Il progetto di parco eolico e la scarsità del vento in Adriatico

Martedì, 14 Luglio 2020

Ma in Adriatico c’è vento sufficiente per giustificare un impianto di produzione di energia eolica come quello di cui si sta discutendo in queste settimane? È una delle obiezioni che vengono mosse al progetto, insieme a quelle dell’impatto visivo e delle possibili conseguenze negative per la pesca e le altre attività marine. Questa sera il parco eolico sarà al centro del consiglio comunale di Rimini. Un dibattito che avviene in assenza di alcuni fondamentali elementi di valutazione, quali ad esempio un rendering “scientifico” che mostri quale sarebbe l’effettivo impatto visivo. La società che promuove l’impianto l’aveva promesso per la settimana scorsa, ma ancora non è pronto.

Parliamo intanto della questione del vento. Il progetto ha avuto una lunga gestazione, nel 2011 è stata sottoscritta una convenzione con la Provincia di Rimini per l’installazione di un anemometro in grado di misurare la velocità, l’intensità e la direzione del vento in maniera scientifica. Lo strumento è stato installato sulla piattaforma Azalea dell’Eni, a dodici chilometri dalla costa di Rimini, e per due anni sono stati raccolti dati. “La conclusione – afferma Riccardo Ducoli, amministratore unico della società Energia Wind 2020 – è che, sì, il vento è sufficiente. I dati rilevati per oltre due anni dall’anemometro laser Lidar hanno dato riscontro positivo sulla fattibilità economica del parco eolico: per questo motivo abbiamo investito nella progettazione e abbiamo presentato istanza di concessione. Facciamo presente che non sono previsti finanziamenti a fondo perduto per la realizzazione dell’impianto”. La precisazione di Ducoli è rivolta a quanti, partendo dal presupposto della scarsità di vento, hanno ipotizzato che la società voglia incassare eventuali contributi a fondo perduto e poi dileguarsi. 

L’amministratore ricorda poi che la produzione annua prevista è di 703 GWh (gigawattora), equivalenti a 703.000.000 kWh (kilowattora): pari a circa il 42,50% del fabbisogno energetico della Provincia di Rimini, calcolo basato sui dati pubblicati da Terna. Oggi la Regione Emilia Romagna produce il 71,10% del proprio fabbisogno e importa da altre regioni il 28,90%. Della produzione regionale il 72,77% è prodotto da fonti fossili e il restante 27,23% da fonti energetiche rinnovabili. 

La documentazione offerta da Energia Wind 2020 contiene anche un articolo del 2013 della rivista online qualenergia.it relativo alla presentazione dei dati dell’anemometro. “Si tratta di una potenza non disprezzabile ma che presenta dei problemi di redditività alle turbine commerciali odierne, poiché i modelli attualmente in commercio avrebbero un fattore d’utilizzazione compreso tra il 20 e il 23% mentre l’ideale sarebbe quello arrivare a un 30-35%. Progetto impossibile quindi? Non esattamente, poiché le turbine prese in esame sono quelle standard per il mercato dell’off shore del Nord Europa, adatte a quelle condizioni climatiche e che quindi hanno caratteristiche tali da renderle troppo costose per una realtà come l’Adriatico. Gli aspetti da customizzare per questa parte del Mar Mediterraneo sarebbero tutti gli aspetti legati alle diverse condizioni meteo, l’incremento delle dimensioni delle pale, la scelta di un’altezza ottimale e i conseguenti costi minori di costruzione e di manutenzione. Insomma si tratterebbe di realizzare un modello di eolico off shore che ancora non esiste, ma che può essere redditizio in queste condizioni”. 

Quindi – chiediamo a Ducoli - quello che si propone di realizzare al largo di Rimini sarà un impianto di tipo nuovo?

“La tecnologia degli aerogeneratori che useremo – risponde - sarà la migliore disponibile sul mercato e ci saranno degli accorgimenti per rendere l’impianto resistente alle intemperie del mare aperto. La tecnologia che oggi è disponibile si è evoluta notevolmente negli ultimi dieci anni aumentando l’efficienza e nel contempo diminuendo di costo, ma si tratta di miglioramenti, non di tecnologia nuova.

In sede di progettazione definitiva valuteremo anche se realizzare il parco eolico flottante (galleggiante) piuttosto che fisso nel fondale, ma la tecnologia di produzione di energia (l’aerogeneratore) è sempre la stessa in tutti e due i casi”.

Nello stesso articolo è riportata una dichiarazione dell’allora assessore al turismo Maurizio Melucci: “Mentre l’installazione di pale da 100 metri in Appennino non è possibile poiché non avrebbero “valore economico” per il territorio in quanto sarebbero più gli svantaggi che i benefici, bisogna guardare con attenzione ad altre soluzioni come il minieolico e per quanto riguarda l’Adriatico, invece, sono favorevole poiché avrebbe anche un effetto scenografico di valorizzazione di un mare piatto. E a ciò bisogna aggiungere anche la creazione di micro-oasi della biodiversità che si sviluppa ogni volta che si installa qualcosa a mare”.

Da segnalare infine, una nota dell’associazione “Basta plastica in mare” che ha presentato in capitaneria osservazioni contrarie alla realizzazione del progetto. L’associazione cita, come esempio virtuoso, il progetto di parco eolico da realizzare nel Canale di Sicilia ad oltre 35 chilometri da Marsala. “L’impianto è composto da 25 pale galleggianti da 10 megawatt ciascuna e sarà invisibile dalla costa siciliana, poiché il fondale di circa 300 metri di profondità rende impossibile installarvi delle normali turbine offshore fisse che non potrebbero superare una profondità di 50-60 metri. Ecco comprensibile, il motivo per il quale, dati i nostri bassi fondali e le fragili motivazione addotte dai sostenitori - piacciono alle motonavi di turisti - da noi sarebbe facile ed economicamente conveniente, installarli vicino alla costa e fissi. Sì conveniente, ma per chi?”