Rimini al Meeting / Don Giancarlo Ugolini, un uomo amante della libertà

Venerdì, 09 Agosto 2019

«Ho incontrato un uomo che speravo ci fosse». La frase di don Giancarlo Ugolini, di cui quest'anno ricorre il decimo anniversario dalla morte, è del 1985 ed è tratta da una intervista a Settepiù, settimanale riminese di area comunista. L'uomo a cui si riferisce è don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, che Ugolini incontrò per la prima volta a Milano nell'aprile 1963, dopo aver conosciuto, nell'estate precedente, i ragazzi di Gioventù studentesca in vacanza a Rimini. La frase, assieme ad un'altra (Io, poi sono un amante sviscerato della libertà), è il centro ideale della mostra che a don Giancarlo Ugolini (1929-2009) sarà dedicata nell'ambito della quarantesima edizione del Meeting, in programma dal 18 al 24 agosto. La seconda frase è anche il titolo della mostra che ha lo scopo di far re-incontrare a chi lo ha conosciuto, e incontrare per la prima volta alle giovani generazioni, una figura che ha lasciato una profonda impronta nella Rimini della seconda metà del Novecento, grazie anche ad opere (il Meeting, le scuole Karis) che ancora oggi sono vive in città.

Don Giancarlo Ugolini è stato un grande educatore, il padre di un popolo numeroso e creativo. Ha inciso sulla realtà della sua città, profondamente amata, guidando con intelligente paternità generazioni di giovani che poi si sono distinti nella vita professionale, nell'impegno sociale, nella costruzione del bene comune.

La mostra sarà allestita, durante il Meeting, nell'atrio di ingresso della Fiera, e sarà riproposta in città dal 4 (anniversario della morte) al 14 ottobre prossimi. Lungo un muro si seguono le tappe principali della sua vita, prima e dopo l'incontro con don Giussani, che è posto al centro. Di fronte al muro biografico sono collocati 14 grandi pannelli discendenti dall'alto che consentono di entrare “dentro” don Giancarlo. Sotto ogni gigantografia è riportata una sua frase tratta da interviste, omelie, conversazioni. La scelta dei curatori (Valerio Lessi, Bruno Monaco) è stata quella di far parlare don Giancarlo, piuttosto che parlare su don Giancarlo.

Al centro, si diceva, l'incontro con don Giussani. Tutte le volte che ha raccontato l'episodio, don Giancarlo ha messo in evidenza di essere rimasto colpito dal nugolo di giovani che lo assediava e lo strattonava da ogni parte. Così, in occasione del cinquantesimo di sacerdozio, nel 2001, descriva l'impatto sulla sua vita: «L'avvenimento della mia vita è stato l'incontro con il Carisma di don Giussani. Una persona precisa, un temperamento preciso da cui è nata la storia di CL, che è stata data come dono alla Chiesa del nostro tempo. Permettetemi di insistere: non posso non riconoscere con una grande commozione e gratitudine che l'incontro con il carisma di Giussani ha segnato e segna la mia vita, perché è l'avvenimento che mi aiuta a scoprire il mio nome momento per momento come un'opera che non finisce mai». Più avanti ritorna sul concetto: il carisma incontrato gli ha dato un nome, cioè gli ha dato consistenza, identità, missione.

Don Giancarlo è arrivato all'incontro con don Giussani con il portato di un'esperienza umana e di un temperamento che lo avevano reso particolarmente sensibile alla domanda circa l'incidenza della fede nella realtà. L'incontro con il carisma di don Giussani valorizza e potenzia il suo temperamento di uomo amante della bellezza, appassionato a tutte le dimensioni della vita, partecipe del destino della propria comunità umana.

Di don Giussani amava soprattutto il decimo capitolo de Il senso religioso. Uno degli ultimi regali fatti alla sua comunità, nel giugno del 2008, è stata una serata con cui ha raccontato l'impatto che sulla sua vita aveva avuto quell'insegnamento. Nella mostra, due pannelli riportano due brani significativi di quella conversazione. Vale la pena citare un passaggio: «Ed io che sono?». Giussani a questa domanda risponde in maniera molto netta: «Io uomo sono definito e mosso tutto dal rapporto con l’infinito, io sono Tu che mi fai, che mi fai adesso». E questo Giussani lo afferma in una maniera estremamente suggestiva, proprio perché è una maniera carica di ragionevolezza, carica di un contenuto che appaga la domanda di conoscenza che noi abbiamo. Giussani rende nuovamente evidente ai nostri occhi ciò che di per sé è evidente, ma che una disfunzione in noi ha reso, in qualche modo, oscuro e problematico».

In alcune interviste ai quotidiani locali, don Giancarlo ha espresso il suo pensiero sulla città, che a rileggerlo oggi appare sorprendente ed in alcuni passaggi anche profetico. Si veda per esempio quando dice che «Il rilancio del turismo come risorsa non può non essere un rilancio di tutta la città, non solo della spiaggia. E rilancio vuol dire tante cose: la cura della bellezza artistica e della natura, il gusto. Riprendere da capo il tema dell’ospitalità, che è andato perdendosi nell’immagine che Rimini si è data negli ultimi anni. Rimettere a tema il fattore umano, che fa parte della vocazione di Rimini, del suo modo di essere».

Sulla città aveva uno sguardo privo di moralismi e di grande apertura: «Nella nostra città si inventano mode e tendenze, ma secondo me ciò che caratterizza la nostra città è quello di essere il luogo delle grandi contraddizioni: le nostre. A Rimini passa di tutto ma è proprio questa sua contraddittorietà  (non contrasto) che è continuamente fonte di provocazione».

Quella di don Ugolini è stata una vicenda umana ricca di spunti che sono ben documentati nella mostra e che qui è impossibile riassumere con completezza. Un esempio del suo modo di guardare alla realtà è racconto, ad un'assemblea di CL, del mare di Capo Falcone, nella sua amata Sardegna. Il mare tempestoso che si infrange sulle rocce gli suggerisce questa lettura: «Questi due agenti (il mare, le rocce) sono fatti l’uno per l’altro ma nello stesso tempo è robusto lo scontro; questa libertà di Dio e questa libertà dell’uomo, questa energia di Dio e questa libertà dell’uomo, che è come una roccia, plasmabile però di fronte a quella energia».

La libertà dell'uomo per lui era lasciarsi plasmare dall'energia di Dio. Per incontrare questa energia però l'uomo deve esserci. Come disse ad una ragazza che andata a scusarsi dopo una accesa discussione proprio sul tema della libertà: «Ho replicato: non c’è bisogno di scuse. E lei: perché? Ho risposto: perché adesso ti stimo di più, perché significa che ci sei, che sei qui con tutta te stessa».

Talmente amante della libertà da essere un grande educatore.

Valerio Lessi

Io, poi sono un amante sviscerato della libertà. Don Giancarlo Ugolini 1929-2009

a cura di Valrio Lessi e Bruno Monaco

Con la collaborazione di Roberto Battaglia, Marco Ferrini, Manlio Gessaroli, Stefano Giunta, Cristian Lami, Claudio Parma, Domenico Pirozzi, Stefano Vendemini, Lucia Zanotti, Simone Zanotti

Meeting per l'amicizia fra i popoli, Rimini 18-24 agosto