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Alla scoperta della Piccola Cina di San Nicolò

Martedì, 10 Luglio 2018

Tutto è cominciato nel lontano 2002 con Liu, un ragazzo di venticinque anni, scalzo e affamato, accompagnato alla comunità di Montetauro dai carabinieri. Era entrato in Italia, dalla Slovenia, dopo aver percorso la rotta dei Balcani, contraendo un debito di 10 mila euro. Poi aveva denunciato alcuni suoi connazionali che lo sfruttavano per saldare il debito per il viaggio. Per i fratelli della Piccola Famiglia dell’Assunta è stata la scoperta di un mondo sconosciuto, da avvicinare e a cui tendere una mano per favorire conoscenza reciproca e integrazione. Ed è risaputo quanto la comunità cinese sia fra quelle più difficilmente integrabili e dove forte è il sentimento di diffidenza e di estraneità verso il paese che la ospita.

Un incontro casuale ha generato molti fatti. Incontrando la comunità cinese della zona, i fratelli di Montetauro si sono accorti che spesso i bambini non si integrano con i loro coetanei, sono sbalestrati da vari cambi di residenza, conoscono in modo approssimativo la lingua italiana e, a volte, hanno blocchi nel suo apprendimento ed uso.

Nel 2003 la comunità apre a Savignano sul Rubicone la prima casa Italia-Cina, un luogo dove sono accolti bambini e ragazzi cinesi per aiutarli a fare i compiti e per insegnare loro la lingua italiana. Intanto, quel primo ragazzo accolto su invito dei carabinieri si è battezzato, si è sposato, ha avviato una nuova vita a Rimini. Nella chiesa di Montetauro ogni domenica partecipano almeno trenta persone cinesi alla Messa. In poco tempo è cresciuta una piccola comunità cattolica cinese.

Nel gennaio 2016 un’esperienza analoga a quella di Savignano viene avviata nei locali della parrocchia di San Nicolò, vicino alla stazione. All’inizio ci sono solo quattro cinque bambini, il centro è aperto due pomeriggi alla settimana e i volontari aiutano a fare i compiti e insegnano l’italiano. “Ad aiutarci nei rapporti con le famiglie – spiega Mattia Amaranti – è stato Cosimo, un cinese da anni a Rimini, che ha svolto le funzioni di mediatore culturale”. Cosimo ancora oggi è coinvolto nell’iniziativa. A maggio i bambini erano già diventati trenta e in estate avevano superato le cinquanta unità, in età compresa dalla prima elementare alla prima superiore. “E’ stato il meccanismo del passaparola, è bastato cominciare che poi le famiglie si sono passate la voce, superando ogni diffidenza”.

Nel corso dell’anno scolastico da poco concluso il centro è stato aperto tutti i pomeriggi, dal lunedì al venerdì, dalle 14,30 alle 17,30. Spargendo la voce tramite gli insegnanti di religione, sono arrivati anche una decina di giovani volontari dalle scuole medie superiori. Le colonne portanti sono Mattia, l’insegnante Donatella Dell’Omo e il sacerdote don Savio, che ha dovuto lasciare la Cina perché nella sua parrocchia aveva un gruppo di ottanta giovani che lo seguivano e le autorità gli hanno fatto capire che per lui non c’era più posto nel grande paese asiatico. “Ai ragazzi arrivati da poco in Italia – racconta Donatella – insegniamo la lingua. Ma organizziamo anche corsi di lingua cinese per chi è nato in Italia o ci vive da tempo. In casa la parlano, ma spesso è un dialetto, e soprattutto non la sanno leggere e scrivere”. “L’insegnamento della lingua cinese, mezzo fondamentale per conservare un’enorme ricchezza culturale e nel percorso di formazione identitaria del bambino”, si legge sul sito di Casa Italia-Cina.

Accanto ai compiti e ai corsi di lingua (“C’è anche un rapporto con i docenti delle scuole che frequentano, per aiutarli al meglio”, racconta Donatella), sono state avviate anche attività extra-scolastiche, la danza per le bambine e il basket per i bambini. I canestri ormai fatiscenti di San Nicolò hanno ripreso nuova vita, grazie anche all’aiuto di un allenatore dei Crabs che una volta alla settimana arriva a trasmettere i principali segreti tecnici a ragazzi entusiasti della possibilità loro offerta di praticare uno sport.

Fino a tutto agosto l’attività prosegue come centro estivo, aperto al mattino dalle 9 alle 12. Gli iscritti sono una novantina e arrivano, oltre che da Rimini, anche da Santarcangelo (in autobus) e cinque da Pesaro (in treno). “I ragazzi sono contenti – dicono Mattia e Donatela – Si rendono conto che ci sono persone disponibili a stare con loro. Anche se non riescono ad esprimerlo con le parole”. Anche le famiglie sono contente, hanno trovato un posto sicuro e non sono bloccate dal fatto che è una struttura cattolica ad occuparsi dei loro figli. I genitori sono molto impegnati nel loro lavoro, o un’attività di ristorazione o ditte di abbigliamento. Alle superiori i ragazzi si iscrivono in prevalenza all’Alberghiero o a ragioneria. “I ragazzi – racconta don Savio – capiscono che sono uno “shenfu”, un sacerdote, e a volte quelli più grandi mi fanno anche qualche domanda sulla religione”.

Il servizio agli immigrati cinesi è diventato stabilmente una delle attività in cui è impegnata la Piccola Famiglia dell’Assunta. In silenzio, fuori dai riflettori, come è nel suo stile.


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