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Servizi alle imprese, le associazioni di categoria come dinosauri verso la fine

Giovedì, 16 Gennaio 2014

5bServizi alle imprese, le associazioni di categoria come dinosauri verso la fine

 

Se l’impresa è in crisi, anche le relative associazioni di categoria, quelle realtà (per intendersi) che all’impresa offrono servizi, rischiano di ritrovarsi a navigare in cattive acque. Un caso è quello della Cna di Rimini che presto ricorrerà alla cassa integrazione e che ha lasciato a casa a inizio anno i suoi consulenti. Uno di questi è il riccionese Alessandro Rapone che per Cna seguiva i settori industria e produzione e che offre adesso una analisi proprio sulla crisi delle confederazioni.

 
Il mondo delle associazioni imprenditoriali - spiega - sta vivendo un momento di svolta, superato il quale, tali organizzazioni si troveranno ridimensionate nelle loro tecnostrutture, nonché rimodulate nel loro modo di operare”. In termini pratici, vuol dire che “se le imprese italiane sono soffocate da una burocrazia mostruosa e costosissima e se il legislatore riuscirà ad imporre quelle drastiche misure di semplificazione oggi non più rinviabili, allora molte delle stesse associazioni dovranno rivedere l’impianto dei servizi erogati, che in massima parte sono costituiti da adempimenti formali – fiscali, del lavoro, della sicurezza o della privacy - sui quali hanno impostato la propria rete di assistenza”.


In definitiva, l’offerta di servizi “così come è stata strutturata finora, non solo non costituisce un valore aggiunto per le aziende, ma addirittura esprime la gran parte dei fatturati e quindi dei bilanci delle associazioni stesse, rendendole apparentemente di servizio alle imprese, ma, su un piano astratto, paradossalmente complici, in quanto beneficiarie indirette, delle storture burocratiche dell’assurdo apparato amministrativo pubblico italiano. Si tratta dunque di un modello associativo novecentesco, obsoleto, che oggi viene messo in discussione dalla realtà oggettiva, il cui superamento è una delle precondizioni per modernizzare la nostra economia”.


Non è solo la crisi, tuttavia, a minacciare le confederazioni. Gli attacchi sono anche sul piano politico. “Il concetto di rappresentanza, uno dei cardini del sistema democratico, è stato massicciamente messo in discussione in relazione ai partiti, in gran parte a causa della scandalosa inefficienza della nostra classe politica, ma grazie anche all’esplosione di nuovi movimenti che hanno saputo interpretare gli orientamenti dell’opinione pubblica con antenne e strumenti aggiornati al nostro tempo”.


Detto questo, per quello che Rapone definisce “il complesso, barocco mondo organizzato della rappresentanza delle imprese” oggi si apre una nuova sfida. “Da questo punto di vista la crisi potrebbe sortire qualche benefico effetto, inducendo ad una semplificazione, sia orizzontale che verticale, con aggregazioni vere di associazioni, sia per settore di rappresentanza che in termini territoriali. Il processo si è avviato, timidamente ed a macchia di leopardo, anche in Romagna, ma sarà reso inevitabile dai problemi concreti posti dalla sostenibilità delle strutture associative”.


Positivo il fatto che “sicuramente è finita l’epoca in cui talune associazioni svolgevano impropriamente il ruolo di “cinghie di trasmissione” di alcuni partiti. In certi casi, però, magari in una dimensione squisitamente provinciale, resistono situazioni di “collateralismo” dove specifici interessi politici, di business e di apparati si trovano accomunati su percorsi tortuosi, dove non si capisce bene chi fa cosa. Sono casi rari, in cui si può arrivare anche a vere e proprie degenerazioni e dove uno strumento di interesse generale può scadere a bene disponibile di pochi singoli, magari in formato familiare. Ecco, sono questi esempi deleteri che contribuiscono a delegittimare nel proprio ruolo originario certe organizzazioni di rappresentanza”.


A livello locale, dove la congiuntura economica si è fatta sentire con due anni di ritardo rispetto al nord della penisola, saldandosi, però “con la crisi strutturale del nostro modello turistico, colpito anche nelle sue componenti di offerta orientate alla destagionalizzazione, fiere e congressi in primo luogo”, Rapone prevede tempi lunghi di decorso.
La botta colossale del fallimento di Aeradria, infine, è un vero e proprio colpo al cuore della nostra economia, anche sul piano simbolico: un chiaro indicatore che un certo sistema consociativo di cogestione amministrativa della cosa pubblica è giunto al capolinea, o meglio: è letteralmente atterrato”, conclude Rapone.


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