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Cardellini, un giornalismo che non c'è più e Rimini

Sabato, 30 Luglio 2016

Sì, è molto probabile che Silvano Cardellini, di fronte all’incontro in sua memoria celebrato ieri pomeriggio nella bella cornice del lapidario romano al Museo, avrebbe fornito al suo capo pagina questa sintesi: “Non c’è notizia”. E con quella frase lui intendeva che nel diluvio di parole – molte appropriate, altre grondanti di retorica – non c’era nulla di memorabile da trattenere, nulla che introducesse elementi di conoscenza nuova, da farci un titolo definitivo. A parlare dell’uomo che dagli anni Settanta in poi, fino al 2006 anno della sua morte, è stato “il” cronista di Rimini, c’erano due frequentatori assidui come l’ex segretario della Dc (ed ex presidente della Fondzione Carim) Massimo Pasquinelli e l’ex governatore Vasco Errani, il sindaco Andrea Gnassi, coordinati dal penultimo capo della redazione del Carlino, Pierluigi Martelli. Abbiamo usato la parola cronista non a caso perché quando si parlava di e con i giornalisti aveva il vezzo di dire “i tuoi colleghi”, quasi a stabilire una distanza con coloro che si fregiavano soprattutto di un’iscrizione all’albo. Il pubblico era variamente composto da uomini del potere locale, da Maurizio Melucci a Lorenzo Cagnoni, da amici come Aureliano Bonini e Giulietto Turchini, dal capopagina storico del Carlino Andrea Basagni, dal capo attuale Stefano Muccioli, e da un drappello di colleghi. L’impressione finale è che ancora manchi un ritratto a tutto tondo di Cardellini, un ritratto che possa stare alla pari con quelli che lui era capace di vergare con la sua formidabile penna. Ognuno ha raccontato il suo Cardellini, quello che ha conosciuto personalmente. E forse è inevitabile che sia stato così.

Pasquinelli, per esempio, si è soffermato sulla stagione irripetibile e da tempo sepolta del “partito del Carlino”, espressione coniata dai dirigenti del partitone all’epoca (siamo negli anni Ottanta) saldamente al potere, il Pci. Una stagione oggi spesso rimossa, perché poco in sintonia con la tendenza che poi ha avuto il sopravvento nella narrazione delle vicende politiche locali. “Partito del Carlino” (formato dalla coppia di diversi e complementari Cardellini e Basagni) voleva dire un giornale che svolgeva fino in fondo il ruolo di cane da guardia del potere locale, mettendone in evidenza vizi, debolezze, incapacità e intrighi. E ha ben sottolineato Pasquinelli che questo non voleva minimamente dire fare la sponda all’opposizione, che anzi era fustigata per la propria mancanza di idee e di strategie. A meno che non emergesse un fatto, una notizia che cambiava le carte in tavola. Fino a seguire, accompagnare – sempre in una posizione di autonomia e indipendenza, secondo Pasquinelli – il processo che sfociò nello storico ribaltone del 1989, con il Psi che ruppe con il Pci e portò alla nascita della prima giunta di pentapartito (come si chiamava allora l’alleanza dei partiti avversari dei comunisti).

Nel 1997 (un’epoca politica lontana anni luce da quella del “Partito del Carlino), Vasco Errani, da Massalombarda, diventò assessore regionale al turismo. Ha raccontato l’ex governatore: “Lui prese informazioni su di me e gli dissero che ero un burocrate comunista. Io presi informazioni su di lui e me lo dipinsero come spietato e durissimo. Siamo diventati amici”. Con Errani il racconto si sposta sul rapporto di Cardellini con Rimini, città che ha visceralmente amato e raccontato in ogni suo aspetto, dalla politica al turismo, dall’economia al costume. Sempre con penna brillante e spesso con un filo di distaccata ironia, come se invitasse i lettori a non prendere troppo sul serio il teatrino che lui stesso ogni giorno allestiva. Errani propone questa sintesi dell’atteggiamento di Cardellini verso Rimini: “Siamo meglio di come pensiamo di essere e di come lo raccontiamo agli altri”. Ad avere la meglio nei ricordi e nelle narrazioni è il cronista di “Una botta d’orgoglio”, il testo che anche Gnassi ha citato e ricitato per sottolineare che Silvano usava sempre il “noi”, facendo sempre prevalere il sentimento di appartenenza ad una comunità, della quale, per quanto rissosa o inconcludente, condivideva il destino.

Nell’incontro di ieri pomeriggio sono state dette ovviamente molte altre cose. Martelli ha parlato della sua incredibile capacità di lavoro che lo portava ad essere sempre sul pezzo, Errani della profondità della sua conoscenza di persone cose e situazioni. Si è fatto di conseguenza l’impietoso confronto con lo stato attuale dell’informazione (Pasquinelli si è addirittura lanciato in un attacco frontale a giornali e giornalisti di Rimini), spesso distante dalla certosina professionalità che Cardellini ogni giorno metteva in campo. Ha avuto torto Errani nel sostenere che non era giornalista da scoop: il suo obiettivo, anche di fronte d una notizia che tutti avrebbero pubblicato, era di avere il particolare in più che facesse la differenza. Forse, fra le tante qualità che i relatori dell’incontro hanno voluto mettere in evidenza, non è stata sottolineata adeguatamente la sua capacità di memoria storica. Ogni fatto era sempre ricondotto ai suoi precedenti, per meglio capirlo e spiegarlo, anche perché è vero che a Rimini da decenni si discute sempre degli stessi temi. Lui pensava che compito del cronista fosse anche quello di “decodificare” i messaggi lanciati nell’agone pubblico. E se qualcuno si alzava al mattino annunciando di aver inventato l’acqua calda, si poteva star certi che il giorno dopo una strapazzata di Silvano sul Carlino non gliela risparmiava nessuno. Bisogna riconoscere che oggi molti inventori dell’acqua calda godono della massima impunità.


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