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Cercate ancora. Intervista a Bertinotti in vista dell'incontro del 3 dicembre a Rimini

Lunedì, 30 Novembre 2015

9b"Cercate ancora". Intervista a Bertinotti in vista dell'incontro del 3/12 a Rimini

 

 

Pensando a don Julián Carrón, successore di don Giussani nella guida di Comunione e Liberazione, e a Fausto Bertinotti, uno dei leader storici della sinistra italiana, scatta quasi automaticamente l’immagine della “strana coppia”. Che Bertinotti rifiuta decisamente, rivendicando cinquant’anni di militanza sindacale e politica nel segno del “camminare insieme”. Dove insieme sta per cattolici e marxisti o comunisti o, come oggi Bertinotti sembra preferire, figli del movimento operaio. E quindi elenca uno dopo l’altro gli incontri che hanno accompagnato questo camminare insieme: il cardinale Michele Pellegrino a Torino, il vescovo Luigi Bettazzi, la rivista “proposte” che da giovane sindacalista faceva insieme a colleghi cattolici, la stagione del Concilio. «Non saprei descrivere la mia storia, - afferma - senza questi incontri. E in questo mio percorso ci sta anche la partecipazione al Meeting nell’agosto scorso e il mio libro Sempre daccapo, edito da Marcianum Press e presentato da don Roberto Donadoni, che non è propriamente un filosofo marxista».

 

Bertinotti rivendica il suo dialogo storico con diverse espressioni del mondo cattolico e osserva che oggi si è inabissata una parte (la sinistra) di questo dialogo mentre è forte la presenza di papa Francesco, che offre un contributo formidabile a comprendere la società moderna, specialmente quella dimensione che il pontefice definisce dello “scarto”. Ma Bertinotti cosa si aspetta dal dialogo? «Mi aspetto – risponde – la fertilizzazione della società civile. Mi aspetto un movimento di correnti profonde, nella società e nel pensiero, che possa rianimare la società civile per liberarla dal sistema oligarchico e dal pensiero unico che la opprime».

 

Bertinotti sarà a Rimini la sera del 3 dicembre alla Fiera per presentare, il libro di Carrón “La bellezza disarmata”, edito da Rizzoli, presente anche l’autore. Uno dei punti centrali dell’analisi di Carrón sull’attuale momento storico è il “crollo delle evidenze”, cioè il venir meno di certezze condivise sul destino dell’uomo e sui rapporti con gli altri. «A me pare – osserva Bertinotti – che Carrón stia parlando della crisi della società contemporanea. Ciò che è stato costruito negli ultimi venticinque anni può essere letto come un progressivo processo di spoliazione, con conseguenze non solo nel fenomeno della povertà, dello “scarto” di cui parla Francesco, ma anche sul senso dell’esistenza. Questo capitalismo ha un’ambizione totalitaria; come ha detto un pensatore, ci sono fasi il cui il capitalismo si propone come nuova religione. E questo succede quando non ha più gli anticorpi, non solo nei rapporti sociali ma nel pensiero. Si propone come pensiero unico, come antropologia e quindi produce un offuscamento delle evidenze sul destino dell’uomo. Un percorso opposto al crollo delle evidenze, espresso da un’altra scuola di pensiero (è lo slogan di una campagna di solidarietà per i profughi, ndr), è quello secondo cui gli invisibili diventano visibili, cioè esistenti. Carrón e un figlio del movimento operaio ripensano a come dare dignità agli invisibili».

 

Nel libro Carrón individua un possibile punto di ripresa nella rinascita dell’io, nell’io che si ridesta grazie ad un incontro umano. «Capisco – dice Bertinotti – che questa è l’originalità del pensiero di Carrón: un io-coscienza che interroga il divino per integrare l’umano. Per me il punto di ripartenza è un io nella comunità, uno sguardo che si incrocia nell’altro. È un “io nell’uguaglianza” secondo la celebre formula di San Paolo ai Galati: “Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna”».

Quindi Bertinotti condivide un altro giudizio di Carrón espresso nel volume, secondo cui l’altro è sempre un bene? «Noi siamo diversi l’uno dall’altro, bisogna riconoscerlo. Però siamo naturalmente disposti al dialogo. Riconosciamo che l’altro è un momento fondativo della nostra personalità. Ciò che abbiamo in comune è il rispetto della persona umana e della sua libertà. Io affermo che l’altro è indispensabile per la tua liberazione».

 

Questa volontà di dialogo – chiediamo a Bertinotti - tiene anche di fronte alla grande urgenza del momento, che è il confronto con l’Islam? «E’ indispensabile, – risponde di getto – se si pensa a cosa è il Mediterraneo e cosa potrebbe essere grazie all’incontro fra gli uomini delle tre fedi monoteiste e di tutti gli uomini di buona volontà. Ciò implica anche un cambiamento radicale del modello di sviluppo. Si tratta di alzare lo sguardo sul destino dell’uomo sopraffatto dai meccanismi economici, secondo la prospettiva indicata da papa Francesco ai movimenti di lotta: “nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessuna persona senza la dignità che dà il lavoro”. Ed invita a lottare per rimuovere tutti questi ostacoli».

 

Ma un uomo come Bertinotti, che ha attraversato il secolo delle ideologie e assistito al crollo del comunismo, dove vede oggi segni di speranza per l’umanità? «Vedo segni di speranza in tutte quelle realtà sociali che sono comunità liberate, almeno parzialmente. È un discorso che vale per Action, che a Roma occupa case, per il lavoro che compie il Banco alimentare, per le mille esperienze di Caritas che ci sono nel mondo, per gli insegnanti che danno la loro disponibilità per l’integrazione scolastica di chi è in difficoltà, per i tanti comitati che lavorano per arginare la distruzione del territorio».

 

Torniamo quindi al punto di partenza, al libro “La bellezza disarmata” che il 3 dicembre verrà a presentare a Rimini. Cosa le ha lasciato la lettura del libro? “Mi ha lasciato la centralità e l’importanza del valore della ricerca. Un filoso ed economista di valore, Claudio Napoleoni, che dopo un rapporto complesso con la fede è morto da credente cattolico, ci ha lasciato un grande messaggio “Cercate ancora”. In omaggio a lui, così è stata chiamata la Fondazione che presiedo. Nel libro di Carrón ho trovato questo pressante invito alla ricerca. Personalmente trovo che due personalità di fede certamente diverse come il cardinal Martini e Carrón abbiano in comune questo spirito di ricerca. Andare sempre oltre a ciò che uno è e a ciò che uno sa o presume di sapere. Anche il dubbio può essere un’occasione per ricominciare. Con Carrón non condividiamo la stessa fede, abbiamo fedi diverse, ma condividiamo la ricerca. Si tratta di trovare la propria umanità, quindi la ricerca va fatta».

 

Valerio Lessi

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