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Elezioni, lunedì sera con i candidati (senza Sarti e qualche sorpresa)

Martedì, 20 Febbraio 2018

Solo verso la fine della serata il clima si riscalda, quando dalle compassate e dotte domande del moderatore Leonardo Carmine Pistillo si è passati a quelle più sanguigne (nomadi, per esempio) del pubblico. Pubblico sorprendentemente numeroso, tutta la sala del Villaggio Primo Maggio piena e molte persone in piedi. C’erano molti supporter ufficiali, nutrite le rappresentanze di Lega e Patto Civico, presenti anche gli esponenti della destra sovranista, nemmeno l’ombra di qualcuno di Forza Italia.

Fra i candidati, la pentastellata Giulia Sarti ha brillato per la sua assenza. Le vicende sono note, ma l’impressione è stato quello di un deja vu: quando nei dibattiti per le comunali del 2016 non c’era il candidato a sindaco a 5 stelle. L’unica differenza è che gli elettori troveranno la Sarti sulla scheda ma non hanno avuto il piacere di sentirla parlare se non per una dichiarazione su rimborsi, ex fidanzati, sottrazioni di denaro a sua insaputa ed altre cianfrusaglie dell’armamentario grillino. Nemmeno il candidato invitato a rappresentare comunque il Movimento si è presentato, pare sia stato colto da un’improvvisa influenza. I grillini di Rimini sembrano figli di una stella minore.

Così la scena è stata tutta per i tre protagonisti rimasti: l’ex sindaco Giuseppe Chicchi (Liberi e Uguali), sceso in campo per ostacolare il deputato di lungo corso Sergio Pizzolante (Lista Lorenzin alleata del Pd), la signora bagnina di Riccione, nonché assessora alla corte di Renata Tosi, Elena Raffaelli, candidata della Lega, ultima arrivata in mezzo a due vecchi leoni della politica locale. La Raffaelli, ovviamente, vista la mala sorte della Sarti, spera di beneficiare dei dispetti della sinistra nei confronti del centrosinistra.

La serata organizzata da Cuore di Rimini è stato un talk show stile Porta a Porta, senza interventi che si accavallano e senza polemiche dirette verso i propri avversari, al massimo solo qualche allusione interpretabile esclusivamente da chi è abituato a masticare la politica. Quest’ultima, intesa come prospettive per il dopo voto, alleanze, intese più o meno larghe, inciuci nascosti o manifesti, è rimasta fuori dalla porta. I candidati nel collegio uninominale alla Camera sono stati messi a confronto sui mitici programmi, croce e delizia di ogni campagna elettorale, con il moderatore che addirittura li riprendeva se osavano sconfinare in qualche tema locale. Si è così parlato di lavoro, di tasse, di sanità, di sicurezza, di spiaggia e Bolkestein, avendo un quadro più o meno completo delle ricette elaborate dai rispettivi schieramenti.

Cosa è rimasto sul taccuino? Giuseppe Chicchi ha onorato la bandiera dicendo alcune cose di sinistra: ha proposto una politica keynesiana di investimenti pubblici come leva per far ripartire l’economia, ha sostenuto che la flat tax proposta dal centrodestra non è costituzionale perché non è progressiva, ha proposto la tracciabilità di ogni movimento di denaro, anche minimo, ma per il resto ha sfoggiato una cultura progressista che prova a misurarsi con i problemi e a risolverli. Ha insomma prevalso l’esperienza dell’amministratore, del sindaco e dell’assessore regionale sulle pulsioni violentemente antirenziane del suo schieramento. Ha addirittura scavalcato a destra Pizzolante, proponendo di resuscitare la vecchia legge Tremonti sulla detassazione degli utili delle imprese che investono nell’aggiornamento tecnologico, mentre il deputato aveva sparato contro un provvedimento tremontiano del 2010 perché impone al contribuente l’onere della prova nelle contese con il fisco.

Pizzolante ha fatto chiaramente capire qual è la cifra del nuovo centrosinistra: per poter fare investimenti pubblici, per distribuire ricchezza occorre prima produrla, altrimenti si accumulano solo debiti, quindi va attuata una politica a sostegno delle imprese e proseguire con i provvedimenti che hanno portato a creare più di un milione di nuovi posti di lavoro. Ha rivendicato la soluzione trovata al problema delle concessioni balneari e ha detto che nel nuovo Parlamento occorrerà ripartire dal testo uscito approvato dalla Camera. Ha osservato che la sicurezza percepita non sarebbe a livelli così bassi se tutti fossero più calmi e cauti nelle dichiarazioni, senza spingersi a disegnare scenari da Bronx ogni volta che accade un reato.

Elena Raffaelli ha recitato la parte della leghista di buon senso, che non le spara grosse alla Salvini, anche se sui temi specifici ha ripetuto una dopo l’altra le parole d’ordine del capo, senza spiegare perché l’aliquota unica della flat tax non sarebbe in contrasto con il dettato costituzionale. Ha cercato l’acuto e il facile applauso sul tema della sicurezza, quando ha lamentato che le forze dell’ordine sono impotenti visto che vedono rimettere in libertà quanti hanno arrestato il giorno prima. In perfetta solitudine rispetto ai due competitor, ha paventato che la Bolkestein non sia applicabile alle spiagge italiane e che in ogni caso si possono fare proroghe di venti o trent’anni.

Fra il pubblico c’erano anche gli esponenti dei comitati anti-nomadi (proprio in quella sala aveva preso avvio la protesta) che hanno stuzzicato soprattutto Pizzolante sul tema delle microaree, al momento in “congelatore” in attesa di essere estratte dopo le elezioni. Il deputato ha ribadito che Patto Civico è per soluzioni unifamigliari, non per piccoli campi nomadi.

Una domanda del moderatore sui rapporti fra Stato e Regioni ha evocato un argomento tabù del dibattito politico attuale, e cioè la domanda sul quadro politico che avremmo se al referendum costituzionale avesse prevalso il sì anziché il no. Non c’è armonia fra Stato e Regioni, sul turismo ognuno per la sua strada indebolendo il marchio Italia? Signori, di che vi lamentate? - ha replicato sommessamente Pizzolante, - il referendum ha detto no ad una riforma costituzionale che, fra le altre cose, risolveva proprio questo problema. E saremmo andati al voto – aggiungiamo noi – con una legge elettorale molto più semplice di quella complicatissima piena di insidie che l’avvocato Michele Maresi ha cercato di spiegare con dovizia di particolari in apertura di serata.


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