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Bargellini e la Top Automazioni, un sogno che si fa azienda

Giovedì, 07 Giugno 2018

La nuova sede, che domani avrà l’inaugurazione ufficiale, ha la forma della prua di una neve con tre vele che di notte si illuminano con i colori della bandiera italiana. E all’interno ampi spazi, vetri, luce, marmi, lampadari di design, una hall che sembra l’ingresso di un hotel piuttosto che di una fabbrica. È il sogno di Bruno Bargellini che, dopo una storia di oltre quaranta’anni, ha preso finalmente forma ed ha un nome, Top Automazioni, l’azienda di Poggio Torriana specializzata nella produzione di caricatori automatici per torni.

“Già a quindici anni – confessa Bargellini, 67 anni – sognavo di fare l’imprenditore. Ma cosa fare?”. Per una decina d’anni, dopo aver frequentato l’Istituto Comandini a Cesena, lavora come tornitore all’Scm. Quindi nel 1977 si licenzia e in un dismesso capannone per polli di Poggio Berni apre la Torneria Automatica Bargellini. Al suo fianco c’è la moglie Valeria, che cura la contabilità. Ancora oggi lavora in azienda, seguendo l’ufficio acquisti. Così come sono pienamente inseriti i due figli Gian Maria, 40 anni, che guida la rete commerciale, e Nicola, 37 anni, impegnato invece a seguire la produzione. Una famiglia tutta casa e lavoro, un’azienda a completa conduzione famigliare che viaggia sui 20 milioni di fatturato all’anno e ha allo studio un progetto per raddoppiare il volume di affari. Già era successo qualche anno fa: un programma di raddoppio del fatturato è stato realizzato in appena due anni.

Torniamo alla storia. Svolgendo il mestiere del tornitore, si affaccia l’esigenza di automatizzare e velocizzare il lavoro. I caricatori a quel tempo esistenti non soddisfacevano Bruno. E così si è lanciato nell’impresa – siamo nel 1985 - di costruirne uno, come dire, a sua immagine e somiglianza, pezzo dopo pezzo. Ciò che normalmente richiede gli studi di un ingegnere meccanico, l’ha realizzato da solo. “Il mestiere – racconta - l’ho imparato a scuola, a quel tempo le scuole professionali erano in sintonia con il mondo del lavoro, le macchine su cui ci addestravamo erano le stesse che poi incontravano in officina. Non è come adesso che c’è un divario enorme fra formazione scolastica e mondo del lavoro”. Una preparazione che ha permesso a Bargellini, realizzato il primo caricatore, di smontarlo e quindi di disegnarlo, per poterlo riprodurre. Quindi ha costruito il secondo e ha cominciato a usarli entrambi nella sua torneria. Visto che l’invenzione funzionava e che anche le tornerie della zona a cui cercava di venderlo lo apprezzavano, decide di aprire un’azienda – siamo nel 1990 – dedicata solo alla produzione di caricatori: è la GMV, dalle iniziali dei noni dei figli. La dimensione della famiglia è sempre presente in ogni passo della storia aziendale.

In breve tempo, Bargellini si accorge che, rispetto ai colleghi tornitori della zona, non può continuare a svolgere il doppio ruolo di concorrente e di fornitore. Capisce che alla lunga non avrebbe funzionato. Nel 2000, all’apertura del nuovo millennio, il grande salto: nasce la Top Automazioni, che ingloba la Bargellini e la GMV, e si dedica esclusivamente alla produzione di caricatori. Il fondatore gira il mondo partecipando alle fiere del settore e comincia a piazzare il suo prodotto anche all’estero: attualmente le esportazioni rappresentano circa il 40 per cento del fatturato, dirette soprattutto verso la Germania, la Francia, i paesi del nord Europa, e anche in America, soprattutto in Messico.

Certamente non vende più il primo modello, l’innovazione e l’automazione sono nel Dna dell’azienda, che investe nella ricerca e sforna continuamente novità per sempre meglio rispondere alle esigenze del mercato. Tanto che nel 2005 la Top Automazioni è premiata da Unioncamere come azienda più innovativa d’Italia.

Ma arriva il terribile 2009. “Una botta tremenda – ricorda Bargellini – da un anno all’altro siamo passati da 9 a 2 milioni di fatturato”. Non era un problema di prodotto, era che l’economia non girava più, le aziende non facevano più acquisti. L’imprenditore ha reagito immettendo nell’azienda tutte le risorse finanziarie che aveva a disposizione. E l’azienda si è ripresa, anche velocemente. Fa parte della cultura aziendale di Bargellini reinvestire nell’azienda la quasi totalità degli utili, la società viene continuamente ricapitalizzata. Così come gli è totalmente estranea ogni tentazione di delocalizzazione. Anzi, non apprezza proprio quegli imprenditori che vanno a produrre dove i costi sono minori e poi vendono sul mercato italiano ai prezzi italiani. Lui crede in un prodotto totalmente e realmente made in Italy.

Sul suo prodotto è molto fiero. “Noi diciamo che i nostri caricatori sono unici al mondo. E lo sono realmente, perché si autoregolano da soli. I concorrenti cercano di copiarci ma ancora non sono arrivati a scoprire tutti i segreti del nostro brevetto”.

L’ultima sfida è la costruzione della nuova sede, un investimento da 10 milioni. “Per progettarla – spiega - siamo partiti dalle esigenze funzionali. Ogni reparto doveva essere lungo 60 metri e largo 15, per ospitare una intera linea di produzione. Poi abbiamo cercato di renderlo un luogo bello, dove si stesse bene a vivere e a lavorare. Credo molto al welfare aziendale: abbiamo realizzato la palestra e la mensa gratuita per i dipendenti”. Bargellini crede anche alla responsabilità sociale dell’impresa. All’evento di domani annuncerà che costruirà a sue spese la rotonda davanti all’azienda che poi sarà passata al Comune e alla Provincia.

La Top Automazioni ha 83 dipendenti, tre linee di produzione (presto partirà la quarta) che realizzano 1200 caricatori all’anno. L’azienda produce in proprio anche i pezzi che servono per costruire le macchine. Il reparto è un virtuoso mix di automazione e impiego di risorse umane: dodici operai si alternano nei turni di lavoro, ma la produzione va avanti, in automatico, anche di notte e nel week end. “ Amo molto l’automazione – spiega Bargellini – tutto lo stabilimento è automatizzato, anche l’impianto di condizionamento per far trovare il clima giusto quando si comincia a lavorare”.

Valerio Lessi


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