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La città romana diventa parco archeologico

Giovedì, 14 Aprile 2016

(Rimini) Per ora è un lavorìo di cantieri, ma presto sarà un parco archeologico che permetterà di conoscere la Rimini romana, con tanto di ‘visit center’ nella chiesa di Santa Maria ad Nives, in corso d’Augusto (la ex sala del consiglio provinciale), che sarà inaugurato lunedì prossimo. Il progetto è stato lanciato questa mattina a palazzo Garampi, in occasione della presentazione dell’esito degli scavi archeologici sotto al teatro Galli, da poco conclusi.
“Un parco archeologico di rilevanza nazionale”, avanza subito Gnassi parlando del percorso (turistico, ma anche identitario per i riminesi) che potrà unire non solo gli scavi del Galli e quelli di Castel Sismondo, ma anche ponte di Tiberio, arco d’Augusto, Domus del chirurgo e ancora gli scavi per i lavori al Leon Battista Alberti e alla Fiera vecchia e altri ancora.
Scavi che offrono “una stratificazione che ha ben pochi altri esempi in Italia”, fa eco al sindaco il sovrintendente per i beni archeologici dell’Emilia Romagna, Luigi Malnati. Perché una Rimini romana così ricca? E’ il sovrintendente a ricordare come la capitale turistica della riviera romagnola, tra III e II secolo prima di Cristo fosse “la capitale romana a nord degli Appennini”, vale a dire la capitale dell’Italia settentrionale, che era detta ‘provincia Ariminum’. In caso di necessità è a Rimini che il console si “stabiliva per guidare le operazioni, da qui partivano coloni e legioni per controllare le altre regioni del nord della penisola”.
Gli scavi della Rimini romana, come testimonia anche un suggestivo video che prodotto dal Comune e che a palazzo Garampi pubblicherà nei prossimi giorni su suoi canali social, sono “una sorta di viaggio a ritroso nel tempo”. Così il filmato “fa scoprire le trasformazioni che questa porzione di città ha subìto. Dal XIX Secolo d.C. con la realizzazione del Teatro, al XVII-XVIII Secolo d.C. con la presenza dei Forni, passando per il quartiere medioevale del XIV-XV Secolo d.C. ed il Sepolcreto Urbano del VII-IX Secolo d.C., fino a giungere ad una Domus Tardo Antica del IV-V Secolo d.C. ed a una Domus Imperale del III Secolo d.C”. E tracce romane, ha fatto notare Renata Curina, l’esperto (qui una sua precedente intervista sulla Rimini archeologica) che la soprintendenza ha incaricato di seguire gli scavi riminesi, “che ne sono anche databili anni ancora precedenti”. Come, per esempio, “tracce di abitazioni costruite su pali di legno”, che la soprintendenza studierà.
I lavori al Galli, in particolare, “sono risultati di grandissimo interesse”, per via dei “rinvenimenti relativi alle fasi più antiche della colonia, o addirittura precedenti la fondazione stessa; gli scavi hanno riportato in luce, infatti, un esteso edificio realizzato con una modalità che prevedeva un largo impiego del legno, soprattutto per quanto riguarda la struttura portante: grossi pali di quercia, che dovevano sorreggere la copertura e rendere più solide le pareti, sono stati trovati ancora infissi nel terreno a testimonianza della particolare tecnica costruttiva. Le analisi dendrocronologiche previste daranno chiare informazioni sul momento preciso in cui i legni furono tagliati per realizzare la casa o le case della colonia”.
Altrettanto importanti le fasi età imperiale: “resti di murature, frammenti di intonaco affrescato nei classici colori rosso, giallo, bianco, di pavimentazioni a mosaico e a cocciopesto restituiscono il quadro di un quartiere articolato in più edifici – ne sono stati infatti individuati quasi sicuramente due – case a destinazione residenziale, proprietà di cittadini appartenenti ad un ceto medio-alto; al IV secolo d.C. risale la costruzione di un grande edificio che si sostituisce alle precedenti domus; significativa la costruzione di una vasta aula absidata (sotto la platea del Galli, sarà visibile attraverso uno specifico percorso, ndr), la cui originaria funzione non è ancora del tutto chiarita”.
A testimoniare la trasformazione della città “con un diverso uso degli spazi urbani sono invece una serie di sepolture, in alcuni casi con oggetti di corredo, collegate alla presenza della Cattedrale di Santa Colomba nelle immediate vicinanze. Alla città romana si sostituisce la città altomedievale e medievale con le sue abitazioni, gli spazi comuni, le strade, un quartiere che verrà quasi completamente abbattuto per lasciare sufficiente spazio e aree libere alla costruzione della Rocca malatestiana”.
Ringraziare la soprintendenza “non è una formalità”, sottolinea l’assessore alla cultura Massimo Pulini. “E’ stato come un lavoro chirugico, un’indagine anatomica, questo agire sul corpo della città, aprirlo per capire come la storia abbia fatto tanti ‘punti e a capo’ sui quali la vita ha continuato a procedere”.


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