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Artisti per sempre, dialogo tra la psicanalista Biondi e il pittore La Motta

Giovedì, 15 Novembre 2018

(Rimini) “Ogni bambino è un artista. Il problema è come rimanere un artista una volta che cresce”. E’ a partire da questa considerazione di Pablo Picasso che è nato il dialogo pubblico, ‘Senza titolo’, di martedì scorso tra l’artista Alessandro La Motta e la psicoanalista Loretta Biondi, introdotto da Omar Battisti di ‘Nidienodi’, che ha promosso l’iniziativa, in collaborazione con la Rete Nazionale del Consultori di Psicoanalisi Applicata. Nella cornice della bottega di La Motta (in via Asili Baldini a Rimini) a dare il la alla conversazione è stata la poesia di Annalisa Teodorani.

Una la domanda di fondo. “Perché - sottolinea Loretta Bionfi - oggi vogliamo partire dal nostro lavoro clinico con bambini e adolescenti? L’esigenza è di testimoniare ciò che noi dell’equipe di Nidienodi impariamo da loro, dal lavoro con loro. Uno degli elementi fondanti di questo lavoro è la costruzione di un posto soggettivo per ciascuno di essi”.
In genere, “tendiamo a sostenere l’ipotesi che il bambino non è soltanto quel tempo sincronico dell’esistenza, ma che ha un contesto familiare che lo precede e un “destino” che gli appartiene, che sceglie sempre. ‘Senza titolo’, non è solo la ricerca di quel posto, ma è la rottura della codifica dell’essere precostituito, indicato, etichettato dal discorso sociale. Così come ogni bambino è bambino con “quel portato” di esistenza determinata ma mai interpretata, se non da lui, se è messo al lavoro”.

Per l’artista, fa eco Alessandro La Motta, “l’assegnazione volontaria di un valore allo spazio allo spazio bianco dell'opera, alla pagina bianca è già una titolazione. Come sostiene Picasso io non so come verrà l'opera che realizzo la scopro quando l'ho fatta...così credo io, che l'opera stessa, lo spazio dell'opera, mi definisca, spiego meglio..."Picasso è Picasso" nel farsi con l’opera". Da anni, almeno una trentina, La Motta lavora con gli scarti di produzione e con materiali usati, “con un loro vissuto e con una destinazione d’uso diversa, sono entrati nel mio processo creativo. Sono elemento sostanziale da cui partire, con un’implicazione non meramente stilistica, ma correlata a un’impronta di “esistenza” precedente al mio intervento, come se disegnare e cancellare su un materiale con un “vissuto” certo, ma dismesso o deviato nel suo uso, mi consentisse quelle impronte di esistenza, quel sentimento “archeologico” di farci rivivere attraverso l’arte, la vita della materia. Ma questa è un’operazione adulta appunto, come dice Picasso è l’atteggiamento di scoperta e di stupore che porta l’artista a mantenere quello spirito, quell’indomito desiderio di trovare un modo di ricreare quel mondo magico dell’infanzia della manipolazione giocosa delle cose. E’ un modo, il modo del bambino per crearsi il mondo il proprio mondo, quello spazio suo solo suo”.
Sin da piccolo, racconta La Motta, “mi sono trovato a maneggiare pezzi di legno e impiallacciature, scarti di produzione del lavoro di mio padre ebanista, e quei materiali alimentavano in me la fantasia, e sono diventati nel tempo insieme a vecchie carte e lamine di metallo arrugginite o ossidate, il vero e proprio campo in cui sviluppare l’opera, l’idea creativa. Diversi anni fa ho scritto un racconto su quei ricordi di escono alcuni stralci che dicono di quello stupore: ”Eppure non potevo non curiosare tra quei vecchi scaffali - trovare impiallicciature, le più svariate o tralci di radici d’ulivo, imbattermi in scassati transistor e gigantesche valvole spaziali; finite lì chissà come o curiosare nei sacchi iuta in cui erano stivati cotone e gommalacca d’angelo in minutissime squame; lo sento ancora oggi, come allora, nelle mie giovani narici, inalarsi l’odore dell’alcool sprigionato dalla tanica in latta che avevo segretamente violato”.

La Motta va avanti. “Li vedo ancora lì i mobili, affastellati l’uno sull’altro o pezzo su pezzo come improbabile meccano , poltrone incastrate come l’opera di un dio pazzo , e sedie appese come quarti di bue a travi e cordami come attendessero ospiti ... si dice fossero anime celesti scese per dissolvere polvere e fuliggine da quelle sedute. E mi ricordo gli attrezzi che avevi realizzato su misura per me , il martellino , i mobili in miniatura - e le ore, le lunghe ore che rubavi al tuo lavoro seguendo i miei progetti improbabili nel quale ti coivnolgevo: vedi ero già allora preso via dalla fantasia; ma l’avventura di quel giocare e scoprire. Forse proprio allora per vincere il terrore che la noia mi assalisse, maturai l’idea, la grande fuga: da grande non avrei voluto che nessuno interrompesse il mio sogno, quel mio inchiodare chiodi storti su impiallicciature sbilenche; questo pensavo negli interminabili pomeriggi con te, quando le ore non fuggivano via come oggi, prima che la fantasia prendesse il sopravvento: lo pensavo e lo penso ancora.(…)”.
Ora e solo ora quello spazio interiore “ha trovato una destinazione, quel luogo e quei materiali sono stati occasione privilegiata di messa a tema del mio essere. La libertà creativa dell’artista e il gesto del bambino hanno affinità quindi?. L’età adulta spesso dimentica il mondo, lo spirito del bambino, tende a portarlo a degli schemi; l’artista lavora spesso una vita per ritrovare quel senso ludico di scoprirsi e scoprire il mondo attraverso uno sguardo di bambino”.

Un altro esempio. “Ero giovanissimo e avevo il laboratorio a casa. Capitava quindi che la mia prima figlia Maddalena restasse con me. Queste sono le sue prime prove con l’acquarello. Ecco la creatività del bambino e la libertà creativa. Ecco l’artista. Anche a me come descrive Picasso mi ci sono voluti anni per ottenere quella freschezza che lei aveva nel suo istintivo colorismo. Ecco l’artista, dicevo così come da piccolo guardavo mio padre con la stessa ammirazione. Il bambino che diventa adulto non sempre mantiene questa capacità di sorprendersi a conoscere e misurare il mondo”.
Nel gioco di paragoni e di rimandi, “Senza titolo, con tre definizioni, attraverso gli scarti, gli scarabocchi, i sogni, è il tentativo di definizione di un gesto liberante, ne sono nati tre approfondimenti, che proveremo a far emergere, come vorremmo emergessero le esistenze, l’essere dei bambini che sono e del bambino che siamo stati”.


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