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Area vasta di fiere e congressi. Parla Vitali, presidente della Provincia

Martedì, 21 Gennaio 2014

9bArea vasta di fiere e congressi. Parla Vitali, presidente della Provincia 

Un messaggio d’allarme lanciato in queste settimane dice in sostanza: attenti che con il Palacongressi non si faccia la fine di Aeradria…

“La fine di Aeradria non la si può fare per la natura stessa delle cose. I debiti che ci sono sul Palacongressi sono coperti dal valore delle azioni di Rimini Fiera e dal valore stesso degli immobili. Aeradria invece era una realtà virtuale, senza niente di concreto”.

Il senso dell’allarme è stiamo attenti che non riusciamo più a far fronte a quel debito…

“E su questo rispondo. Il sistema Rimini nasce dall’esigenza di destagionalizzare il turismo del territorio dopo la crisi delle mucillagini. Rimini decide di rispondere con grandi investimenti, fiera e palacongressi. Investimenti che si basano sul presupposto che l’ente pubblico fa tutto. Così la maggioranza delle azioni in queste società appartiene tutta al sistema pubblico, a differenza, per esempio, di Bologna. Grazie a queste scelte, siamo riusciti a fare, senza aiuti esterni, investimenti che altri territori non hanno conosciuto. Il problema è che dal 1999 in poi si sono avute le prime avvisaglie che dicevano che questo sistema in cui il pubblico detiene tutto cominciava a presentare problemi. Non solo a motivo della crisi, ma anche perché sono cambiate le regole amministrative. Chi negli anni 90 aveva fatto quelle previsioni l’ha fatto in un mondo diverso. Le ricapitalizzazioni si potevano fare sempre, poi è stato deciso che dopo tre anni di deficit non si poteva più. Alla Provincia hanno tolto nove milioni su 40, mi hanno cioè tolto l’ossigeno delle spese libere. Questo sistema non è stato in grado di fare negli anni il passaggio sempre evocato verso la parte privata. Quindi il peso è rimasto, nel male, tutto a carico nostro. Senza trasferimenti, con il cambio delle regole, il sistema rischia di saltare se non si trova una strada diversa. C’è il rischio di un passaggio di proprietà non naturale, ma traumatico”.

Cioè tutto passa alle banche. Ma nel pensare al Palacongressi c’è stato forse un peccato di eccessivo ottimismo. Il business plan faraonico è stato approvato quando già c’erano i segnali della crisi…

“Era evidente che il pubblico non aveva più tante potenzialità. Non era evidente che la crisi sarebbe stata di queste dimensioni. Il business plan parte dal presupposto che la Fiera riesce con i propri utili a pagare gli interessi dei mutui per il Palacongressi…”

Partiva anche dal presupposto che gli albergatori avrebbero pagato un tot di royalties, che ogni giorno ci sarebbe stato un congresso…

“Diciamo che il sistema pubblico non è stato capace di educare chi riceveva i benefici degli investimenti a partecipare agli oneri. È stato il nostro grande errore politico: dare per scontato che noi facessimo tutto senza che i privati dovessero fare niente. La previsione sbagliata è stata pensare che la crisi non avrebbe intaccato il sistema, cioè che la Fiera avrebbe potuto continuare a pagare con i propri utili”.

Adesso che non ci sono più illusioni, come si deve reagire?

“Una classe dirigente matura deve fare in modo che siano coinvolti i privati. Non necessariamente locali, non necessariamente nazionali o internazionali. Dal 2009 ad oggi nei discorsi fatti in occasione dei bilanci ho sempre detto che l’esposizione debitoria della Provincia di Rimini era talmente alta che era diventata insostenibile”.

Tanto è vero che per pagare una ricapitalizzazione di Aeradria voi non siete riusciti a pagare una rata del Palacongressi. Giusto?

“Dovevamo mettere tre milioni nella Società del Palacongressi e non siamo riusciti a tirarli fuori. Lo faremo, in qualche modo, ma siamo stati in difficoltà. Adesso c’è anche la novità che fra qualche mese una delle tre gambe su cui si regge tutta la costruzione, cioè la provincia di Rimini, non ci sarà più. Per questa ragione ho scritto la lettera in cui sostenevo la necessità di riformulare il piano finanziario e di aprire ai privati”.

Anche gli altri partner sono su questa lunghezza d’onda?

Mi pare di sì. Invece c’è scarsa consapevolezza che noi da giugno non ci saremo più.

Finita l’epoca del pubblico che pensa di gestire tutto, oggi, con i conti in emergenza, come se ne esce?

“Siamo in emergenza e bisogna avere un pensiero di emergenza. Bisogna prendere decisioni veloci che in tempi medi, non domani, la partecipazione del pubblico diventi minore. Il problema non è se ci sono gruppi nazionali o internazionali, ma se noi siamo disponibili a farci contaminare. L’ho detto anche nel discorso di fine anno: quante sono le aziende locali quotate in Borsa? Invece, se si vuole vincere la concorrenza mondiale occorre essere disponibili a farsi contaminare da un altro pensiero”.

Quindi può essere realistica la vendita a gruppi stranieri?

“Secondo me ci sono potenzialità enormi per il sistema fieristico regionale e locale che devono essere esplorate. Va fatta un’esplorazione fino in fondo, il che significa che se qualcuno ti compra il 60 per cento, glielo vendi”.

Perché cita il sistema fieristico regionale?

“È forse normale che un città come Bologna ragioni ancora per fiere, congressi ed aeroporto con una mentalità autarchica e non come territorio regionale? Salvo poi accorgersi che arriva Milano e gli sottrae il Motorshow. Credo che un sistema che voglia essere competitivo a livello europeo debba pensare più in grande anche rispetto ad una città come Bologna. Se per fiere e congressi ci concepiamo come area vasta vera siamo già avanti e competitivi”.


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