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Rimini: perchè Acqua Arena rischia di rimanere ferma al palo

Mercoledì, 11 Febbraio 2015

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Rimini: perchè Acqua Arena rischia di rimanere ferma al palo

 

 

A nuotare nelle acque, per ora solo virtuali, della futura piscina comunale Acqua Arena si scopre sempre qualcosa di nuovo. In commissione i consiglieri di opposizione sono balzati sulla sedia quando hanno visto nel bilancio preventivo che il costo era salito da 5 a 8,2 milioni. Una spesa che dovrebbe essere così suddivisa: 5 milioni li sborsa il Comune, gli altri 3,2 il privato che si aggiudicherà la gara per la costruzione e la gestione dell’impianto.

 

Con i tempi che corrono già non era una cosa bella che un’opera che doveva costare 5 milioni all’improvviso salisse a 8,2, ma la domanda che subito si è imposta è un'altra: e il Comune dove lo va a trovare un privato disposto a investire 3,2 milioni in una piscina comunale? Mentre tutti erano ancora lì ad arrovellarsi per risolvere l’arcano, ecco l’assessore al bilancio Gian Luca Brasini che, incontrando i giornalisti, spiega che i costi sono lievitati perché è cambiato il progetto. Non si fa solo una piscina, ma tre vasche, alla quale si aggiungono un’area per il fitness e un’altra per il benessere. Il progetto è insomma quello di un centro polivalente per le attività sportive ed è quindi logico che costi di più.

 

Più che chiarire l’assessore Brasini ha infittito il mistero o, ad essere maliziosi, ha cercato di spargere fumogeni per distrarre l’attenzione. Chi ha seguito il lungo dibattito che ha portato alla scelta di costruire la piscina comunale nei terreni dell’ex Fiera, nell’ambito di una variante che prevede anche un centro commerciale e un centro direzionale e residenziale, ricorda bene che anche se la si chiamava sbrigativamente piscina comunale si sapeva che si parlava appunto di un centro polivalente. Che le vasche fossero tre (una piscina da 25 metri e dieci corsie, una vasca per l’acqua fitness ed una vasca per i bambini) lo si è sempre saputo, così come era noto che accanto ci sarebbe stata una palestra e un centro benessere. Basta fare un giro orizzonte fra chi, per un motivo o per l’altro, ha seguito la vicenda per averne conferma. E insieme alla conferma, viene sottolineato anche il rischio che il centro commerciale della Conad parta, che le palazzine vengano costruite e che l’opera simbolo che ha fatto da traino a tutta l’operazione resti ferma al palo, con tanti saluti all’urgenza di costruire una nuova piscina comunale perché quella attuale fa acqua da tutte le parti. Ed è così tornato a far discutere anche un’ipotesi che già era circolata durante il dibattito sulla variante. Il Comune, una volta tramontato l’Auditorium, non poteva presentare un progetto sull’area ex Fiera che prevedesse solo cemento commerciale e privato. Con che faccia il sindaco Gnassi avrebbe continuato la sua battaglia contro i cementificatori? Occorreva un’idea che tenesse insieme l’esigenza di valorizzazione economica con un’opera pubblica di immagine richiesta dalla città. Acqua Arena è l’idea uscita dal cilindro di Palazzo Garampi, ma adesso sarà realizzabile?

 

Torniamo così all’interrogativo se sul mercato ci possa essere un imprenditore disposto a tirar fuori un gruzzolo così consistente. La gestione di un centro sportivo è un business talmente redditizio da poter far rientrare in un tempo ragionevole, non alle calende greche, un investimento di 3,2 milioni?

 

Le opinioni dei profani valgono quel che valgono, più interessante è sapere cosa ne pensa chi nel business dello sport ci vive. Parliamo di Ermanno Pasini, presidente del Garden, che è stato un protagonista del dibattito che ha preceduto l’approvazione della variante Acqua Arena. Il Garden da tempo premeva per poter costruire una piscina olimpionica e chiedeva il sostegno del Comune. Quindi, diceva Pasini e dicevano anche i rappresentanti delle forze di opposizione, assecondiamo il progetto del Garden e facciamo la piscina comunale nella zona nord. Sarebbe stato un esempio virtuoso di sussidiarietà, non si sarebbe creata una inopportuna concorrenza fra due strutture vicine, non si sarebbe intasata una zona sulla quale già gravita il movimento del Palacongressi. Insomma una serie infinita di buone ragioni alle quali il Comune non ha voluto dare ascolto perché c’era l’urgenza di realizzare subito la piscina comunale e quella dei terreni ex Fiera era la strada più veloce.

 

Pasini snocciola alcune considerazioni e molti dati. “Mi auguro per loro che lo trovino, questo investitore privato, ma la vedo dura nel momento in cui un po’ ovunque stanno fallendo le piscine comunali. Ancora non è stato emesso il bando, vedremo quali condizioni saranno poste e se risulterà appetibile. In Italia, in media, un ingresso in palestra costa 10 euro, mentre un ingresso in piscina 6 euro. Però mentre una palestra è una struttura semplice e dai costi contenuti, una piscina impiega mille metri cubi d’acqua che deve essere riscaldata a 29 gradi e ogni giorno bisogna cambiare almeno il 4 per cento dell’acqua. Le spese sono alte. Un investitore ci potrebbe stare solo se la durata della convenzione fosse infinita e il Comune desse un contributo per la gestione e la manutenzione. Adesso Rimini paga un contributo di 370 mila euro all’anno per cinque corsie ma dopo le corsie saranno dieci e in parte saranno occupate dalle polisportive e dalle scuole, con ricavi inferiori. Io riesco a malapena ad arrivare al pareggio senza affittare alle scuole e alle polisportive. Con 7 corsie funzionanti tutto l’anno al massimo si possono ricavare 900 mila euro. E le spese?”

 

Quindi secondo lei non si farà avanti nessuno? “La vedo difficile. Dipende da cosa offre il Comune, bisogna aspettare il bando. Io, che conosco il settore, non mi imbarcherei in un’avventura del genere. Magari qualche grande società, come la Sport Management, che gestisce l’attuale piscina, potrà essere interessata. Vedremo”.

E lei il progetto dell’olimpionica l’ha abbandonato? “Niente affatto, aspetto sempre di trovare un partner per sostenere i costi”.


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