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Rapporto tumori Oms, Prof. Amadori (Ior): Una sigaretta e una bistecca non sono la stessa cosa

Mercoledì, 28 Ottobre 2015

3b 210Rapporto tumori Oms, prof. Amadori (Ior): Una sigaretta e una bistecca non sono la stessa cosa

 

Dopo la pubblicazione il 26 ottobre del rapporto dell’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità, agenzia dell’Onu che si occupa di salute e medicina) in si dice che il consumo di carne lavorata (insaccati, salsicce, würstel, prosciutti, bacon, eccetera) e carni rosse aumenta il rischio di contrarre il tumore al colon, il dibattito si è acceso. I contenuti del report sono noti da diversi anni, ma la presa di posizione dell’Oms, per l’importanza che l’istituzione ha, ha generato qualche domanda, che abbiamo posto al professor Dino Amadori, presidente dello Istituto oncologico romagnolo (Ior) e direttore scientifico del’Irst.


Da domani niente più carni rosse sulle tavole romagnole? Ci mancherebbe altro. Questa eplosione di attenzione verso il tema del rischio di cancro dovuto all’utilizzo di carni rosse è un po’ tardiva rispetto al vero problema. Indubbiamente vi sono dei rischi se si fa un’alimentazione eccessivamente ricca di questo tipo di prodotto. Ma nessuno dice perché insaccati e carne rossa possono essere causa di tumore, in particolare al colon, al pancreas, allo stomaco. Il motivo è che questi prodotti, in generale, introducono dei nitriti o dei nitrati che, in uno stomaco dove non ci sia acidità, con le amine possono produrre le nitrosamine. Questo fatto era noto da moltissimo tempo. Il sottoscritto ha pubblicato un lavoro nel 1980 dove segnalava proprio questo rischio dovuto a questo tipo di prodotti. Ma c’è un dato che non viene mai messo in evidenza. Affinché avvenga questa reazione nello stomaco tra nitrati, nitriti e amine che compongono le nitrosamine, occorre uno stomaco privo di acidità e con scarsa presenza di vitamina c. E’ sufficiente introdurre dopo un cibo di questo tipo una bella spremuta di arancia, limone, pompelmo, per evitare questa reazione chimica di sintesi tra nitriti, nitrati e aminee quindi per evitare la formazione delle nitrosamine, che sono quelle cancerogene. Quindi, il problema della dieta è sempre un problema di equilibrio. Ogni cibo può essere introdotto, purché in misura ovviamente non esagerata, e soprattutto tenendo presente che alle eventuali reazioni negative di un cibo possono corrispondere delle controreazioni positive di altri cibi. Ecco da dove scaturisce il concetto di equilibrio nella dieta: fattori di rischio negativi e positivi messi insieme danno una buona dieta, senza rischi particolari.


Una bistecca troppo cotta o un insaccato fanno male come una sigaretta? Assolutamente no. Nessun fattore di rischio per la salute umano è tanto forte quanto il fumo di sigaretta, che è il più grande dei killer dal punto di vista delle patologie umane (tumori, cadiovascolari, arteriosclerosi, eccetera). Questi cibi vanno usati con moderazione, sempre in combinazione con cibi protettivi, come quelli ricchi di vitamina c, quelli ricchi di antiossidanti, sostanzialmente quelli che caratterizzano la nostra dieta mediterranea.


Cosa fa lo Ior in fatto di prevenzione? Ha fatto e sta facendo una forte educazione sanitaria. L’Irst, che ho l’onore di dirigere dal punto di vista scientifico, sta facendo la ricerca di base che è all’origine dell’attività promozionale dello Ior. Sono due facce dela stessa medaglia. Nell’Irst si produce scienza, nello Ior si diffonde questa scienza, in modo adeguato e con correttezza, perché la gente possa capire e di conseguenza comportarsi adeguatamente”.


Lei mangia carne rossa? Continuerà a farlo? Io ne ho sempre mangiata poca e continuerò a mangiare quella poca che ho mangiato fino ad ora. Vorrei, però, che fosse riconosciuto al nostro gruppo la primogenitura degli studi di questo tipo nel nostro Paese. Il mio primo lavoro scientifico su questo tema è del 1980 e da allora, dal 1990, abbiamo pubblicato altri tre lavori molto importanti sull’International journal of science, una delle riviste più prestigiose al mondo. All’epoca ce ne siamo interessati perché a Forlì, negli anni Ottanta, c’era una mortalità del tumore allo stomaco pari a quella del Giappone: 74 persone ogni 100mila abitanti l’anno. Oggi l’incidenza si è ridotta a 20-25 abitanti ogni 100mila ogni anno.

dino amadori


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