25 aprile, Rimini illuminata. "Perchè non si spenga il nostro turismo"

Martedì, 14 Aprile 2020

Come sarebbero Rimini e la Riviera se il turismo dovesse spegnersi? Buio assoluto. Ecco allora l’idea di un gruppo di albergatori, bagnini, ristoratori: accendere e spegnere la città, per far capire la differenza, per far capire quale triste destino ci aspetta, e chiedere che amministratori e governanti si affianchino agli operatori per far ripartire il turismo.

È un’iniziativa spontanea, sorta nel week end pasquale, che si sta allargando a macchia d’olio attraverso chat e video chiamate.  Nasce per dare visibilità a quel senso di frustrazione e di impotenza che si è impadronito degli operatori di fronte alla proroga del lockdown, nessuna concreta prospettiva di ripartenza a breve termine e nessuna indicazione definita per la cosiddetta fase 2. “Non è un’iniziativa contro qualcuno.  – spiega Emilio Fazio, albergatore, uno dei promotori – anzi, ci rivolgiamo al sindaco di Rimini, che tanto ama la nostra città, perché si unisca noi. Dando visibilità a Rimini daremo più forza anche al suo sindaco nel chiedere aiuti ai vari tavoli. Abbiamo bisogno che lo stato diventi nostro partner, che il comune di Rimini diventi il nostro collega di lavoro, che la regione Emilia Romagna diventi il nostro tutor”. 

L’idea è che sabato 25 aprile alle ore 22 siano accese le luci di tutte le attività ricettive e commerciali, per spegnerle dopo cinque minuti e riaccenderle per tutta la notte in modo da far notare a tutti la differenza tra una Rimini spenta e una Rimini accesa.

Per questa inedita manifestazione, senza persone in piazza, ma con le luci accese in strutture vuote, gli organizzatori puntano molto su una narrazione che fa leva sull’orgoglio riminese e sull’indomita capacità di affrontare ogni fatica per costruire un futuro. 

“A noi – si legge in una bozza di documento - la zona rossa non ci ha fatto paura perche per noi il rosso è passione e amore, passione come quella che mettiamo ogni giorno nel nostro lavoro, amore come quello che proviamo per questa città e questo territorio. Noi Romagnoli di nascita o di adozione che lavoriamo a Rimini in tutti i settori collegati al turismo non ci siamo mai tirati indietro, abbiamo sempre dato tutto per il nostro territorio, cercando di valorizzarlo, promuoverlo, lo abbiamo fatto rimboccandoci le maniche più volte, inventandoci nel tempo nuovi modi di fare turismo, proponendo nuovi servizi, diventando di fatto la terra dell’accoglienza; non abbiamo mai avuto paura di lavorare, cosi come neanche questa volta ci spaventa il lavoro. Abbiamo sempre dato tanto e ancora tanto abbiamo da dare… ma per farlo

questa volta abbiamo bisogno di aiuto”.

Dopo questa premessa, i promotori di “Accendere Rimini” osservano preoccupati di aver ascoltato in questi giorni molte idee ma visto zero fatti. “Vogliamo dimostrare al mondo della politica che noi esistiamo, e non solo esistiamo,  ma siamo una fetta importantissima dell’economia italiana. Noi siamo una parte importante del Pil, creiamo ricchezza, creiamo posti di lavoro, paghiamo le tasse, contribuiamo a realizzare i sogni delle persone impegnandoci a rendere le loro vacanze uniche”. 

Nel concreto cosa chiedono? Rimodulazione di Tari, Imu e tutte le altre tasse; crediti di imposta utili per investimenti al fine di far ripartire le aziende con tutti gli adeguamenti necessari; formazione gratuita per titolari e dipendenti per prevenire e gestire l’emergenza Covid19; azzeramento dei versamenti contributivi per i dipendenti assunti nell’anno 2020 e 2021; tutela al 100 per cento  per eventuali denunce per contagi avvenuti presso le strutture ricettive. “Adesso - chiosa Fazio – è l’albergatore a dover dimostrare di aver preso tutte le precauzioni e che la persona non si è ammalata per colpa dell’albergo. Occorre invece che sia il cliente a dover dimostrare che si è contagiato proprio nella nostra struttura”.

In sostanza i promotori di “Accendere Rimini” vogliono partecipare ai tavoli dove si scriveranno le regole per la prossima stagione (se ci sarà). “Bisogna che si tenga conto di come sono fatte le nostre strutture, le regole non possono essere modulate esclusivamente sui quattro o cinque stelle. Se vale la regola dei tavoli molto distanti uno dall’altro, io devo rinunciare alla ristorazione. Si può certo pensare a forme alternative, come i pasti preconfezionati da servire in spiaggia. Bisogna però che sia garantito un clima di vacanza, non è pensabile che le nostre strutture diventino una sorta di lager sanitario. Quello che chiediamo è di essere presenti quando si decidono le norme”.