerà a guardare il sole. Così è Rimini: l’ampio programma di rigenerazione urbana in chiave ambientale sarà il grimaldello per aggredire la ripresa dopo la pandemia. Natura, spazi, contesti vivibili e peculiari: questo chiederà il viaggiatore di domani. E questo Rimini gli offrirà in dosi massicce. Non è un caso che capiti proprio ora la candidatura a Capitale italiana della Cultura nel 2024: quello è il nostro orizzonte e, a differenza che negli anni dopo il 1989 quando traumaticamente si dovette in corsa ripensare a (quasi) tutto, adesso siamo avanti al resto della concorrenza. Per noi significa non gettare al vento la grande occasione di rilanciare e di agganciare il Next Generation UE che per forza dovrà vedere Rimini tra i protagonisti, soprattutto sul fronte della grande mobilità e accessibilità. Il sostegno più grande che possiamo dare alle nostre imprese è quello di metterle nela condizione ideale per lavorare e crescere e produrre benessere e occupazione.

3. Nel contesto attuale, l'amministrazione comunale, alla cui guida lei si candida, come può efficacemente svolgere un ruolo di abbrivio per la ripresa economica? Con quali risorse? Con quali strumenti? 

Io credo che i prossimi saranno anni in cui ci dovremo concentrare su 4 priorità: sanità, economia, educazione, ambiente, senza dimenticare ovviamente la strategicità del sociale.  I programmi e i progetti dovranno essere sinergici intorno a questi temi, non più approcciabili con la logica dei comparti chiusi. Penso ad esempio al ‘ritorno’ del presidio pubblico nelle aree più decentrate- con servizi comunali, sanitari, commerciali, di vigilanza- dopo che per oltre 30 anni l’Italia e tutto il mondo occidentale si è gettato scriteriatamente sul versante opposto, e cioè la centralizzazione di tutto, provocando abbandono, degrado, desertificazione delle aree oggi tornate essenziali. Il ruolo che deve avere il Comune è amministrativamente concentrare gli sforzi e gli investimenti su quelle priorità, ma sulla base di un concetto di fondo: il Comune deve essere più leggero, non può recitare la parte del player unico o quasi, deve dare fiducia alla comunità, sapendo che trattasi non di cessione di sovranità ma di essere il supporto più funzionale alle energie che dopo la pandemia si libereranno e non dovremo ostacolare con burocrazia o desiderio di sterile protagonismo. In questo senso il Comune dovrà richiamare, con gli strumenti e la sensibilità di adesso, il ruolo dell’Ente guidato negli anni Cinquanta e Sessanta da Walter  Ceccaroni all’inizio del nostro leggendario boom. Una cura dimagrante occorre farla, avendo come risultato collaterale anche una riforma tributaria in chiave locale per pesare meno che si può sule tasche di cittadini e imprese.